17/01/2015
4 recensioniHis name
‘You said his name in your sleep, again.’
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I suoi occhi acuti individuarono subito, nonostante la grande oscurità che regnava nella minuscola stanza, una figura esile rannicchiata sul letto, con il volto nascosto tra le mani e tutto il corpo scosso da tremiti.
“Zio?”
Bilbo, udendo la voce del suo giovane nipote, si bloccò di colpo, sollevò la testa e si voltò verso di lui, mentre gli occhi lucidi brillavano nel buio.
“Cosa ci fai qui, Frodo?”
Per quanto tentasse di mascherarlo, la sua voce tremava come aveva tremato il suo corpo fino a pochi momenti prima.
Per un attimo, il ragazzo esitò, incerto su cosa dire.
“Hai detto il suo nome nel sonno. Di nuovo.” mormorò infine, abbassando lo sguardo a terra.
Non disse che l’aveva chiamato con tutto il fiato che aveva, non disse che l’aveva gridato come se ne andasse della sua stessa vita, non disse che l’aveva urlato come se gli stessero strappando il cuore dal petto e che si era svegliato con quel nome impresso a fuoco sulle sue labbra. Ma in realtà era così. Come ogni notte.
Colpito da quella frase, incapace di negarlo, Bilbo strinse le labbra e rimase in silenzio per qualche secondo, con lo sguardo perso nell’oscurità, per poi sussurrare “Non è niente, ragazzo mio. Torna a dormire.”
Il giovane restò immobile, ma poi si costrinse a fare come gli era stato detto.
Indietreggiò e chiuse la porta, non prima però di aver lanciato uno sguardo sconsolato all’anziano hobbit e sospirato silenziosamente.
Sapeva che, per quanto volesse bene al suo vecchio zio, non poteva fare nulla per alleviare il suo dolore, profondo come l'abisso del grande mare e pesante come un macigno sull’anima.
Anche dopo tutti quegli anni, la sofferenza, il dolore e il rimpianto che si era portato dietro insieme a quella piccola cassetta d’oro e di gioielli, al ritorno dal suo inaspettato viaggio, non solo non l’avevano ancora abbandonato, ma anzi erano diventati ancora più forti.
E sapeva anche cosa lo tormentava ogni notte nel sonno e che lo portava a gridare di più, sempre di più, fino a svegliarsi con il cuore a pezzi e gli occhi pieni di lacrime.
E, soprattutto, sapeva che non esisteva medicina o cura alcuna per sanare la ferita della sua anima, più profonda di qualsiasi altra, se non la persona a cui apparteneva quel nome che il povero mezz’uomo continuava a chiamare ogni singola notte.
Ma, per quanto avesse continuato a chiamarla, ella non avrebbe mai potuto raggiungerlo.
Frodo, come ogni notte, rimase in silenzio, fuori dalla porta, ad ascoltare i singhiozzi sommessi di Bilbo e quel nome ripetuto all’infinito, quel nome che per lui era stato tanto, era stato tutto, quel nome che tormentava i suoi giorni e le sue notti, quel nome che non avrebbe mai potuto dimenticare, quel nome che era stato il suo nome, il nome di un grande re ma, soprattutto, il nome del suo re, il re che regnava, anche da morto, nella sua anima e nel suo cuore.
“Thorin . . .”