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Autore: LindaBaggins    18/01/2015    4 recensioni
Fu sorpreso del lucchichío di determinazione nei suoi occhi, e ancora di più della fermezza della sua voce quando parlò:
«Hai in casa tredici nani esausti, bagnati fradici e, con molta probabilità, affamati. Mi sembra che tu abbia bisogno di aiuto.»
[...] Bard sospirò e non riuscì a fare altro che fissarla senza dire nulla. Ana lo guardava con il più rassicurante dei sorrisi, e il primo, bizzarro pensiero che gli attraversò la mente fu che quel giorno, con il naso arrossato dal freddo e quel piccolo ciuffo di capelli castani che spuntava dal berretto, era particolarmente bella.

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Ana e Bard si conoscono da sempre, ma tra loro non c'è mai stato altro che amicizia. Ma l'arrivo in città della compagnia di Thorin Scudodiquercia porterà un certo scompiglio, e molte cose non saranno più come prima ...
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bard, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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III.
 
Quando Ana imboccò il vicolo che conduceva alla tappa successiva del suo giro di riconsegna dei vestiti, era ancora in preda al turbamento in cui era sprofondata negli ultimi dieci minuti passati a casa di Bard.
Imprecò mentalmente per l’ennesima volta, il cuore che continuava imperterrito a sbatacchiarle nel petto come un uccello impazzito.
Si era ripromessa di mantenere il controllo di sé, davanti a lui, e invece tutti i suoi buoni propositi erano evaporati come neve al sole non appena le aveva chiesto della proposta di matrimonio. Rivide il suo volto giovane ma già segnato da qualche ruga sollevare le sopracciglia in un’espressione interrogativa, i suoi occhi azzurri scrutarla senza pietà.
“E … gli hai già dato una risposta?”
No che non gliel’aveva data, maledizione! Come poteva averlo fatto? Come poteva se era il suo viso, il viso di Bard il chiattaiolo, e non quello dell’ottimo-partito-Oswyn a tormentarla giorno dopo giorno, notte dopo notte? Per un attimo aveva sentito l’impulso di rispondergli in questo modo, ma per fortuna era riuscita a dominarsi quel tanto che bastava per non agire d’impulso e combinare il più grosso disastro della sua vita.
Stava ancora cercando di calmarsi e riprendere a respirare regolarmente, quando giunse finalmente davanti ad una piccola porta di legno mezza scrostata e alzò il pugno per bussare. Dopo qualche secondo di silenzio, dei passi risuonarono all’interno e uno spiraglio della porta si aprì, rivelando il volto di una donna di mezza età incorniciato da lunghi capelli neri e arruffati.
«Buongiorno Hilda!» le sorrise, sforzandosi di mettere da parte le sue emozioni inquiete. «Ti ho riportato i vestiti che mi avevi dato da rammendare.»
«Buongiorno, mia cara!» la salutò la donna, aprendosi a sua volta in un sorriso cordiale e spalancando del tutto la porta per lasciarla passare. «Santo cielo, sei stata velocissima! Ma entra, entra pure! Non vorrai restartene lì fuori al freddo?»
«Veramente dovrei continuare il giro» provò ad opporsi Ana gentilmente. «Sono già piuttosto in ritardo …»
«Sciocchezze, non c’è nessuna fretta! Avanti, vieni dentro!»
Quando Hilda Bianca si metteva in testa una cosa, era difficile che qualcuno riuscisse a farle cambiare idea. Ana non discusse ulteriormente e la seguì all’interno, lasciandosi condurre attraverso un corridoio lungo e stretto, dalle basse pareti di legno che costringevano a chinarsi leggermente per passare, e poi in una minuscola stanza in cui convivevano – con una certa fatica, a dire il vero – la cucina e una specie di salottino. Ana tirò fuori i vestiti di Hilda e li poggiò sullo schienale dell’unica poltrona presente nella stanza.
«Mettiti pure seduta, cara» la invitò Hilda. «Nel frattempo metterò a bollire l’acqua per una tazza di tè.»
Ana accolse l’invito e sprofondò nella poltrona dalla tappezzeria sdrucita e sbiadita con un piccolo gemito di soddisfazione. Dopo aver passato ore e ore a cucire seduta su una sedia, con la schiena rigida, non avrebbe potuto chiedere di meglio. Si guardò intorno, sorridendo leggermente. Era stata molte volte in quella casa, e, a dispetto del suo aspetto tetro, umido e povero (come quasi tutte le abitazioni di Pontelagolungo), non mancava mai di sentirsi a proprio agio. Le sembrava impossibile che fino a qualche ora prima si trovasse in un’altra casa, a preparare ciotole di stufato per tredici nani e uno hobbit spuntati fuori da chissà dove. Le venne da pensare che, se mai un giorno avesse avuto dei nipoti, probabilmente quella storia avrebbe avuto grande successo, nelle sere d’inverno davanti al fuoco.
«Allora dimmi, cara» le chiese in quel momento Hilda dalla cucina, mentre apriva sportelli e cassetti alla ricerca del barattolo del tè «come sta tua madre? Ho visto tuo padre un paio di giorni fa, e mi sembrava piuttosto abbattuto …»
Ana si rabbuiò. «Non molto bene, temo. Il freddo di questi ultimi giorni la sta mettendo a dura prova. Ma io e papà cerchiamo di prenderci cura di lei il più possibile.»
Anche sulla faccia di Hilda, china a posizionare il pentolino sul fuoco, passò un’ombra. Ana non se ne stupì: lei e sua madre erano amiche da molto tempo, e se non ricordava male era stata proprio Hilda ad assistere sua madre durante il parto e a farla nascere.
«Mi mancano le sue chiacchiere al mercato» sospirò la donna. «A volte mi ritrovo a scrutare la strada sperando che Miriel compaia da un momento all’altro per farmi ridere con una delle sue battute.» Sorrise amaramente, scrollando la testa. «Si sarebbe divertita un mondo, oggi, al mercato. Quando sono comparsi quei nani … per tutti gli dei, avrei voluto che fosse lì!»
Ana si mosse nervosamente sulla poltrona. «Nani? Al mercato?» domandò sfoderando la faccia più stupita che riuscì a trovare. «Ne sei sicura?»
«Sicura come vedo te in questo momento!» rispose Hilda solennemente, tagliando l’aria con un gesto deciso della mano. «Mani tozze, barbe lunghe, occhi feroci … mai visto niente del genere in vita mia, lo giuro sull’anima del mio povero marito!»
«Ma … da qualche parte devono pur essere venuti» obiettò Ana, guardinga. Voleva cercare di capire fino a che punto Hilda – e il resto di Pontelagolungo – sapessero del coinvolgimento di Bard in quella situazione. Certamente né lei né la maggior parte di quelli che conosceva si sarebbe sognato di andare a riferire qualcosa al Governatore, ma tutti sapevano che la città era piena di spie. Meno persone erano al corrente di quella faccenda e meglio sarebbe stato per tutti …
«Oh, non chiederlo a me!» rispose Hilda stringendosi nelle spalle. «So soltanto che ad un certo punto sono sbucati dal nulla, come demoni che spuntano dalla terra!»
Ana trattenne a stento un sorriso. “Demoni che spuntano dalla terra” non era esattamente la definizione che avrebbe usato per descrivere gli individui conosciuti da Bard, anche se, doveva ammetterlo, un paio di loro avevano un aspetto abbastanza fosco.
«E … che è successo dopo?» si costrinse a chiedere, ostentando interesse.
«Non ci ho capito granché, in realtà» borbottò Hilda prendendo due tazze sbeccate dalla credenza. «C’è stata una gran confusione, le guardie si sono messi a inseguirli, e … beh, lo sai come vanno queste cose. Qualunque occasione è buona per la gente di questa città per mettere i bastoni fra le ruote ai tirapiedi del Governatore.»
Ana sogghignò. Poteva solo immaginare quanto Hilda doveva essersi divertita nel prendersi gioco delle guardie. Dopo scaldarsi i piedi davanti al fuoco sorseggiando un po’ di brandy, era probabilmente la cosa che procurava più soddisfazioni alla sua vita.
«In ogni caso, dopo tutta questa baraonda sono spariti nel nulla e nessuno li ha più visti» continuò la donna. «Spariti nel nulla, ti dico, così come sono apparsi!»
Ana prese la tazza fumante che Hilda le porgeva e fece del suo meglio per assumere un’espressione perplessa. «Beh, questo sì che è un mistero!» commentò, affrettandosi a bere un sorso di tè per nascondere la faccia. Era ancora bollente, e per poco non si ustionò la lingua. Hilda, per fortuna, era talmente infervorata nel suo racconto che non si accorse di nulla.
«Io non so chi fossero quei nani, né da dove venissero» stava dicendo in quel momento in tono cupo, sedendosi a sua volta. «Ma mi sono fatta la mia idea. So bene che cosa mi ricordano.»
Fissò Ana con sguardo eloquente, come se si aspettasse che afferrasse al volo la sua allusione e concordasse con lei, ma la ragazza non poté fare altro che fissarla di rimando con sguardo interrogativo.
«Ehm … che cosa?»
«Ma la profezia, naturalmente!» sbottò Hilda. «Per quale altra ragione un manipolo di nani dovrebbe trovarsi qui a Pontelagolungo, sennò? Oh, ma probabilmente tu sei troppo giovane per ricordare …»
Ana ci mise qualche secondo per capire. La parola “profezia” solleticava qualcosa nella sua memoria, ma non riusciva a ricordare che cosa. Alla fine, però, nella sua testa si accese come una fiammella.
Il signore delle argentee fonti, il re delle rocce scavate …
Era una vecchia filastrocca che veniva insegnata a tutti i bambini di Pontelagolungo fin da piccolissimi, ma Ana sapeva che tra i più anziani girava la voce che si trattasse di una profezia sul ritorno del legittimo erede al trono del regno dei nani.
Il re che sta sotto il monte riavrà le cose a lui strappate …
Nessuno credeva più davvero a quella storia, ormai, ma i vecchi la evocavano ancora davanti al fuoco nelle sere d’inverno, facendo rabbrividire i bambini più piccoli per il suo lugubre finale.
«Hilda» disse Ana in tono ragionevole «è solo una vecchia storia. Voglio dire» e qui abbassò istintivamente la voce «se veramente c’è un drago in quella Montagna … a chi verrebbe in mente di andare a svegliarlo?»
Hilda sbuffò. «Vedo che non sai nulla sulla testardaggine dei nani e sul loro amore smodato per le ricchezze.»
«Senti, probabilmente quei nani erano solo …» ripensò a quello che le aveva raccontato Bard «… mercanti o … giocattolai di passaggio da queste parti. Non credo ci sia bisogno di scomodare vecchie filastrocche per bambini per spiegare quello che è successo stamattina.»
«Vallo a spiegare alla gente di questa città, mia cara! Si sentono già bisbigli eccitati riguardo al tesoro dentro alla Montagna e alla parte che potrebbe toccare a Pontelagolungo!»
«La gente di questa città crederebbe a qualsiasi favola che possa farle dimenticare per un attimo lo squallore in cui vive» replicò Ana amaramente. «Anche che dei semplici nani di passaggio siano degli eroi venuti a salvarli.»
Hilda sospirò e fissò corrucciata la sua tazza, come se potesse darle delle risposte. «Sarà» ribatté scettica, «ma non ne sono troppo convinta. Beh, ma se ne sono andati, questo è l’importante! Parliamo d’altro e non pensiamoci più. Dimmi, come sta andando il tuo giro di consegne?»
Ana trasse un breve respiro di sollievo. Era riuscita a sviare il discorso su un terreno più sicuro, finalmente.
«Abbastanza bene» rispose. «Anche se in realtà sono riuscita a passare soltanto da casa di Bard, per adesso.»
«L’ho visto stamattina al mercato, è stato maledettamente bravo con quell’idiota di Braga! Gli ha proprio dato il benservito!» ridacchiò Hilda. «Come sta?»
«Oh, benone» rispose Ana evasiva. «Soltanto un po’ … stanco, suppongo.»
La donna sospirò e scrollò la criniera di capelli crespi. «Quell’uomo dovrebbe risposarsi. Con tre figli a cui badare, quello che gli serve più di ogni altra cosa è una moglie.»
Ana arrossì e si schiarì la voce, sperando che la scarsità di luce nella stanza fosse sufficiente per nascondere l’improvviso rossore che le era appena divampato dalle parti delle orecchie. «Oh, io … non credo che lui sia molto interessato alla cosa» disse con finta noncuranza. «Voglio dire, la morte di Rhaella è stata davvero un brutto colpo per lui.»
«Oh, non ne dubito, cara, ma sono passati otto anni. E di certo negli ultimi tempi ha trovato il modo di tirarsi su il morale!» ribatté Hilda concludendo la frase con un’eloquente alzata di sopracciglia.
Ana, per la seconda volta nel giro di pochi minuti, la fissò confusa. «Che intendi esattamente?»
Hilda si guardò rapidamente intorno, come se temesse che qualcuno potesse sentirla, poi si sistemò meglio sulla sedia con aria compiaciuta. Era chiaro che non stava più nella pelle dall’impazienza di spiattellare tutto quanto …
«Niente di sicuro» rivelò sottovoce, con aria cospiratrice. «Ma pare che anche lui abbia contribuito ad aggiungere un paio di corna sulla zucca vuota di Braga».
La sensazione di Ana fu quella di qualcuno a cui improvvisamente avessero tolto il pavimento da sotto i piedi. Avvertì una strana sensazione di vuoto allo stomaco, e improvvisamente la casa di Hilda cominciò a non sembrare più così accogliente.
«La … la moglie di Braga, dici?» chiese, e si sorprese nel sentire la propria voce così roca. «Ne sei sicura?»
«Beh, non l’ha detto esplicitamente, stamattina al mercato, ma l’ha lasciato intendere» si strinse nelle spalle Hilda. «Anche se forse, a pensarci bene, era solo un modo per confondere quell’imbecille e farlo sloggiare. In ogni caso, ti stupiresti?»
Ana deglutì e si sistemò senza motivo i capelli sulla fronte. «Io … lo sai che preferisco non immischiarmi in queste cose, Hilda» rispose cercando di nascondere il suo turbamento.
La donna sembrò rendersi conto di essersi spinta un po’ troppo oltre con i pettegolezzi, e interpretò il tono di Ana come un semplice rifiuto di immischiarsi nelle faccende altrui.
«Hai ragione, cara, non sono affari nostri. Ma bevi, bevi il tuo tè, santo cielo! Non vorrai lasciare che si raffreddi!»
Rimasero a parlare un altro buon quarto d’ora, durante il quale Ana sentì meno della metà di quello che Hilda le stava dicendo. Continuava a distrarsi e a fissare il vuoto con aria assente, cercando di mitigare a forza di sorsi di tè la sensazione fastidiosa che provava alla bocca dello stomaco, tanto che, alla fine, la sua ospite si vide costretta a chiederle con aria preoccupata se stesse bene.
«Sto benissimo, Hilda» si sforzò di sorridere. «Sono solo un po’ stanca. Ho cucito tutta la notte e gran parte della mattina, avevo un sacco di lavoro da fare. Anzi,» aggiunse poggiando la tazza ormai vuota sul tavolo da pranzo e alzandosi «temo proprio che adesso dovrò riprendere il mio giro di consegne.»
Aveva la strana sensazione che non sarebbe riuscita a rimanere in quella stanza un minuto di più. Improvvisamente, quello che all’inizio le era sembrato un piacevole tepore adesso le pareva un caldo soffocante.
«Ma certo, non voglio trattenerti più del dovuto» disse Hilda, alzandosi a sua volta. «Oh, quasi dimenticavo!» aggiunse, dirigendosi verso la credenza. Ne trasse fuori delle monete di bronzo e un sacchetto di tela da cui proveniva un piacevole profumo.
«Questi sono per i vestiti» disse mettendole tutto in mano. «E porta questo a tua madre. Lenirà un po’ il dolore alle gambe e alle mani … anche se non lo farà sparire del tutto, temo.»
Ana sorrise e la strinse in un abbraccio. Hilda sapeva essere un po’ pettegola, quando ci si metteva, ma era una brava donna.
Quando uscì di nuovo in strada, l’aria era diventata, se possibile, ancora più fredda e umida, ma Ana quasi non se ne rese conto. Aveva sperato che un tè caldo e quattro chiacchiere con Hilda potessero aiutarla a placare la tensione, e invece si ritrovava più inquieta di quando era arrivata. Così tanti pensieri le turbinavano in testa, e così tante sensazioni le si agitavano dentro, che per qualche minuto camminò per le strade senza avere la minima idea di dove stesse andando.
La cosa che le dava più da pensare era la faccenda dei nani. Si chiese se nella storia della profezia evocata da Hilda e passata di bocca in bocca per tutta Pontelagolungo – persino adesso poteva vedere pescivendoli e fabbricanti di reti bisbigliare eccitati fra loro – potesse esserci qualcosa di vero. In fondo nessuno, nemmeno Bard, sapeva per certo chi fossero veramente quei nani, e loro si erano guardati bene dallo scendere nei dettagli riguardo alle loro intenzioni …
“E’ solo una stupida vecchia storia, Ana!” si ripeté per l’ennesima volta, quasi arrabbiata con se stessa. “A nessuno, nemmeno alla più avida delle creature della Terra di Mezzo, passerebbe mai per la testa di affrontare quel drago, sempre che in quella montagna ci sia ancora un drago da affrontare!”
Ana era sempre stata una persona razionale e di buon senso. A volte, forse, fin troppo. Credere a vecchie leggende solo per l’ingenua e inerte speranza che qualcuno piovesse dal cielo per risollevare le sorti di quella disgraziata città non era proprio nella sua natura. Eppure …
Liquidò stizzita le sue incertezze dandosi della stupida. Si stava logorando per niente! Probabilmente a quell’ora i nani erano già ripartiti per chissà dove e avevano abbandonato la casa di Bard, togliendo per sempre il disturbo!
Bard …
Si rese conto troppo tardi di essere scivolata su un terreno ancora più insidioso. Per quanto cercasse di non pensarci, le allusioni di Hilda su di lui continuavano a tormentarla, provocandole un malessere di cui non riusciva a spiegarsi la ragione. Bard, in fondo, era un uomo adulto, e per quanto profondamente potesse aver amato Rhaella, era naturale che dopo otto anni potesse aver sentito il bisogno di calore femminile. Ma Ana conosceva la moglie di Braga: era una donna non più giovane anche se con ancora un vago sentore dell’antica bellezza, a cui piaceva ostentare davanti a tutti quella sua poca ricchezza in più dovuta alla posizione del marito, nonché intrattenersi “amichevolmente” con altri uomini mentre Braga era fuori casa. La sembrava impossibile che Bard avesse potuto provare attrazione anche solo per l’unghia del piede di una donna del genere. Ma allora le sue parole al mercato? Hilda aveva forse sentito male? Magari, nella confusione …
Non sono affari tuoi, Ana, per l’amor del cielo!
Non aveva alcun diritto di soffermarsi su pensieri del genere. Bard poteva portarsi a letto chi gli pareva, e lei aveva cose ben più importanti a cui pensare in quel momento! Che razza di figlia era se, mentre i suoi genitori pativano la fame, lei perdeva tempo ad arrovellarsi il cervello su voci e pettegolezzi? Si sforzò di fare mente locale sui vestiti ancora da consegnare e mise un passo davanti all’altro con più decisione, determinata a portare a termine i suoi doveri senza farsi distrarre.
Fortunatamente, per il resto del pomeriggio riuscì a conseguire il suo proposito senza troppa difficoltà: le case da visitare erano ancora molte, e in una di esse le fu chiesto persino di badare a due bambini piccoli mentre la loro madre andava al palazzo del Governatore per ritirare la biancheria da lavare. Fu un pomeriggio stancante, ma tutto sommato, mentre tornava verso casa infreddolita e con i piedi doloranti, mentre già le prime ombre della sera arrivavano a scurire le acque del fiume, poté ritenersi soddisfatta. La cesta dei vestiti era di nuovo piena di capi da rammendare (cosa che le avrebbe assicurato qualche guadagno per i giorni seguenti), la tasca della veste era piacevolmente pesante per via della discreta quantità di monete, e dal braccio destro le pendeva una sporta con dentro pesce e verdure per la cena di quella sera.
Quando finalmente aprì la porta di casa e varcò la soglia, i nani, la profezia, Bard, persino Oswyn, non erano più che sbiaditi e fiacchi pensieri relegati in un angolo remoto della sua mente. In quel momento l’unica cosa su cui riusciva a concentrarsi era un’indicibile, immensa stanchezza.
«Bentornata, figliola» la accolse suo padre, con i piedi allungati vicino al debole fuoco che illuminava la stanza. Fino a quella sera tardi, non sarebbe dovuto tornare al suo posto di guardia. «Hai chiesto a Bard un po’ di quel pesce di cui ti avevo parlato?»
Ana sospirò e si passò una mano sulla fronte. Diamine. Con tutto quel trambusto se ne era completamente dimenticata.
«Ehm … credo che se ne sia sbarazzato cedendolo a qualcun altro» buttò lì, per evitare domande indiscrete. «Ma al mercato sono riuscita a trovarne un po’. Non sarà freschissimo, ma almeno è qualcosa. Come sta la mamma?»
«Sempre piuttosto debole, ma mentre sei stata via ha tossito molto meno.» 
Ana fu sollevata dalla notizia. I momenti “buoni” di sua madre non capitavano di frequente, negli ultimi tempi.
«Comincio subito a pulire il pesce» annunciò a suo padre «così potremo cenare prima che tu torni al tuo lavoro.»
In confronto alla giornata appena trascorsa, occuparsi della cena fu quasi rilassante per Ana. Raccontò a suo padre un paio di buffi aneddoti sui bambini a cui aveva fatto da balia quel pomeriggio, ridacchiò mentre lui borbottava riguardo all’ennesimo battibecco che aveva avuto con Miriel (che, benché malata, aveva mantenuto il suo solito caratterino), e mentre il profumo del pesce arrostito si spandeva per casa si ritrovò quasi a provare una sensazione di benessere. Cenarono in un clima di relativa tranquillità, e Ana fu contenta di trovare sua madre più vivace e sorridente del solito quando entrò in camera sua per portarle la cena e gli impacchi di erbe che le aveva raccomandato Hilda.
Stava giusto per sedersi al suo solito posto per cominciare il suo lavoro di rammendo – in attesa del momento in cui la stanchezza sarebbe giunta a sopraffarla costringendola ad andare a letto – quando dei nervosi colpi alla porta ruppero il silenzio della casa. Ana e suo padre si scambiarono uno sguardo perplesso, poi l’uomo si alzò dalla sua poltrona soffocando un gemito affaticato e si diresse verso l’ingresso.
«Chi mai può essere a quest’ora?» borbottò, le folte sopracciglia grigiastre aggrottate. Aprì la porta, e un alito di aria fredda si insinuò all’interno, facendo rabbrividire Ana. Fu quello che sentì pochi secondi dopo, tuttavia, a farle alzare di scatto la testa dal cappotto che stava rammendando.
«Oh, Bard!» esclamò suo padre con voce allegra, togliendosi la pipa di bocca. «Piacere di vederti! Posso fare qualcosa per te?»
Bard?
Che diamine ci faceva lì a quell’ora?
«Ciao, Percy .» Non poteva vederlo in faccia, ma la sua voce le arrivò vibrante di tensione. «C’è Ana?»
Suo padre si voltò a guardarla, disorientato. Era chiaro che non capiva il significato di quella richiesta a quell’ora della sera. «Sì …» rispose, titubante. «E’ … tutto a posto?»
«Nulla di grave. Devo soltanto riferirle alcune cose da parte di Sigrid riguardo al … al vestito che le ha portato stamattina.»
Ana posò cappotto, ago e filo sulla sedia e si diresse verso la porta. Non aveva creduto nemmeno per un secondo alla storia del vestito, ma sperava che suo padre se la fosse bevuta. Con uno strano presentimento che le serrava lo stomaco, raggiunse Percy sulla porta. Bard indossava ancora i vestiti con cui l’aveva lasciato quella mattina, il suo viso era visibilmente tirato e i suoi occhi inquieti.
«Posso parlarti?» le chiese, una chiara nota di urgenza nella voce.
«Certo …»
Approfittando del fatto che Percy era rientrato in casa e si stava sistemando di nuovo sulla poltrona, la prese per un gomito e la trascinò fuori.
«E’ successo qualcosa?» bisbigliò Ana, quando furono al riparo da orecchie indiscrete.
Bard fissò su di lei uno sguardo atterrito. Sembrava ancora più sconvolto di quando Ana, quella mattina, era piombata all’improvviso in casa sua.
«Devi aiutarmi» rispose in un soffio, senza preamboli. «I nani sono spariti.»
 
 

 
 
 
 





ANGOLO AUTRICE

Ssssssalve a tutti e ben ritrovati! Come al solito vorrei cominciare ringraziando tutte coloro che hanno recensito e che hanno aggiunto la storia alle seguite/preferite/ricordate, siete veramente tantissime!
Per proseguire … Come vi è sembrato questo capitolo? In effetti non succede granché, il bello arriva nell’ultima scena, ma mi sembrava giusto fornire altro materiale per angst e pippe mentali (visto che, giustamente non ce n’era abbastanza). Il personaggio del film di cui vi avevo preannunciato la comparsa nel capitolo precedente, come avrete capito, non è altri che Hilda, ovvero la donna che al mercato di Pontelagolungo vende erbe tra cui l’athelas (e tra l’altro fa cadere un vaso in testa a una guardia), nonché la tizia che nel terzo film infama pesantemente il nostro Alfrid Leccasputo XD Mi sembrava una personaggio interessante, così ho deciso di farla interagire con Ana per inserire ancora di più la protagonista all’interno dell’ambiente di Pontelagolungo! Tra l’altro, notare l’immensa paraculaggine di Ana quando fa finta di non sapere nulla riguardo ai nani XD
Insomma, per farla breve spero che questo capitolo vi sia piaciuto quanto gli altri! Dal prossimo le cose dovrebbero iniziare a movimentarsi un po’: spero di riuscire ad aggiornare nei tempi stabiliti, ovvero domenica prossima, altrimenti cercherò di farlo il prima possibile.
A prestissimo!

MrsBlack90


P.S. A chi interessasse essere sempre aggiornato sulle mie storie, vi inserisco il link della pagina facebook dedicata al mio profilo EFP. 
 
 

 
 
 
 
 
 
   
 
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