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Autore: Walpurgisnacht    14/01/2015    0 recensioni
Terza parte dell'epopea di Secrets. Perché non è vero che le cose belle durano poco. E noi, senza falsa modestia, siamo bbravi e bbelli e ci diamo da fare per voi.
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Non c'è ombra di maretta sulla nuova Nerima. Tizio con Caia, Sempronio con Asdrubala e Bertoldo con Cacasenna. Tutti felici e contenti, tutti accoppiati, tutti soddisfatti.
Sì, certo. Come no.
[Seguito di Secret of the Heart Split in Two e Two-Part Secret Heart, di Subutai Khan e Mana Sputachu]
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Secretception!'
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Shan-Pu non credeva alle sue orecchie.
Sua nonna aveva appena fatto un alzaculo epocale a lei e a Mousse sul fatto che ogni tanto loro due… ecco, fornicavano.
Onestamente? Si poteva aspettare sgridate per tante cose, ma questa non rientrava nel pur ampio novero. Prima di quel momento Cologne non aveva mai detto una sola parola in proposito, anche se era facile immaginarsi che sapeva o quantomeno sospettava. Non che loro si fossero mai preoccupati più di tanto nel tenerlo nascosto. No no, non andavano di certo a urlarlo in giro ai quattro venti. Più che altro non si facevano troppi problemi nell’essere un pochino rumorosi, e con l’udito acuto che la nonna ancora possedeva unito al fatto che la sua stanza era giusto accanto…
In effetti era automatico dare per scontato che ne fosse a conoscenza.
Ed era proprio quello a lasciarla basita di fronte alla sfuriata: non era cosa esattamente recente, si parlava ormai di qualche mese… e appunto, non una sola battuta caustica. Non uno sguardo di sbieco. Niente.
Quindi perché, di punto in bianco, era diventato un problema?
“Mu-Si… in che guaio ci siamo cacciati?” le venne istintivo dire, pur non trovando nessuno aspetto della faccenda che potesse farla sentire realmente in colpa o in errore di qualcosa.
Il ragazzo non si mosse, con la testa sempre fissa verso il tetto da cui Obaba era scesa e poi se n’era andata via dopo averli minacciati di interrompere il loro rapporto carnale. La voce di lei sembrò rimbalzargli addosso, costringedola a ripetere.
“Uh. Scusa, ero distratto”.
“Ho visto”.
“Che cos’hai detto? Non ho sentito”.
“Ho chiesto in che guaio ci siamo cacciati”.
“... guaio? Non siamo in nessun guaio”.
“Hai sentito la nonna, eh. Se ci ribecca a letto assieme ce la farà pagare. Salata. Molto salata”.
“Faccia. Non ho intenzione di piegarmi a un divieto tanto ridicolo”.
“Tu sai cosa intende mia nonna con ‘ve la faccio pagare molto salata’, vero?”.
“Intendi forse dire…”.
“Sì. Quello è il suo modo criptico di dire che ci ammazza”.
Al che, con suo gran stupore, Mousse alzò le braccia al cielo in un atto di… ribellione? Shan-Pu si ritrovò per un istante catapultata a due anni prima, all’inizio di tutto quel casino galattico.
“Non riesco a capire perché improvvisamente questo sviluppo fra me e te sia diventato fonte di un tale dilemma. Ma qualunque sia la sua decisione in merito… non intendo dargliela vinta. Al diavolo! Adesso non possiamo neanche più consumare il nostro amore? Sul serio? E solo perché a lei è venuto un rigurgito di bigottismo? Se ne farà una ragione”.
“O ci tirerà il collo” aggiunse lei, in tono macabro.
“Dal lontano giorno in cui ti ho sfidata a un duello all’ultimo sangue io non ho più paura di morire. O almeno non la paura folle, cieca, ingovernabile che c’era prima. E inoltre, da qualche giorno a questa parte, siamo tutti in estremo pericolo. Se vorrà farci del male solo perché ci piace spassarcela ogni tanto, cosa di cui peraltro un po’ dubito perché rimani comunque la sua nipotina prediletta… beh, sarebbe una morte di cui potrei quasi andare fiero”.
Che… che cos’era quello? Doveva essere sincera, Mu-Si aveva dimostrato nel recente passato un coraggio, fin quasi una pazzia, davvero rari. Ma quello, nonostante tutto, riusciva comunque a stupirla.
Tu… mi ami al punto di rischiare la tua vita pur di dimostrarmelo?
La rinnovata consapevolezza dei suoi sentimenti per lei, che in un attimo di lucidità acuta si rimproverò di essersi dimenticata, la intenerirono al punto di regalargli il sorriso più solare e splendido che avesse mai sfoggiato in vita sua.
Senza aggiungere una sola parola, ammennicoli superflui, lo abbracciò e lo baciò con passione.
Per un attimo, solo per un attimo, pensò che sarebbe stato un ottimo momento per sfidare a sua volta l’editto.
Proprio mentre stava scacciando l’idea, bollandola come un’alternativa piacevole ma un poco suicida, una mano audace di lui sul suo petto la fece riconsiderare.
“Cosa… cosa…”.
“Che dici, mettiamo tua nonna alla prova? Vediamo se è solo chiacchiere e distintivo?”.
“Mu-Si… ora… dopo quello… non è il caso…”.
“Io dico che è sempre il caso, invece. E poi non puoi assaltarmi con tutta quella foga senza aspettarti un contrattacco”.
“Sì, ma…”.
“Il tuo slancio mi ha messo addosso una voglia…”.
Shan-Pu si morse il labbro, terrorizzata e al contempo eccitata alla prospettiva di trasgredire alle minacce della bisnonna; la parte razionale di lei le urlava di stare all’erta, che qualcosa non quadrava… ma in quel momento ragionava con parti poste un po’ più in basso, e poco le importava se rischiavano di rimanerci: per una dichiarazione del genere poteva pure morire felice.
“Dici che c’è un posto dove appartarci, in questa casa?” miagolò, avvicinandosi a Mousse. Il ragazzo la afferrò per un polso e cominciò a trascinarla in giro, alla ricerca di uno stanzino qualsiasi dove potersi rinchiudere: “È enorme, DEVE esserci!”
“Beh, se pure la cuoca e l’uomomaialino sono riusciti a farlo qui…” ridacchiò lei, e Mousse ridacchiò, aumentando la velocità nella corsa. Dopo qualche giro a vuoto, decisero che la soffitta poteva andare bene: saltarono sul tetto per evitare di farsi notare da qualcuno in casa e vi si intrufolarono tramite un balcone.
“Bene, nessuno ci ha sentiti” commentò Shan-Pu, per poi voltarsi e sorridere, uno di quei sorrisi sensuali che mandavano Mousse fuori di testa. “Direi che possiamo… divertirci.”
Mousse rimase per qualche istante a guardarla a bocca aperta, mentre la ragazza cominciava a sbottonare la blusa con una lentezza avvilente; ma non se ne lamentò, visto che un momento del genere, in una situazione grave come quella che stavano vivendo, era praticamente un regalo.
“Non me lo faccio ripetere due volte!” trillò, pronto a levarsi la camicia, quando si fermò a due passi da Shan-Pu.
“Cosa aspetti, Mu-Si? Prima o poi si accorgeranno della nostra assenza…”
“S-sì, scusami, è che…” balbettò lui, guardandosi attorno nella penombra della soffitta, “ho solo avuto l’impressione che ci fosse qualcuno, oltre noi…”
“Sarà stata una tua impressione” rispose lei, gettandogli le braccia al collo, “se vuoi ci penso io a fartela passare…”
“Oh, sono tutto suo dottoressa Shan…” cercò di rispondere, prima di cadere di peso sulla cinesina.
“Mu-Si! Che ti succede?” strillò lei scuotendo il ragazzo, apparentemente privo di sensi.
“Io ve l’avevo detto” gracchiò una voce, e dall’ombra emerse il corpo minuscolo di Obaba.
“B-bisnonna…?”
“Questo era un avvertimento” tuonò lei, “la prossima volta non sarò così clemente.”
Detto questo, sparì da dov’era venuta, lasciando Shan-Pu nel panico più totale.

“Ouch… quindi il vecchio ghoul non scherzava...”
“A quanto pare no… certo che se la piantassi di chiamarla così faciliteresti un po’ le cose.”
Mousse si massaggiò il collo nel punto dove Obaba l’aveva colpito: gli faceva un male cane, ma era ancora vivo, quantomeno.
“Scusami se al momento non sono particolarmente propenso a mostrarmi educato nei sui confronti” borbottò, scendendo le scale di casa Tendo, “comunque direi che siamo nei guai…”
“Ma va? Non l’avrei mica detto” rispose Shan-Pu, piccata. “Dai, scendiamo giù intanto… con tutto quello che è successo ho dimenticato quand’è stata l’ultima volta che ho mangiato! E quest’odorino è così invitante…”
“Oh, non è mica una brutta idea” rispose lui, “una cena senza la vecchia attorno sarebbe l’ideale. E magari possiamo chiedere a qualcuno cosa ne pensano di questa…”
Le parole gli morirono in gola quando mise piede in salotto.
“Oh, siete arrivati giusto in tempo!” trillò Kasumi, estasiata. “L’onorevole Obaba ci ha portato la cena dal Neko Hanten!”
La quale onorevole Obaba era seduta al tavolo, con gli altri, e li fissava con sguardo omicida.
Mousse deglutì, e sentì Shan-Pu spostarsi da lui di qualche centimetro, probabilmente in preda all’agitazione.
Siamo fregati.
“Mu-Si… non è che voglia avvelenarci?” gli sussurrò, la voce tremolante.
“N-No, non penso… non credo… lo spero. O… o forse sì… non lo so...” le rispose. D’altronde in certi casi essere paranoico era preferibile all’essere morto.
“Che… che facciamo?”.
“Non… non possiamo restare qui… imbambolati… per sempre… cominciamo col sederci a tavola…”.
“Ranma! Akane! Finitela di tirarvi i capelli come due ragazzini e venite a cenare che si fredda tutto!” urlò gioiosa Kasumi rivolta verso il giardino, dove i sopracitati Ranma e Akane erano ancora immersi nei loro passatempi da asilo nido.
“Ecco Kasumi, come mi hai chiesto ho recuperato Ukyo e Ryoga” esclamò Nabiki entrando in salotto, fiancheggiata dalle prede che doveva riportare al campo base.
Vennero presto raggiunti anche da Soun e Genma.
Tutti i presenti, sopraggiunti e non, provvidero a sedersi ai rispettivi posti. Shan-Pu e Mousse cercarono di prendere posizione lontani da Obaba, ma per tutta una serie di motivi risibili si trovarono uno alla sua destra e una alla sua sinistra.
Entrambi facevano fatica a respirare, aggrediti com’erano dalla quieta ma imponente aura della centenaria.
Senti mummia, se proprio uccidici velocemente ma la tortura silenziosa puoi evitarla.

“Anf, anf. Voi ragazzine non siete affatto male, sapete?”.
Cologne atterrò con grande grazia sul proprio bastone dopo l’ennesimo scambio di carezze avvenuto in aria fra lei e le sue avversarie che, a loro volta, si appollaiarono sui più vicini lampioni.
Si trattava di quattro guerriere della tribù, vestite di una tunica nera che solitamente non rientrava nello stile tipico di Joketsuzoku. La nota che più l’aveva colpita, però, erano le maschere a coprire metà dei loro volti.
Chiunque abbia preso le redini del villaggio dopo Wei-Zan ha un pessimo gusto.
“Lei ci confonde, nobile Ku-Lun”.
“Mocciosa, forse sei troppo piccola per cogliere il sarcasmo”.
“Lo squarcio sul suo fianco non lo definirei ‘sarcasmo’, sa?”.
Ebbene sì, quattro poppanti le cui età assommate non facevano neanche un terzo della sua… l’avevano beccata. Era stata pura fortuna e l’averle un po’ troppo sottovalutate, ma il sangue non si pone simili questioni e se ha una via di fuga esce spensierato.
Quanto tempo è che nemici nettamente inferiori non riuscivano a colpirmi così? L’ultima ferita degna di nota mi era stata inferta dal Decano ormai due anni fa, e di sicuro non era affatto inferiore a me. Altrimenti si deve tornare a parecchi decenni addietro.
Basta ciance, vecchia. Non hai tempo per giocare alle biglie con loro, devi riferire il messaggio.
“Come mai questo attacco a viso aperto? Sinora avete sempre agito d’astuzia e di vigliaccheria” si trovò a chiedere, rimangiandosi il proposito di fare alla svelta. Ma era genuinamente curiosa sul cambio d’andazzo.
“Presupponiamo che lo sviluppo della rivoluzione a casa ci sia sfavorevole, visto che non riceviamo notizie da ormai parecchi giorni. E sa com’è, la carenza di leadership può portare a colpi di testa da parte delle truppe”.
“Iniziativa personale, dunque?”.
“La si può definire così”.
“Poco importa. La vostra compagnia è piacevole come uno spillone conficcato in gola, pertanto mi trovo costretta a salutarvi e ad accomiatarmi”.
“Non sia così sbrigativa, suvvia. Abbiamo appena cominciato a scaldarci”.
“Tu non vuoi che io prenda la situazione sul serio, a meno che non teniate particolarmente a ritrovarvi ridotte a un cumulo di ossa finemente triturate”.
“... ci avevano raccontato della sua leggendaria simpatia, ma tastarla in prima persona fa tutt’altro effetto. E scusi se mi permetto, ma trovo lo scenario da lei prospettato non facile da realizzarsi”.
“Cosa diavolo stai blaterando?”.
“Oh, nulla. Solo che penso lei avrà un po’ di difficoltà a muoversi per bene, d’ora in avanti”.
Adesso ti faccio ingoiare la tua tracotanza assieme ai denti, cucciolina. Lascia solo che… ugh.
Tentò di spiccare un balzo in avanti. Non ci riuscì.
Si sentì improvvisamente pesante, come se le energie fluissero via dal suo corpo.
Non sarà che…
“Se n’è accorta, nobile Ku-Lun. Che dire? L’età passa anche per le migliori e il giorno in cui non ti avvedi di essere stata avvelenata arriva”.
“Mezzucci da inetti”.
“Forse. Ma se ancora ricorda quella che fino a poco tempo fa era anche la sua filosofia di vita: la vittoria vale qualunque prezzo”.
“Indegne. Indegne di essere definite amazzoni”.
“Ha perso il diritto di farci la predica molto tempo fa, ormai. Adesso lei non è altro che una traditrice che dev’essere passata per le armi. E a noi non piacciono i giochetti lenti e compassati del Consiglio, siamo per le punizioni più corporali”.
Cominciò a sentirsi sempre più debole, ma aveva ancora abbastanza forze per fare qualcosa.
Meglio non perdere altro tempo.
“Ah, questi giovinastri” disse, issandosi facendo leva sul bastone, “proprio non avete idea di cosa sia il rispetto per i più anziani. E va bene, vorrà dire che sarò io ad insegnarvelo.”
Le quattro emissarie ebbero l’ardire di scoppiare a ridere davanti a tanta sicumera… ma quando sentirono la potenza dell’aura di Cologne di Joketsuzoku non risero più.

“Dio che fame…”
“Se non ti fossi lasciato prendere dalla paranoia a quest’ora avremmo la pancia piena, stupido Mu-Si!”
“Ahi!” pigolò lui a causa del pizzicotto che Shan-Pu gli aveva dato. “E comunque con un po’ di fortuna riusciremo a mettere qualcosa sotto i denti… spero.”
“Ehi piccioncini, la cena è servita!”
La salvezza arrivò, con le fattezze di Ranma e due piatti pieni di cibo; dietro di lui c’era anche Akane e, sorpresa delle sorprese, la premiata ditta Kuonji-Hibiki.
“Era proprio il caso di venire a nascondervi in palestra?” commentò Ranma, porgendo loro i piatti e sedendosi sul parquet.
“Fosse per me avrei cambiato stato” commentò Mousse, prima di divorare i suoi ramen - preparati dalle sapienti manine di Kasumi, dietro loro richiesta.
“Potresti spiegarci il motivo?” chiese Akane. “Prima sei stato così evasivo, ho capito solo che Obaba non-”
“Shh! Non nominarla” disse lui, sgranando gli occhi. “Sia mai che appaia qui dal nulla…”
“...ragazzi, state bene? L’ultima volta che vi abbiamo visti con la vecchia i rapporti sembravano tranquilli” chiese Ryoga, dando voce alla domanda che tutti si stavano ponendo.
“Bisnonna impazzita” bofonchiò Shan-Pu, con la bocca piena di noodles “prima ci ha minacciati.”
“Minacciati? E perché?” insistette Ranma, che stava morendo di curiosità.
“Non lo sappiamo” fu la risposta di Mousse, “o meglio… lo sappiamo ma…”
“Deciditi, lo sapete o no?”
“...ha detto che se facciamo di nuovo sesso prima del matrimonio ci uccide.”
Gli altri quattro li guardarono sconvolti, come se ai due cinesi fossero spuntate delle teste in più.
“State scherzando? Che motivazione è?” intervenne Ukyo, che fino a quel momento era rimasta in silenzio.
“In effetti…” commentò Ranma. “E poi voi… sì, insomma… va avanti da un po’, ecco!” balbettò, in preda all’imbarazzo.
“Saotome non so cosa dirti, se non che è stata fin troppo chiara in proposito.”
“Forse avete frainteso le sue intenzioni, insomma…”
“Ha colpito Mu-si alla testa mentre eravamo appartati in soffitta. Ha detto che era solo avvertimento.”
“...dov’è che eravate appartati?” disse Akane, incredula e imbarazzata. “Ma insomma, la piantate di usare casa mia come fosse un love hotel?!”
Tutti si volsero inevitabilmente verso Ukyo e Ryoga, e Ranma sfoderò uno dei suoi sorrisi da iena: "Il nostro audace uomomaialino, chi l'avrebbe mai detto che avrebbe battezzato lo sgabuzzino...” trillò, facendo pure una pessima rima.
“Piantala! Piantala Saotome o iotisotterrovivopiuttostocheraccontarticertecose!” urlò Ryoga, rosso in viso e agitatissimo; Ukyo, dal canto suo, si limitò a coprirsi il volto con le mani, disperata.
“Scusate se interrompo la vostra sessione di gossip” intervenne Mousse, “ma al momento non mi sembra proprio la cosa più importante a cui pensare…”
“Giusto Mousse, hai ragione” gli diede retta Akane, sperando che anche il fidanzato e il degno compare rinsavissero. “Dicevamo della vecchia Obaba: perché diamine vi ha minacciati a quel modo?”
“È quello che ci chiediamo” rispose Mousse, mogio, guardando Shan-Pu. “Noi davamo per scontato che… sì, insomma… lo immaginasse, ecco.”
“E invece pare di no e ora noi rischia di morire” pigolò la cinesina, “per questo a cena non abbiamo mangiato: Mu-Si credeva che cibo fosse avvelenato.”
“Ma noi abbiamo mangiato e stiamo tutti bene” puntualizzò Ranma.
Mousse arrossì, e distolse lo sguardo: “Magari aveva avvelenato solo i nostri piatti, o che so io… comunque non volevo rischiare.”
Ranma annuì, e per qualche istante rimasero tutti in silenzio. Poi il codinato parlò di nuovo: “E cosa intendete fare, adesso?”
“Non ne ho idea, Saotome” rispose Mousse, sconsolato “siamo in trappola al momento. La cosa più logica sarebbe non… ehm..:”
“Sì sì, abbiamo capito, va avanti.”
“Ecco, sì. Solo che… è difficile trattenersi..:”
“Immagino che la mia soffitta abbia molto da dire, in proposito” li punzecchiò Akane, scatenando ancora rossori sui volti dei cinesi.
“N-non abbiamo fatto nulla! Non c’è stato il tempo…” balbettò Mousse, massaggiandosi la nuca vicino al punto dov’era stato colpito.
“È tutto così strano… bisnonna sta dando di matto, forse è l’età…” sospirò Shan-Pu.
“Scusate se mi intrometto…”
Tutti si voltarono verso Ukyo.
“Magari mi sbaglio ma… se fosse la seconda prova di Mousse?”

Gli altri rimasero in silenzio, dapprima pieni di scetticismo. Poi, poco a poco, cominciarono a sgranare gli occhi.
“In effetti…”
“Di sei, uno non ha ancora finito” recitò Mousse, ricordando la criptica telefonata dalla Cina. “Cielo, come ho potuto essere tanto stupido…”
“È quello che mi chiedo anche io.”
Tutti si voltarono verso l’entrata della palestra, dove ad osservarli c’era Obaba. Era inusualmente priva del proprio bastone, ma la sua statura mignon emanava un ki prepotente, arrogante, fin troppo sicuro di sé e della propria forza.
“Che cosa intendi, vecchia… o forse dovrei dire falsa vecchia?” chiese Ranma con il suo solito tatto da diplomatico consumato, con tanto di dito accusatorio puntato.
“Falsa? Mi offendi, giovane Saotome. Io non sono falsa”.
“Mi chiedo perché anche io e Ranma la vediamo…” sussurrò Akane all’indirizzo dei coetanei cinesi, i quali si trovarono sprovvisti di una risposta adeguata.
Il dubbio era legittimo visto che fino a quel momento le illusioni o qualunque cosa fossero avrebbero dovuto, almeno in linea teorica, essere esclusiva di coloro ai quali erano rivolte. Akane aggiunse, sempre sottovoce, che probabilmente lei e Mousse avevano combattuto contro l’aria. E come loro gli altri.
Ora invece…
“Cosa vi devo dire, ragazzacci? Sono di qualità diversa rispetto a chi mi ha preceduto”.
“Quindi… ammetti di non essere il vero ghoul?”.
“Ranma Ranma Ranma. La tua maleducazione è davvero materiale per le leggende. Ci si rivolge in questo modo a quella che poteva diventare la tua bisbisbisbisnonna acquisita?”.
“Oh insomma! Sei lei o no? Sto diventando scema!” proruppe Shan-Pu, innervosita dalle risposte altalenanti
“Dimmi perché pensi che sia davvero così importante appurare se sono la vera Ku-Lun oppure no. Tanto quel che ho detto non perde di valore, qualunque sia la vostra risposta”.
Il silenzio che ne seguì fu angosciante come poche altre cose.
Mousse stava per dire qualcosa, qualunque cosa pur di rompere quella patina… quando alle loro spalle spuntò la figura trafelata di Kasumi.
“Ragazzi, so che sembra strano ma… oh dio, che succede qui?”. Tutti i restanti presenti si voltarono verso di lei, che si era portata una mano alla bocca dall’apparente stupore.
“Kasumi? Tutto bene?” chiese Akane.
“Non… non è possibile…”.
“Che succede? Che succede?!”.
“Ero… venuta a chiamarvi… per dirvi che… la nobile Obaba… ma no, ora che la vedo di qui…”.
“Qualunque cosa sia diccela, per favore! Diccela!”.
“Ecco… oh santo cielo, che situazione assurda… la nobile Obaba… è di là, dice di… essere appena arrivata… e di avere notizie urgenti… ed è ferita… non sta per niente bene… anzi, se qualcuno di voi sapesse dove si è cacciato il dottor Tofu…”.
Sul viso della presunta finta Cologne nacque un sorriso malvagio.
“Kasumi, va via. Ora.” ordinò Ranma, e la ragazza non se lo fece ripetere due volte; la falsa Obaba non mosse un dito, continuando a sorridere: “Tranquillo, non era certo lei il mio obiettivo.”
“Che cosa hai fatto a bisnonna?!” urlò Shan-Pu, che cercò di attaccare la vecchia ma venne trattenuta da Mousse. “Lasciami, Mu-Si! Lei ha fatto qualcosa a bisnonna, io devo andare!”
“Ma certo, Mu-Sì, lascia pure che vada” gracchiò la falsa Obaba, senza mai smettere di sorridere, “...non che possa uscire di qui, sia chiaro.”
I ragazzi si scambiarono sguardi allarmati, poi corsero verso la porta e le finestre: anche se erano aperte era impossibile oltrepassare il perimetro del dojo.
“Ma che diamine…?”
“È… è come se ci fosse un muro invisibile!”
“Lasciate fare a me!” urlò Ryoga. “Vediamo quanto regge davanti alla potenza del mio Shishi Hoko-dan!”
“Bravo, Ryoga, vai! Così se è capace di trattenerlo saltiamo tutti per aria!” lo fermò Ranma, e l’eterno disperso per fortuna si fermò a riflettere sulle possibili conseguenze, invece di contraddire il codinato.
“È inutile agitarsi tanto. Non potete uscire da qui, a meno che io non lo voglia.”
Tornarono a voltarsi verso la falsa Obaba, che non aveva ancora mosso un muscolo.
“Qual è il tuo piano?” tuonò Mousse, avanzando verso di lei. “Vuoi uccidermi qui? Fallo, che aspetti?!”
“Ucciderti? Per favore…” rispose lei, quasi offesa da quell’affermazione.
“E allora che vuoi? So perfettamente che non sei Obaba, e che non le frega niente di cosa io e Shan-Pu facciamo a letto!” ringhiò, esasperato.
“Questo è vero.”
“Quindi…? Perché maledizione siamo qui, se non vuoi uccidermi?”
“Perché volevo solo trattenervi.”
“Trattenerci…?” chiese, cauto.
“Sai, giusto il tempo di assicurarmi che per Cologne non ci sia più nulla da fare… e a quest’ora direi che è ormai andata, o quasi.”
A quelle parole, Shan-Pu urlò con tutta la forza che aveva in corpo e si lanciò verso l’uscita: non c’era più nessun muro invisibile ad ostacolarla, e anche della falsa Obaba non c’era più traccia.
Corse a perdifiato fino al salotto di casa Tendo, giusto in tempo per vedere Kasumi uscire dal salotto.
“Bisnonna! Bisnonna!” gridò, ma Kasumi le impedì di entrare.
“Shan-Pu! Shan-Pu ti prego…”
“Devo entrare! Bisnonna ha bisogno di me!”
Kasumi la guardò per un attimo poi distolse lo sguardo.
E Shan-Pu capì.
   
 
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