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Autore: LindaBaggins    11/01/2015    2 recensioni
Fu sorpreso del lucchichío di determinazione nei suoi occhi, e ancora di più della fermezza della sua voce quando parlò:
«Hai in casa tredici nani esausti, bagnati fradici e, con molta probabilità, affamati. Mi sembra che tu abbia bisogno di aiuto.»
[...] Bard sospirò e non riuscì a fare altro che fissarla senza dire nulla. Ana lo guardava con il più rassicurante dei sorrisi, e il primo, bizzarro pensiero che gli attraversò la mente fu che quel giorno, con il naso arrossato dal freddo e quel piccolo ciuffo di capelli castani che spuntava dal berretto, era particolarmente bella.

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Ana e Bard si conoscono da sempre, ma tra loro non c'è mai stato altro che amicizia. Ma l'arrivo in città della compagnia di Thorin Scudodiquercia porterà un certo scompiglio, e molte cose non saranno più come prima ...
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bard, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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II.

Quella che per Bard doveva essere una semplice consegna di barili vuoti dal Reame Boscoso, un tranquillo lavoro di routine che aveva già svolto altre centinaia e centinaia di volte, si era rivelata presto una mattinata estenuante e a dir poco surreale.
Senza quasi sapere come fosse accaduto, si era ritrovato con una consistente quantità di argento in tasca e ben tredici nani più uno hobbit, nascosti nei barili che stava portando in città. Non solo, ma per dimostrare di essersi guadagnato il denaro che i nani gli avevano dato come pagamento, aveva persino dovuto recitare la parte del contrabbandiere di pesce per nascondere il carico ben più compromettente che stava trasportando. Gli era già capitato di portare in città del pesce pescato illegalmente, ma si trattava di piccole quantità, appena sufficienti per sfamare la sua famiglia e, a volte, qualcun altro che ne avevesse bisogno. Non gli era mai passato per la testa di cercare di introdurre a Pontelagolungo interi barili di pesce: era già abbastanza malvisto dalle autorità cittadine, e per il bene dei suoi figli voleva evitare di tirarsi volontariamente addosso guai con la giustizia.
Quei nani, però, lo avevano pagato – molto bene, per giunta – e Bard aveva deciso che valeva la pena rischiare. Non aveva idea di chi fossero, ma non credeva a una parola della storia che gli avevano propinato sull’essere dei semplici mercanti in viaggio per i Colli Ferrosi. Dei semplici mercanti non pagano un contrabbandiere per portarli dentro una città nascosti all’interno di barili vuoti, quello era poco ma sicuro. Bard, tuttavia, non aveva fatto domande: aveva intascato il denaro e, da uomo onesto qual’era, si era impegnato per portare a termine il suo compito e rispettare la parola data.
Se l’era vista brutta, quando era stato dato l’ordine di rovesciare nel fiume il contenuto dei barili, ma, come sempre quando si trovava alle strette, il suo cervello aveva iniziato a lavorare a velocità doppia, e due o tre allusioni a possibili sommosse popolari erano fortunatamente bastate a mettere nel sacco quello smidollato di Alfrid. Si era allontanato con aria sicura di sé, ma la verità è che sentiva ancora tremare le gambe per la paura e per il sollievo dello scampato pericolo.
Anche al mercato non se l’era cavata poi troppo male. Braga, il capitano delle guardie cittadine, era persino più facile di Alfrid da abbindolare. Nel suo caso, non c’era stato bisogno di evocare lo spettro di saccheggi e ribellioni: era stato sufficiente buttare lì un’allusione quasi casuale alla disinvoltura con cui sua moglie intratteneva rapporti con tutti gli uomini della città, e il povero Braga si era allontanato furibondo, sicuramente diretto a casa per fare luce sulla questione.
Soltanto quando tutti e tredici i nani erano venuti fuori dal suo gabinetto e si erano ritrovati al sicuro, lontani dagli sguardi famelici delle spie del Governatore che tenevano d’occhio la sua casa, Bard si era concesso un respiro di sollievo. Era stato in quel momento che, finalmente, si era accorto di quanto fosse stanco. Nemmeno dopo un’intera giornata di lavoro a pieno regime aveva mai sentito tanta voglia di gettarsi sul letto e dormire fino all’indomani. Ma sapeva benissimo che finché quei nani, chiunque fossero, non avessero ottenuto quello che volevano e non fossero stati fuori dalla sua casa, non avrebbe potuto concedersi nemmeno un secondo di riposo.
In tutto ciò la visita di Ana era di gran lunga l’ultima cosa che Bard si aspettava, e soprattutto auspicava, in quel momento. Non che non fosse contento di vederla, ma sentiva che meno persone venivano coinvolte in quella vicenda e meglio sarebbe stato per tutti. Per questo si era comportato in modo così allarmato, quando Tilda gli aveva annunciato che la ragazza era davanti alla porta.
«Entra, presto!» sibilò, afferrandola per un braccio e trascinandola dentro.  
«Ma cosa … ?» balbettò Ana disorientata, mentre Tilda richiudeva la porta. Sigrid e Bain corsero subito da lei per salutarla, e Ana li strinse in un rapido abbraccio.
«Bard, santo cielo, vuoi dirmi che cosa sta succedendo?» chiese la ragazza al di sopra della testa di Sigrid. «Chi … chi sono quelli
Bard, a disagio, lanciò una rapida occhiata alle sue spalle. Deglutì. «Loro … loro sono nani.»
«Questo lo vedo. Intendevo dire: cosa ci fanno dei nani nella tua sala da pranzo
Bard aprì la bocca per parlare, e si accorse di avere il palato completamente secco. Aveva la massima fiducia in Ana, sapeva di poterle raccontare tutto senza che ne facesse parola con nessuno. Ma quella faccenda gli sembrava ancora talmente incredibile, da riuscirgli difficile trovare le parole adatte per raccontare tutto senza farlo sembrare un mucchio di balle. Poi si accorse dell’espressione incredula e interrogativa che ancora aleggiava sul suo viso, e capì che le doveva una spiegazione, non importa quanto strampalata potesse sembrare.
«Li ho trovati lungo il Fiume Selva, poco fuori dai confini di Bosco Atro» le disse rapidamente, abbassando la voce. Sapeva che non ce n’era bisogno, ma la consapevolezza che c’erano delle spie del Governatore a sorvegliare la sua casa lo stava quasi portando alla paranoia. «Credo che venissero dal Reame Boscoso. Mi hanno pagato per portarli in città di nascosto, così li ho infilati nei barili vuoti che avrei dovuto consegnare stamattina, e … li ho riempiti con del pesce.»
Osservò Ana che, ascoltandolo, registrava una ad una le informazioni che le stava dando. Ad un certo punto, verso la fine del breve racconto, la ragazza sembrò finalmente mettere insieme dei pezzi, perché i suoi occhi verdi si allargarono e la sua bocca, se possibile, si spalancò ancora di più.
«Barili di pesce?» domandò incredula. «Allora è questo che stavi facendo quando stamattina mio padre …»
«Sì» si limitò a rispondere Bard con un sospiro. Percy doveva aver raccontato tutto alla figlia dello strano episodio a cui aveva assistito quella mattina.
Ana rimase a fissarlo ancora per qualche secondo, sbigottita. Sembrava che stesse cercando qualcosa di sensato da dire ma non riuscisse a trovarlo. Bard non la biasimava: lui stesso faticava ancora a credere a quello che stava succedendo. Vide lo sguardo della ragazza spostarsi lentamente dalla sua faccia ai nani alle sue spalle. Non avevano ancora detto una parola, ma la fissavano in silenzio e con le sopracciglia aggrottate, tesi come corde di un’arpa, sicuramente chiedendosi se fosse qualcuno di cui potevano fidarsi.
«Credo che dovresti presentarmi» gli bisbigliò Ana lanciandogli un’occhiata significativa.
Bard si riscosse, rendendosi conto che aveva ragione, e si voltò verso il gruppo alle sue spalle.
«Lei è Ana» disse semplicemente. «Non abbiate paura, è un’amica. Non ha cattive intenzioni.»
Per un attimo temette che le sue rassicurazioni non avessero avuto effetto, perché molti dei nani strinsero ancora di più gli occhi con aria sospettosa e non dettero segni di volersi muovere dal punto in cui si trovavano. Poi, dopo lunghi secondi di freddo silenzio, il nano più vecchio - quello con la lunga barba candida che terminava dividendosi in due punte – si fece cautamente avanti.
«Piacere di conoscervi, mia signora. Mi chiamo Balin. Al vostro servizio» esordì con un sorriso bonario, terminando la frase con un profondo inchino.
Bard guardò Ana boccheggiare per qualche secondo, sbattendo le palpebre come se stesse cercando di capire se era sveglia o stava sognando, e non riuscì a trattenere un sorriso divertito. Agli abitanti di Pontelagolungo non capitava così spesso di ritrovarsi a conversare con un nano.
«Il piacere è mio … mastro Balin» riuscì a rispondere alla fine la ragazza con voce incerta, cercando di mascherare lo stupore con la cortesia.
Anche il più piccolo della compagnia, quello dall’aspetto molto diverso dai suoi compagni, saltò giù dallo sgabello su cui era seduto e mosse qualche passo in avanti.
«E io sono Bilbo Baggins» disse in tono amichevole, la mano tesa verso Ana.
La ragazza la strinse, scrutandolo incuriosita. «Voi … non sembrate affatto un nano» azzardò incerta.
«Sono uno hobbit, infatti» rispose Bilbo Baggins con un sorriso. «Come sia capitato in una compagnia di nani, beh … è una storia molto lunga da raccontare.»
Incoraggiati  dall’esempio di Balin e di Bilbo, anche gli altri nani, uno a uno, cominciarono a farsi cautamente avanti verso Ana con aria più o meno amichevole, presentandosi con un inchino. Soltanto il nano dai lunghi capelli neri e dall’aspetto altezzoso – quello che Bard aveva intuito essere il loro capo – esitò più a lungo degli altri e continuò a fissare Ana con gli occhi stretti di sospetto. Il suo inchino fu più freddo e brusco degli altri, e – Bard non poté fare a meno di notarlo – non disse il suo nome.
Quando le presentazioni furono concluse, il chiattaiolo prese da parte Ana e la condusse in un angolo della stanza.
«Mi dispiace che tu ti sia ritrovata coinvolta in tutto questo , Ana» le bisbigliò, fissandola con aria colpevole. «Forse è meglio che tu te ne torni a casa.»
Fu sorpreso del lucchichío di determinazione nei suoi occhi, e ancora di più della fermezza della sua voce quando parlò: «Hai in casa tredici nani esausti, bagnati fradici e, con molta probabilità, affamati. Mi sembra che tu abbia bisogno di aiuto.»
«E a me sembra che tu abbia già abbastanza cose di cui preoccuparti a casa» protestò Bard. «Non voglio che passi dei guai per colpa mia!»
«Qualcuno li ha visti entrare?» chiese Ana alzando le sopracciglia.
«Credo di no. Ci sono delle spie del Governatore tutto intorno alla casa, ma li ho fatti passare dal … beh, non importa da dove. Non li ha visti nessuno.»
«Dunque, a chi può importare se ho passato un po’ di tempo in casa tua? Tutti sanno che vengo spesso a trovarvi, e mi avranno sicuramente visto arrivare con la cesta dei vestiti.» Gli sorrise. «Ho un alibi perfetto.»
Bard provò ancora una volta a obiettare: «Ana …»
«Quando io e i miei genitori eravamo in difficoltà tu ci hai aiutato molte volte» lo interruppe la ragazza. «Adesso lascia che sia io ad aiutarti.»
Bard sospirò e non riuscì a fare altro che fissarla senza dire nulla. Ana lo guardava con il più rassicurante dei sorrisi, e il primo, bizzarro pensiero che gli attraversò la mente fu che quel giorno, con il naso arrossato dal freddo e quel piccolo ciuffo di capelli castani che spuntava dal berretto, era particolarmente bella.
Deglutì e le sorrise riconoscente. «Ti ringrazio.»
«Che ne dici» domandò Ana in tono pratico, sfilandosi il mantello e poggiando la cesta di vestiti rammendati accanto alla porta «se io e le ragazze prepariamo qualcosa di caldo per i nostri ospiti?»
Bard non rispose subito. La stava ancora osservando con un vago sorriso, divertito e insieme affascinato dalla naturalezza con cui stava affrontando quella faccenda.
«Mi sembra un’ottima idea» rispose alla fine. «Io e Bain, nel frattempo, andiamo a recuperare delle coperte e altra legna per il fuoco.»
Il sorriso di Ana, se possibile ancora più largo di prima, lo accompagnò finché non prese con sé Bain e lo condusse sul retro, alla ricerca del necessario per far asciugare i nani.
Quando rientrò, Ana si stava già dando da fare in cucina insieme alle ragazze, scaldando acqua sul fuoco e tagliando rapidamente verdure e patate per preparare dello stufato. Mentre distribuiva coperte ai nani, rispondendo distrattamente alle loro parole di ringraziamento, Bard si ritrovò di nuovo a fissarla di sottecchi. Si muoveva in modo sicuro, come chi è perfettamente in grado di tenere le redini della situazione, come se avesse preparato da mangiare in quella casa per tutta la vita. Per un attimo fu colto da un breve vertigine. Vedere qualcun’altra assumere nella sua casa il ruolo che era stato di Rhaella, vederla fare le cose che faceva lei, persino con la stessa grazia e naturalezza con cui le faceva lei, era qualcosa di disturbante, che non migliorava affatto lo scompiglio che regnava in quel momento nella sua mente per colpa di quel manipolo di nani piombati improvvisamente nella sua vita.
Certo, era disturbante, si ritrovò a pensare mentre Ana, voltatasi casualmente verso di lui, gli regalava un breve sorriso prima di tornare ad occuparsi del cibo. Disturbante, ma in un certo senso – e Bard se ne stupì al punto di farsi quasi cogliere da un’altra vertigine – anche piacevole. Si ritrovò ad osservarla con un’attenzione con cui non ricordava di averla mai guardata prima: l’ondeggiare della sua treccia lungo la schiena, il suo naso leggermente all’insù, il modo spazientito in cui si scostava i capelli dal viso, il modo in cui il suo polso bianco si piegava su e giù maneggiando il coltello … Come si muoveva la mano di Rhaella quando usava il coltello? Gli mancò il fiato e fu colto da uno strano dolore dalle parti del petto, quando si rese conto che non riusciva a ricordarlo.
«Pa’?»
La voce di Bain arrivò provvidenzialmente a scuoterlo dal torpore in cui era piombato. Abbassò lo sguardo verso il figlio, che stava davanti a lui con in mano due tazze fumanti. Si riscosse e le consegnò personalmente a due dei nani, mentre Bain tornava verso la cucina per prendere altre bevande calde.
Dieci minuti dopo, tutti i nani avevano una coperta addosso e una tazza o una scodella bollente tra le mani. Si affollavano intorno al camino, bisticciando tra loro per assicurarsi un posto davanti al fuoco scoppiettante, mentre il loro capo sedeva con aria pensosa e adombrata presso la finestra, sbirciando fuori dallo spiraglio aperto.
Bard si lasciò cadere su una delle sedie vicino alla lunga tavola al centro della sala e si passò stancamente le mani sulla faccia, sbadigliando. Quando riaprì gli occhi, sul ripiano di legno davanti a lui era poggiata una scodella di stufato fumante. L’odore che salì fino alle sue narici gli sembrò il più buono che avesse mai sentito in vita sua. Alzò la testa, e si accorse che Ana era in piedi accanto a lui.
«Mangia» gli disse. «Hai un aspetto orribile.»
«Senti chi parla» replicò Bard con una punta di sarcasmo nella voce stanca. «Per quanto tempo sei rimasta sveglia a cucire, stanotte?»
Ana si strinse nelle spalle. «Il tempo necessario per finire tutto entro stamattina.»
«E scommetto che non hai mangiato. Di nuovo.»
La ragazza sospirò ed evitò il suo sguardo.
«Devi smetterla con questa storia, Ana. Capisco che tu non voglia far soffrire la fame ai tuoi genitori, ma anche tu hai bisogno di nutrirti.»
«Sto bene …» protestò debolmente Ana.
«Non puoi andare avanti con un solo pasto al giorno» replicò Bard. «Se tu mi permettessi di aiutarvi, di …»
«No» lo interruppe Ana. «Tu fai già abbastanza per noi, da molti anni. Anche tu devi dare da mangiare ai tuoi figli. Non voglio che tu sottragga cibo a Tilda, o a Bain, o a Sigrid.»
Bard sbuffò contrariato, scuotendo la testa. La testardaggine e l’orgoglio di Ana, qualche volta, gli facevano sospettare che fosse lontanamente imparentata con una qualche famiglia di nani.
«Almeno prendi una scodella di stufato e siediti» sospirò rassegnato, afferrando il cucchiaio e iniziando a mangiare.
Ana sembrò accettare il compromesso. Andò a versarsi una scodella di zuppa e lo raggiunse, sedendosi accanto a lui. Mangiarono in silenzio per qualche minuto, godendosi il liquido caldo che andava a scaldare loro lo stomaco.
«Grazie per averci dato una mano» disse infine Bard, immergendo per l’ennesima volta il cucchiaio nella scodella. «Sei stata di grande aiuto.»
Ana sorrise. «L’ho fatto con piacere.» Poi abbassò leggermente la voce e chiese: «Cosa pensi di fare con questi nani?»
«Non so quali siano i loro piani» sospirò Bard con aria cupa. «Non mi hanno detto niente. E’ chiaro che non si fidano di me fino in fondo. In ogni caso, non sarò tranquillo finché non saranno fuori di qui.»
«Pensi che abbiano cattive intenzioni?» domandò Ana dubbiosa, scrutandoli. «Mi sembrano così … innocui. Un po’ strani, te lo concedo, però innocui.»
Bard si incupì e rimestò nervosamente nella scodella. «Francamente, non so cosa pensare.»
Non le aveva detto tutta la verità, e si sentì un po’ in colpa. In realtà c’era un’altra cosa che doveva fare per quella bizzarra compagnia, ed era procurargli le armi che aveva promesso loro al momento della consegna del denaro. Ma non voleva che Ana lo sapesse: si sarebbe sicuramente preoccupata, e in questo caso lui non avrebbe potuto fare niente per rassicurarla, dato che nemmeno lui sapeva che cosa esattamente i nani stessero progettando di fare..
Si voltò a guardarla, e scoprì che lei lo stava già osservando con gli occhi leggermente socchiusi in un’espressione meditabonda.
«Mi dispiace solo di averti distolto dal tuo lavoro» le disse Bard. «I tuoi clienti ti staranno aspettando.»
«Per una volta, i miei clienti possono aspettare. A proposito … ero passata per restituirti i vestiti rammendati che mi avevi portato ieri. Tanto per curiosità, posso sapere cosa combini con i tuoi calzini per farci venire dei buchi così grossi? Vai in giro scalzo, per caso?»
Bard rise. Era la prima volta che lo faceva, nel corso di quella giornata, e fu felice di sentire un’inaspettata sensazione di familiarità e di benessere allargarsi nel petto.
«Non ne ho idea, ma ti ammiro per la pazienza che hai nel rammendarli ogni volta.»
«Oh, ormai ci ho fatto l’abitudine» ridacchiò Ana con noncuranza. Poi, si batté il palmo della mano sulla fronte, come ricordandosi di qualcosa, e aggiunse: «Ho anche portato a Sigrid quel mio vecchio vestito ricucito e rimesso a nuovo. Sono sicura che le starà benissimo.»
Bard si lasciò sfuggire uno sbuffo sarcastico. «Spero di no» disse in tono burbero, nemmeno troppo scherzosamente. «Sta già crescendo troppo in fretta. Non voglio ritrovarmi a dover usare l’arpione contro gli spasimanti in fila davanti alla mia porta di casa.»
Ana lanciò una breve occhiata qualche metro più in là e tossicchiò divertita. «Pare che qualcuno sia già riuscito a introdursi all’interno proprio sotto il tuo naso.»
Bard si voltò per sbirciare oltre la propria spalla. Uno dei nani più giovani, quello con i lunghi capelli biondi e i baffetti (si chiamava Kili? Oppure era Fili?) aveva appena preso la sua scodella di stufato dalle mani di Sigrid, e adesso le stava dicendo qualcosa per cui sua figlia era improvvisamente arrossita e scoppiata a ridere.
Si voltò di nuovo, con aria minacciosa. «Se quella mezza tacca prova solo a sfiorarla con un dito, giuro che lo ammazzo» ringhiò, tornando a dedicarsi alla sua scodella. Poi, vedendo che Ana non riusciva a trattenersi dal ridacchiare di gusto dietro il palmo della mano, sbottò, indispettito: «Non è divertente. Sto dicendo sul serio.»
«Oh, andiamo!» rise Ana. «Non fare il padre geloso, non sta facendo niente di male! Ora che lo guardo meglio, è piuttosto affascinante per essere un nano, non credi?»
Lo sguardo inceneritore che Bard le lanciò fece capire ad Ana che, forse era il caso di lasciar cadere il discorso, ma quando riprese a mangiare le labbra della ragazza erano ancora piegate in un piccolo sorrisetto.
Bard fece passare qualche secondo prima di parlare di nuovo. C’era una domanda che gli si agitava in testa da diversi giorni, e tutto quel parlare di spasimanti e corteggiatori gliel’aveva fatta tornare in mente all’improvviso.
«A proposito di pretendenti» iniziò cautamente, fingendosi molto occupato a raschiare gli ultimi rimasugli di brodo dal fondo della scodella «tuo padre mi ha detto della proposta di Oswyn.»
L’espressione divertita scemò lentamente dal viso di Ana, e la ragazza bloccò la mano a mezz’aria nel gesto di prendere un’altra cucchiaiata di stufato. Non sembrava molto felice di sentirlo introdurre quell’argomento, e Bard per un attimo si pentì di aver parlato.
«Già» rispose sommessamente. «Già, lui … mi ha chiesto di diventare sua moglie. Insistentemente, direi.»
«Beh, congratulazioni. E’ un ottimo partito, mi sembra. Non è il figlio di Kevan, il commerciante di vino?»
Tutt’a un tratto, Ana sembrava essere rimasta a corto non solo di parole, ma persino di fiato. «Infatti …» rispose in un soffio. «Un ottimo partito …»
Cercando di ignorare la bizzarra e fastidiosa stretta che gli stava stringendo lo stomaco, Bard si costrinse a sorridere con l’aria di essere molto contento per lei.
«E … gli hai già dato una risposta?» domandò con noncuranza.
Ana deglutì, e Bard fu sorpreso nel vederla avvampare fino alla punta delle orecchie.
«Io …» rispose, incerta. «Veramente … non ancora.»
Per qualche strana ragione, Bard sentì la morsa allo stomaco allentarsi sensibilmente, ma fu quasi deluso nel vedere che Ana, con la scodella ancora mezza piena di stufato, si alzava all’improvviso dalla sedia sostenendo di non avere più fame e di dover riprendere il suo giro per riconsegnare i vestiti rammendati.
Idiota.
Perché mai gli aveva fatto una domanda del genere? Ana era quasi una di famiglia, certo, ma lui non aveva alcun diritto di intromettersi così nei suoi affari. Voleva chiederle scusa per la sua imperdonabile mancanza di tatto, ma quando Ana tornò verso di lui dopo aver ripreso cesta, berretto e mantello, non sembrava affatto arrabbiata con lui. Il rossore era sparito dalle sue guance, e stava di nuovo sorridendo, anche se con meno convinzione di prima.
«Ho appoggiato i vestiti rammendati sulla poltrona vicino alla porta» disse allacciandosi il mantello. «Se Sigrid ha qualche problema con il vestito, dille di farmelo sapere.»
«Grazie ancora, Ana. Per tutto quanto» disse Bard. Si frugò nelle tasche e ne estrasse una piccola manciata di monete d’argento. «Ecco. Per i vestiti.»
Ana lanciò una rapida occhiata ai soldi e lo guardò con aria di rimprovero. «Ma sono troppi, Bard! Il mio lavoro vale meno della metà di quel denaro.»
«Non mi importa. Voglio che tu li prenda lo stesso.»
«Ma …»
«Ana! Dammi ascolto, per una volta!» la interruppe, ficcandole in mano il denaro e chiudendole con decisione il pugno tra le proprie mani. «Consideralo un prestito, se proprio vuoi, ma prendi questi maledetti soldi!»
Ana deglutì, corrucciata: era chiaro che il suo buonsenso e la paura per sua madre stavano facendo a pugni con il suo orgoglio. Poco a poco, tuttavia, il suo volto si distese e un incerto sorriso fece capolino tra le nubi.
«Grazie» si limitò a dirgli, la voce incrinata dalla commozione. Rimasero per qualche secondo  guardarsi sorridendo leggermente, ognuno leggendo la gratitudine negli occhi dell’altro. Bard si sorprese di come la mano di Ana nelle sue sembrasse così piccola e così calda.
«Adesso devo proprio andare» disse la ragazza. Curiosamente, notò Bard, le sue guance erano tornate a tingersi lievemente di rosa. «Ricorda di portare dei vestiti asciutti a quei poveri nani.»
«Lo farò.» Le lasciò la mano e le aprì la porta. «A presto.»
«A presto» lo salutò Ana scendendo le scale di legno che costeggiavano un lato della casa.
Appoggiato contro la porta di legno ormai chiusa, Bard rimase per diversi secondi a fissare il vuoto davanti a sé, le sopracciglia aggrottate. Avvertiva una strana sensazione alla bocca dello stomaco, come se stesse cercando di far combaciare dei pezzi che non coincidevano o di risolvere un calcolo che non tornava.
Senza quasi rendersene conto si spostò verso la finestra e scostò leggermente la tenda per guardare Ana andare via. Non era stato del tutto sincero, con lei, riguardo a Oswyn. Le aveva fatto le sue congratulazioni per la proposta di matrimonio, ma in verità non era troppo sicuro che fosse una cosa di cui doversi congratulare. La ricchezza e una certa superficiale gentilezza erano le uniche qualità che quel ragazzo poteva vantare, e si chiese se davvero Ana le ritenesse sufficienti come basi per un matrimonio. Si chiese anche, per l’ennesima volta, perché avesse voluto sapere quale fosse stata la sua risposta.
E’ come una sorella, per me. Mi preoccupo per lei. Voglio che sia felice.
Ma guardandola superare il ponte e allontanarsi lungo la strada, con il mantello che le svolazzava alle spalle e la treccia che le dondolava sulla schiena, si rese conto che quella strana mattinata aveva avuto degli strani effetti su di lui. Persino le cose di cui era sicuro fino a ieri, adesso non gli sembravano più così chiare come prima.
 

 
 
 
 
 
ANGOLO AUTRICE

Ben ritrovate a tutte!! Innanzitutto vorrei ringraziarvi per l’entusiasmo con cui avete accolto questa storia, non mi aspettavo un seguito così numeroso fin da subito :)
Spero che questo secondo capitolo, in cui finalmente entra davvero in scena il nostro chiattaiolo, sia stato di vostro gradimento e non abbia deluso le vostre aspettative. Come avete visto, Ana ha fatto la conoscenza dei nani, e, manco a dirlo, Thorin si è dimostrato fin da subito lo scorbutico scontroso asociale che abbiamo imparato a conoscere a ad amare alla follia (cuoricini per Thorin). Riguardo a Bard (tanti cuoricini anche per lui), non vi illudete: continuerà a farsi numerose pippe mentali ancora per un bel po’, e chiaramente Ana non sarà da meno. Sennò che gusto c’è? Dico bene? ;) Nel prossimo capitolo incontreremo un altro personaggio che abbiamo visto nel film, ma non vi dico chi è perché sono malvagia dentro e voglio tenervi sulle spine!
Vi mando un abbraccio e vi ringrazio ancora una volta per aver recensito, aggiunto tra le seguite/preferite o anche soltanto letto questa storia J
Al prossimo aggiornamento (fra una settimana esatta)!

MrsBlack90


 
   
 
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