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Autore: AryYuna    19/01/2015    3 recensioni
[SPOILER VARI FINO ALLA NONA SERIE]
Lo aveva promesso più volte, e più volte era venuto meno alla sua promessa. Ma stavolta Sam aveva fatto in modo che la mantenesse, e negli occhi di Dean non c'era solo dolore, mentre si lasciava alle spalle le fiamme che avvolgevano il corpo di suo fratello: c'erano rabbia e paura e disperazione.
E c'era un piano.
Perché Sam e Dean erano una cosa sola, ed era impensabile andare avanti senza suo fratello.
(C'è un accenno non troppo velato a un argomento delicato, quindi attenzione).
Genere: Angst, Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dean Winchester, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nel futuro
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   Assodato che non ci sarà mai un happy ending in cui i bros si sposano con delle belle ragazze e mettono su famiglia, il mio finale ideale prevede che Sam e Dean muoiano insieme: non potrei mai sopportare di vedere uno dei due restare vivo ed essere costretto ad andare avanti senza l’altro. Non ce la farebbe – né il fratello rimanente, né il mio cuore.
   Ma non è proprio un periodo allegro, e la mia mente ha deciso di tormentarmi con questa storia.
   Sì, è una deathfic, ma vi prometto che piacerà anche a chi odia le deathfic: dopotutto, io le detesto, eppure ho scritto questa storia, no?
   La cosa che odierete di più sarà il riferimento a Bloodlines. Lo so, lo so, quella puntata non doveva esistere… ma bisogna ricavare il meglio anche dalle cose brutte, no?
   
   
Disclaimer: sfortunatamente SPN non mi appartiene. Se mi appartenesse… beh, tanto per cominciare significherebbe che avrei contatti con Jensen Ackles e Jared Padalecki (e a proposito, nel caso ve lo chiedeste, nemmeno loro mi appartengono, purtroppo), e che ci sarebbe qualcuno a ricordare a suon di mazzate allo sceneggiatore di turno il canon precedentemente stabilito.
   
   
Potete trovare questa storia in inglese qui.
   
   Per Arial86. Perché è una persona bellissima, perché è un’amica vera.
   E perché ha la mia stessa, perversa, visione di lieto fine.



Lieto fine



   Dean sapeva che sarebbe accaduto, prima o poi; non puoi passare la vita a dare la caccia ai mostri e aspettarti di vivere fino ad avere i capelli bianchi e leggere le fiabe ai nipotini. Era pronto, lo era da anni, a morire con la pistola in mano, gli artigli di un licantropo che gli strappavano la carne, la stretta di un demone intorno alla gola, i denti di un vampiro nel collo.
   Dean sapeva che era inevitabile, che ogni caccia avrebbe potuto essere l’ultima.
   Solo… non immaginava sarebbe accaduto così.


*


   La gente normale muore una volta sola; ma i Winchester non erano persone normali.
   

   Dean non aveva ancora cinque anni quando aveva provato per la prima volta il dolore della perdita, ed era qualcosa da cui non si era mai realmente ripreso: come può una persona superare la perdita della propria sicurezza, dell’innocenza, della normalità? Aveva imparato a conviverci, a fare un passo per volta verso un futuro che aveva perso ogni contorno; ma qualcosa in lui era morta quella notte, il bambino che era e che non sarebbe stato più – non realmente – era morto il due di novembre del 1983.
   Ventun anni dopo aveva sentito di nuovo quel dolore, stavolta appesantito dal senso di colpa – perché sarebbe dovuto morire lui, lo sapeva, lo meritava – e di inadeguatezza. Il bambino era morto da tempo, ma quel giorno era morto anche il ragazzo. Fare il primo passo verso l’essere un uomo adulto era stato difficile, ma è dal primo passo che inizia il cammino.
   L’uomo adulto era morto dopo un solo anno. Aveva perso la possibilità di una vita normale, aveva perso la sua guida e protezione nella vita da cacciatore… ma ora aveva perso la sua ragione di vita, e questo cancellava ogni possibilità.
   Aveva fatto un patto con un demone, perché – cos’aveva da perdere? Non aveva più nulla. Poteva solo guadagnarci. La morte del suo corpo era stata, tra tutte, la meno dolorosa; i denti e gli artigli dei mastini infernali avevano lacerato la sua carne, la ruota della tortura aveva fatto a pezzi la sua anima… ma l’alternativa continuava a sembrargli peggiore, anche dopo essere tornato sulla Terra, aver iniziato l’Apocalisse, aver lottato – invano – per fermarla. Quando Sam era saltato nella gabbia con Lucifero e Michele, una parte di Dean era saltata con lui, tornando a vivere solo quando suo fratello era ricomparso a Battle Creek.
   Codipendenza, l’aveva definita il dottor Fuller. Fratelli, pensava Dean guardando Sam respirare, mentre Zeke – Gadreel – lo guariva dall’interno a sua insaputa, ed era l’immagine più bella del mondo. Sam lo avrebbe odiato, elencandogli le sue mancanze, i suoi fallimenti, le sue colpe, ma Dean non poteva pentirsi di ciò che aveva fatto; non quando Sam respirava.
   Si erano riappacificati, avevano lottato fianco a fianco, avevano litigato ed erano tornati ancora a combattere insieme quella guerra in cui si ritrovavano coinvolti un po’ loro malgrado, un po’ per scelta.
   Insieme. Perché Sam e Dean erano una cosa sola e non avrebbero mai potuto separarsi.
   Finché Sam non era stato trapassato da parte a parte dall’artiglio di un wendigo prima che la fiamma della pistola a razzi lo bruciasse, e Dean, troppo lontano per impedirlo, aveva solo potuto gridare il nome del fratello e correre a raccogliere il suo corpo che crollava al suolo.
   «Stavolta sarà l’ultima» gli fece promettere il ragazzo, e Dean scosse la testa con decisione, ma Sam ripeté e ripeté quell’unica frase, le braccia del fratello strette intorno al suo corpo da gigante come se stessero cullando un bambino. Il maggiore continuò a scuotere la testa, gli occhi fissi in quelli di Sam, la mente che già cercava un modo per annullare ancora una volta quella scena.
   «Andrà tutto bene, Dean» sussurrò Sam. «Stavolta sarà l’ultima.»
   E c’era un sorriso al di sotto degli occhi che si spegnevano, ed era la cosa più oscena che Dean avesse mai visto. Era un insulto alla giustizia, alla vita intera.
   Come era già capitato tanti anni prima, Dean rimase inginocchiato nel fango a stringere il corpo senza vita del fratello, mentre le lacrime scendevano finalmente dai suoi occhi; perché la sua mente sapeva che non si sarebbe arresa, ma il dolore era reale e presente lo stesso.
   Dopo quelle che probabilmente furono ore, il cacciatore si caricò sulle spalle il corpo troppo cresciuto del suo fratellino e lo portò all’Impala; guidò fino al bunker, dove lavò via il sangue e il fango dalla ferita, cambiò i vestiti a se stesso e a Sam, bevve un’intera bottiglia di whiskey e perse conoscenza sul pavimento della stanza del fratello.
   La mattina dopo chiamò Castiel e, quando l’angelo espresse solo il suo dolore alla notizia, ma fu incapace di offrire qualcosa in più del suo supporto, riagganciò e provò a telefonare a Crowley; il demone caduto in disgrazia non aveva più il potere di stringere un patto con lui, però, e si rivelò ugualmente inutile. Dean guidò fino a un incrocio e compì il rituale di invocazione, ma non ottenne risposta. Di nuovo al bunker, scavò nella biblioteca degli Uomini di Lettere e su internet; incontrò una strega che cercò di truffarlo e la uccise; recitò incantesimi e mescolò pozioni, pregò angeli e divinità pagane, pianse e bevve fino a vomitare.
   Stavolta sarà l’ultima. Sam non glielo aveva chiesto; glielo aveva comunicato. Perché sapeva che sarebbe stata l’ultima.
   Stanco e devastato, Dean trascinò tre pesanti taniche di benzina nel bunker e ne sparse il contenuto sui pavimenti. Diede un ultimo saluto a Sam, e gli offrì il funerale da cacciatore in mezzo alla conoscenza degli Uomini di Lettere, perché era un secchione e gli sarebbe piaciuto.
   Guidò per dieci ore senza fermarsi per mangiare o dormire e arrivò a Chicago mentre il sole tramontava. Parcheggiò l’Impala davanti alla casa di Ennis e si diresse a piedi all’indirizzo che ricordava; nel locale, adocchiò la persona – la creatura – che cercava, la attirò nel vicolo sul retro, la provocò, la attaccò.
   E si lasciò sopraffare.
   Il djinn lo trascinò nel suo covo commentando sdegnosamente il suo goffo tentativo di combatterlo, lo legò a un palo in una stanza umida; quando la sua mano scese sulla fronte del cacciatore, Dean rivide sua madre, suo padre e Sam.
   Sarebbe morto nella cantina di un palazzo grigio di Chicago, sognandosi al volante dell’Impala, suo fratello accanto a lui, la strada aperta e libera di fronte. Non aveva motivo di tirarsi fuori dal sogno: aveva lottato abbastanza per gli altri e non aveva più nessuno per cui desiderare di farlo.
   
   Quando il djinn lo ebbe consumato completamente, il suo corpo fu gettato da qualche parte e dimenticato, ma la sua anima poté riabbracciare il vero Sam nel Paradiso che condividevano. Per l’eternità.
   
   
   
   Ho pianto mentre la scrivevo. Che cazzo, devo smettere di scrivere fanfiction a mezzanotte dopo aver ascoltato musica deprimente tutto il pomeriggio pensando alle cose che non vanno come dovrebbero.
   È la cosa più melensa che abbia mai scritto. Giuro, non era così che doveva andare. Ma ho sonno e devo
decisamente dormire un po’. Spero vi sia piaciuta. Potrei seriamente spedire una torta al lassativo a Carver se osa lasciarmi Dean a soffrire da solo e non gli dà almeno la parvenza di un lieto fine col fratello. Seriamente.
   

   
   
   
   

   
 
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