«Ivan,
svegliati».
Sono le cinque del mattino quando la voce stridula di
Max si infila con prepotenza nelle mie orecchie, dimostrandosi
più
fastidioso del normale. Da bravo dormiglione mi giro dall'altra parte
per ignorarlo, ma il rosso mi afferra la maglia e mi scuote con una
certa violenza.
«Ivan, che diavolo. Basta dormire pelandrone,
devi venire a vedere subito!» continua lui senza nascondere
le sue
emozioni, mi costringe a spalancare le palpebre.
Anche se
assonnati i miei occhi si spostano sulla figura esile e gracile di
Max, nascosta sotto i tipici indumenti da carcerato, la cui pelle
lattea entra in sintonia con la lunga cascata rossa che gli
incornicia i tratti marcati del viso. Un dettaglio improvviso mi
prende alla sprovvista, vale a dire l'espressione disperata del mio
compagno di cella.
«Maxie ma insomma! Sono le cinque del mattino,
cosa vuoi adesso?!».
«Shh! Non urlare troppo o svegli
Giovanni...».
«Ah sì, Giovanni...» sospiro e faccio
scorrere
una mano sulla barba che ricopre il mio volto mascolino, sono
talmente abituato a vivere in quel minuscolo spazio vitale che mi
dimentico di essere costretto in un carcere d'alta sicurezza.
È
strano un destino così bizzarro per un uomo che un tempo era
il capo
del Team Idro ma, da quando il progetto dell'espansione del mare
è
andato in fumo a causa di due marmocchi usciti da chissà
dove, la
polizia di Hoenn ha preveduto il nostro piano di fuga e siamo finiti
in manette. Durante l'udienza il Giudice ha deciso di isolarmi in
questa prigione, grazie all'intervento di Max si è
trasformata nella
mia nuova casa e non mi è rimasto niente per le mani, solo
un letto
in cui dormire la notte.
Non sono più un uomo libero di un tempo,
ma un elemento pericoloso. Se solo le cose fossero andate
diversamente...
«Mi senti Ivan?!».
«Uhm sì...Perché mi hai
svegliato con così tanta insistenza? Il nerd qui accanto si
è
suicidato?».
«Smettila di parlare così e ascoltami!»
gracchia
Max infuriato e si porta le braccia al petto per osservarmi con
un'espressione piena di rimprovero, non ha mai digerito il modo
scorretto con cui canzono Cyrus, il Leader del Team Galassia.
«Stamani le guardie hanno rinchiuso due nuovi soggetti, anche
loro
hanno fatto parte di una banda di scagnozzi come noi. Provengono da
Unima».
«Unima?».
Alla notizia sento l'ansia prendere il
controllo delle mie azioni e, sceso dal letto con un balzo, indosso i
pantaloni per attaccarmi alle sbarre di ferro e vedere ciò
che
succede lì fuori, oppure per conoscere direttamente i nuovi
personaggi, i quali avranno la possibilità di condizionare
le mie
giornate da galeotto. Dietro alle mie spalle c'è Max, non la
pianta
di urlare offese di ogni forma e genere, tenta invano di trascinarmi
via perché giudica il mio come un gesto scortese. Non
è mia
intenzione quella di lasciarmi condizionare dalle volontà
del mio
rivale, procedo indisturbato con l'osservazione della cella opposta
alla nostra: appoggiato alla parete c'è un uomo dall'aria
giovane e
dal fisico slanciato, possiede dei capelli corti e biondi ma che
sembrano morbidi al tatto però, sull'angolo destro della
fronte,
parte uno strano ciuffo azzurro dalla forma circolare che gli ruota
attorno alla testa; i suoi occhi mi colpiscono nel profondo, gialli
come quelli di un felino e costretti dietro a un paio di occhiali
dalla montatura fine. Deve essere uno scienziato, non ci sono
dubbi.
Arriccio il naso in una smorfia quasi disgustata,
preferisco stare alla larga dagli intellettuali. Quando mi sto per
voltare verso Max per dargli un cazzotto sulla testa, mi rendo conto
del secondo carcerato, molto più inquietante e misterioso
rispetto
allo studioso. Si tratta di un uomo che sfiorerà come minimo
la
sessantina d'anni, forse fa concorrenza a Giovanni che fino ad oggi
abbiamo considerato come il più vecchio del gruppo; i suoi
capelli
sono di un verde abbastanza sbiadito ma decorati da due ciuffi
laterali e uno sopra alla fronte, assomigliano a un trio sconnesso di
corna che lo avvicinano alla figura di un vero diavolo. L'individuo
in questione è seduto sopra al letto, non riesco a
inquadrarlo come
vorrei, ma sono sicuro di aver intravisto delle pupille rossicce
sotto due sopracciglia piuttosto folte, con uno strano oggetto che
gli nasconde l'occhio sinistro. È una specie di monocolo, ma
quella
forma talmente assurda mi permette di fantasticare sugli utilizzi
più
bizzarri.
Chissà
a cosa serve!
«Hai
finito di tenere gli occhi appiccicati a quei due? Non sono dei
fenomeni da baraccone Ivan, quindi porta un po' di rispetto nei
confronti dei nostri nuovi compagni...» parlotta Max che non
si è
mai smosso, invogliandomi a fare ritorno alla realtà.
«Sì...»
non commento con altro, troppo distratto dalla mia mente che
partorisce i pensieri più malsani o macabri, quella visione
continua
a turbarmi. E io che credevo di poter schiacciare qualsiasi
personaggio strambo con i miei modi di fare pirateschi, Max
compreso.
«Ivan
tutto bene? Hai una brutta cera...».
«Sì
sto bene, grazie per l'interessamento Max».
«Quando
ti sei svegliato non eri così, non dirmi che hai paura dei
nuovi
arrivati» mi canzona con una delle sue risatine, sono odiose
ma sono
troppo occupato a sedermi sul letto per seguire il suo discorso.
«Non
ho paura Max, ho solo notato che in loro c'è qualcosa che
non va e
questo non mi piace».
«Ehi
anche loro provengono da un Team di cattivoni e hanno provato a
conquistare la regione da cui provengono, che cosa ti aspettavi?
Abbracci e baci per caso?».
«Beh
no...Ma almeno sarebbe stato meglio».
La
vita da carcerato non fa al caso mio, non ho hobby con cui distrarre
la mente, non mi sono mai interessati ma dentro a un angolo
claustrofobico sento il bisogno di fare qualcosa di costruttivo, devo
divertirmi per cancellare i dettagli aspri che caratterizzano la mia
nuova realtà. Da quando sono arrivato sono stato separato
dalla mia
squadra di Pokémon e, ciò che mi ha distrutto,
è l'idea di non
poter più vedere il mare. Eppure mi trovo in una struttura
costruita
in mezzo alle acque salmastre, posso sentirlo ma non toccarlo. E
ciò
mi fa salire la nausea ogni volta che ci rifletto sopra, questo
è un
vero spregio.
Non
sono come Max, che è rimasto a stretto contatto con
ciò che fa
parte del suo ambiente, cioè la terra. Durante la notte mi
affaccio
alla finestra della cella, da questa postazione posso ammirare
indisturbato la tavola azzurra e sconfinata fino alle prime luci
dell'alba oppure, quando noi detenuti lasciamo i lavori forzati per
godere dell'unica ora a contatto con l'esterno, mi isolo dal resto
del gruppo e mi fermo davanti alla parte più estrema delle
mura per
poter udire il dolce rumore delle onde che si infrangevano contro gli
scogli, per verificare se la brezza marina è in grado di
accarezzarmi ancora una volta il viso. Ma ciò è
impossibile da
realizzare, percepisco a malapena l'odore della salsedine e se sono
fortunato mi lascio cullare dai versi acuti degli Wingull selvatici.
E
basta.
Sono
sulla via giusta per diventare pazzo, me lo sento.
Ma
non è il momento adatto per rimuginare sulla mia nostalgia
nei
confronti del mare, sono ore che sto seduto sul materasso del letto
per alzare i pesi all'infinito con la mano sinistra, nell'altra
trattengo l'ennesimo mozzicone di una sigaretta che fumo quando mi
stanco. Questo vizio l'ho incrociato per puro errore nei periodi
passati a stringere amicizia con gli altri carcerati, i quali sono
sempre stati abili nel passarmi oggetti particolari come bottiglie di
birra, sigarette o qualche giornale pieno di foto di donne nude, un
po' come mi succedeva negli anni passati al liceo. Ma non sempre ho
la sigaretta accesa, in quest'occasione fumo di sgamo solo
perché
Max è nel letto di sopra per rilassarsi con uno dei suoi
sonnellini
pomeridiani, non sopporta l'odore acre delle sigarette quindi mi
impegno a non disturbarlo o esagera come al suo solito. Spesso mi
incita a smettere ma non l'ascolto, nnon mi sono mai preso il
disturbo di ascoltare i consigli del mio rivale, ecco come mai siamo
finiti nell'imboscata organizzata dalle autorità. Lui mi ha
consigliato di prendere una strada più complessa, ma io
preso dal
panico ho preferito soffermarmi sulla via più facile ma
prevedibile
così, grazie a una litigata quasi interminabile, la polizia
è
riuscita a prenderci con le mani nel sacco.
Che
sciocca figura, per due Leader come noi!
Quando
l'abbiamo raccontato a Giovanni, non la smetteva più di
ridere.
Già,
Giovanni: colui che ha fatto tremare due regioni grazie al suo Team,
un uomo dalle larghe vedute che ammiro fin da ragazzino, anche se non
è il massimo come vicino di cella. Nonostante le vesti da
carcerato
che è costretto a indossare dimostra di essere ancora un
uomo
portato per gli affari più piccanti ma, particolare che
sicuramente
non va dimenticato, è che le sentinelle l'hanno limitato
dentro una
cella che non può condividere con nessuno visto che, insieme
al Nerd
che affianca la nostra, è considerato come un elemento molto
più
pericoloso rispetto a me e Max. Nelle ore che passa dietro alle
sbarre sembra un tipo fragile che si diverte a osservare gli episodi
che gli accadono attorno ma, quando ci sono i lavori forzati oppure
è
il momento dell'ora d'aria, Giovanni si cimenta in giochi d'azzardo
in cui vince sempre e sottrae i pochi averi posseduti dal prossimo.
È
un colosso della criminalità anche se sta invecchiando a
vista
d'occhio, eppure ha lo charme giusto per tenere testa ai più
giovani.
Giovanni
non è mai riuscito a farmi paura, in passato ho preso parte
a
qualche suo sporco piano e lo troverei simpatico se non ricoprisse
sia me che Max con gli insulti. Ma almeno godiamo della sua
protezione, mi basta sapere che Max è al sicuro quindi
lascio che la
gente creda a fandonie simili.
«Ivan
stai ancora fumando?».
«Ben
svegliato Max...Comunque non vedo perché dovrei
nascondertelo. Sai
già come la penso e non voglio rotture di scatole attorno.
Non
usciremo mai vivi da questa cella, almeno fammi godere di alcuni
aspetti della vita e...».
«Bel
modo per definire il fumo, eppure ti danneggia e basta»
borbotta Max
da sopra il letto, furioso nell'avermi beccato con la sigaretta in
mano. Sono pronto a dire qualcosa per replicare e far esplodere
l'ennesima lite ma, la sua ultima mossa, riesce a strapparmi un
sorrisetto. Si affaccia dal piano di sopra per guardarmi con la sua
solita espressione di rimprovero solo che, nel farlo, rimane con la
testa capovolta e quella posizione lascia svolazzare da una parta
all'altra la fluente chioma rossa. È davvero carino ma non
è il
momento giusto per sottolinearlo ad alta voce, è furioso con
me e
non si è reso conto che gli occhiali sono scivolati dal
naso,
possono cadere in terra quando meno se l'aspetta. I miei riflessi
pronti saranno utili a qualcosa...Spero. «Smettila di
tormentarmi
testone rosso, sei stressante quando ti ci metti di impegno».
«Sei
tu che dovresti darmi ascolto ogni tanto, brutto scaricatore di porto che non sei
altro. Disobbedici in continuazione e ciò ti rende un
pessimo
compagno di cella Ivan! Lo sai che il tuo fumo danneggia anche i miei
polmoni?! Non voglio morire di cancro solo perché te vuoi
goderti
alcuni aspetti della vita e...».
Non
è divertente ascoltare le sue polemiche...
Non
ce l'ho fatta.
Mi
avvicino alle sue labbra con le mie, scioccandogli un veloce bacio a
stampo e ciò lo ammutolisce per almeno cinque minuti.
Diventa
rosso come i suoi capelli, agita le braccia come se fosse un cucciolo
di Litleo pronto a giocare insieme al padrone. A momenti crolla di
sotto, ma io non lo perdo mai di vista. Pronto a proteggerlo dalle
cadute goffe, non si farà mai del male se ci sono io al suo
fianco.
«PUZZI DI FUMO, CHE SCHIFO!».
E
di nuovo parte l'ennesima bisticcio da coppia sposata, in sottofondo
ci sono le risatine becere di Giovanni. La porta principale si apre e
si presentano le sentinelle con in mano la cena, nelle ore serali
siamo isolati dal resto del carcere, non possiamo partecipare al
pasto come gli altri detenuti e ci portano le razioni direttamente in
cella.
Vita
da leoni, la nostra.
Solitamente
le guardie mettono i piatti attraverso le sbarre così da non
aprire
la porta, solo in una qualcuno si prende l'impegno di entrare senza
rischiare. Si tratta di quella a fianco la nostra, appartiene a
Cyrus, il cattivone che è stato arrestato dopo di noi.
Sappiamo
molto poco sul suo conto, è l'unico che in anni di
“vicinato”
non ha mai spicciato parola eppure gli ho sempre dato del filo da
torcere con battutine o spregi vari, quello che basta per vedere il
modo in cui reagisce; ma non si ha mai aperto bocca e si limita a
stare in un angolo della cella per fissare un punto vuoto con quegli
occhi scavati, apatici, come se fossero privi di un'anima. Il giorno
dorme beatamente nel letto ma, di notte, ecco che si mette in moto
per costruire non so cosa. Le sue intenzioni sono ancora avvolte dal
mistero, ma da alcune occhiate capisco che non gradisce la presenza
di noi Leader.
Quel
personaggio mi mette i brividi, più dei tizi che ho visto
questa
mattina. Max, che sa sempre tutto su tutti, dice che Cyrus ha goduto
dello stesso privilegio di Giovanni perché considerato
instabile a
livelli mentali.
Uno
psicopatico come vicino di cella, non potevo chiedere di meglio.
Il
tramonto si avvicina, un'altra giornata è quasi giunta al
termine.
Per fortuna?
Sono
vicino nel lavello posto nella parte più appartata della
cella,
davanti ho uno specchio fissato al muro e mi lavo i denti per
cancellare il sapore amaro lasciato dalla cena.
«Hai
finito Ivan?».
«Un
momento Max, non mi manca molto, poi ci puoi passare tutto il tempo
che vuoi».
«Meglio
per te e, mi raccomando, lava per bene quei denti da squalo».
Dire
che ho i nervi d'acciaio è poco, Max non perde occasione per
riempirmi di frecciatine o offese. Se uscirò da questo
microbo di
prigione, qualcuno mi farà santo. «Mh,
mh».
«Sei
molto silenzioso Ivan, che ti è successo? Sei ancora
preoccupato per
i nuovi arrivati? Nel pomeriggio Giovanni ha attaccato bottone con
Acromio, lo scienziato, sembra un tipetto abbastanza delizioso e ben
istruito. Secondo te mi vorrà come amico?».
«Penso
di sì».
«Secondo
me andrai molto d'accordo con il suo compagno di cella, Ghecis!
Dovresti imparare a conoscerlo, ho sentito dire che anche lui
è a
capitano di un'enorme nave. Forse è un pirata proprio come
te!».
Non
riesco a non voltarmi nel sentire parlare di navi, osservo Max per
verificare se ciò è una bugia oppure no.
Quell'uomo anziano, un
pirata?
Non
può essere vero. No, no.
I
soggetti che spuntano fuori da Unima sono davvero strani, è
una
regione di cui avevamo solo sentito parlare e non l'ho ancora
inquadrata come si deve. Se un giorno sarò libero ci
farò un bel
viaggio, sono curioso di vedere i Pokémon che la popolano,
ma ciò è
un sogno irrealizzabile. «Domani ci parlo durante l'ora
d'aria, poi
vediamo ciò che salta fuori».
«Bravo
Ivan, così mi piaci!».
Max
mi guarda per un paio di minuti, preferisce pensare all'igiene
personale che continuare il discorso, non posso che concordare con
lui. Sono allettato dall'idea di affacciarmi alla finestra per dare
un ultimo sguardo al mare, però la stanchezza mi trascina
nella
morbidezza del letto. Non la perdo di vista, le onde marine
echeggiano nelle mie orecchie. Mi cullano, mi aiutano a sprofondare
in un profondo sonno.
La
mia vita nel carcere è una schifezza, devo trovare un modo
per
evadere da questa prigionia insieme a Max.
Ma
ignoro la nuova avventura che sta aleggiando sopra alla mia testa.
È
una questione di tempo.
La
quiete prima della tempesta.