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Autore: Ale78    07/01/2015    4 recensioni
In un contesto alquanto drammatico, Daryl Dixon ripensa al passato con malinconia.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Daryl Dixon
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Missing moments

 

Dopo la mia sfuriata, fuori da quella baracca puzzolente,  e il mio crollo, mi sentivo un cretino.
Un benemerito cretino.
Quella ragazzina era riuscita a rivoltarmi come un calzino nell’asciugatrice. E tutto questo le era riuscito con un semplice abbraccio, avvicinandosi con caparbietà e decisione, senza sentirsi minimamente intimorita da me, o del mio atteggiamento. 

 

E poi ero crollato, singhiozzando come non mi capitava da…almeno da quando Merle non c’era più. 
 

Cazzo quanto avevo pianto quel giorno, alle spalle di quel complesso industriale, circondato da carcasse di zombi in putrefazione, molti dei quali, fatti fuori  dallo stesso Merle. 

E ora? La consapevolezza di essere di nuovo solo, in balia di questo mondo troppo duro, anche per chi, come me, era ormai avvezzo a qualsiasi orrore.  

Ma questo era prima.
Con Merle accanto non mi ero mai sentito completamente al sicuro, però, era mio fratello, e tanto bastava. 

Con la fine del mio fratellone, si era chiuso un ciclo, ma avevo anche scoperto che quei perfetti sconosciuti, che mio fratello ed io, avremmo voluto depredare e abbandonare al loro destino, o almeno ciò che restava di loro, erano cresciuti nella mia stima e nel mio affetto, fino a diventare indispensabili ai miei occhi.
Rick, poi, era diventato il mio punto di riferimento, come io ero il suo, e la nostra stima reciproca sarebbe stata destinata a crescere, se… Bhe, al momento non sapevo nemmeno se l’uomo di cui stavo parlando, fosse ancora vivo. 

 

E poi era intervenuto anche il caso quel giorno alla prigione.
 

 Ricordavo quando i cancelli della prigione erano stati abbattuti, con chiarezza,  e anche quando, quel figlio di puttana del Governatore ci aveva attaccati. Anche io, dopo aver lottato strenuamente, per mantenere intatti i confini predisposti da Rick,  non potendo fare altro, dopo che il pulman dei civili si era allontanato, cercai  una via di fuga.
 

Tornai sul piazzale interno, ormai, avevo capito che non si poteva più salvare nulla, la struttura era compromessa, i vaganti erano ovunque, e il mio gruppo disperso. La mia sola prospettiva era, a quel punto di riuscire a uscirne vivo e, con un po’ di fortuna, ritrovare qualcuno degli altri.  

E proprio mentre ragionavo su quell’eventualità, ecco che spunta Beth, sola, con un fucile semiautomatico fra le mani. 

 

La corsa a perdifiato per seminare il nugolo di vaganti che ci avrebbe presto accerchiato, e poi finalmente un campo, talmente costellato di sterpaglie – e così alte - che perfino un rinoceronte avrebbe potuto far perdere le sue tracce. 

E la pace, l’aria, di nuovo, che affluisce nei polmoni, il fiato che si regolarizza e la consapevolezza, di essere ancora tutti d’un pezzo, vivi, e nonostante non avrei mai creduto di poterlo dire, insieme, anche se Beth Greene, non sarebbe mai stata la mia scelta per un’ eventuale fuga. 
 

 I primi giorni erano stati davvero duri. 
 

Se per lei era inconcepibile restare senza far niente, io ero atterrito. Non lo avrei mai ammesso, in coscienza, con nessuno, ma il trovarci lì, soli, in balia di ogni cosa, mi aveva fatto realmente capire quanto utopistici fossero state le idee di Merle. Nessuno, nemmeno il più sfegatato appassionato di sopravvivenza, se la sarebbe potuta cavare da solo, molto  a lungo, con quei cosi famelici in giro. 

E quella dannata ragazzina voleva che reagissi a un destino che pareva ormai ineluttabile. Non voleva rendersi conto che era questione di tempo, che eravamo in balia della sorte e che, per quanto io facessi, prima o poi, qualcosa mi sarebbe sfuggito, e sarebbe stata la fine per entrambi. 

 

E poi per cosa avremmo dovuto sbatterci? Per dell’alcol? Perché la biondina non aveva mai assaggiato un drink? Ridicolo.  E non stava mai a quello che le dicevo. E ora, anche quello stupido, stupido e infantile gioco, coniato apposta per trangugiare più whisky di contrabbando,?! Assurdo.
Almeno lo era per me, che non avevo mai dovuto trovare una scusa per ubriacarmi.  Non che ne avessi mai dovuta addurre una, con Merle poi. 

 

Io quando bevo divento un vero stronzo. 

 

Dopo essere ritornato in me ero rientrato nella casupola. Avevo decisamente passato il segno con lei, e soprattutto, mi ero mostrato vulnerabile. La cosa però non mi infastidiva, o almeno, non come avrei creduto. Mi andai sedere sulla veranda e la trovai lì. Le allungai una coperta, trovata dentro, ma lei rifiutò.

 

-Troppo alcol in circolo. – disse lei sorridendomi in modo strano. 
 

Credevo fosse ormai irrimediabilmente ubriaca, invece reggeva meglio di me quella bevanda infernale.  

E ora,  come se fosse la cosa più normale del mondo eravamo lì a conversare. 
Lei mi racconta delle sue speranze riguardo al padre, io la guardo ammirato e stupito, al contempo, di questo fiore delicato della Georgia, che è molto più duro e coriaceo di quello che credevo.  E’ un misto fra dolcezza, passione e fragilità.
Un mix pericoloso di questi tempi, ma ammirevole. 

 

Mi perdo per un attimo a osservarla da vicino, c’è una bella differenza fra guardare una persona e vederla davvero. 
 

Con Beth, per me, era stato proprio così: l’avevo guardata, qualche volta alla prigione, ma sempre di sfuggita, di fretta, anche quando le avevo detto di Zack, avevo sempre mantenuto un certo distacco, una freddezza, ingiustificata lo ammetto, ma mi trovavo in profonda difficoltà il quel frangente. La sua reazione, quando allora mi aveva abbracciato, mi aveva colto del tutto impreparato, come prima, là fuori.
 

Mai in tutta la mia vita nessuno si era mai avvicinato tanto a me da abbracciarmi, stringendomi a sé, neanche mio fratello, cazzo. 
 

Quella ragazza invece, in men che non si dica era riuscita, dove tutti gli altri si era fermati, non avevano provato o si erano bloccati. 

Non che io abbia mai lasciato avvicinare molto alcuno, comunque, mentre lei, senza nemmeno chiedere permesso, senza nemmeno chiedersi con che razza di animale selvatico avesse a che fare, si era buttata su di me stringendomi. 
Questa cosa mi atterriva, e non poco, perché questa strana ragazza, con grandi occhi chiari, si dava tanto da fare per cercare di creare un contatto con me? E soprattutto, quando ci era riuscita, tanto da indurmi a raccontarle di me, di Merle, di quando eravamo bambini?

 

Erano questi i pensieri che mi affollavano la mente, mentre ci allontanavano in fretta dalla capanna in fiamme.  E poi c’era anche altro, una sorta di compiacimento intimo per quello che avevamo fatto.
Lei mi aveva fatto mettere un punto su ciò che ero stato, quello che avevo subito da piccolo e il presente. 
Lei, senza neanche accorgersene, mi aveva dato lo spunto per andare al di là, di questo spartiacque che non avevo mai avuto il coraggio di creare, e la volontà di affrontare le mie paure, riuscendo perfino a sconfiggerle. 

Quella notte dormimmo alla diaccio, ma non importava.  Eravamo passati per l’inferno e ne eravamo usciti, e poco male se avevamo dovuto allestire il campo in mezzo al bosco, con cerchioni d’’auto e fili tirati. Quella ragazza aveva attuato un miracolo, quasi fosse stata davvero un angelo. 

 

                           -----------------

 

Quelli furono i pensieri che mi passarono per la mente mentre portavo fuori dal Grady, il corpo senza vita di quella che era stata il mio miracolo, la mia guida in un mondo più vasto. 
Niente poteva chiudere il buco nel petto che sentivo, niente poteva arrestare il senso di vuoto e impotenza che avvertivo in quell'istante. 
Solo una cocente consapevolezza si stava facendo strada in me: quella luce si era spenta. 

 

   
 
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