Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio!
Segui la storia  |       
Autore: Monkey_D_Alyce    11/01/2015    4 recensioni
Mi chiamo Ace e sono un Angelo della Morte.
Mi sono sempre divertito nel mio lavoro: tenevo la vita degli esserei umani tra le mie mani e mi sentivo... potente.
Purtroppo, a causa di un mio capriccio nei confronti di uno stupido moccioso terrestre, sono stato "mandato in vacanza" dal mio Capo come essere umano, alla ricerca della mia essenza per riottenere il lavoro.
Tutta colpa di quel ragazzino!
E' colpa sua se sono nella merda!
Lui e la sua maledettissima vivacità!
Giuro che non gli farò avere mai più vita facile!
Ma più!
... Anche se questo l'ho già fatto...
(SOSPESA MOMENTANEAMENTE!)
Genere: Avventura, Commedia, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Monkey D. Rufy, Portuguese D. Ace, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Uno: Un messaggio di Morte

 
 
Guardo il ragazzino con aria scocciata, aspettando che la smetta di girarmi intorno come un cane.
Se solo potessi, gli farei rischiare la vita con un bel coltello lanciato all’improvviso dalla cucina da nessuno.
Come farò a resistere con questo moccioso appiccicato come una sanguisuga?
 
Comincia a tastarmi con le sue dita delicate e lunghe, come se si stesse convincendo del fatto che io sono reale.
 
“Hai finito?!? Mi sento violato!!!” sbotto iracondo, spingendolo malamente lontano da me, facendolo cadere a gambe all’aria sul divano.
Si ricompone, mettendosi a gambe incrociate, per poi scoppiare a ridere come uno scemo.
Ecco perché attento, o meglio, attentavo ogni giorno alla sua vita!
E’ troppo vivace e… e… è una scimmia, andiamo!!!
“Sei divertente, lo sai?” osserva continuando a ridere di gusto, lasciandomi allibito.
Ma questo è tutto scemo!!!
Dovrebbe essere spaventato a morte da me! Temermi! Chiedermi in ginocchio di non fargli del male!
 
Mi avvicino velocemente a lui, per poi interrompere le sue risa prendendolo per il colletto della maglietta che indossa.
Lo guardo profondamente nei suoi occhi neri come l’ossidiana e liquidi come il mare più oscuro.
Sono magnetici.
“Io non sono divertente. Tu devi odiarmi, disprezzarmi, avere terrore del sottoscritto. Dovresti pregare e basta!” gli intimo in un ringhio, incuriosendolo un poco.
“Perché dovrei, scusa? Non mi pare giusto!” ribatte con ingenuità, sorprendendomi un po’.
Ho sempre seguito i suoi movimenti e, quando parlava in questo modo con i suoi amici, rimanevo sempre a bocca aperta per la sua sincerità.
Un ragazzo senza peli sulla lingua, che non ha paura di dire quello che pensa.
 
“Sentiamo!”- controbatto alzando gli occhi al Cielo, pregando Morte di perdonarmi al più presto- “Perché non hai paura di me?”.
“Ovvio! Mi sei simpatico e svolgi un lavoro come un altro. Certo, “prelevi” (si dice così?) le anime alle persone ed è piuttosto… originale, come cosa, ma non ho motivo di temerti. Tanto, prima o poi, tutti muoiono!” mi risponde come se fosse una cosa di cui si può parlare tutti i giorni.
Come può, lui, un giovane diciasettenne, pensare a queste cose?
Capisco di non essere stato molto gentile nei suoi confronti, in passato, ma scamparla liscia di continuo, sfuggendomi ogni volta dalla mia presa e riflettere su una cosa simile è assurdo!
Ero convinto del fatto che lui la pensasse in un modo del tipo: “Ah! Morte non mi hai acciuffato! Col cazzo che mi prendi!”.
Ok… forse sono io che ho qualche problema con il tempo…
 
“Quanti anni hai?” gli chiedo assottigliando lo sguardo su di lui, provocandogli un leggero fremito, per poi sorridere in modo solare.
“Diciassette!” esclama convinto, inclinando il capo da un lato, facendo cadere il suo amato cappello di paglia sul materasso del divano.
Non ho sbagliato.
Ha veramente diciassette anni.
Ma… forse è sotto qualche effetto di una droga o acido!
“Ti droghi?” domando ancora, incrociando le braccia  al petto.
“No” ribatte quello mettendosi il mignolo su per il naso con fare annoiato.
Non ha nemmeno un minimo di educazione né classe!
Ma con chi è cresciuto? Con gli zulù???
“Sei sotto effetto di acidi?”
“No”
“Sei un alcolizzato senza speranze?”
“Nemmeno”
“Fumi erba?”
“Ho provato una volta, ma non mi è venuto il vizio”.
“Non me lo ricordo questo avvenimento…” commento, cercando di pensare a quando sia successo.
È strano come io sia stato presente nella vita di questo moccioso.
Sì, gli ho fatto delle domande, ma era per essere certo che non mi fossi perso niente.
Detto così, sembro uno stalker.
 
“Aspetta… tu mi spiavi?!?” domanda allibito, sgranando i suoi occhioni neri da cucciolo indifeso e ingenuo.
“No! Io non ti ho mai spiato! Attentavo alla tua vita!!!” gli spiego indignato, facendogli sfuggire un “Ah!” dalla bocca, per poi mettersi a riflettere e svegliarsi dal suo stato dopo alcuni attimi.
“TU CERCAVI DI UCCIDERMI?!?” grida spaventato, indietreggiando sul divano, salendo sulla spalliera e cadendo per terra, strisciando sul pavimento come un gambero.
Si volta di scatto e si alza con agilità correndo verso la cucina e brandendo un coltello per tagliare la carne.
Ritorna in salotto tremando come una foglia, puntandomi contro l’arma come se fosse un esperto, facendomi sospirare pesantemente.
 
Siamo alle solite: la gente che reagisce male alla verità.
Come si può essere così stupidi e impauriti?
 
“Tu s-sei un assassino!” mi ringhia contro, tirando su col naso.
“No. Non sono un assassino. Ti ho già spiegato che sono un Angelo della Morte che è stato temporaneamente mandato in vacanza, o meglio, sono stato temporaneamente licenziato da Morte stessa!” sbotto iracondo.
Ma lui non demorde e si avvicina con fare minaccioso, ordinando di sedermi sul divano e di stare fermo ed immobile.
Stupido umano!
 
“Che intenzioni hai?” gli chiedo in tono annoiato, sbadigliando sonoramente e accavallando le gambe con nonchalance.
Estraggo da una tasca interna della mia giacca di pelle nera il pacchetto delle sigarette e l’accendino, per poi iniziare a fumarne una con indifferenza, nemmeno fossi a casa mia.
“Aspetta, aspetta! Tu… fumi? Ma non sei un Angelo della Morte?” domanda il moccioso allibito, dimenticandosi dell’arma che ha in mano, gesticolando con essa come se nulla fosse, facendomi la paternale di quanto il fumo faccia male, eccetera eccetera.
Dio Santo, ma non tiene mai la bocca chiusa?
“Hai finito?” chiedo aspirando una buona boccata di fumo, sentendo quel “veleno” scendere lungo la gola ed entrare nei polmoni, calmandomi un poco.
“Ma tu fumi! Sei così assurdo!” sbotta disperato, quasi fossimo in un’opera drammatica.
“No, non sono assurdo. Mica solamente voi umani fumate!” mi difendo alzandomi di scatto, spaventandolo.
Mi avvicino a lui e lo sovrasto con la mia stazza, per poi aspirare un’altra boccata di fumo e soffiargliela sul suo visetto, facendolo tossire leggermente, mentre con una mano “spazza” via la nuvoletta grigio bianca che si è venuta a creare.
 
“Perché fumi?” chiede insistentemente, poggiandosi le mani sui fianchi come una mamma che rimprovera il proprio figlio quando scopre la sua marachella.
“Perché mi va! Sono maggiorenne, vaccinato, ho preso la patente e sono anche morto una volta, se la cosa può interessarti!” gli rispondo infastidito, allontanandomi da lui, dirigendomi verso la finestra del salotto, guardando le strade trafficate di Tokyo e più in lontananza uno scorcio dello specchio d’acqua della baia, attraversata da mercantili di tutti i tipi.
Rufy mi raggiunge e si “nasconde” dietro la mia schiena, guardando da sopra la mia spalla lo stesso panorama.
“Tu… sei morto? Ma non sei nato da due Angeli della Morte?” domanda tentennando un poco, facendomi sospirare per l’ennesima volta nella giornata.
Questo moccioso è davvero stressante!
“No. Prima di diventare quello che sono o ciò che ero, ero un essere umano come te” rispondo con una nota di malinconia nella voce, ricordando a fatica il mio passato oscuro e triste.
“Quanti anni hai?” domanda incerto, per poi deglutire a vuoto.
“Tecnicamente ne avrei venti, ma in realtà ne ho cento… novantasette” ribatto pensieroso, facendo un rapido calcolo mentale.
“Cosa?!? Sei così vecchio?!?” commenta allibito, facendomi irritare un poco.
“Non sono vecchio! Sono uno dei più giovani! E poi ho anche sbagliato. Ne ho duecentodue” mi correggo ghignando mestamente, per poi sentire un tonfo sordo dietro di me.
Spengo la sigaretta nella mano, ustionandomi un poco il palmo, digrignando i denti e maledicendo il fatto di essere diventato umano e di provare dolore.
Non che noi Angeli della Morte non ne proviamo.
Però, una cosa del genere ci farebbe solamente il solletico.
 
Mi giro lentamente, scoprendo che il ragazzo è capitombolato in terra, affannoso di ricevere più aria.
Ok. È entrato nel panico.
Io non lo aiuto.
 
“Riprenditi”- gli consiglio dandogli una leggera pacca sulla spalla, costringendomi ad abbassarmi un poco. In confronto a me, questo ragazzino è una pulce- “Non è l’unica anormalità che risiede in questo mondo pieno di corruzione e avidità”.
Prendo il coltello che ha lasciato cadere sul pavimento e mi dirigo in cucina, per poi buttare la sigaretta nel cestino.
Un rumore profondo parte dal mio stomaco, supplicandomi di mettere qualcosa sotto i denti.
Apro il frigo e prendo delle bistecche di bovino e dei pomodori, per poi mettermi a cucinare.
Sulle prime sono un po’impacciato, dato che non prendo in mano una padella da moltissimo tempo, ma pian piano mi abituo, trovandomi a sorridere con nostalgia.
 
“Oh, ciao, Ace! Vedo che ti sei rimesso ai fornelli!” sento esclamare dietro di me.
Mi volto di scatto, trovando Marco seduto sul bordo del tavolo a braccia conserte che ghigna mestamente.
“Ciao, Pennuto!”- lo saluto calorosamente, regalandogli un sorriso di pura felicità. Finalmente qualcuno venuto in mio soccorso!- “Morte mi ha perdonato?”.
Chiedo con troppo entusiasmo e il suo ghigno scompare, trasformando il suo viso in una contrazione dispiaciuta.
“Mi spiace davvero tanto, Ace… purtroppo no, le tue prove sono appena iniziate. Devo portarti da Morte per ulteriori spiegazioni” dice saltando giù dal tavolo con un balzo leggero, per poi avvicinarsi a me.
Sto per ribattere che non posso, dato che c’è la carne che sta cuocendo e uno stupido ragazzino si sta riprendendo dal suo attacco di panico, ma non riesco a spiccicare parola che già ci ritroviamo catapultati nell’ “ufficio” di Morte.
 
Se pensate che tale ambiente sia un posto oscuro, putrido e inquietante… vi sbagliate di grosso.
È un ufficio come quello degli essere umani, solo con alcune differenze: pareti bianche adornate da quadri con dipinti gli avvenimenti più importanti della Storia dell’Umanità, un tavolo da ufficio lungo e largo come quattro Chevrolet Impala del’67 messe insieme in legno di ebano nero come il buio più tetro, regna sovrano, “distribuendo” inquietudine e angoscia a tutti coloro che si fermano al suo cospetto, aspettando il tanto agognato verdetto.
In cima vi sono poche scartoffie e, quando Morte ne ha bisogno, si crea nella mente nome e cognome del “fortunato” e compare tutto su di lui e sulla sua vita.
E quando dico tutto è veramente tutto.
Un motivo in più per avere paura e pensare a cosa si sia fatto di brutto nella vita, cercando (se si può ottenere) grazia per le proprie malefatte.
Nella stanza sono disposte in preciso ordine varie statue di bronzo e di marmo raffigurante Angeli del Paradiso e Creature del Purgatorio e dell’Inferno.
Il pavimento è talmente lucido da potercisi specchiare dentro, se pavimento lo si può definire.
Non è fatto di pietra, legno, marmo o quello che volete voi, ma è fatto di acqua.
Pura acqua limpida e senza turbolenze o fango.
Non è una piscina né una vasca da bagno troppo grande all’interno di un ufficio.
Al suo interno nuotano tranquilli pesci, squali e chi ne ha più ne metta.
Ci sono pure le sirene e i tritoni.
Sembrano finti tanto la loro bellezza è grande e orgogliosa, ma sono vivi e… cattivi.
Diavolo se sono cattivi.
Sono come delle guardie all’interno di questo posto e, quando accade qualcosa di sbagliato, lo specchio d’acqua s’infrange con un solo tocco e loro escono armati e  più incazzati che mai a rimetterti in riga, mentre le sirene deliziano la situazioni con canti disperati e omicida.
Sì, perché ti uccidono con le loro note e tu vorresti buttarti dalla finestra più vicina (peccato che non ci sia) per far finire quel tormento.
 
“Ciao, Ace”- mi saluta con sorriso cordiale Morte, facendomi distogliere lo sguardo dal paesaggio sotto di me. Tutte le volte che lo vedo non smetto mai di guardarlo- “Vedo che hai fatto conoscenza con il tuo ragazzino prediletto!”.
“Non è il mio ragazzino prediletto e, tanto per buttarla sulla scortesia: stavo cucinando!” sbotto furioso, richiamando a me lo sguardo omicida delle sirene e dei tritoni, che mostrano i loro denti aguzzi, lanciandomi contro intimidazioni e insulti carichi di disprezzo.
“Oh, su, Ace! Non fare così! L’ho fatto per il tuo bene! Quel ragazzino è molto più importante di quanto tu creda, fidati. Ma bando alle ciance! Ti ho chiamato al mio cospetto per darti le dovute spiegazioni. Dovrai proteggere il moccioso, dato che lui sarà l’obiettivo di gran parte delle prove. Proprio il contrario di quello che facevi tu!” spiega affabile, mentre davanti a lui compare un hamburger carico di patatine e salsa piccante.
 
Se avete pensato che Morte fosse un tipo spaventoso e vecchio, avete sbagliato anche questa volta.
Non del tutto però.
Anziano lo è, ma non così tanto ed è vestito da becchino.
Completo rigorosamente nero con camicia bianca.
I suoi capelli corti neri si confondono con il colore dei suoi abiti e i suoi occhi marroni incutono timore reverenziale.
All’apparenza sembra spaventoso, perché sembra un tipo burbero e privo di scrupoli, ma vi assicuro, che appena conosciuto si potrebbe cominciare a chiamarlo “zio”.
Tutto sommato è simpatico e paziente.
Molto paziente,
Lo è persino con me, anche se sono un piantagrane di prima categoria, testardo come un mulo, scavezzacollo e capriccioso come un bimbo.
 
“Ah- ah-ah! Aspetta, hai detto che devo proteggere il moccioso???” domando colto dalla disperazione.
“Certo! Sarai il suo Angelo Custode!” osserva felice, appoggiando momentaneamente il suo panino.
“No, fermati. Io sono un Angelo della Morte, non Custode! Ci manca solamente che gli faccia da Cupido e siamo a posto!” esclamo indignato, facendolo ridacchiare di gusto.
“Sei sempre così infantile ed ingenuo, Ace. Ma non sto scherzando. Rivuoi il tuo lavoro? Bene! Datti da fare e non farmi arrabbiare, ragazzino! La mia pazienza ha un limite e tu la stai oltrepassando!” mi ordina tornando serio come non mai, facendomi deglutire un bolo di saliva a vuoto.
Le mani mi sudano terribilmente, mentre la mia schiena è scossa da brividi di paura.
 
“Ma io non ho mai fatto l’Angelo Custode! C’è il personale apposta per queste cose!!!” tento di difendermi, ma lui si alza di scatto, sbattendo i palmi delle mani sul tavolo con rabbia, facendo fare un piccolo salto al piatto con dentro il suo pranzo e anche al tavolo con le relative scartoffie.
“Marco”- esordisce tetro, voltando il suo sguardo verso il biondo- “Riportalo a casa del suo prediletto. Ora”.
E svaniamo così come siamo arrivati, ritrovandomi nella cucina ad osservare la carne che sta andando a fuoco.
 
Restiamo in silenzio per alcuni minuti, finché Marco non rompe il silenzio con un po’ d’ imbarazzo.
“Mi spiace, Ace. Vorrei aiutarti ma non posso. Morte lo ha proibito a tutti” dichiara Marco affranto, facendomi scrollare le spalle.
“Fa niente, Pennuto. Ora vai e svolgi il tuo lavoro come sempre” mormoro spegnendo il gas e la carne dalla fiamme e lui se ne va con un leggero fruscio d’ali, provocando una leggera brezza.
 
Sento il moccioso venire in cucina, e guarda la padella con il cibo bruciato.
“Ehm… Ace… la carne…” dice indicando quel pezzo abbrustolito, che potrebbe essere scambiato benissimo per un piccolo meteorite dentro una padella da cucina.
“Sta’ zitto, Rufy” gli ringhio contro, per poi uscire dalla stanza, dirigendomi verso l’uscio d’ingresso.
“Dove stai andando?” chiede seguendomi come un cane fedele al proprio padrone, innervosendomi più di quanto già non sia.
“Non te ne deve fregare un cazzo!” sbotto aprendo la porta, ma lui ha il coraggio di bloccarmi per il braccio con mano tremante.
“Ci rincontreremo?” domanda in un sussurro, facendomi sospirare.
Questa volta è stanchezza.
Mi mollo dalla sua presa ed esco dal suo appartamento, andando in cerca di un bar dove poter ubriacarmi senza fine, affogando i dispiaceri nell’alcool.
 
Cerco di spassarmela come fanno tutti gli altri ragazzi della mia età, mettendomi a flirtare e fare baldoria assieme a due ragazze qualsiasi già ubriache, anche se non mi sto divertendo affatto.
Tutto potrebbe scomparire e nemmeno me ne accorgerei.
 
Mi sveglio la mattina seguente con un forte mal di testa da frantumarmi il cranio in infiniti pezzetti, trovandomi in un letto a due piazze di un locale squallido e piuttosto sporco.
Mi guardo intorno e noto che sono completamente nudo assieme alle due sconosciute di ieri sera.
Già, sconosciute, dato che non conosco nemmeno i loro nomi.
Mi alzo con delicatezza e mi rivesto in fretta e furia, tanto che mi sono dimenticato di mettermi la maglietta e solamente la giacca.
Me ne sbatto altamente e me ne vado come un ladro in fuga prima che le due si sveglino…
 
Sulla via del ritorno i rumori della città mi sembrano amplificati di mille volte e mi devo appoggiare ai muri delle case per non svenire dal dolore che sento al cervello.
È così brutto essere ritornato umano.
La vista mi si offusca in continuazione e quasi non mi vengono addosso con le macchine una marea di volte, rimproverandomi con i loro fastidiosi clacson.
A peggiorare la situazione ci sono anche le canzoni che escono dai locali e i venditori che urlano a squarciagola di comprare i loro prodotti, promettendo che non deluderanno.
Anche se ho sempre amato Tokyo, l’ho sempre considerata una città rumorosa e fin troppo piena di vita.
 
Senza pensarci due volte, torno all’appartamento del ragazzino, senza sapere se mi può accettare ancora o meno dopo il comportamento che gli ho riservato.
Ritorno con la coda tra le gambe, come si dice in giro.
 
Salgo le scale del palazzo dove abita con estrema fatica (e devo anche ammettere che la cosa è piuttosto preoccupante, dato che l’appartamento si trova al terzo piano e non è nemmeno collocato in altezza), fino a ritrovarmi davanti alla porta di casa sua e suono il campanello, per poi appoggiarmi contro lo stipite della porta con una mano, mentre con l’altra mi reggo la testa a causa del sonoro Din Don prodotto da quel maledetto aggeggio.
Ho persino la nausea.
Mi sento uno schifo.
 
Dopo svariati minuti, il moccioso mi apre la porta ancora in pigiama e con i capelli completamente scompigliati.
Sbadiglia sonoramente e si stropiccia gli occhi, per poi posare il suo sguardo assonnato su di me.
 
“S-Sei tornato…” mormora impressionato, come risvegliatosi all’improvviso dal suo stato di dormiveglia.
“A quanto pare…” biascico a fatica, sorridendo con amarezza.
Mi scruta da capo a piedi, tormentandosi le mani piccole in continuazione, come indeciso sul da farsi.
“Lo sai che potrei anche non farti entrare, vero?” chiede dopo un po’di tempo, facendomi annuire.
“Lo so. Se può farti piacere sei libero di darmi dello stronzo, della testa di cazzo. Insultami quanto ti pare, se può servire a farti star meglio” dico sentendo un’ondata di nausea farmi cadere carponi sul pavimento dell’uscio di casa.
Cerco aria per calmarmi, mentre goccioline di sudore coprono il mio viso in un lieve strato leggero che a me sembra di piombo.
Il ragazzino si accovaccia al mio fianco, appoggiando una mano sulla mia schiena, per poi aiutarmi ad alzarmi e portarmi dentro a casa sua.
Con molta fatica riusciamo a raggiungere il divano e lui mi fa coricare, non prima di avermi  fatto togliere la giacca, lasciandomi a torso completamente nudo.
Appoggia il mio indumento sul tavolino lì vicino e si dirige in cucina, sentendolo trafficare con la moka del caffè.
Riesco ad immaginarmi i suoi movimenti fluidi a memoria, nonostante la mia testa mi stia implorando di non pensare e di correre in bagno a vomitare tutto quello che ho bevuto.
Mi sento un moccioso alle prime armi.
Quando era un Angelo della Morte, bevevo assieme agli altri e mi divertivo un sacco.
Fiumi e fiumi di alcool in grandi boccali, le partite a carte, i tanti flirt con le ragazze della mia stessa razza.
Ed ora, sono un umano.
Un patetico umano, ubriaco marcio, con un mal di testa che mi sta riducendo il cervello in brandelli e ondate di nausea che quasi poteri svenire, ma non lo faccio.
Non lo voglio fare.
Devo ritornare com’ero un tempo e se devo proteggere quel ragazzino lo farò.
 
Accetto la sfida, Morte.






 






Angolo di Alyce: Buonasera!
Eccoci qui con il vero e proprio capitolo che vede alle prese Ace ubriaco fradicio che torna a casa di Rufy con la coda tra le gambe :D
Mi spiace bimbo, ma credo che la cosa ti peserà un po'sulla coscienza!
Ma passiamo ad altro: come considerate Morte?
Nonostante sembri un tipo burbero mi è simpatico.
Aggiungo anche il fatto che la Morte che ho scelto per questa storia è quella di "Supernatural".
Vi aspettavate una donna o un uomo?
Sono curiosa di sapere le vostre opinioni.
Non ho altro d'aggiugengere, se non ringraziare coloro che hanno recensito chi ha messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate!

Grazie di cuore! <3 <3
Ciao e un strasuperbacione a tutti!
Alyce :)))))))))))))))))))))
  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio! / Vai alla pagina dell'autore: Monkey_D_Alyce