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Autore: pandamito    19/01/2015    5 recensioni
[ Future!Judith | Spoiler 5x08 | Ambientazione: ipotetico rifugio, probabilmente Alexandria | 2849 words ]
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«Quella non è roba per te, spaccaculi.»
La voce di Daryl alle sue spalla la fece sobbalzare. Lui attraversò la stanza a grandi falcate, raggiungendola e caricandosi la balestra in spalla.
Non sapeva esattamente da quanto fosse lì, se magari l’avesse udita e Judith lo guardò con una nota di frustrazione e prese a torturarsi le mani, con un’idea folle in mente, attendendo che in lei si facesse strada il coraggio di prender parola.
Prese un respiro profondo. «Voglio imparare a usare la balestra» confessò di getto, puntando gli occhi azzurri sul maggiore e cercando di tenergli testa.
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beth Greene, Daryl Dixon, Judith Grimes
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Quando chiudeva gli occhi, la notte, a volte la vedeva, a volte la sentiva, come se l’aiutasse a cullarsi per sprofondare in un sonno tranquillo e senza incubi, senza erranti; sogni fatti solo di cose belle, di suo padre, suo fratello, Michonne e tutta la sua famiglia.
Cantava, cantava, cantava e Judith non voleva mai svegliarsi, voleva restare lì ad ascoltarla per ore e ore o forse per sempre.
Ma quando provava a mettere a fuoco il suo volto, non ci riusciva, talvolta si svegliava o il viso rimaneva solamente una chiazza sfocata. Le poche cose che riusciva a vedere le aveva imparate a memoria: capelli biondi come il sole pallido che combatte contro le nuvole, tirati in alto in una coda di cavallo, due occhi azzurro cielo e qualcosa che somigliava a un sorriso. Ma era la sua voce che Judith conosceva in ogni sua piccola sfumatura.
Lei l’aveva sentita, lei l’aveva vista da qualche parte, ma non sapeva dove, eppure quella donna che la faceva sentire così bene nel sonno le sembrava così familiare…
Allungò una mano e con le dita sfiorò la superficie nera e lucida del pianoforte nella stanza.
La sua espressione si corrucciò e si tastò i polpastrelli: non un filo di polvere.
Daryl non le era mai sembrato il tipo da pulire e fare le faccende come una perfetta casalinga ed era sicura che non lo fosse, ma mentre il resto della sua casa era un ammucchiarsi di cose su cose sparpagliate qua e là nel disordine, il pianoforte della sala sembrava l’unica cosa immacolata in quella casa. Judith si chiedeva il perché, visto che non sapeva neanche se Daryl sapesse suonare, visto che non l’aveva mai visto farlo. Ogni volta che andava a casa sua, Judith veniva attratta dal pianoforte attaccato alla parete, ma non si era mai soffermata a notare quei piccoli dettagli.
Sollevò il coperchio con cura e premette uno dei tasti bianchi all’inizio; ne uscì un suono grave, che si disperse in un eco per qualche istante. Poi un altro e un altro e un altro… Judith non sapeva suonare e non premeva i tasti con una logica precisa, né sapendo che suono ne sarebbe uscito. Pigiava e basta, ispirata solamente dalla voglia di provarlo, di sentire la musica fuoriuscire dalle corde, mormorando un motivetto che aveva in testa, quello che le cantava sempre la donna dei suoi sogni, cercando di trovare le note che corrispondessero a quelle della canzone.
Non ci riusciva spesso, ma talvolta sembrava azzeccare un paio di note esatte tra molte altre senza continuità.
«When I see the price that you pay, I don’t wanna grow up» canticchiò piano, cercando di ricordare le parole. «I don’t ever wanna be that way, I don’t wanna grow up
Il suo sguardo si spostò e si fermò improvvisamente notando la balestra di Daryl poggiata sopra il pianoforte. Di solito non se ne separava mai; anche se oramai era lontano il tempo in cui dovevano vivere con le armi sotto mano e sempre pronti al pericolo, anche lì al rifugio solitamente giravano almeno con un coltello. Forse era abitudine, ma la maggior parte col tempo aveva abbandonato i vecchi stili di vita e si era abituata alla tranquillità, alla salvezza.
Ma Daryl non si fidava mai abbastanza da lasciare la sua balestra incustodita.
Judith tese una mano e la sfiorò, desiderando di poterla impugnare, andare in mezzo ai boschi a caccia e riportare qualche bottino di guerra che tutti avrebbero acclamato, elogiandola.
«Quella non è roba per te, spaccaculi.»
La voce di Daryl alle sue spalla la fece sobbalzare. Lui attraversò la stanza a grandi falcate, raggiungendola e caricandosi la balestra in spalla.
Non sapeva esattamente da quanto fosse lì, se magari l’avesse udita e Judith lo guardò con una nota di frustrazione e prese a torturarsi le mani, con un’idea folle in mente, attendendo che in lei si facesse strada il coraggio di prender parola.
Prese un respiro profondo. «Voglio imparare a usare la balestra» confessò di getto, puntando gli occhi azzurri sul maggiore e cercando di tenergli testa. Il capo di Daryl si voltò lentamente, studiandola attentamente. Judith sentiva il peso di quelle iridi blu su di lei e la mettevano terribilmente sotto pressione. Doveva dire qualcosa o sarebbe scoppiata per l’agitazione.
Ma prima che riuscisse ad aprir bocca, Daryl la precedette. Era stato un’infinità a fissarla con uno sguardo indecifrabile, come se la minore avesse detto la peggiore delle calunnie. Judith non capiva, ma percepiva che qualcosa non andava nelle sue parole.
Daryl grugnì come suo solito, spostando lo sguardo altrove, lontano da lei. «E perché mai?»
Judith alzò un sopracciglio e incrociò le braccia al petto; la risposta le sembrava lampante e si sentiva quasi offesa da quella domanda, si sentiva un po’ screditata e non importava se fosse intenzione o no del maggiore di farla sentire così. «Per cacciare, mi pare ovvio.»
Lo sguardo di Daryl tornò lentamente a posarsi sulla bionda e la scrutò nuovamente da capo a piedi. C’era determinazione in lei, c’era la voglia di rendersi utile, di cambiare, di vivere. E i suoi lunghi e lisci capelli biondi non aiutavano, né i suoi grandi occhi azzurri e né la sua pelle chiara o il suo fisico gracile e non ancora ben formato.
Judith sentiva ancora l’agitazione che le faceva seccare la gola, ma ora più che determinazione sul suo viso cercava di nascondere l’espressione di sorpresa, perché Daryl Dixon non la stava guardando più con una palpabile tensione, bensì con nostalgia, con tristezza. E non ricordava di aver mai visto Daryl Dixon triste; frustrato sì, dispiaciuto forse, ma quella tristezza era diversa, era vera.
Daryl mugugnò, riflettendo su chissà cosa a parer di Judith; ricordi belli di un tempo lontano, ricordi che l’avevano cambiato ma che gli provocavano sempre un’infinita tristezza quando si decidevano a tornare a galla. Avanzò di qualche passo verso di lei, fino a tastarle un esile braccio con la sua mano grande e ruvida. Il pollice toccava le altre dita per quanto fosse piccola in confronto a lui.
«Magari quando peserai finalmente più della balestra» disse prendendola in giro, lasciando andare la presa.
Judith sbuffò, contrariata, ma sapeva perfettamente che nel provare a tirare una freccia con quella balestra sarebbe finita col sedere a terra senza catturare neanche uno scoiattolo.
Daryl si allontanò per andare a finire la borsa da portarsi a caccia, mentre Judith riprese a osservare il pianoforte, accarezzando la superficie liscia e lucida. Pigiò un tasto, grave, che echeggiò che qualche attimo. Voltò il capo verso il maggiore e lui si era fermato, la stava fissando duramente, si era irrigidito e dal suo sguardo la bionda capì che non gli faceva molto piacere vedere qualcuno toccare lo strumento a corde.
Si sentì a disagio e si portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Prese a giocherellare con le proprie dita per allentare la tensione che stava accumulando e abbassò il capo.
Aveva sempre pensato che Daryl fosse una brava persona, non ne aveva mai dubitato, visto che cercava spesso di salvarla così come tutti gli altri e le piaceva quando scherzavano assieme, addirittura quando si prendevano in giro. Judith non si era mai fatta problemi di fronte a nessuno col suo essere curiosa e invadente, anche se sapeva quando era il momento di fermarsi e aveva questa specie di sesto senso nel riconoscere le persone buone da quelle malintenzionate. Eppure, sebbene solitamente cercava di spronare Daryl a parlare quando comunicava solo con dei versi, ora le sembrava che tutto ciò che diceva fosse sbagliato e che lo infastidisse. E si sentiva a disagio come lo era in sole rare occasioni.
«Vorrei imparare a suonare il piano» ciò che doveva essere una confessione suonò più come una giustificazione.
Daryl tornò a finire la borsa, distogliendo lo sguardo da lei. «Vuoi un po’ troppe cose, spaccaculi.» Judith alzò finalmente lo sguardo, ma Daryl le rivolse solo una breve occhiata con la coda dell’occhio, concentrandosi sulla propria borsa e assicurandosi di chiuderla per bene. Scrollò le spalle. «Non sono mai stato bravo in queste cose. Suonare, cantare, insomma. Non fanno per me.»
La minore alzò un sopracciglio, curiosa. La situazione le sembrava un po’ un controsenso. «E allora perché hai un piano a casa?»
Daryl le lanciò di nuovo una breve occhiata e poi scrollò le spalle come suo solito. «Mi piacciono.»
Judith continuò ad osservarlo e Daryl sentiva il peso delle sue iridi azzurre su di lui, ma finì di assestare la borsa e poi si allontanò dal tavolo, facendo  qualche passo verso il piano accanto a lei, ma tenendosi a distanza per osservare come apparisse giusta e normale la visione di quella ragazzina di fianco allo strumento.
Il maggiore con un gesto della mano indicò disinvoltamente il pianoforte. «Canta, se vuoi.»
Judith seguì la mano con lo sguardo e alzò un sopracciglio. «Mi stavi origliando?»
Daryl brontolò, forse un po’ in imbarazzo da quella situazione non essendo mai stato bravo a rapportarsi con la gente o quando si trattava di sentimenti ed essere gentili, non si sentiva mai a suo agio. Ma Judith capì e ciò non poté fermare il piccolo sorriso che affiorò sulle sue labbra.
Si sedette sullo sgabello di fronte al pianoforte, ma gli diede le spalle, rivolgendosi invece verso l’uomo. «Non ti facevo tipo da… insomma, sembri più un motociclista fissato con l’heavy metal.»
«Heavy metal, eh?» Daryl fece una smorfia divertita. Judith alzò le spalle, sorridendo spensierata, mentre l’altro si allontanò per prendere la giacca. Scrollò il capo, noncurante. «Quando la cantante è brava…»
La sua breve occhiata in direzione della minore, fece allargare il sorriso di Judith, compiaciuta. «Quello era un complimento, signor Dixon?» chiese, cercando di metterlo in imbarazzo. Ma il corpo di Daryl s’irrigidì nuovamente e lo sguardo blu dell’uomo divenne nuovamente duro e distaccato, rivolto a qualche pensiero lontano da quel momento, che la minore non poteva comprendere. Il suo sorriso si spense, sentendosi in colpa. «Ho detto qualcosa di male?»
Daryl strabuzzò gli occhi per qualche istante, ritornando anche con la mente in quella stanza e poi scosse la testa, tentando di porre fine alla conversazione senza l’uso delle parole.
Judith si sentiva ancora un po’ a disagio e finse d’interessarsi alle proprie scarpe, per poi iniziare a cantare, allontanando la tensione. Chiuse gli occhi e fece riaffiorare il suo sogno, il suo ricordo. La figura bionda la cullava e le labbra di Judith si mossero appena la donna prese a cantare nella sua testa.
«I’m lyin’ in my bed at night, I don’t wanna grow up. Nothin’ ever seems to turn out right, I don’t wanna grow up.» Daryl si infilò la giacca e si sistemò la balestra a tracolla. «How do you move in a world of fog that’s always changing things. Makes me wish that I could be a dog…»
Lui l’ascoltava, le dava le spalle perché preferiva non guardarla, perché sarebbe stato troppo difficile ricordare, ma quella voce acuta e dolce non poteva non riportarlo anni indietro nel tempo, quando avevano trovato la prigione ed erano tutti intorno a un fuoco all’aperto, quando il Governatore non sembrava intenzionato a lasciarli in pace e la tensione si faceva sempre più intensa, quando passeggiava tranquillamente per i corridoi e c’era lei con Judith tra le braccia che non voleva addormentarsi, quando erano rimasti solo loro due in quella casa funeraria e c’era quel bel pianoforte che le piaceva tanto suonare così come a lui piaceva ascoltarla e osservarla disteso in quella bara.
A quell’ultimo verso, Daryl non riuscì a trattenere una smorfia, che apparve più come una piccola risata di scherno.
Judith si fermò. «Che c’è?» chiese, curiosa.
Daryl si voltò, tornando verso il tavolo con lo zaino. «Un cane?» disse, scettico.
Judith fece spallucce. «Così fa la canzone.»
«Non ti piacerebbe» brontolò.
«Perché?» domandò la bionda, un po’ divertita. «Farei meno la schizzinosa sul cibo.»
«Saresti il cibo, probabilmente. E saresti anche più stupida» le fece notare. «Chi diavolo te l’ha insegnata?»
La minore si sporse un po’ in avanti, appoggiando i gomiti sulle gambe. «C’è…» iniziò, mordendosi le labbra. Daryl la stava guardando incuriosito, ma lei voleva continuare. «C’è questo sogno che faccio continuamente e c’è… c’è questa donna o ragazza bionda coi capelli legati che mi sorride. Ha tipo gli occhi azzurri e… non so, penso di essere piccola nel sogno, perché è come se mi cullasse. E canta questa canzone. A volte ne canta altre, ma questa più di tutte.»
Era dolce e quando le appariva in sogno, Judith provava sempre una piacevole sensazione di calore, si sentiva protetta e in quei momenti non riusciva a pensare che sarebbe potuto accadere nulla di male. Si addormentava col desiderio di rivederla, la faceva sentire bene, l’avrebbe voluta accanto a sé e quella sensazione che provava era quella più vicina alla concezione di mamma che Judith avesse.
Daryl si irrigidì nuovamente e la minore lo notò. La mascella era serrata, il respiro si era fatto più pesante, lo sguardo di nuovo cupo, i pugni stretti lungo i fianchi e la mente lontana da quel luogo, pensieri a cui lei non poteva accedere.
Picchiettò con le dita sullo sgabello, un po’ in imbarazzo nel rivelare per la prima volta quel ricordo – perché era convinta che non fosse solo un semplice sogno – che le sembrava così intimo.
«Pensi che sia la mia mamma?» La domanda uscì dalle sue labbra di getto e nello stesso istante le sue guance si imporporarono e sfoggiò un sorriso timoroso. Daryl la osservò senza sapere cosa dire, come al suo solito, mentre parole e pensieri si intrecciavano nella sua mente e Judith sapeva che stava riflettendo, ma odiava non sapere cosa passasse per la testa del maggiore, a volte era stancante leggerlo attraverso i piccoli gesti e i versi, sebbene oramai ci avesse fatto l’abitudine: Daryl Dixon era così e l’aveva accettato da una vita. Ruppe il silenzio con una piccola risata, più verso se stessa. «È stupido, lo so. Carl mi ha detto che mamma è morta partorendomi, quindi non può essere lei. Però pensavo, sai, che magari è solo la mia immaginazione.»
«No» stavolta la voce di Daryl fu udibile quasi subito, sebbene fosse un’unica sillaba, Judith ne rimase comunque sorpresa.
Non sapeva per cosa lo stesse dicendo esattamente, se intendeva che non si era immaginata nulla, che quella ragazza era realmente esistita, l’aveva cullata tra le sue braccia e le aveva dedicato tutte le canzoni che conosceva, o se voleva dirle la verità e cioè che quella non era sua madre, Lori non l’aveva mai vista, ma quella giovane donna coi capelli biondi raccolti in una coda, gli occhi azzurri e il sorriso gentile si era comportata come una madre per lei, l’aveva sfamata e cresciuta fin quando aveva potuto e nel migliore dei modi.
Gli occhi azzurri di Judith si incontrarono con quelli più scuri di Daryl, ma lui abbassò il capo, non reggendone il peso. «No, non è tua madre.»
«Oh.» Anche la bionda distolse lo sguardo, un po’ abbattuta. «Sì, lo immaginavo.»
Un brivido percorse il corpo del maggiore. Ricordò la piccola cucina piena di provviste, il tavolo imbandito di zamponi, gelatina e burro d’arachidi per cena, la sua voce dolce, i suoi sorrisi gentili e poi il suo sguardo pieno di sorpresa e i suoi occhi, i suoi occhi azzurri che lo fissavano così come lui non riusciva a smettere di fissare lei.
«Si chiamava Beth.» Il nome sembrava echeggiare nella stanza, o forse era solo nella sua testa, ma rimbombava e rimbombava e gli faceva sempre più male ogni secondo che il silenzio persisteva fra loro due. «E ti voleva bene» aggiunse.
Judith non sapeva cosa dire. Si chiedeva semplicemente chi fosse Beth, che cosa avesse fatto, che cosa avesse significato, ma non se la sentiva di chiedere se le volesse bene, perché era semplicemente una domanda stupida. Daryl le aveva voluto bene e probabilmente anche gli altri, perché aveva fatto parte del gruppo, aveva fatto parte della loro famiglia.
Fu Daryl a prendere l’iniziativa, salvandola da quel silenzio imbarazzante; afferrò lo zaino e se lo mise in spalla, poi avanzò di qualche passo e fece un gesto verso il pianoforte.
«Magari quando ritorno troviamo qualcuno che possa insegnarti a suonare quel maledetto coso.»
Judith lanciò un’occhiata dietro di sé, verso lo strumento, e poi sorrise dolcemente. Si alzò e andò ad abbracciare l’uomo, poggiando la testa sul suo petto, mentre Daryl le sfiorava la schiena con una mano. L’abbraccio durò poco, perché Judith sapeva che l’altro si sarebbe sentito a disagio.
«Torna presto.»
Daryl le scompigliò i capelli, divertito. «Mi pregherai di star via più giorni quando vedrai il bel cervo che ti riporterò.» Judith sorrise, fingendosi infastidita, e poi si aggiustò le ciocche di capelli dietro le orecchie, seguendo il maggiore fuori dalla porta. «E fila dritto a casa invece di andare a rompere alla gente in giro» l’avvertì.
La bionda rise, alzando gli occhi al cielo. «Va bene, signor Dixon.»
E lo salutò agitando la mano, mentre il balestriere si dirigeva verso i cancelli del rifugio.
 
 
 
 
 
 

 
P A N D A BITCH.
Buonasera (Mito, ma è giorno) signore e signori a una nuova puntata di Cotto & Ma-
Ok, la verità è che non so cucinare, quindi andiamo avanti.
Ora farò un elenco puntato con le precisazioni che mi vengono in mente giusto perché mi va.
  • Viene detto che il colore dei capelli di Judith è il biondo e in effetti è vero, ma non è un biondo tipo Beth, bensì un biondo scuro, più simile ai capelli di Rick, per intenderci, perché sono dell'opinione che Judith sia una di quelle bambine che nascono bionde ma che si scuriscono col tempo. Ma di fatti per me Judith è figlia di Rick e basta, ciao. Solo che non mi piaceva descriverli nel contesto, mi sembrava stonasse, quindi ho preferito mettere questa nota e basta
  • Daryl dovrebbe avere tipo cinquant'anni o forse più, non so nemmeno io quanti anni di preciso sono passati, ma ho immaginato tipo più di una decina. In pratica abbiamo una Judith adolescente e fine, ma più piccola rispetto a Beth.
  • Daryl è praticamente morto in questa one-shot. Sicuramente non sono riuscita a descriverlo bene, ma Judith senza volerlo ha richiamato molte azioni compiute da Beth involontariamente. Questi parallel ovviamente sono stati fatti apposta, ma ce li vedo molto nel carattere che io ho in mente di Judith, perché lei rappresenta la speranza per il nuovo mondo e incosciamente potrebbe avere molti aspetti simili a quelli di Beth perché, anche se non si ricorda di lei in quanto piccolissima quando purtroppo c'è stata Coda........ comunque i ricordi di Beth sono intrappolati nel suo subconscio e avrebbero potuto influenzarla. 
  • La canzone che canta Judith è I Don't Wanna Grow Up di Tom Waits (e spero di aver scritto bene il nome dell'autore) che sarebbe proprio una canzone che Beth canta a Judith come ninna nanna nella... terza? Quarta stagione? Sì, insomma, la puntata dove poi Judith le vomita addosso e Michonne si mette a piangere, per intende- ........... Oddio ma forse quella canzone non piaceva così tanto a Judith se le ha vomitato addosso............ E va Beth. [cit.]
Ritengo comunque che Beth Greene sia il personaggio con più spoiler del mondo visto che in ogni scena in cui ha qualche battuta c'è uno spoiler della sua morte. Ma io boh. Ma cosa ti canti le canzoni sui cani?
Detto questo, ringrazio la mia Ivola come al solito che mi ha betato e per eventuali chiarimenti chiedete pure che sicuramente mi sono dimenticata di scrivere il mondo.
Se volete seguite i miei aggiornamenti o fangirlare e piangere con me, potete mettere mi piace alla mia pagina facebook, seguirmi su twitter, o su tumblr, o sul mio secondo tumblr, e se vi piacciono The Maze Runner e i Libri dell'Inizio, ho pagine facebook pure per loro due.
Baci e panda, i t o.
   
 
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