Serie TV > Sherlock (BBC)
Ricorda la storia  |       
Autore: Evee    10/01/2015    3 recensioni
Ci sono tre verità universalmente riconosciute riguardo Molly Hooper.
Verità numero 1: la dottoressa Hooper nel suo lavoro è una persona seria ed affidabile.
O almeno di questo era convinto il consulente investigativo, fino al giorno in cui la patologa non ha iniziato a mancare di puntualità e precisione nel soddisfare le sue richieste.
Verità numero 2: Molly ha più che chiaramente un debole per Sherlock.
O almeno di questo era convinto lui, fino al giorno in cui lei non ha iniziato ad ignorarlo, trascurarlo e dimenticare i loro appuntamenti.
Verità numero 3: Miss Hooper non riesce ad intrattenere relazioni sentimentali durature perché fa sempre pessime scelte in fatto di uomini.
O almeno di questo era convinto Mr Holmes, fino al giorno in cui la giovane donna non ha iniziato a frequentare un certo Dottore.
[ Wholock & Sherlolly - Menzione speciale per la storia e Nomination nella categoria "miglior attore non protagonista" per John Watson agli Oscar EFPiani 2016 ]
Genere: Commedia, Science-fiction, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, John Watson, Molly Hooper, Sherlock Holmes
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

DISCLAIMER: Le vicende narrate sono collocate prima dell'episodio 2x03 “The Reichenbach Fall” di Sherlock e dell'episodio 7x06 “The Bells of Saint John” di Doctor Who. Nessuno dei personaggi coinvolti mi appartiene, ma sono tutti creazione del geniale Steven Moffat. Questa storia è stata scritta senza scopo di lucro, col solo fine di divertire me e, spero, intrattenere un po' anche voi.

 

Lo strano caso della Dottoressa Whooper

 

Image and video hosting by TinyPic

 

 

I - The detective who waited

 

So she’s become one of a very small select band of people he absolutely trusts.
And he adores Molly, of course he does.
He loves her.”


- Steven Moffat

 

Guardò nuovamente l'orologio, infastidito.

Per lui il tempo, specialmente quando stava seguendo un caso, era troppo prezioso per essere perso inutilmente in qualcosa di inconcludente come aspettare, e già di per sé questo sarebbe bastato ad innervosirlo. Non ne faceva una questione di educazione, ma di rispetto: non si fissa un appuntamento con Sherlock Holmes per poi presentarsi in ritardo. Pertanto, se questo era addebitabile ad uno dei suoi clienti, dopo un simile oltraggio l'imbecille di turno cessava subito di poter essere definito come tale. Se non riusciva a tenerlo adeguatamente in considerazione evitando di arrecargli un simile disturbo, allora significava che non gli interessava abbastanza avere la sua prestigiosa consulenza e, dunque, poteva rivolgersi benissimo al primo, patetico investigatore privato scovato tra le pagine dell'elenco telefonico. O comunque significava che non reputava il proprio problema poi così urgente ed importante, permettendo dunque al detective di concludere che non era degno della sua attenzione prima ancora che questi avesse modo di esporglielo. A meno che la ragione del suo impedimento non fosse addebitabile ad una morte improvvisa... Evenienza disdicevole, ma che gli permetteva di guadagnare all'istante il perdono e i servigi del consulente investigativo.

Tuttavia, la persona che Sherlock stava aspettando quella sera non rientrava in quella categoria e non se ne poteva liberare con altrettanta facilità perché, in un certo senso, era lui ad esserne il cliente. Anzi, poteva quasi senza incertezza e con una punta d'orgoglio affermare che era addirittura il suo cliente preferito. Forse non sempre gradito. Probabilmente spesso etichettato come petulante, invadente e fastidioso... Ma di sicuro anche il suo prediletto, perché ripagava Molly Hooper con qualcosa a suo avviso ben più apprezzabile di un misero stipendio da patologa. Dopotutto le affidava compiti ben più stimolanti di quelli cui veniva quotidianamente condannata in quel mortorio che era il Bart's e, quando si sentiva particolarmente generoso, le permetteva persino di lavorare fianco a fianco e interloquire con una persona ben più competente e brillante degli inetti celebrolesi che aveva per colleghi. Ormai aveva avuto a che fare con Molly abbastanza a lungo per capire che, se non si rifiutava mai di assecondare alle sue richieste, non era affatto per arrendevolezza, ma perché esercitavano su di lei la stessa attrattiva che aveva su di lui un caso interessante. In quello, non erano troppo diversi: anche lei avvertiva il bisogno di un diversivo per evadere dal grigiore della propria routine, benché non avesse l'intraprendenza necessaria per oltrepassare i banali ma rassicuranti confini della vita che si era scelta. Forse non ne era nemmeno consapevole, ma Sherlock era pronto a scommettere che sotto il camice troppo grande e i maglioni infeltriti in cui amava nascondersi c'era una donna sicuramente sognatrice e imbranata, ma con la mente curiosa e il cuore desideroso di avventure. Proprio quello che le offriva lui, seppur per interposta persona.

O, almeno, questa era la convinzione che aveva raggiunto e dietro cui si trincerava per difendersi dalle accuse che John soleva sempre più spesso lanciargli, per il modo a suo dire abominevole con cui sfruttava impunemente la povera Molly. Ma, soprattutto, una convinzione che gli era indispensabile per giustificare la luce che andava ad illuminare il volto della giovane patologa quando appariva sulla soglia del suo laboratorio, che puntualmente gli confermava di essere una presenza meritatamente apprezzata e gradita. E che riusciva persino a farlo sentire intimamente compiaciuto per una simile accoglienza, ben superiore a qualunque altra potesse aspettarsi di ricevere in un posto che non fosse situato al 221b di Baker Street. Quell'espressione, tratteggiata da un timido sorriso e dipinta di una sfumatura d'eccitazione, era il modo con cui Molly stendeva per lui il suo tappeto rosso.

Dunque, sentiva di potersi fidare ciecamente del fatto che la sua porta sarebbe stata per lui sempre aperta, persino quando si comportava in modo così indisponente che chiunque gliel'avrebbe invece sbattuta in faccia. E che poteva rivolgersi a lei in qualunque ora del giorno e della notte, come poteva aspettarsi che attribuisse alle sue richieste la stessa priorità che avevano per lui. E che poteva confidare sulla sua assoluta precisione, professionalità e diligenza, ma prima ancora sulla sua più completa disponibilità e puntualità.

Infatti, Molly non tardava mai, ma proprio mai ai loro incontri. Generalmente per l'ovvia ragione che si trovava già sul posto, ma, anche se le chiedeva di vedersi al Bart's fuori dal suo orario di lavoro, lei si premurava di arrivare sempre in anticipo, per controllare un'ultima volta le analisi che le aveva commissionato e, sospettava, perché ansiosa di vederlo e speranzosa di potersi trattenere maggiormente in sua compagnia.

Pertanto davvero non riusciva a capacitarsi del perché, proprio quella sera, Molly Hooper avesse deciso di confutare quel postulato sulla cui verità aveva riposto tutto il suo affidamento. La sola spiegazione plausibile era che fosse stata trattenuta da un qualche imprevisto, ma che il detective provvide presto a scartare: in tal caso si sarebbe di certo premurata di avvisarlo prima o, quantomeno, di inviargli un sms di scusa...

Scocciato, decise di devolvere la sua attesa ad un'attività più fruttuosa rispetto al presidiare la porta del laboratorio del Bart's, ossia mettersi alla ricerca della dottoressa Hooper. Vero, avrebbe comunque potuto impiegare il suo tempo continuando a riflettere sul caso che aveva tra le mani, rifuggendo la noia in compagnia dei propri pensieri e isolandosi da ogni possibile fonte di disturbo nelle confortevoli stanze del suo palazzo mentale ma... non quando ormai aveva già provveduto a considerare tutti gli indizi raccolti, vagliato le varie ipotesi possibili e formulato la propria tesi. I suoi neuroni da soli non gli erano più d'aiuto, gli serviva una prova empirica su cui fondare la propria dimostrazione.

Gli serviva Molly Hooper, e che diamine!

Tuttavia, le sue ricerche non sortirono alcun esito positivo, e fu costretto a ritornare nel punto d'incontro concordato, ma in cui attualmente solo lui era presente. Passeggiò avanti e indietro con nervosismo, le concesse un magnanimo quarto d'ora accademico, invano, quindi estrasse dalla tasca del suo cappotto lo smartphone per digitare un breve quanto seccato messaggio:

Me ne vado, ma continuo ad aver bisogno di quel referto. Fammelo avere, e in fretta. SH

 

* * *

 

La porta dell'appartamento sbatté con violenza, svegliando di soprassalto John. Il libro che aveva iniziato a leggere, e con altrettanta rapidità portato ad assopirsi sulla poltrona, gli scivolò dalle gambe con un tonfo ovattato.

-Sherlock?- chiamò con voce impastata, massaggiandosi il collo atrofizzato a causa dell'innaturale posizione che aveva finito per assumere.

Ma il diretto interessato lo ignorò completamente, troppo intento a rovesciare sul tavolo la posta del giorno, per poi iniziare a far passare una ad una le varie buste e a scartarle gettandole a terra con la medesima sistematicità, all'evidente ricerca di qualcosa che aspettava ma che, evidentemente, avrebbe dovuto continuare ad attendere.

-E' arrivato nulla che possa interessarmi? Telefonate, messaggi...?- borbottò, degnandolo solo allora della sua attenzione.

-Ha chiamato Lestrade, in effetti.- ricordò improvvisamente John, con ritrovata lucidità -Chiede se puoi passare nel suo ufficio, sembra che ci siano degli sviluppi sul caso Thompson...-

Il detective, però, al nome dell'ispettore dismise subito tutto l'interesse che gli aveva dedicato e l'ascoltò a malapena, ben più occupato a controllare, senza alcun esito, la segreteria telefonica. Il che rese l'amico ancora più sgomento per quel suo improvviso quanto inusuale interesse per le relazioni sociali, addirittura snobbando quella che poteva rappresentare una preziosa svolta per il caso che stava così assiduamente seguendo da giorni.

-Altro?- lo incalzò poi, con finta noncuranza.

-No, è tutto.- rispose John, sbattendo perplesso le palpebre -Perché, chi altri avrebbe dovuto cercarti?-

Sherlock, per tutta risposta, gli lanciò addosso con malagrazia il giubbotto.

-Nessuno.- replicò secco -Andiamo allora, muoviti. Non farmi perdere altro tempo.-

 

* * *

 

-Ahem...-

Da quel lieve colpo di tosse Sherlock intuì che Molly stava cercando di attirare la sua attenzione, che però al momento era tutta per la reazione chimica che stava studiando al microscopio. Pertanto, lo ignorò.

-Ahem!- fece di nuovo la patologa, stavolta con maggiore enfasi.

Sollevò gli occhi dalla lente del microscopio, quel minimo essenziale per guardarla storto.

-Avanti, parla. E spero tu abbia un valido motivo per interrompermi proprio ora!- sbottò scocciato.

Il suo tono riuscì ad annichilire a tal punto Molly che quasi parve scomparire nel camice da laboratorio, ma non abbastanza da farla desistere dall'intento di avviare con lui una conversazione.

-Volevo solo... Volevo scusarmi per ieri sera. Ho avuto un... contrattempo. Un imprevisto. Scusa!- riuscì a balbettare con voce incrinata.

Se non fosse stato talmente contrario a quanto sapeva consigliato dalle convenzioni sociali, Sherlock le avrebbe senz'altro fatto presente che non era affatto un buon modo di farsi perdonare da qualcuno per avergli fatto perdere del tempo quello di fargliene perdere dell'altro. Tuttavia, buona parte del risentimento che aveva covato per Molly era andato inspiegabilmente disperso quando, quella mattina, la signora Hudson aveva bussato al suo appartamento per fargli avere da parte della patologa il referto tanto agognato, con allegato uno di quei muffin ai mirtilli che saltuariamente preparava da portarsi al Bart's come spuntino. E che, dopo aver assaggiato di persona e apprezzato al punto da fargli prendere la cattiva abitudine di sgraffignarglieli più o meno di nascosto, lei si premurava di avere sempre a disposizione in duplice esemplare. Così, soddisfatto ed addolcito, aveva accettato quel tacito invito e si era deciso a raggiungerla al laboratorio per discutere con lei degli esiti delle analisi ed effettuare gli ultimi accertamenti del caso. Ma, più intimamente, per rinfacciarle lo sgarbo della sera precedente continuando a fingersi offeso e spingerla a prostrarsi ai suoi piedi in cerca di scuse.

Dunque, a quel pietoso tentativo di farsi perdonare volle essere magnanimo, confortato nel vedere che Molly aveva ancora un po' di considerazione nei suoi confronti.

-Come ti pare.- replicò stentoreo -Basta che non succeda altre volte.-

Tuttavia Molly si morse nervosa il labbro inferiore, manifestando così di nutrire al riguardo ben più riserve di quanto lui fosse propenso a gradire.

-Sì ecco, appunto... Stavo pensando che, forse, per evitarti altri disagi... sarebbe meglio che ti dia queste, non si sa mai.- gli disse, estraendo dalla tasca un piccolo mazzo di chiavi -Sono le mie chiavi di scorta: l'ingresso secondario, il laboratorio, l'archivio e l'obitorio.- aggiunse, mostrandogliene una per una.

Sherlock spostò lo sguardo da quanto gli stava offrendo sul palmo della mano ai suoi occhi nocciola, abbozzando un sorriso divertito.

-E cosa ti fa pensare che io non ce le abbia già?-

Lei rimase un attimo a bocca aperta, interdetta.

-Ah.- fece con aria abbattuta, ma che divenne prontamente indispettita una volta realizzata la portata di quanto le aveva appena confessato -Ma... Ehi! Come sarebbe?!?-

Lui si limitò ad una compiaciuta alzata di spalle.

-Dovresti stare più attenta a dove appoggi le cose. Qualcuno potrebbe prenderle in prestito e... farne una copia.-

L'espressione di Molly si piegò in una smorfia di indignazione.

-Che cosa?!? Ma sei un ladro!- proruppe, puntandogli contro un indice con fare accusatorio.

-No, sono solo previdente.- ribatté Sherlock, senza scomporsi minimamente -Comunque puoi stare tranquilla, non ho ancora avuto l'occasione di usarle... Ed ora ho il tuo permesso, no?-

Lei gli rispose scoccandogli un'occhiata furente, per poi dargli le spalle e tornare al suo lavoro, ignorandolo come se non ci fossero altre persone oltre a lei in quella stanza ma continuando a stringere le labbra contrariata, a riprova di quanto invece non riuscisse ad ignorare la sua presenza.

Soddisfatto di aver avuto la meglio in quella conversazione, Sherlock si accinse a fare altrettanto, ma scoprì ben presto che la sua concentrazione faticava a tornare. Ma non era affatto la reazione indispettita di Molly a preoccuparlo, perché tanto la sapeva troppo gentile per serbare rancore con qualcuno a lungo, e tantomeno con lui. No, ciò che gli dava da pensare era il suo comportamento precedente, quella premura eccessiva e inaspettata. Non vedeva per quale motivo desiderasse tanto offrirgli libero accesso al Bart's anche in sua assenza, considerando che, per quanto ne sapeva, il solo imprevisto che le poteva capitare era di dover portare il gatto dal veterinario. Per cui doveva esserle successo qualcosa, se all'improvviso temeva una tale mancanza di tempo e disponibilità... Qualcosa cui teneva particolarmente, ma di cui si vergognava troppo per poterglielo rivelare.

-Ti vedi con qualcuno.- dedusse a bruciapelo.

Le spalle di Molly sussultarono, facendole rovesciare sul tavolo una provetta fortuitamente vuota.

-N... no!- si affrettò a negare lei, con voce fin troppo frettolosa e spaventata.

Sherlock inarcò un sopracciglio con fare supponente. Le sue abilità deduttive con quel libro aperto che era Molly Hooper erano decisamente sprecate.

-Non era una domanda.- replicò secco -Ti vedi con qualcuno, è chiaro. Respirazione accelerata, dilatazione delle pupille, rossore improvviso...-

-Ok, smettila.- sbottò scocciata, distogliendo lo sguardo dai suoi occhi inquisitori -Sì, mi vedo con qualcuno. E allora? Non è affare che ti riguardi.-

Queste parole furono più che sufficienti per trasformare la curiosità del consulente investigativo in un vero e proprio sospetto. Quando si trattava del comportamento umano aveva ben poche certezze, ma una di queste era che se la patologa iniziava ad uscire con qualcuno era indubbio che, una volta in sua presenza, avrebbe trovato il modo di introdurre l'argomento nella loro conversazione in modo più o meno casuale. O, almeno, così era successo per i suoi primi appuntamenti, perché poi la voglia di parlare delle sue frequentazioni doveva esserle progressivamente scemata ai ripetuti e spietati commenti del detective. Ma che, comunque, sapeva offrirle consulti sempre azzeccati e ben più accurati di qualsiasi oroscopo o posta del cuore, tanto che avrebbe potuto benissimo modificare le referenze sul proprio biglietto da visita in: “Sherlock Holmes, di professione consulente investigativo e, nel tempo libero, pure sentimentale”. E, dopotutto, era proprio per questa sua infallibile abilità nello svelarle in anticipo i difetti del tizio di turno che, con la giusta insistenza, puntualmente alla fine Molly cedeva e metteva da parte ogni riserbo per descriverglielo ed avere il suo giudizio a riguardo.

Eppure, quel giorno la sua ritrosia persisteva. Perché? Non poteva essere semplicemente per la vergogna, sarebbe stato ridicolo che tentasse di conservare un onore già abbondantemente perso in passato collezionando innumerevoli appuntamenti con gente davvero insignificante, per non dire imbarazzante... No, era ovvio che Molly stava cercando di nascondergli qualcosa, seppur in modo alquanto patetico. Forse perché si trattava di una persona che anche lui conosceva. O, ancora meglio, una persona che non avrebbe dovuto frequentare...

-E' un collega?- provò ad indovinare.

-No, certo che no!- esclamò lei indignata, mettendo le mani avanti -Non lavora qui al Bart's...-

-E' un dottore, dunque.- ipotizzò, con maggior convinzione.

Molly arrossì fino alla punta dei capelli, sintomo inequivocabile che era riuscito a smascherarla.

-Ok, hai vinto... Sì, è un dottore.- sospirò, scuotendo la testa e ondeggiando la coda di cavallo.

Sherlock inarcò un sopracciglio, insoddisfatto.

-Dottor... chi? Lo conosco?-

-No. Impossibile.- replicò subito secca -Non è di Londra, lui... viaggia molto.-

Detto questo, afferrò pretestuosamente la prima cosa che aveva sotto mano ed uscì dal laboratorio, fuggendo dal suo interrogatorio.

Il detective strinse lo sguardo sulla porta da cui la patologa si era appena dileguata.

“Sospetto. Davvero molto sospetto.”

 

* * *

 

Erano poche le volte in cui Sherlock ascoltava con attenzione e sincero interesse le parole che uscivano dalla bocca di Molly, e quella era una di quelle volte. D'altronde, quando ti trovi davanti ad un corpo senza il minimo indizio che permetta di ipotizzare come possa essersi trasformato in un cadavere, avere il parere di un medico legale può tornarti comodo... Inoltre, quella era anche una delle rare occasioni in cui la giovane donna gli si rivolgeva con un tono di voce sicuro, per non dire orgoglioso di potersi dimostrare, almeno in quel campo, in grado di conversare con lui alla pari. E in effetti Sherlock doveva riconoscerle che per molti dettagli tecnici il suo supporto gli era indispensabile, e che anzi era intellettualmente stimolante poter conversare su argomenti scientifici con qualcuno non solo in grado di capire le sue parole, ma perfino di trasmettergli preziose informazioni che i libri, da soli, non avrebbero mai potuto insegnargli.

Ad un tratto, però, qualcosa nella tasca del camice di Molly trillò e la sua voce, prima tutta concentrata sulla spiegazione dei risultati delle analisi tossicologiche, si interruppe di colpo.

-Scusa solo un secondo...- mormorò distrattamente, estraendo un cellulare blu per leggere un messaggio.

Sherlock strinse gli occhi irritato, ma non disse nulla e continuò a leggere le analisi per conto proprio, fingendo di poter comprendere benissimo anche da solo i dati riportati su quei fogli e la sua scrittura inutilmente arzigogolata.

-Ehm... Devo andare a... Hanno bisogno di me.- gli annunciò la patologa, sbrigativamente -Aspettami, torno subito!-

E prima ancora che avesse modo di replicare, Molly Hooper era già corsa in fretta e furia fuori dalla stanza, abbandonandovi uno Sherlock quanto mai indispettito. Anche lui aveva bisogno di lei, ed era la prima volta che osava piantarlo in asso in quel modo. E davvero non riusciva ad immaginare per quale emergenza fosse richiesto il suo insostituibile aiuto, dato che gli unici pazienti di cui si occupava di regola erano già morti... Pertanto, c'era un'elevata probabilità che non si trattasse di una questione di lavoro.

Stava ancora rimuginando su quanto appena successo, che la porta del laboratorio si riaprì con un botto e Molly fece la sua ricomparsa nella stanza.

-Rieccomi! Scusa se ti ho fatto aspettare tanto...- ansimò, paonazza in volto e a dir poco trafelata.

Sherlock la guardò perplesso. Primo, perché la patologa si era assentata per neanche un paio di minuti. Secondo, perché, anche se non capiva assolutamente nulla di moda, era abbastanza certo che fossero dei pantaloni ciò che prima aveva indosso, e non certo quella strana gonna a balze il cui orlo ora le sbucava sotto il camice da laboratorio.

 

* * *

 

John seguì mestamente Sherlock dentro il laboratorio di analisi del Bart's, ancora all'oscuro della ragione per cui avesse insistito tanto a trascinarlo fin lì proprio nel bel mezzo della partita tra il Chelsea e il Manchester United. Non ne vedeva affatto l'urgenza, dopotutto era in un periodo relativamente calmo, senza nessun caso tra le mani. O, meglio, di casi se ne erano anche presentati al loro indirizzo, ma erano stati tutti velocemente messi alla porta in modo ben poco diplomatico.

-Oh, siete voi.- disse semplicemente Molly, scrutandoli dietro un paio di occhiali protettivi -Di cosa avete bisogno questa volta?-

John la guardò interdetto. Per quanto fosse chiaro che non fossero lì per una visita di piacere, non era da lei accoglierli con fare tanto disinteressato.

-Devo prendere in prestito alcune cose... per l'esperimento di cui ti parlavo ieri.- le spiegò allora Sherlock.

Ma Molly lo degnò appena, fissando invece con maggiore attenzione l'orologio alla parete.

-Certo, certo... Serviti pure, ormai sai già dov'è tutto.-

Lo sguardo di John si fece ancora più perplesso, spostandosi alternativamente sui due nel vano tentativo di rincorrere il senso di un discorso che gli stava purtroppo sfuggendo, con il vago presentimento di essersi perso troppe puntate. In effetti sì, Sherlock il giorno prima era uscito senza dirgli dove stesse andando, per cui non lo sorprendeva scoprire che si fosse recato al Bart's ma... era pronto a giurare che non stava affatto svolgendo alcun esperimento. Se così fosse stato, la loro cucina ne sarebbe stata la devastata testimone.

Osservò dunque il suo coinquilino afferrare apparentemente a caso alcuni contenitori di sostanze chimiche da un armadio, per poi rivolgersi nuovamente alla dottoressa.

-Allora...- iniziò, avvicinandosi a lei -Come va?-

Di tutte le frasi che Sherlock Holmes avrebbe potuto pronunciare, quella non era solo la più improbabile, ma era davvero impossibile. Perché mai, ma proprio mai, John aveva visto il suo amico sforzarsi di iniziare una conversazione amichevole con qualcuno, men che meno con Molly Hooper. E, cosa ancora più stupefacente, lei non sembrò nemmeno fare troppo caso a quella stranezza... Al punto che il dottore ebbe la netta impressione di trovarsi di fronte a due perfetti estranei.

-Oh, al solito... Lavoro.- gli rispose tranquilla, per poi spegnere il becco Bunsen che stava utilizzando -Ora però dovete scusarmi, dovrei proprio andare...-

-Ma sono le 16.- obiettò Sherlock, sollevando diffidente un sopracciglio -Il tuo turno non è ancora finito...-

Tuttavia lei si tolse comunque il camice e andò ad appenderlo su una gruccia fissata in un angolo della stanza.

-Ho chiesto un permesso.- spiegò di spalle.

-Perché? E' successo qualcosa?- continuò il detective con fare ostinato.

Molly si irrigidì leggermente, tradendo un'agitazione fino a quel momento davvero ben dissimulata.

-No, certo che no...- balbettò -Devo... Ho promesso...-

Ma, in quel preciso istante, il trillare insistente di una suoneria giunse in suo soccorso. Molly si interruppe con un sussulto, recuperò prontamente un rumoroso cellulare blu dalla tasca dei jeans e rispose alla chiamata, arrossendo in volto.

-Oh, ciao. Sì, ho finito... Arrivo subito.- disse con voce sommessa, ma comunque più che udibile anche alle loro orecchie.

E John non poté fare a meno di notare che lo disse con un tono quanto mai strano. Per la precisione, con la stessa voce acuta e leggermente tremante che le veniva ogni volta che parlava con Sherlock. Il quale, una volta che ebbe terminato la telefonata, le rivolse un'occhiata altrettanto sospettosa.

-Molly...- iniziò a dirle, mani ai fianchi e tono inquisitorio.

-Non ora, Sherlock.- lo interruppe però lei infastidita, e non troppo diversamente da come si zittisce un bambino petulante -Mi stanno aspettando.-

Quindi afferrò prontamente cappotto e borsa per poi fuggire via agitata, stroncando sul nascere ogni altra protesta da parte del detective. E aumentando lo straniamento del suo amico a dismisura.

-Sherlock, mi spieghi cosa accidenti sta succedendo?- sbottò quindi John, stufo di non capirci più nulla -Perché siamo venuti qui? E non provare a propinarmi quella storia dell'esperimento... Non sono uno stupido.-

Lui però non gli rispose subito, preferendo iniziare a passeggiare avanti e indietro per il laboratorio, con le mani intrecciate dietro alla schiena e lo sguardo assorto.

-No, appunto. Non sei stupido.- gli rispose tranquillo dopo una decina di passi -Per questo ti ho portato qui. Volevo il tuo parere.-

-E su cosa, santo cielo?- chiese esasperato, alzando gli occhi al cielo -Sul tuo nuovo hobby? Stalkerare Molly Hooper?-

-Esattamente.- fece Sherlock, serissimo.

John sbatté le palpebre, ammutolito da quella rivelazione.

-Veramente stavo scherzando...-

-Io no.- replicò lui con fermezza -Avanti, non puoi negare che ha un comportamento a dir poco sospetto...-

John sospirò, coprendosi il volto con le mani. Adesso capiva perché in quei giorni Sherlock aveva rifiutato con tanta ostinazione incarichi neanche troppo scontati. Ne aveva già accettato uno, tra l'altro senza che nessuno gli avesse chiesto di occuparsene. Anzi, senza nemmeno che l'interessata ne fosse al corrente perché, poco ma sicuro, non avrebbe affatto gradito una simile invadenza nella sua privacy, per quanto forse considerasse lusingante essere finalmente riuscita ad attirare su di sé le attenzioni del detective.

-Oh, ti prego... Non puoi parlare sul serio.- provò a farlo ragionare -Capisco che tu ti stia annoiando, ma non sarebbe meglio se ti dedicassi ad un altro caso, piuttosto? Uno vero? Ok, te lo riconosco, è stata un po' evasiva ma... non ci vedo nulla di preoccupante. Probabilmente sta solo uscendo con qualcuno.-

-Bravo John, lo vedi che non sei stupido?- esclamò Sherlock con un accenno di sorriso -Sì, sta proprio frequentando una persona da circa una settimana... Ma non sono riuscito ad avere da lei alcuna informazione sul suo conto, eccetto che si tratta di un dottore. Che, a detta sua, dovrebbe essere continuamente in viaggio per lavoro, quando invece è ovvio che non sia così, dato che si vedono in continuo...-

John a quel punto non riuscì più a trattenersi e scoppiò a ridere. Il suo amico allora si fermò sul posto, fulminandolo con un'occhiataccia.

-Che c'è?- domandò, evidentemente contrariato dal fatto che non lo stesse affatto prendendo sul serio.

Lui allora si sforzò di tornare serio per non indispettirlo troppo, ma non riuscì a perdere il sorriso beffardo sulle sue labbra.

-Credo di aver svelato il mistero.- gli disse con tono canzonatorio -Sei geloso.-

Sherlock però non fece una piega alle sue insinuazioni e incrociò le braccia imbronciato.

-Non sono geloso, sono preoccupato.- replicò con sicurezza -Da quando esce con questo tizio, Molly è diventata completamente inaffidabile. Dimentica gli appuntamenti, sbaglia le analisi che le commissiono, la trovo una volta sì e una no, mi ascolta a malapena quando le parlo... E' una situazione intollerabile!-

“Appunto, geloso...” pensò John, trattenendosi a stento dal rinfacciarglielo.

-Su, Sherlock, sii ragionevole.- lo sollecitò con fare ben più diplomatico e conciliante -Capisco che a te possa sembrare inconcepibile, ma io non ci vedo nulla di strano in tutto ciò... Si vede che si è innamorata, tutto qui. Non puoi semplicemente lasciarla in pace e sperare che sia felice?-

Lui però serrò la mascella in modo tutt'altro che ragionevole.

-Certo che no!- esclamò infervorato -Avanti, conosciamo entrambi lo scarso buonsenso di Molly Hooper in fatto di uomini. E questo fantomatico “dottore” è probabilmente il più inquietante e sospetto di tutti...-

John sospirò una seconda volta, riflettendo tra sé che invece la giovane patologa un po' di buonsenso aveva dimostrato di averlo, se si era finalmente decisa a lasciar perdere Sherlock Holmes. Un altro pensiero cui, però, era meglio non dar voce.

-E sentiamo, cosa ci troveresti di tanto strano in lui?- gli chiese invece, estenuato.

Al che le labbra di Sherlock si piegarono in uno dei suoi sorrisi saccenti.

-Per cominciare, il modo con cui la contatta, visto che quello che ha usato prima non era il suo cellulare... Quello è il cellulare di Molly.- replicò, indicando l'oggetto in questione dimenticato sul tavolo da laboratorio.

 

* * *

 

Era una serata piacevolmente tranquilla e John se ne stava altrettanto serenamente seduto alla scrivania ad aggiornare il suo blog, alternando di tanto in tanto qualche frase con un sorso di tè per raccogliere meglio i pensieri, quando quella pace venne bruscamente interrotta dal suo coinquilino, uscito con fretta e nervosismo dalla propria camera da letto per invadere il soggiorno.

Sospirò. Appunto, era una serata piacevolmente tranquilla.

Si rassegnò così al trambusto sollevato da uno Sherlock alla burrascosa ricerca di qualcosa, finché non gli si parò davanti fremente di impazienza, chiedendogli scocciato se aveva visto in giro il suo dannato passamontagna.

-No, non mi pare.- gli rispose John dopo una breve riflessione -Perché?-

Il suo amico allora roteò gli occhi con disappunto.

-Oh, allora deve averlo imboscato da qualche parte Mrs Hudson!- sbottò, slanciandosi ad aprire la porta d'ingresso per poter gridare liberamente nel pianerottolo -Mrs Hudson! Ci risiamo! Quante volte le devo dire di non toccare la mia roba?!?-

-Sherlock!- lo richiamò subito con tono di rimprovero -Smettila! Ti sembra il caso?!?-

Lui assunse un'aria imbronciata ma riprese un contegno più civile, rientrando nell'appartamento.

-No, infatti. Non ho tempo da perdere.- replicò, agguantando il proprio cappotto.

-Ma...- lo trattenne il suo amico, risoluto a fare un po' di chiarezza sul suo comportamento -Si può sapere cosa sta succedendo? Dove stai andando?-

-Devo pedinare una persona.- gli spiegò con fare sbrigativo.

John lo guardò con perplessità ancora maggiore. Non gli aveva detto di aver accettato un nuovo incarico...

-Davvero?- domandò, anche se una vocina nella sua testa gli stava già suggerendo la temuta risposta -Chi?-

-Molly Hooper.- gli annunciò Sherlock, richiudendosi la porta alle spalle.

 

* * *

 

Quando udì il cauto rumore delle chiavi ruotate nella toppa erano ormai le tre del mattino. Ciononostante, John aveva deciso di rimanere sveglio proprio in attesa del ritorno del suo coinquilino, la cui testa sbucò dalla porta con inutile circospezione.

-Oh.- fu il suo modo di salutarlo, deglutendo colpevole nell'incrociare il suo sguardo -Credevo fossi andato a dormire.-

John allora si alzò imperioso dalla poltrona, incrociando le braccia con vivo disappunto.

-Si può sapere che diamine ti è saltato in mente?!?- lo rimproverò senza troppi giri di parole -Non riesco ancora a crederci! Pedinare Molly?!?-

Sherlock però si chiuse la porta alle spalle con aria affatto mortificata.

-Non avevo altra scelta, se volevo scoprire chi è la persona che sta frequentando.- rispose con semplicità.

-Buon Dio! Certo che avevi un'altra scelta! Farti gli affari tuoi!- sbottò John -E poi, come facevi a sapere che sarebbe uscita proprio con lui?-

Il detective si permise un sorrisino compiaciuto, e decisamente inappropriato.

-Beh, ecco, credo di aver dimenticato una cimice spia nel suo laboratorio, qualche giorno fa...-

John spalancò la bocca per lo sconcerto.

-Tu cosa?!?- gridò, con un tono che, probabilmente, aveva permesso alla sua esclamazione di esser captata anche dalle orecchie di Mrs Hudson -Sherlock, è illegale! E immorale, per di più!-

-Ma è anche per una buona causa.- gli tenne testa lui, spudorato.

-Sì, come no...- sospirò John dall'esasperazione -Beh, almeno adesso sei soddisfatto?-

-Direi proprio di no.- rispose secco, sedendosi di fronte a lui e congiungendo le mani davanti alle labbra, meditabondo -E' uscita di casa, ha percorso la via, svoltato l'angolo. E poi è sparita. Un vicolo cieco.-

John alzò la testa di scatto, improvvisamente molto più attento. E allarmato.

-Come sarebbe, è sparita?-

-Sarebbe che non l'ho più vista. Ho anche aspettato per cinque ore davanti a casa sua, ma non vi ha fatto più ritorno...- gli spiegò il suo amico.

Entrambi rimasero un attimo in silenzio, pensierosi. John aveva finora addebitato il comportamento di Sherlock alla sua eccessiva paranoia e mania del controllo, ma dopo quel resoconto anche lui iniziava a nutrire delle serie perplessità sulle recenti frequentazioni della loro amica patologa. In effetti, non poteva ignorare la sua inclinazione a fidarsi un po' troppo ingenuamente delle altre persone... e ad intraprendere relazioni sentimentali con uomini davvero poco raccomandabili, per non dire pericolosi.

-Riconosco che Molly si sta comportando... non da Molly, ecco.- ammise infine -Dove pensi sia andata?-

-Non ne ho idea... L'unica cosa certa è che era in compagnia di quel dottore. Sempre se si tratta per davvero di un dottore.- rifletté Sherlock, visibilmente scocciato dall'infruttuosità della sua indagine -Ma la prossima volta non mi sfuggirà, questo è poco ma sicuro.-

John allora gli ammiccò malizioso, rivolgendogli un sorriso d'intesa.

-La prossima volta non ci sfuggirà, volevi dire.- lo corresse.

 
   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: Evee