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Autore: GemmaD    19/01/2015    1 recensioni
Spesso, nella vita delle persone, ci sono emozioni accennate, indefinite, che non possiamo raccontare agli altri. Anche se ci dicono chi siamo, sono i pensieri di chi non sa ancora chi è per davvero.
I personaggi di KH in versione teenager vanno al liceo e i due gruppi più popolari della scuola, con a capo Xemnas e Axel sono tradizionalmente rivali, ma sarà abbastanza a farli sentire soddisfatti della propria vita? Saix (del giro di Axel) e Xemnas hanno un primo incontro abbastanza imbranato, riusciranno a portare avanti quello che sentono?
Frequente introspezione, la storia vuole esplorare le sensazioni sospese. Come potranno cooperarci? [paring principale: Xemsai][non è necessario conoscere già i personaggi]
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Axel, Saix, Un po' tutti, Xemnas
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun gioco
Capitoli:
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In questo capitolo Xemnas comincia a sentire il fascino di Saix. Saix, invece, è ancora alle prese col suo rapporto contradditorio con Axel... E complica tutto l'affacciarsi di Roxas.
Succedono parecchie cose!


“Sentito? Axel vuole far entrare uno nuovo nel gruppo.”

“Cioè?”

“Io so solo che si chiama Roxas, e lo so solo perché ho sentito Axel che ne parlava.”

Saïx guardò Tidus in modo beffardo. “Cos’è, accettiamo anche quelli del primo anno, adesso?”

“Andiamo, non essere così chiuso. Dicono che sia un tipo simpatico.”

“Sarà, ma per me ha ragione Saïx. Alla fine, uno del primo anno ha poco a che fare con noi” sottolineò Luxord.

“Ciao, ragazzi!” salutò Axel, entrando in classe con allegria. “Ho un’ora buca, non è fantastico?”

Saïx osservò Axel che spiegava quale prof mancasse e cominciava a scherzare con leggerezza. La sua vista… Sentiva cominciare a salire di mal di testa. Era tutta la mattina che lo minacciava e proprio ora doveva farsi vivo. Si alzò dalla sedia e fece per uscire dalla classe.

“Dove vai, Saïx?” gli chiese Demyx, che era arrivato con Axel e si annoiava ad ascoltare tutte le battute che facevano all’altro.

“A sciacquarmi la faccia.” Gli rispose gentilmente. “Credo di avere un po’ di mal di testa.”

“Oh, davvero? Mi spiace!”

“Figurati, è solo che dormo poco” Sorrise un’ultima volta e andò in bagno.

Freddo Saïx, crudele Saïx, bugiardo Saïx, pensò, guardandosi allo specchio. Sotto gli attenti occhi gialli, si stavano diffondendo due grandi occhiaia.

Dopo essere stato davanti allo specchio dieci minuti buoni, uscì in corridoio e trovò Axel che stava parlando con un ragazzino basso, biondo. Aveva una specie di camicia grigia aperta e dei jeans abbastanza larghi grigio scuro. Doveva essere Roxas, dai loro discorsi.

“Davvero, non c’è problema!” esclamava Axel, pieno di entusiasmo.

“Uhm… Per me, lo dico subito, sono un disturbo e basta.” Obiettò l’altro.

“Ma va’! Sono tutti molto gentili, nella compagnia. Vedrai che ti troverai benissimo.”

“Sarà… Ma mi sento già a disagio.”

“Non fare il timidone, Roxy!” gli diede una sonora pacca sulla spalla. “Ricorda che tutti contano su di te. Sei una persona simpatica, farai una bella figura.”

Saïx aveva ascoltato tutto questo con sospetto, e ora, pieno d’indifferenza, uscì dal bagno e si fermò a guardare fuori dalle finestre nel corridoio.

“Io ci provo. M’impegno, ok?”

“Ci si vede, Rox!”

“Ciao!”

Roxas si diresse verso la sua aula e Saïx rimase da solo, con vicino Axel. Fra l’altro, la lezione del laboratorio d’inglese doveva essere cominciata già da un quarto d’ora. –Che situazione imbarazzante- pensò, guardando le moto parcheggiate di fuori.

Non riusciva a vedere se Axel era ancora lì e cosa stesse facendo, ma decise di schiodarsi. “Ciao, Axel” salutò, indifferente, ricominciando a camminare.

Era arrivato a metà corridoio. “Ehi, Saïx, aspetta un minuto.”

Si fermò. Cosa voleva? Ma tanto era arrabbiato con lui. “Ho lezione, ci vediamo dopo.”

“Dopo quando?”

Saïx si voltò, in silenzio. Axel era proprio deciso a punzecchiarlo. “Senti, ci sentiamo dopo.” Cercò di chiudere, mentre gli andava incontro stancamente.

Anche Axel fece due o tre passi in sua direzione. “Quante storie, dai! Avete inglese adesso, no? Da quando ti interessa così tanto?”

Saïx lo fissò. “L’inglese è importante.” Rispose lentamente.

“Se vuoi possiamo litigare in inglese.”

Silenzio. Saïx era sconcertato. Un po’ per la proposta, un po’ perché Axel aveva scoperto le sue carte. “Dici… Sul serio?” continuò, preservando l’indifferenza.

“Ehm… Certo.” –Perché mi sto ficcando da solo in una cosa simile?- pensò Axel.

“Very well, then.” Saïx mise le mani sui fianchi. Era uno dei migliori, in inglese.

“Ah! Frena, frena” lo interruppe Axel. “Non ci riuscirei mai! So solo una frase in inglese: “got it memorized?”

“Lo so. Lo sappiamo tutti.” Replicò Saïx freddamente.

“Ah, bene.” Concluse. Adesso Axel non sapeva cosa dire, ma poco importava, perché il ghiaccio era rotto.

“Una gran litigata, non c’è che dire” commentò Saïx. Gli veniva da ridere, ma era ancora arrabbiato con Axel, non poteva di certo mostrarsi così.

“Già.” Rispose, strofinandosi un braccio, con gli occhi a terra. Sembrava trattenere una risata.

“Vabbé… Ci vediamo” concluse Saïx, andando via, verso il laboratorio di inglese. Aveva perso metà lezione e non aveva neanche preso i suoi libri, ma gli veniva solo da sorridere.

Dietro di sé sentì Axel parlare: aveva appena incrociato un suo amico, ma rise un po’ troppo per una battuta scema.

 

Il giorno seguente, Saïx doveva fermarsi a scuola per il pomeriggio. Aveva appena finito di pranzare in un bar lì vicino e doveva aspettare ancora un’altra mezz’oretta. Fuori faceva freddo, così pensò di infilarsi dentro la biblioteca della scuola.

Silenzio, odore di aria ferma, riscaldamenti accesi, computer che ronzavano. Saïx trasse subito un sospiro, mentre si slacciava la giacca marrone scuro e la lunga sciarpa nera. Voltatosi, scoprì di non essere solo.

“Xemnas.”

Il ragazzo dai capelli argento si girò, disorientato. Aveva una grossa felpa color ruggine e pantaloni scuri. –Niente zebrato, oggi.-

“Saïx!” lo salutò, sorpreso. “Com’è, mi saluti, adesso? Non hai più paura di Axel?”

Saïx alzò le spalle, divertito, mentre sistemava la sua giacca su una sedia. “E chi se ne importa.”

Xemnas rimase in silenzio. Intuiva dalla risposta che dovevano avere litigato e temeva che parlasse con lui solo come strumento di vendetta. Meglio evitare situazioni strane. “Capisco.” Rispose semplicemente, continuando a guardare con interesse lo scaffale, anche perché sarebbe stata una buona scusa per non parlare con lui.

Saïx invece si accostò a lui incuriosito. Xemnas si sentiva un po’ in imbarazzo.

“T’interessa la psicologia?”

“Ehm…Non so, più o meno…”

“Andrai a fare quello, all’università?”

“Non lo so. Non so neanche se farò l’università.”

Saïx si ritrasse, sorridendo.

“Tu come mai sei rimasto a scuola?”

“Faccio un laboratorio di astronomia.” Rispose Saïx. “Stiamo facendo un progetto sulla luna. Non è male. Vuoi restare con noi?”

“Senza offesa, ma preferisco restare a casa a giocare alla playstation” Rispose con disinvoltura. “Io sono rimasto solo per aspettare un mio amico che doveva rimanere qua alla sesta ora, ma fra poco dovrebbe uscire.”

Saïx e Xemnas rimasero in biblioteca a parlare un’altra ventina di minuti, quando suonò la campana.

“Ah, devo andare” borbottò Xemnas, alzandosi in piedi. Raccolse cartella e giaccone bianco, e uscì fuori salutando Saïx. Sì, la chiacchierata era stata piacevole, ma niente di che.

Non appena arrivò fuori dalla classe di Leon, corse da lui. “Eccomi, ti ho aspettato!”

Leon sembrava divertito. “Non posso crederci, l’hai fatto davvero?”

“Eccome!” esclamò Xemnas eccitato. “Adesso devi per forza portarmi a fare un giro in moto.” Era già al quinto anno e aveva la patente, beato lui.

“Va bene” rispose, ridendo, cominciando a scendere le scale. “Magari possiamo andare nel parcheggio qua vicino, e ti lascio guidare con la tua ragazza.”

“Ti fideresti?!” esclamò Xemnas incredulo, per poi aggrottare la fronte: “Aspetta un attimo, quale ragazza?”

“Come? Selphie” rispose, tranquillo. “E’ qui fuori dalla scuola, sta aspettando noi, no?”

Xemnas si fermò bruscamente. Sapeva perché era lì. Il giorno prima, avevano discusso se lui fosse davvero pronto o no a una relazione, e Xemnas era sembrato prudentemente remissivo, mentre invece Selphie era decisa a soddisfare il suo sogno romantico. Rivederla era l’ultima cosa che voleva. Un’altra discussione non gli andava proprio, non oggi, era già abbastanza stanco.

“Comincia ad andare, ok?” disse in fretta Xemnas a Leon. Quest’ultimo sembrava aver capito, sorrise e lo salutò allegramente, incaricandosi di dire lui a Selphie che sarebbe uscito da scuola nel tardo pomeriggio, quindi non valeva la pena aspettarlo. Xemnas tornò in biblioteca, ma ormai era deserta. Confuso, chiese a tutte le bidelle dove fosse l’aula di astronomia, per poi ricordarsi che non esisteva, quindi decise di entrare in tutte le stanze da cui sentiva provenire delle voci. Dopo aver interrotto due aule di inglese, riuscì a trovare quella del laboratorio di astronomia: era buia, ed era proiettato uno schema sulle radiazioni cosmiche di fondo.

“Scusate” borbottò in fretta Xemnas, andando a sedersi (a farsi spazio) vicino a Saïx, che lo guardò perplesso. “Ho cambiato idea. Rimango a sentire.”

Saïx annuì velocemente, prima di tornare a seguire la spiegazione su come avessero scoperto che l’universo fosse in espansione. La lezione sarebbe stata un dibattito su quale teoria di universo fosse più accettabile e lui non se ne perdeva una parola.

Xemnas tirò fuori un sospiro di sollievo. Si sentiva abbastanza a disagio e osservato, ma almeno era grato di essere scampato a Selphie. Che problema, stare con una ragazza! La vita da single era molto di più a cuor leggero, non aveva questi obblighi, e la rimpiangeva. –Certo che non ha neanche nient’altro.- si ritrovò a pensare. –Quando sono da solo, è come se non fossi davvero importante per nessuno. E’ così demoralizzante… Se non ci fossero gli altri, io non avrei significato…-

Continuava a ripetersi questa frase nella mente, mentre la sua attenzione slittava pian piano su stelle e galassie. Ad un certo punto mormorò una domanda a bassa voce a Saïx e quello gli spiegò con calma i concetti fondamentali della parte che si era perso.

“Grazie” sussurrò Xemnas, assorbito dalla spiegazione. Erano cose totalmente diverse, rispetto a quelle che facevano a scuola; non le aveva neanche mai sentite, ed era dello scientifico. Ad un certo punto, cominciò ad osservare gli schemi proiettati e allo stesso tempo il volto di Saïx con la coda dell’occhio: era diritto, impassibile, aveva uno sguardo orgoglioso in quel momento pieno di attenzione. Provava un vago piacere a stare seduto lì vicino a lui, immersi entrambi in un mondo di cose più grandi di loro: era come se fossero in piedi di fronte a cose che avevano un senso...

All’improvviso però si ricordò anche che il giorno dopo avrebbe avuto una verifica. –Dai, sono solo un paio di orette, vuol dire che dovrò stare sveglio un po’ di più stasera.- Ma rimaneva lo stesso un po’ preoccupato.

Il fantasma del test continuò ad assillarlo anche quando furono fuori dalla scuola. Ormai la luce del sole era completamente andata; erano coperti dai loro spessi giacconi, mani in tasca, con la sciarpa nera di Saïx tutta avvolta attorno al viso affilato. Era così stretta che modificava la sua pettinatura.

“Quindi, avevi già sentito parlare di quelle cose?” domandò Xemnas, sovrastando il silenzio quasi morto del giardino della scuola.

“Sì.” Rispose lui, con la voce soffocata dalla sciarpa. “Le ho lette.”

“Leggi?” esclamò Xemnas. “Leggi queste cose?!”

Saïx annuì.

“Wow, sei intelligente.”

Saïx lo guardò storto.

“Ah! Ehm, non che prima ne dubitassi, eh” rise nervosamente Xemnas. Si fermarono di fronte ai cancelli. “Bene…”

Era il momento di salutarsi. Xemnas era un po’ esitante, immaginava che parlare normalmente a Saïx andasse bene, ma ogni volta si sentiva un po’ a disagio. –Un saluto normalissimo: ci sentiamo, ci vediamo, buon pomeriggio, grazie e alla prossima…- Continuava a fissare Saïx, in attesa di una specie d’illuminazione che gli facesse trovare delle parole adeguate (o forse un po’ di calore che gli smuovesse i piedi congelati), ma non sapeva bene, quel pomeriggio gli aveva fatto un effetto un po’ strano.

“Vuoi toccarmi i capelli.” Disse all’improvviso Saïx.

“Eh?! No!” gridò Xemnas.

“Conosco quello sguardo, è quando una persona mi vuole toccare i capelli.” Spiegò Saïx, con gli occhi cupi, l’unica cosa che si poteva vedere dalla sciarpa. “Avanti, toccali.”

Xemnas lo guardò stralunato per qualche secondo, poi alzò le spalle e gli prese una ciocca di capelli. Morbidissimi! “Uh… Wow” gemette Xemnas, più o meno con la faccia di un cavernicolo che vede il fuoco per la prima volta.

“Già, sono strani” cantilenò Saïx, come abituato alla storia. “Sono blu.”

“Sono celesti” lo corresse Xemnas, facendo scorrere le dita sul resto dei capelli.

Saïx rimase in silenzio. Dopo qualche secondo, Xemnas notò stupito dei granuli bianchi irregolari depositarsi sulle ciocche: aveva cominciato a nevicare.

“Neve a novembre? Di già?” si chiese Xemnas, accigliato, allontanando le mani dalla testa di Saïx per cercare di afferrarne qualche fiocco. Saïx guardò come il paesaggio scolastico cambiava sotto quella vista; si aspettava di sentire Xemnas dire qualcosa del tipo: “Che strano!”, invece sentì che diceva: “Che bello!” e rideva. Saïx lo guardò meravigliato.

Xemnas si allontanò nella sua ricerca di fiocchi di neve. Nel giro di qualche secondo, la sua emozione si spense. Il sorriso che aleggiava sulle sue labbra lasciò una dolce sensazione e niente più. Era contento del pomeriggio, ma adesso era ora di salutarsi; Saïx poi doveva prendere il pullman per tornare a casa. Si voltò, allegro: “Grazie per avermi fatto partecipare al laboratorio, Saïx. E’ stato molto divertente.”

“Avevo ragione, eh?” rispose lui. “Torna quando vuoi. Il dibattito non era ancora finito.”

Xemnas gli sorrise. “Perfetto, grazie mille.” Ci mancava solo un “a presto” e poi il saluto finale sarebbe stato perfetto. Di solito gli veniva spontaneo cercare di renderli gentili e adatti alla situazione da risultare gradevoli, ma perché, quando invece salutarsi rimaneva pur sempre una cosa un po’ triste?

-Sta a me- pensò. –Come per questo pomeriggio. Avrei potuto rimanere a pensare a Selphie o al compito quando parlavano, invece ho provato a prestare un orecchio e ho fatto una cosa nuova. Possiamo darci un saluto perfetto, rendere la conversazione banale, come un sacco di volte che ha nevicato, ero con delle persone che non erano mie amiche e le ho salutate, ci ho parlato, ma non è stato niente di che. Invece potrei inventarmi qualcosa, tutto questo potrebbe diventare un gran bel momento.-

Xemnas si stava ancora guardando attorno, ragionando in questo modo, che Saïx all’improvviso notò: “Guarda. La neve sembra sparire, vicino a te. Si mimetizza coi tuoi capelli.”

“Cosa vuol dire?” chiese.

“Non so. La neve è bianca, vuol dire che hai i capelli bianchi!” rise Saïx, prendendolo in giro.

Xemnas gli rispose, senza pensare, ridendo anche lui: “O forse è la neve a essere argento!”

Fecero un altro giro del giardino della scuola, guardando la neve scendere sugli alberi, chiacchierando allegramente e scherzando.

“Non è male stare qui” disse Saïx, ad un certo punto, come pensoso. “Sono fuori con te, è buio e sembra notte… Ma in realtà è un pomeriggio invernale, è giorno e notte fusi assieme…”

Xemnas si divertì e rise molto, anche se gli dispiaceva vedere che Saïx teneva continuamente il muso e cercava di intrattenerlo come poteva per farlo almeno sorridere. A volte ci riusciva, sebbene la sciarpa lo nascondesse, ma poteva vedere il suo sguardo ferino abbassarsi e addolcirsi, e questo gli faceva capire che la missione era compiuta.

“Come fai a tornare a casa?” gli chiese.

Saïx tirò fuori il suo cellulare per controllare l’ora. Era un vecchio modello, argento, con un piccolo portachiavi attaccato. “L’ultimo è passato dieci minuti fa.” Rispose, rassegnato.

“Ah. E quindi?”

Saïx alzò le spalle. “Me la farò a piedi.”

“E i tuoi?”

Saïx fece una pausa. “Ci ho già pensato… Ma non mi va di disturbarli.”

-Sarà, ma percorrere due paesi a piedi con questo freddo non è uno scherzo.- pensò, guardando preoccupato Saïx, che la prendeva con filosofia e pensava a ravviarsi i capelli bagnati sopra la testa. –No, no, so cosa stai pensando, Xemnas! Ricordati che domani hai un compito.- “Ti possiamo accompagnare a casa noi, se vuoi” disse.

“Davvero?” –No! Maledizione!-

“Certo, ho un debito verso di te, ricordi?” –Dopo di questa, è andata. Un altro 4 in trigonometria.-

“Va bene, grazie.” S’incamminarono subito verso la casa di Xemnas, che distava una decina di minuti dalla scuola. Xemnas andava a passo spedito, parlando delle belle cose della sua città con nonchalance. Arrivato a casa, corse subito dalla madre, senza neanche asciugarsi le scarpe. Non gli assomigliava per niente, era bassa e aveva i capelli rossi. “Madre, puoi accompagnare a casa un mio amico?”

“Salve.” Salutò cortesemente da sotto la sciarpa. Lei osservò con scetticismo i capelli blu bagnati e disordinati, la sciarpa di lunghezza eccessiva, la cicatrice in mezzo agli occhi gialli.

“Ne abbiamo già parlato, Xemmy. Al martedì no, torno a casa da lavoro e sono stanca.”

“Ma madre! Saïx ha perso il pullman, non sa come tornare!”

“Mi dispiace.” Fu la risposta, nel tono da non-sono-dispiaciuta.

Xemnas era arrabbiato. “Va bene!” e sparì in camera. Saïx rimase a guardare incerto la casa, grande e decorata con oggetti esotici antichi, quasi archeologici (riusciva a vedere anche una grossa pelle di zebra appesa al muro) e disse incerto alla madre di Xemnas: “Ehm… Bella giornata.”

Non fece in tempo ad aggiungere cose più plausibili, che Xemnas arrivò come un tornado e gli intimò di uscire. Saïx, dopo aver salutato ancora con gentilezza, uscì confuso e riscesero in strada.

“Mia madre è un’egoista, non potevo aspettarmi niente di più” Si diressero verso il garage.

“Non importa, era stanca dal lavoro, capita.”

“No” lo interruppe Xemnas, imbarazzato e arrabbiato. “Non è così, è lei. Sono tutte scuse, cosa le costerebbe… Ma ti porterò a casa a tutti i costi.” Tirò fuori una mountain bike e ci salì sopra, indossando i guanti.

“Ma cosa…”

“Salta dietro!” lo invitò Xemnas, indossando dei guanti. “Ho detto che ti ci avrei portato, lo farò.”

Saïx all’inizio era esitante, ma quando si fu detto: -Ma chissenefrega- saltò su e partirono. La partenza fu dolorosa, Xemnas non sembrava capace di guidare una bicicletta, ma appena prese la mano cominciò a pedalare sempre più veloce, sicuro di sé, costringendolo ad aggrapparsi forte al suo petto. Saïx sospettava che lo facesse per puro divertimento piuttosto che per la fretta di portarlo a casa.

Mentre andavano avanti sulle strade bianchicce e silenziose, Saïx gli indicava la strada, insegnandogli anche quella per il ritorno, mentre continuavano a parlare allegramente. Ad un certo punto Xemnas cominciò a intonare tutte le canzoni invernali che gli venivano in mente, incitandolo a cantare con lui. Quello che sapeva, Saïx cantava, ma non gli dispiaceva restare ad ascoltarlo. Xemnas non era affatto stonato.

Arrivati a casa di Saïx, Xemnas aveva il fiatone ed era coperto di sudore, ma almeno era ancora di buon umore. “Visto? Ti ho restituito il favore.” Ansimò.

Saïx annuì. “Quelle due auto che hai dribblato si staranno ancora chiedendo cos’è successo.”

Xemnas rise. “Oddio, quanto l’abbiamo rischiata brutta!” Il che gli faceva venire in mente… “Beh, ora direi che devo proprio andare. Domani ho una verifica tremenda di trigonometria e devo ancora studiare.”

Saïx annuì. Erano le sette di sera, e aveva anche pensato di invitarlo a cena per sdebitarsi anche lui. Visto però l’impegno di Xemnas, Saïx pensò a qualcos’altro. “Tieni.” Si tirò giù la cartella dalle spalle e prese un libro di matematica. “Oggi per sbaglio ho preso il libro di Vexen. Lui è del quinto anno, se cerchi dovrebbe esserci qualche appunto.”

“Ehm… Ci provo, grazie” Xemnas non era sicuro che questo potesse facilitargli lo studio, ma decise comunque di dargli una chance. “Però se scoprono che uno della vostra compagnia mi ha dato il suo libro e mi sta facendo un favore…”

“Non importa, Vexen non fa parte della nostra compagnia. Portamelo domani, però.” Concluse.

“Ah, sì, grazie” rispose Xemnas, prima di accorgersi che si stavano salutando.

“Ci vediamo domani, allora. Grazie mille del passaggio” gli sorrise Saïx. Com’era raro, che sorridesse. Non unico, ma raro.

“Ciao” lo salutò. Rimase a guardare ancora una volta l’imponente casa di Saïx e fece dietrofront.

 

“Era difficilissima! Com’è andata, Xemmy?” Xigbar si voltò subito da Xemnas, non appena il tempo fu scaduto ed ebbero consegnato il foglio della verifica.

“Un disastro, ovviamente” rispose in fretta Xemnas. Xigbar lo vide tirare fuori in fretta dal suo zaino un voluminoso libro di matematica pieno di appunti e correre fuori dalla classe. “Vado a restituire una cosa.”

La campanella dell’intervallo era già suonata, e Xemnas correva veloce verso la classe di Saïx, un piano sotto la sua. Lo vide appoggiato contro una parete del corridoio, da solo, come se aspettasse qualcuno, innervosito. “Eccomi, Saïx” lo salutò, correndo. “Ti ho portato il libro. Grazie, amico, mi hai alzato la media: se non fosse stato per te, avrei preso due!”

Saïx annuì, gli prese il libro dalle mani e tornò in classe, dove riprese a parlare fittamente con il suo amico britannico e il ragazzino del secondo anno. Xemnas ci rimase male: si era affezionato molto a Saïx, ma lui aveva solo Axel in mente.

Come gli avevano appena raccontato, le news erano che Axel aveva organizzato un convito in un ristorante messicano per presentare Roxas a tutto il gruppo. A quanto pareva, Axel era molto emozionato e ci teneva molto e anche se gli altri non erano molto entusiasti, dato che a portarlo dentro era Axel la cosa finiva per essere accettata. Saïx ascoltava con attenzione ogni dettaglio; per dire la verità, aveva sentito parlare di Roxas molto prima degli altri, l’aveva visto entrare in contatto con Axel e cominciare a frequentarlo sempre più assiduamente, vedendosi mettere sempre più da parte. Era da qualche mese ormai che Axel andava a trovarlo all’intervallo e gli mandava sms durante i compiti in classe. Se l’era proprio preso a cuore.

A quanto pareva, c’era qualche problema con i preparativi, ma Axel era tranquillo: si sarebbero trovati tutti fra pochi giorni alla festa organizzata dalla scuola. Si trattava di una festicciola nel pomeriggio per il pensionamento di un loro insegnante, Yen Sid.

“Ma quanti anni avrà, 307?”

“Chi lo ammazza, quello!”

Alla festicciola erano invitate le classi di Yen Sid, ma ovviamente gli altri avrebbero trovato il modo di imbucarsi.

“Speriamo che non succeda qualche guaio!” sogghignò Tidus. “Alla festa verrà di sicuro Xemnas, coi suoi compari!”

“Cosa, Xemnas?” si agitò Luxord. “E’ l’occasione buona per dargli una lezione. Axel e Xemnas non possono stare assieme nella stessa stanza.”

“Calma, calma!” li interruppe direttamente Axel. “Ho già risolto il problema: io non vengo.”

“Cosa?! No, Axel!”

“Ho già affidato a Dem l’organizzazione della serata. Mettetevi d’accordo con lui.”

“Come mai non vieni?”

“Mia madre rompe. Il giorno dopo ho l’interrogazione di biologia, se non sto a casa a studiare dice che mi bocciano.”

Saïx rimase a guardarlo, poi si alzò in piedi facendo finta di niente. Axel lo seguì con lo sguardo, incuriosito. “Cos’ha?” domandò a Luxord, che lo guardò intensamente e alzò le spalle.

 

Xemnas se ne stava appoggiato contro la parete dell’atrio, con in mano un bicchiere di gazzosa, beato, dopo essersi fatto a tempo di record un’abbuffata di patatine al formaggio scadenti.

La festicciola non era poi così male. C’erano decine di torte preconfezionate e i salatini erano buoni; perfino il professor Yen Sid si stava impegnando per non rovinare la festa, anche se non per questo si era risparmiato di rimproverare i suoi allievi sulla loro scarsa applicazione a scuola e i “nuovi pantaloni a vita bassa del duemila” (e chi glielo spiegava che il duemila era passato già da più di dieci anni?). In compenso gli studenti non se la prendevano particolarmente a male, scherzavano e scappavano ridendo, mentre gli altri professori lo commiseravano per dover sopportare ancora tali idiozie.

All’inizio Xemnas aveva avuto qualche dubbio se venire veramente o no, visto che non era sicuro di trovare qualcuno che conosceva, ma sembrava che le cose stessero andando per il meglio.

“Xemmy!” una ragazzina corse da lui, buttandogli le braccia al collo.

“Oh, ciao, Selphie” disse Xemnas, sospirando. La baciò e le mise un braccio attorno alle spalle. Avevano fatto pace, si erano messi d’accordo di trattarsi di nuovo come amici, ma ovviamente lei non poteva fare a meno di comportarsi come se nutrisse ancora qualche speranza. Ormai era abituato, però.

“Hai visto che bella festa è venuta fuori?” gli disse ridendo.

“Sì, proprio rilassante” poggiò il suo bicchiere di plastica su un davanzale vicino a lui e si stiracchiò, sorridendo come un gatto che facesse le fusa.

Lei scoppiò a ridere. “Si vede che te la stai proprio godendo, Xemmy!”

“Un po’ di riposo ci vuole!” Era anche una settimana che non toccava un libro, ma tant’era.

Selphie vicino a lui cominciò a scherzare chiassosamente, ma Xemnas aveva visto qualcuno che al momento gl’ispirava di più: dalla parte opposta dell’atrio, di fianco ai distributori automatici, allineato era poggiato alla parete una figura familiare: Saïx. Era contento di rivederlo, ormai la loro amicizia era diventata più stretta, e questo rendeva Xemnas decisamente soddisfatto. In più, quel pomeriggio il ragazzo coi capelli blu sfoggiava un sorriso pacifico, sembrava particolarmente tranquillo: si guardava attorno serenamente e ogni tanto si sfiorava una ciocca di capelli.

“Vado a salutare un amico” disse subito a Selphie. Sperava che non fosse lì da troppo tempo, altrimenti ci sarebbe potuto rimasto male perché non l’aveva salutato prima.

“Che bello, chi? Non sapevo che venissero gli altri” esclamò subito allegra. Voleva accompagnarlo.

“No, no, ehm… Sto via solo un attimo” mentì e si diresse verso Saïx.

“Non sarà ancora il tipo coi capelli blu e la cicatrice?” lo fermò Selphie, sospettosa. “Ti ho già avvertito, non è un bel giro da frequentare!”

Xemnas annuì a malapena, non aveva alcuna intenzione di darle retta e camminò deciso verso di lui. “Ehi, Saïx” lo salutò Xemnas con energia.

Saïx sembrava averlo visto solo adesso e la sua espressione parve oscurarsi leggermente. Non era un segnale incoraggiante, ma cercò di passarci sopra. “Xemnas! Anche tu qui. Yen Sid era tuo insegnante?”

Lui annuì, scuotendo le spalle. “Non certo il mio preferito, ma non avevo voglia di stare a casa a studiare. A lezione mi criticava sempre perché non ero attento e per i miei vestiti.” Afferrò la propria maglietta, a maniche lunghe color prugna, con sotto jeans scuri e stretti.

Saïx annuì, sorridendo divertito. “Io invece ho un altro prof, però sono venuto per un mio amico. Era il cocco di Yen Sid. Era lo stesso del libro che ti ho prestato, per intenderci.”

“Ah, sì” Xemnas era allietato dal ricordo, cominciò a guardarsi attorno alla ricerca di questo ragazzo. Saïx glielo indicò molto gentilmente: sembrava che le sue mani si fossero impiastricciate con del pomodoro. “Guarda, hai tutte le dita sporche” gli disse.

Saïx fu un po’ sorpreso e sorrise modesto. “Troppa pizza!”

Xemnas tornò a guardare il ragazzo indicatogli. Si vedeva che ormai faceva l’università, sembrava già vecchio, complici i lineamenti ossuti e i capelli chiari. In compenso, aveva due occhi verdi molto vivaci e parlava a briglia sciolta con un altro ragazzo di quelle che sembravano questioni serie. “Ah sì, lo conosco! Era il leader del gruppo degli sfigati” si voltò di nuovo, sorpreso “Eri loro amico?”

“Già, ehm…” Saïx sembrava un po’ disturbato che fossero stati appena insultati quelli che dopotutto erano i suoi amici anche se non andava a sbandierarlo in giro, e Xemnas sembrò aver intuito la sua gaffe. “Oh, ehm, mi dispiace…” –Oddio, avrei dovuto intuire che era un tipo sensibile!-

“Già, be’, non fa niente” si ritrasse subito Saïx, all’improvviso agitato.

“No, mi dispiace…” cercò di scusarsi Xemnas, ma ormai Saïx era livido.

“Ti giuro che non importa.”

“Davvero, se vuoi mi…”

“Scusami” disse all’improvviso una terza voce, interrompendoli, mentre Xemnas sentiva una mano posarsi sulla propria spalla. “Dovrei parlare un attimo col mio amico.”

Si voltò e vide che a dieci centimetri dalla sua faccia c’era Axel, che lo stava guardando ferocemente dritto negli occhi. All’improvviso nessuno stava parlando più. Avrebbe voluto rispondergli male e dirgli di andare da un’altra parte, ma Saïx si era irrigidito con le mani in tasca e sembrava non volersi tirare indietro. Realizzò che Saix si era mostrato così imbarazzato solo a causa di Axel, probabilmente non lo stava ascoltando un pezzo. “D’accordo, vi lascio soli” concluse deluso, allontanandosi. Sentiva qualcosa agitarsi dentro con rabbia, cercava di ascoltare lo stesso, anche se era da ficcanaso non gl’importava niente, doveva sapere qualcosa.

Appena futrono soli, Axel cominciò a parlare. “Uno di quinta mi ha detto che hanno combinato qualcosa di brutto. Dimmi che tu non c’entri” gli disse a bassa voce, nel tono da c’entri-di-sicuro.

Saïx distolse lo sguardo, seccato. “Che cosa c’entri tu! Non sei tenuto a sorvegliare su niente e di sicuro non a controllare me.”

“Non sai cosa dici!” lo guardò male Axel. “Chi altro può aiutarti, se non io?”

“Nessuno ti ha chiesto niente, valido paladino” fece una smorfia Saïx. “Fai come ti pare, ma non mi va che tu mi conceda con generosità un briciolo del tuo altruismo.”

“Benissimo, non perderò certo tempo a starti dietro! Non esisti solo tu!” fu la risposta secca di Axel.

In quel momento, si fece largo dall’altra parte della sala un ragazzino di seconda. Sembrava sconvolto. “A-aiuto! Un ragazzino, vicino alla scala! E’ stato picchiato!”

Saïx e Axel si scambiarono uno sguardo veloce. Saïx si diresse subito verso le porte della scuola, in direzione di Xemnas, uscì senza proferire parola e senza farsi notare; Axel invece andò verso il ragazzino che aveva fatto l’annuncio, che tanti studenti si erano girati a guardare sbalorditi. Notò che Xemnas lo stava ancora seguendo con gli occhi dopo aver assistito a tutto il loro dialogo, gli sorrise e gli disse: “Pensavi che fosse un santo, eh?” e subito dopo afferrò il ragazzino e lo fece sparire in un corridoio.

Nonostante tutto, Axel continua a coprire le spalle di Saix. E lui, nonostante Xemnas voglia avvicinarsi, rimane la persona che è, coi suoi limiti e i suoi dubbi.
Come reagiranno a tutto ciò i nostri personaggi?

Sono contenta per chiunque abbia anche solo letto e spero vi piaccia!

  
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