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Autore: Madin    08/01/2015    3 recensioni
-Io ti amerò sempre Peter Pan!- questo gli sussurrai quando lui si era già allontanato dalla mia finestra, dopo averci riportato a casa.
E lui non mi aveva sentito. E lo sapevo. Eppure sentivo un enorme groppo in gola nel vederlo andare via. Sapevo che non l'avrei più rivisto e questo mi intristiva. Mi ero innamorata di lui a poco a poco, del suo carattere ribelle, dei suoi modi sbarazzini, della sua risata, della sua allegria. Tutto di lui mi aveva conquistata.
Avevo vissuto la più incredibile delle avventure e ne ero rimasta scottata. Perché l'avventura vera non era essere andata all'Isola Che Non C'è, era stato innamorarmi di lui. Stupida! Stupida! Non avrebbe mai potuto ricambiare, non conosceva il significato dell'amore, perché eravamo solo bambini, ai tempi e lui non avrebbe mai potuto vivere nel mio mondo. Perché lui era Peter Pan, il bambino che non sarebbe mai cresciuto, che amava giocare e che volava da una parte all'altra dell'isola come un uccellino. Lui che vedeva tutto come un gioco.
Genere: Avventura, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Campanellino, Capitan Uncino, Peter Pan, Wendy Darling
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Once Upon A Time In Neverland

Lettere

 

Devo ammettere che quella notte non riuscii più a prendere sonno. Né quella dopo, né quella dopo ancora. Diciamo pure che il sonno mi portava a lui ed era quello che in quel momento volevo evitare. Dopo quell'ultimo bacio, il Bacio maledetto -come lo chiamo io-, erano poche le cose che mi sembravano corrette. C'erano i miei fratelli che cercavano in ogni modo di tirarmi su il morale e che si rabbuiavano quando questo non succedeva, c'era mia madre che appena aveva visto che ero tornata mi aveva abbracciata stritolandomi senza lasciarmi andare. Ero una donna ormai, anche se lei non poteva saperlo. Avrei tanto voluto dirglielo ma avrei dovuto spiegare molte più cose di quelle che ero disposta a confessare. Le avevo detto di essere scappata perché avevo bisogno di capire cosa volessi dalla vita e se l'era bevuta, o almeno credo. Poi c'era mio padre, altero e composto, che mi aveva abbracciato e dato un unico bacio sulla fronte, anche se vedevo quanto fosse contento di riavermi a casa. Nana... beh, Nana era Nana: mi aveva lavato la faccia ogni volta che entrava in camera mia, praticamente ogni due minuti...

Non ero più la stessa Wendy che aveva conosciuto Peter Pan, non ero più la stessa Wendy che era andata con lui all'Isola Che Non C'è, non ero più nessuno senza di lui. Più volte mi chiesi cosa stava facendo in quel momento, quali ricordi aveva della nostra storia, di me. Ma l'avevo visto tornare bambino davanti ai miei occhi ed era volato via, guidato da Trilli, in uno stato di incoscienza totale. Mi aveva fatto tenerezza e mi aveva fatto sorridere: non ricordavo che fosse così bello da bambino!

Fatto sta che avevo un buco all'altezza del cuore che sapevo non si sarebbe placato facilmente; mi sentivo morta, mi sentivo ancora peggio che morta: a metà strada fra le due cose, in un indefinito spazio grigio e nebuloso senza forme o muri. Sola.

Quel ragazzo mi mancava tantissimo e furono più le volte che mi pentii del mio gesto che altro. Poi ripensavo al fatto che lui mi stava comunque lasciando a Londra e mi sentivo meno in colpa, dopo avergli restituito l'infanzia. Questo però non era lenitivo per me stessa o altro...

John entrava in camera mia quando mi sentiva piangere e si sedeva accanto a me sul letto, mi abbracciava e mi faceva piangere tutte le mie lacrime, in silenzio. Michael invece mi raccontava dei suoi giocattoli preferiti o mi faceva assistere alle sue suonate di pianoforte «Suono per te!» mi diceva entusiasta e io non potevo fare a meno di sorridergli e girarmi mentre asciugavo in fretta una lacrima.

Il tempo passava, la normalità aveva fatto ritorno nella mia vita ma quel buco non accennava a riempirsi. Conobbi molti altri ragazzi, amici di John, ma nessuno era come lui, ovviamente, e le cose non andavano oltre.

Passò un anno e ancora le cose non andavano bene, erano migliorate ma continuavo a pensare a Peter; gli avevo scritto una lettera ogni giorno che non avevo mai inviato -ovviamente- e le custodivo in una scatola di legno sotto il mio letto. Ogni sera mi affacciavo alla finestra e scrutavo il cielo alla ricerca della seconda stella a destra o di un bambino volante nel cielo. Nulla. Sembra che non abbia più fatto ritorno a Londra. Non piangevo più, non avevo più lacrime da regalargli.

I miei genitori cercavano di trovarmi un buon partito, essendo in età da marito, ma nessuno sembrava prendermi l'anima. Li invitavano a cena, chiacchieravamo a tavola e poi, dopo un brandy, se ne andavano e mio padre e mia madre facevano il punto della situazione. Avevano imparato a non chiedere il mio parere, sapendo che nessuno mi sarebbe potuto piacere, anche se non sapevano il perché.

Finché una sera, a cena venne un ragazzo molto particolare...

No, non era Peter ma gli assomigliava molto. Capelli biondi e ricci, occhi verdi e vispi, e quel sorriso da furbetto che tanto adoravo sul bambino che non era mai cresciuto. Era alto, imponente e composto. Il completo lo fasciava divinamente e metteva in mostra la sua eleganza e alterigia, tuttavia era molto simpatico e rideva spesso. Sembrava quasi che potesse piacermi. Spiai lui e mio padre in una conversazione prima della cena, nascosta dietro lo stipite della porta lanciavo qualche sguardo di tanto in tanto. Sembrava piacere a mio padre, ridevano molto insieme.

«Come vi chiamate, ragazzo?» domandò mio padre portandosi un bicchiere alle labbra.

«Jacob Thorn, signore. Ho diciotto anni appena compiuti, signore.» il ragazzo ostentava sicurezza da tutti i pori

«E cosa studi?»

«Legge. Diventerò un avvocato.» arricciai il naso ma non si poteva dire che quel tipo non mi piacesse, almeno un pochino.

Non prendetevela con me. È difficile dimenticare Peter Pan, non c'è che dire, ma stavo tentando di rifarmi una vita... o almeno di provarci. E non era per niente facile. Non se ogni cosa mi ricordava lui.

Non avrei voluto sposarmi, non a quell'età, ma mia madre sosteneva che ormai fosse ora e che avrei dovuto crescere e non rimanere la bambina che non ero più.

«Eccellente! Hai già avuto il piacere di conoscere mia figlia Wendy?» continuò mio padre.

Il ragazzo annuì «Sì, signore. Eravamo compagni di scuola due anni fa.» sorrisi impercettibilmente ma non ricordavo di averlo già visto. Me ne sarei ricordata altrimenti...

«Ah! Magnifico!» mio padre esultò «Jacob sembra che tu sia un partito eccellente per mia figlia. Spero solo che l'affare si riesca a concludere senza intoppi...» l'affare era il matrimonio, ma mio padre lavorava in banca e per lui tutto era un affare. Mi voleva bene, sapevo che non mi stava propriamente obbligando a sposarmi, almeno lasciava l'ultima parola a me.

I due si strinsero la mano e poi brindarono con un tintinnio di bicchieri. Scappai nella sala da pranzo e poco dopo ci raggiunsero.

«Wendy» iniziò mio padre «lui è Jacob Thorn, era un tuo compagno alla scuola. Sono sicuro che tra di voi ci sarà sintonia.» ci lasciò soli e tra di noi cadde il silenzio.

«Non mi ricordo di averti visto a scuola...» dissi cercando di rompere il ghiaccio.

«Infatti non frequentavo la tua stessa scuola.» per poco non ebbi un colpo. Aveva mentito! Rimasi interdetta «Ma allora...»

«Wendy! Ma non mi riconosci?» mi venne più vicino. Mi era sembrato famigliare ma davvero non riuscivo a capire dove l'avessi.... oh.

«Ricciolino!» esclamai improvvisamente.

Lui rise sommessamente e annuì «Adesso mi chiamo Jacob...» lo abbracciai affondando il viso nella sua spalla...

«Ma com'è possibile?! L'età...»

«Ero il Bimbo Sperduto più grande sull'Isola. Quando sono tornato con voi avevo già tredici anni...» rimasi a bocca aperta.

«Ma perché sei qui!? Non dirmi che sei interessato a me in quel senso...» lui scosse la testa coi riccioli.

«Ho una lettera per te.» okay, in quel momento presi davvero un colpo! Lui tirò fuori dalla giacca una busta di pergamena, sembrava essere vecchia di secoli. «Non chiedermi come faccio ad averla, non chiedermi come sia arrivata qui. Leggila...» me la porse.

La presi e la fissai «Viene dall'Isola Che Non C'è...» continuò. Il sorriso mi arrivò agli occhi, non so perché fossi così speranzosa ma la strinsi al petto con forza.

Lui mi fece l'occhiolino e poi se ne andò. Non mi importò di cosa avrei detto ai miei genitori. Corsi in camera e mi buttai sul letto. La lettera era davanti a me, tra le mie mani e non resistetti, l'aprii...

 

Mia cara Wendy,

se stai leggendo questa lettera allora significa che ho scelto di lasciarti. E così hai fatto tu probabilmente. Avevo ponderato la mia decisione da tempo e non potevo lasciarti senza niente. Questa missiva rimarrà nelle mani di Toro Seduto, lui saprà cosa farne... sono contento che sia arrivata a dire la verità, nutrivo qualche dubbio, ma tu non dirglielo.

Ti ho sempre amato, Wendy. Ti ho amato quando ancora non sapevo cosa fosse l'amore e la cosa mi terrorizzava, ti ho amato quando mi hai salvato la vita e quando mi hai reso debole per via dei sentimenti. Quella sera magica tra le fate nella radura rimarrà sempre nel mio cuore... avrei tanto voluto tenerti con me per sempre.

Ma il tempo non è stato dalla nostra parte e tu pensavi che tornare a casa fosse giusto. Non ti ho mai perdonato per avermi lasciato e per esserti portata via tutti i miei amici... mi sentivo terribilmente solo anche se sapevo che loro avrebbero avuto una casa, tutti. Persino quello scorbutico di Piumino!

Non chiedermi come io abbia fatto a scrivere questa lettera, dato che non sono mai stato a scuola, sappi che Trilli mi ha dato una mano. È rimasta sempre con me quando ero solo. Ed ero felice. Non mi ero reso conto di stare crescendo...

È stato piuttosto strano sentirmi la "barba", pensavo di essere malato.

Non so cosa mi abbia spinto a tornare a Londra, da te, quattro anni dopo. A mia discolpa posso dirti che non sapevo fosse passato così tanto tempo. Avrei voluto tornare prima...

Comunque, sono contento che tu sia venuta con me anche questa volta, abbiamo condiviso la più magica delle avventure: la vita!

Ti ho amato così tanto che quasi mi sentivo il cuore scoppiare e quando abbiamo... come dici tu? Quando abbiamo fatto l'amore ero così felice che avrei potuto esplodere. E sappiamo bene che ne sarei stato capace. Non pensavo che si potesse essere legati in un modo così profondo con un'altra persona. È stato bello scoprirlo.

Spero non starai piangendo e che la tua vita sia andata avanti. Non ti porterò rancore se un giorno tornerò e troverò i tuoi figli ad aspettarmi alla finestra. Sarò felice di raccontargli le nostre avventure. Ti chiedo solo una cosa, mia Wendy, non dimenticarmi. Io non lo farò mai.

 

Per sempre tuo nel tempo e nello spazio,

Peter Pan

 

Sì, stavo piangendo e tutto mi era caduto addosso come se non fosse passato neanche un minuto. Eppure ero felice perché sapevo che Peter, in un modo o nell'altro, sarebbe sempre stato mio.

 

NOTE:

Buona sera! Siamo arrivati alla fine. Mi dispiace così tanto lasciare questi personaggi... ma si sa, le cose finiscono prima o poi.

Spero abbiate passato delle buone feste e alla prossima!

   
 
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