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Autore: _Hikari    06/01/2015    1 recensioni
La donna riesce a percepirne il profumo farsi più intenso, il calore del suo corpo lambirla – fiamme suadenti. Melodia smorzata che riecheggia fra la cacofonia del cielo.
Eppure, solo dopo alcuni attimi, le prende la mano. «Il tempo non è riuscito ad estirpare le tue paure» osserva.

{Sulpicia/Aro | Sulpicia!Centric | Epoca medievale.}
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aro, Sulpicia
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Precedente alla saga
- Questa storia fa parte della serie 'Imperium sanguis.'
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Thunders and ancestral fears.


 

«La paura è sempre inclinata a veder le cose più brutte di quel che sono».
— Tito Livio.

 

Le scorge, sono cicatrici che sfregiano la notte, strappi d'una trapunta d'ebano, e vorrebbe premere le mani contro le orecchie, proprio come faceva da bambina. Le palpebre serrate, una morsa gelida a costringerne il corpicino. Ma non può. Alle Sovrane non è concesso. Dunque, rimane immobile, stringendo appena un po' più forte il bracciolo della poltrona.

«Cosa ne pensate, madonna cara?» le parole di Aro la sorprendono, s'insinuano improvvise nel suo intelletto. E Sulpicia leva lo sguardo, deglutisce.

Tuttavia, il tuono non le concede quel frangente, quella manciata di secondi necessari affinché la vergogna si faccia strada nell'animo suo. È istantaneo, simile alla freccia d'Artemide. Condanna senza possibilità di appello. Bronzo che dilania le carni, carezza il costato, sottrae la vita, interrompe battiti e frantuma il respiro.

E la fanciulla sussulta e le labbra si lasciano sfuggire un lamento.

Nel frattempo, Aro sospira, piano, gli angoli della bocca levati in un sorriso sornione.

Poi viene la pioggia, un ticchettio insistente di lacrime, gemme cadute di mano agli dei. Le membra di Sulpicia si irrigidiscono: non le sono mai piaciuti i temporali. Si portano sempre via qualcosa di te. Perfino il loro pianto è traboccante di menzogne, promesse di redenzione prive d'epilogo.

Perché – questo Sulpicia l'ha ben compreso – nulla potrà levigare i peccati. Non i suoi, almeno.

All'improvviso, un fruscio desta la sua attenzione; alza quindi le iridi, iridi scarlatte, iridi di sangue, e le volge al marito. Egli s'è accostato, ora si accovaccia sui talloni, così, senza proferir verbo.

La donna riesce a percepirne il profumo farsi più intenso, il calore del suo corpo lambirla – fiamme suadenti. Melodia smorzata che riecheggia fra la cacofonia del cielo.

Eppure, solo dopo alcuni attimi, le prende la mano. «Il tempo non è riuscito ad estirpare le tue paure» osserva, rivolgendolesi mediante il tu. Proprio come agli albori, come quando erano solo lui e lei. Non Re e Regina, bensì moglie e marito, compagni in un'eterea impresa.

E sua voce è talmente soffice, che la fanciulla teme quasi di smarrirsi fra le sillabe; fra le note che vanno a comporre quel canto.

«M-» replica, ma il fragore del tuono ne copre i vocaboli. La paura – che alla maniera di un predatore celato dalla selva, in agguato perpetuo – le ghermisce tutto d'un tratto la bocca dello stomaco, pervade ciascun nervo. Ha trionfato.

Ed ella sussulta, abbraccia Aro senza preavviso. Si comprime contro il petto suo. Nasconde il volto nell'incavo fra spalla e collo.

Conseguenzialmente, la risata dell'immortale si libra nella stanza in un allegro scampanellio. Le labbra ne sfiorano i capelli.

Non la redarguisce per quella sua irrazionale fobia. Solo, le carezza la schiena, con moti gentili.

«Mi dispiace». Le dispiace davvero; è troppo umana, troppo pavida nei confronti di eventi che mai più costituiranno un'insidia.

«Va tutto bene».

E va bene davvero. Questa notte Aro rimane con lei, la stringe a sé, la ama, piano, come a voler dire che ci sarà. Non sempre – perché sempre è una parola eccessivi significati, un periodo di tempo dalla durata imprecisata. E se si possiede un Impero, tale termine lo ripete più volte (è egocentrico, ma cosa ci può fare, la povera Sulpicia? Non ha l'abilità di comandare il proprio cuore), ogni frangente comporta una vittoria o una sconfitta – , forse, ma ci sarà.

 

 

 

Note: non so da dove venga questa cosa infarcita di zuccheri. So solo che doveva essere una drabble. Doveva. Poi la logorrea ha preso il sopravvento.

Spero che quantunque tutto la storia vi sia piaciuta almeno un po'. E niente, una recensioncina mi farebbe decisamente piacere, inutile dirlo.

Un abbraccio.

   
 
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