Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Miss Loki_Riddle Gold    24/01/2015    1 recensioni
[STORIA SEMI INTERATTIVA]
Avete mai immaginato, guardando un film o altro che i personaggi di quella storia si trovassero ad Hogwarts, avete mai immaginato che si relazionassero l'un l'altro? Ecco è questo ciò che succederà qui.
Ci troviamo al primo anno dei Malandrini, ma non solo di loro, ma della loro generazione. Perchè darò voce all'intera generazione con i vari intrecci.
Dal primo capitolo:
- Esattamente come ti sei accorto ho bisogno di un favore. Mio figlio deve essere ammesso in questa scuola.-
- Non capisco… credevo di averlo fatto ammettere da due anni a questa parte!-
- Non lui, l’altro.-
- Loki?-
Cosa sarà successo a Loki? Ma soprattutto cosa succederà in questi sette lunghi anni? Sono anni che attendo di scoprirlo, per cui sono finalmente pronta, e voi? Lo siete? Mi aiuterete a creare questa nuova generazione?
Probabilmente questa storia resterá ferma per un po'. Se dovessi decidere di continuarla verrá eliminata, modificata e poi ripubblicata completa
Genere: Generale, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, Crack Pairing | Personaggi: Albus Silente, I Malandrini, Lily Evans, Severus Piton | Coppie: James/Lily
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 4 – Le quattro Case: Serpeverde…



 

Avvertenze: i fandom dei vari OC sono stati presi rispettivamente dalla prima-seconda stagione di Glee (sto continuando a vederlo, ma per ora sono giunta lì) e dai rispettivi film di Shadowhunter e Hunger Games (appena potrò ed avrò tempo leggerò i libri), quindi per eventuali difetti di tratti chiedo venia. Spero che il capitolo vi piacerà…

P.s. Prima di lasciarvi al capitolo (ma lo richiederò alla fine del capitolo…) qualcuno aveva scelto per il proprio OC Doctor Who o Il Signore degli anelli? Perché io non trovo più i personaggi.







Gli studenti erano stanchi quando si alzarono dalle proprie tavolate, ma nella mente di tutti c’era l’assoluta sicurezza che stava per iniziare la parte più interessante della giornata.
I primini erano curiosi di vedere le loro Case, magari le avrebbero poi confrontate con quelle degli amici, se loro erano finiti in Case diverse, o con i racconti dei propri parenti che erano già stati in quelle stesse Case.
Gli studenti più grandi non vedevano l’ora di rilassarsi nella Sala Comune e chiacchierare con gli amici certamente più liberamente di quanto avessero potuto fare in treno, senza temere di essere interrotti sul più bello. Altri, invece, in particolar modo i Serpeverde, non vedevano l’ora di bere un goccio, senza temere di essere beccati dagli insegnanti e di spiegare le regole delle rispettive Case ai primini. Perché sì, per ogni Casa c’erano delle regole che non si potevano trascurare se non si fosse voluto vivere i restanti anni in quella scuola nel peggiore dei modi. Ogni Casa aveva le proprie regole e per ogni Casa erano differenti, ma c’era una cosa che le riuniva tutte: la lealtà fra le persone della propria Casa. Questo, naturalmente, comportava ad un enorme fiducia fra i vari componenti e, conseguentemente, a considerare la propria Casa come la migliore.
Almeno questo era uno degli aspetti meglio conosciuti ed era proprio su questo punto che i Serpeverde avrebbero avuto qualcosa da ridire. La loro era la Casa più strana e più buia, non a caso la sua sede si trovava nei sotterranei, ma i Serpeverde ne erano felici perché possedevano un intero piano dove nessuno si sarebbe mai diretto se non fosse stato uno dei loro, era solamente in quei luoghi che si sentivano al sicuro.
Alcuni primini, però, iniziarono a tremare appena prima di posare piede sul primo gradino che li avrebbe condotti nei sotterranei, mentre alcuni, i più coraggiosi, li guardavano irritati.
Lei guardava i primini esprimere le loro prime emozioni, ghignando divertita. Per tutto il tempo in treno non aveva fatto altro che annoiarsi, dato che non era riuscita a ritrovarsi con la sua migliore alleata, ma pochi minuti dopo sarebbe potuta stare sdraiata a giocherellare con i suoi pugnali e ridere alle battute dell’alleta. Chissà come le aveva passate lei le vacanze, sicuramente non a caccia di demoni, questo ne era sicura così com’era sicura che non le avrebbe raccontato quel dettaglio delle sue giornate, era assolutamente meglio che nessuno sapesse cosa faceva fuori dalla scuola.
Si concentrò nell’osservare i volti dei più piccoli. Quanti di loro sarebbero riusciti a diventare dei veri Serpeverde? Chi avrebbe superato la Grande Prova, ma soprattutto quanti di loro si sarebbero dovuti lasciare alle spalle prima dell’anno? Essere un Serpeverde non era assolutamente facile e lei lo sapeva bene. La prima volta che aveva sentito della Prova era sbiancata non credendosi in grado di compiere un simile atto, poi all’ultimo c’era riuscita ed era sopravvissuta. Perché essere un Serpeverde significava anche che si poteva essere uccisi. La Casa di Serpeverde era diversa dalle altre era la più oscura, la più pericolosa… la più pura e solo i pochi meritevoli erano in grado di restare lì dentro. Alcuni, i più fortunati riuscivano a superare la Prova con una cosa facile, ma la maggior parte era fregata in partenza e se dimostravano di non avere abbastanza coraggio e forza d’animo, beh, semplicemente nei Serpeverde sopravvivevano solo i migliori, i più forti, che si dimostravano quindi meritevoli della propria Casata. Perché se no la Casa si purificava di te. Molti erano fuggiti via, ma tanti altri avevano preso la regola con molta più leggerezza di quanto avrebbero dovuto.
- Abigail!- La richiamò la voce cristallina della sua migliore alleata.
Si voltò con un ghigno stampato in faccia. – Bellatrix! – Piegò la testa in quello che sarebbe potuto essere definito un saluto, prima di continuare: - Credi che tua sorella sarà in grado di superare la prova?- Chiese, mentre teneva sott’occhio la chioma bionda della più piccola dei Black.
- Ovvio, è mia sorella.- Rispose con freddezza la sua alleata, ma potè notare il battito di ciglia aumentare per un secondo e comprese che no, non era sicura e sicuramente ne era terrorizzata, ma non lo avrebbe mai dato a vedere.
- Potremmo semplificarle il compito… se vuoi.- Propose, continuando a non guardarla se non con la coda dell’occhio.
- Oh, no. Se non sarà meritevole non sarà neanche adatta per restare ad essere mia sorella.- Fu la secca risposta. Abigail non riusciva a credere che Bellatrix potesse essere tanto fredda persino quando si trattava della sorella, ma sapeva bene che era meglio non contraddirla. L’unica cosa che le restava da fare, a quel punto era sperare che tutto si risolvesse al meglio.
 
 
***
 
 
Era rimasta indietro, appena finita la cena, per poter così salutare i suoi amici appartenenti alle altre Case e potersi complimentare con il giovane che aveva iniziato a suonare durante il viaggio in treno. La sua preoccupazione era aumentata in quanto non lo aveva trovato. Non si trattava di nessuno che conoscesse per quanto avesse potuto chiedere in giro. Non era di Paul, rimasto ad aspettarla per le scale, né di quel Grifondoro di Lennon come si sarebbe aspettata. Se non si trattava di loro allora chi diamine poteva suonare in quella maniera divina? Scosse la testa, voltandosi verso il suo migliore amico. Paul le sorrise, senza rivolgerle la parola. Probabilmente aveva compreso che stava ancora pensando. Gli sorrise a sua volta. Paul era sempre stato un ragazzo dalle mille novità. All’inizio, quando ancora sperava che come minimo fosse bisex, aveva tentato di innamorarsene, ma nulla. Il suo cuore non sembrava essere attirato da quelle guance paffute come lo erano tante altre ragazze, né dai suoi occhi verdi che avrebbe colpito chiunque altro lo avesse guardato a lungo. A volte si chiedeva se per caso quel ragazzo non le fosse sempre piaciuto perché assomigliava incredibilmente a una donna. Aveva lunghe ciglia, labbra piene, guance che arrossivano come una verginetta. Sì, Paul le ricordava una donna e forse, proprio per questo aveva finito per divenire il suo migliore amico, così come un tempo aveva creduto che tutte queste sottigliezze l’avrebbero infine portata a provare qualcosa di più. Era stato uno shock per sua zia scoprire che oltre ai piercing, i capelli di colore assurdo, come diceva lei ed abiti alla babbana fosse anche lesbica. Era stato difficile dirglielo, ma quando c’era riuscita si era accorta che era il momento giusto.
Distolse la mente da quelle congetture solo quando Paul disse la parola d’ordine ed il muro che li divideva dalla Sala Comune si spostò.
Davanti a loro si mostrò in tutta la sua bellezza una delle stanze meglio attrezzate della scuola. C’erano oggetti oscuri che facevano bella mostra di se come se fossero stati dei semplici soprammobili appoggiate sulle varie scansie della libreria Serpeverde. I Corvonero non erano gli unici a possederne una, solo che la loro era intarsiata con migliaia se non di più immagini di serpenti e di vite naturali. Se qualcuno li avesse guardati attentamente avrebbe potuto leggerne l’intera Storia di Hogwarts dalle fondamenta a quel momento. Ogni anno lo studente più dotato faceva apparire un immagine rappresentativa per l’anno appena trascorso. Quello era, solitamente un compito ambito in particolare dagli studenti dell’ultimo anno.
In un altro angolo della Sala si trovavano le porte che dirigevano in vari altri luoghi. Lì c’era anche la Stanza della Prova. Nessuno, a parte i primini, i prefetti e i Caposcuola la prima sera poteva più entrare. Osservò la Punta con la quale ci si pungeva un dito appena si credeva di aver concluso la propria Prova. Se si era riusciti a farlo nel tempo limite allora si era salvi.
Lei aveva compiuto la sua prova solo qualche mese prima ed ancora tremava di terrore all’idea di quell’ago. Non le erano mai piaciute le punte. Non le piaceva il sangue, ma ancor meno quello che era stata costretta a fare. Non lo aveva accettato così bene all’inizio. La Prova colpiva sempre il punto debole della persona. Così se amavi mangiare la tua prova finiva per essere il non mangiare per un certo tempo e così via. La Prova l’aveva terrorizzata perché aveva colpito il suo passato. Si era dovuta aprire con qualcuno che non facesse parte della sua famiglia. Lei aveva scelto Paul.
Ricordava ancora quella sera, come si erano seduti sulle poltrone per chiacchierare. Si voltò a guardare il fuoco verde scoppiettare in quello che si poteva definire un camino magico. Quel fuoco aveva la capacità di riscaldare l’intero ambiente. Non c’erano altri focolai in tutta la Sala Comune e i dormitori di Serpeverde. Tutt’attorno c’erano le più confortanti poltrone che avesse mai conosciuto, c’erano i più grandi divani dell’intera Hogwarts e quant’altro. Sicuramente non si trattavano male. Solo che i divani erano per lo più di proprietà dei veri Serpeverde, coloro che erano riusciti a superare la Prova. Sorrise e fece per dirigersi ad uno qualsiasi di quei posto quando sentì qualcuno gridare.
- Come sarebbe a dire che devo fare una prova del genere quando a lui ne capita una molto più semplice?? Io sono una Purosangue e sono l’erede di Salazar Serpeverde… mentre lui è solo uno schifoso Mezzosangue!- c’era stato un attimo di silenzio. – Arghh!! Non la passerete così liscia.-
Vide Abigail sorridere a quelle urla e, probabilmente, avrebbe ridacchiato anche lei se non avesse parlato in quella maniera. Non sopportava chi si comportava così superficialmente da parlare male del sangue altrui, così diede uno sguardo alle altre e si diresse verso quella che temette essere la sua morte. Paul tentò di fermarla, prendendola per un braccio, ma lei se lo scrollò di dosso e con mano ferma aprì la porta che conduceva alla Prova.
Una ragazzina dagli occhi grigi e i capelli di un castano scuro tendente al moro. Guardava gli altri con sguardo schifato, mentre Lucius quell’anno Prefetto la guardava compiaciuto. Non ebbe difficoltà a riconoscere in lei la giovane Riddle. Davanti a lei, invece, si trovava un ragazzino molto più magro, con un vestito probabilmente di seconda mano che la guardava terrorizzato con quei suoi occhi neri come il petrolio. I capelli erano lisci e lunghi, gli coprivano parte del volto come una coperta, erano neri. La sua carnagione, invece, era olivastra. Sembrava malato ed affamato e la cosa non potè che produrre un senso materno in lei.
Fece un passo avanti, mentre tutti si voltavano a guardarla.
- Amilton! Immaginavo che fossi tu…- La ridicolizzò Lucius, prima di continuare: - Lei, ragazzi è una delle poche ragazze di Serpeverde che non segue mai le regole. E’ stata una pura sfortuna che abbia superato la Prova. Solitamente non ci riescono. Oh, quanto mi sarei divertito a Purificarla!-
- Simpatico come sempre, Lucius. Ho sentito delle urla. Chiunque le abbia gridate sappia che molti Purosangue non hanno superato la Prova perché si ritenevano superiori alla regola. E’ meglio per voi non prenderla sottogamba di qualsiasi cosa si tratti.-
I primini si guardarono fra di loro ed annuirono, così che lei potè voltarsi ed incamminarsi verso la porta, ma prima di chiuderla si voltò a guardarli. – A dimenticavo, i Purosangue non sono sicuramente migliori degli altri. Credo che tutti quello che lo sono avranno del filo da torcere quest’anno.- Il ragazzino le rivolse uno dei pochi sorrisi che gli aveva visto fare.
 
 
***
 
 
Quella… quella traditrice del suo sangue aveva osato parlare male di lei! Aveva osato rivolgerle quelle parole! Amolton… non poteva essere altri che Scarlet Violet. Gliela avrebbe fatta pagare, questo era certo! Come si era permessa di parlare con lei, Margareth Riddle come se fosse una mocciosa qualsiasi? La rabbia le annebbiava la ragione persino più di quanto non ci fosse riuscito la Prova. Avevano dovuto ricevere addosso lo stesso identico incantesimo, una specie di benvenuto e avevano dovuto toccato una sfera magica sulla quale era apparso cosa dovevano fare e in quanto tempo. Per alcuni, i più difficili, anche a chi. Beh, a lei era giunto che doveva uccidere suo padre entro sei anni. La sola idea di versare sangue magico e puro quanto quello paterno le aveva accapponato la pelle. Chissà cosa era fuoriuscito a suo padre, si chiedeva. Non sapeva se fosse in grado di superare la prova, ma l’essere Purificata non era un opzione accettabile. Poche altre persone avevano ricevuto una Prova tanto dura e solamente una persona aveva ricevuto qualcosa di più tosto. Doveva uccidere suo fratello che si trovava lì, affianco a lei. Si erano guardati terrorizzati. Poi c’erano quelli che dovevano solamente parlare. “rivela i tuoi sentimenti entro tre anni” ecco, questa l’aveva fatta davvero arrabbiare. Non era poi così difficile dire qualcosa a qualcuno in confronto all’uccidere il proprio padre e non era giusto che quel microbo, che a quanto pareva si chiamava Severus Snape, un sicuro nato babbano se non mezzosangue fosse preferito a lei che aveva tutte le carte in regola da sempre. Avrebbe solamente dovuto parlare, mentre lei sarebbe divenuta un assassina! Scosse la testa, per risvegliarsi dai propri pensieri. Uccidere era stata una pratica che le aveva insegnato suo padre, ma assassinare lei lo sapeva bene che cosa realmente significava: uccidere un Purosangue! La cena sembrava starle per tornare indietro. La sola idea di quello che comportava la nauseava. Fu così che si decise finalmente a spostare l’attenzione dai propri pensieri alle persone che la circondavano. Alcuni di loro li conosceva bene, ma una coppia in particolare la incuriosivano da un po’ di tempo e si trattava proprio di quella della ragazzina con la prova più difficile. Erano due fratelli identici fra loro con l’unica differenza che uno era un maschio mentre l’altra una femmina. Si diceva che fossero nati ermafroditi e che i loro genitori avessero deciso di renderli una ragazza e un ragazzo, ma lei non ci credeva. L’unica cosa che sapeva era che si muovevano per lo più in coppia, quasi fosse quegli uccellini che da soli stavano male. Gli inseparabili. Per lo più parlavano fra loro, ma un occhio attento si sarebbe accorto che i loro occhi avevano una luce d’intelligenza ben accesa. Non aveva mai avuto il coraggio di chiacchierare con uno dei due. Si chiese se fossero mai potuti diventare amici. Sicuramente dovevano essere incredibilmente sadici quando volevano. In quel momento si voltarono a guardarla e la ragazzina le lanciò un sorriso.
- Come avrete capito solo i meritevoli, cioè coloro che riusciranno a superare la loro paura più recondita potrà divenire un vero Serpeverde.- sentì Lucius iniziare a parlare, prima di continuare con un: - Un Vero Serpeverde è qualcuno che sappia controllare le proprie emozioni ed agire sempre di conseguenza. E’ qualcuno che non si lascia intimidire da nulla, ecco perché per divenirlo deve riuscire a vincere sulla propria più grande paura. A Serpeverde non troverete amicizie – a quel punto sbuffò. – Quello lasciamolo ai Grifondoro, ma alleanze. Dovrete stare per lo più attenti alle persone di cui vi circonderete. Imparerete la via della Grandezza, del Potere ed imparerete a non fidarvi mai troppo di nessuno, nemmeno dei vostri parenti. Diventerete autonomi, forti e sarete in grado di combattere e difendervi da voi.-
Guardò gli altri erano sbigottiti, confusi ed attratti dalle parole del Prefetto, così quanto lo era lei. Tornò a concentrare l’attenzione sul ragazzo davanti a loro. Quelle parole la convincevano sulla perfezione della sua Casa ogni secondo che passava. Non era importante per lei quanto sarebbe stata sola perché avrebbe certamente avuto degli alleati fidati al suo fianco.
Proprio in quel momento una ragazza rossa, con i capelli legati dietro in una complicata coda di cavallo, gli occhi verdi smeraldo, quell’atteggiamento tipico dei Serpeverde e per altro portava al collo una pietra che avrebbe riconosciuto per uno smeraldo a parallelepipedo, si avvicinò a Lucius Malfoy per potergli dire qualcosa a bassa voce. Margareth riconobbe in lei Zelena, una delle Serpeverdi più importanti per quanto si diceva che non avesse ancora portato a termine la sua prova, era persino la Prefetto della loro Casa.
- Ragazzi, credo che Lucius abbia dimenticato qualcosa. La nostra Casa è sicuramente la più difficile in cui vivere, ma sicuramente è proprio questo a renderla tanto perfetta. In più della prova non si parlerà mai, se non in questa stanza e vi assicuro che quanto è appena successo con la Amilton è un eccezione che non si ripeterà mai più. Spero che possiate comprendere per quale motivo nessuno entrerà mai in questa stanza se non autorizzato e con autorizzato intendo Prefetto o primino la prima sera del suo primo anno. Avete delle domande?- Sorrise, ma lasciava intendere che non le importava poi molto. Però la ragazza dei due inseparabili alzò la mano, lanciando uno sguardo tutto attorno.
- Sì, io. C’è una maniera per svicolarsi dalla Prova?- Chiese, guardando Zelena in trepidazione.
- Bella domanda, in pochi la fanno. – Si complimentò Lucius, prima di tornare serio: - Esiste, ma ve la sconsiglio. Bisogna uccidere uno studente che non ha superato la Prova entro il limite massimo. A volte, poche volte, chiudiamo un occhio e lo lasciamo andare in un’altra scuola. Ma se vuoi puoi farlo. Sarai in grado di uccidere qualcuno a sangue freddo?- Le chiese, guardandola severamente.
 
 
***
 
 
Rimase a bocca aperta quando seppe cosa avrebbe dovuto fare per salvare suo fratello e lei stessa. Il problema restava se lei non voleva divenire un’assassina. Ne avrebbe potuto parlare con chiunque altro, magari con il Preside per sapere come comportarsi perché sicuramente non avrebbe fatto un fratricidio, ma non avrebbe neanche potuto uccidere un innocente… come avevano potuto anche solo chiederglielo? D’altra parte però… sapeva bene che lo avrebbe fatto se questo significava salvare il gemello. Jim era troppo importante per lei. C’erano davvero poche persone di cui si fidava e suo fratello era una di queste se non l’unico. Lui era di qualche secondo più piccolo di lei e da quando erano nati sentiva su di se la necessità ed il peso di proteggere il fratello. Era proprio per questo che la Sfera le aveva ordinato di ucciderlo e lo sapeva bene. Non tentò nemmeno ad abbassare gli occhi, nello stesso tempo, però, creò fra lei e il suo interlocutore una barriera invalicabile che le permettesse di proteggere i suoi pensieri da ogni tipo di attacco dall’altro. Lei e suo fratello avevano imparato a farlo quando erano piccoli, dato che i loro genitori li esercitava su ogni tipo di magia, ma questo non era una cosa poi tanto strana in una famiglia di Purosangue, men che meno se Serpeverde. Sapeva bene che la maggior parte delle loro famiglie aveva allenato loro in ogni genere di magia.
Ripensò a quanto tempo il Cappello Parlante avesse speso con lei. Non sembrava decidersi su quale Casa mandarla, dichiarando adatte al suo temperamento sia Corvonero che Serpeverde. Lei aveva ghignato divertita, sapeva bene di essere fin troppo geniale perché la Casa di Corvonero non venisse presa in considerazione, era una Moriarty in fondo! Però l’unica Casa che avrebbe voluto per se era Serpeverde, così senza parlare o emettere alcun genere di suono mentale aveva riportato a galla ogni immagine riconducibile a Serpeverde e a suo fratello ed il Cappello aveva agito di conseguenza. Non si era stupita del tempo impiegato, ma era rimasta perplessa solamente quando il Cappello le aveva augurato buona fortuna ed ora sapeva il motivo. Il Cappello Parlante era a conoscenza della Prova, così come sicuramente lo era il Preside, ma non avrebbero agito in alcun modo e per nessuno.
Qualcuno le sfiorò il gomito ed appena si voltò si accorse che tutti gli altri primini stavano uscendo dalla Stanza. Per quanto tempo era rimasta così? Sorrise a suo fratello che si trovava vicino a lei. Avrebbero ragionato sulla maniera per risolvere la loro situazione, si augurò.
Sapeva bene che persino il fratello avrebbe smesso di aiutarla prima o poi su quel concetto e l’avrebbe sempre più spinta ad uccidere un innocente. Aveva bisogno di un’alleata diversa da chiunque altro e credeva di sapere già chi fosse perfetta per quel ruolo.
Annuì al fratello e lo seguì fuori da quella Stanza. Le avrebbe parlato il prima possibile, ma adesso c’era altro su cui schiarirsi le idee per esempio dove accidenti li avevano condotti i Prefetto??
Zelena fece segno a tutti loro di avvicinarsi alla parete, apparentemente come tutte le altre, davanti alla quale li avevano condotti.
- Da qui, - disse – prenderete un’arma a vostra disposizione che vi aiuterà assieme alla bacchetta in caso di necessità. Sia ben chiaro un Serpeverde preferisce sempre la magia a qualsiasi altra maniera di attaccare, ma dopo molto tempo abbiamo finito per deciderci a non eliminare del tutto le maniere babbane di combattimento. Ci sono parse piuttosto interessanti.- Poi con un movimento fece apparire per tutta la grandezza della superficie una specie di libreria con appoggiate ogni genere di arma.
Ognuno di loro si avvicinò per guardare.
Lei notò subito qualcosa di incredibilmente interessante. Si trattava di un cubo azzurrognolo con alcuni riflessi beige. Fece per prenderlo in mano, ma a quanto pareva non era stata l’unica a prenderlo. Un ragazzino con gli occhi azzurri ghiaccio ed i capelli neri che gli giungevano alle spalle aveva allungato la mano per fare esattamente la stessa cosa. Subito, però, la allontanò nuovamente.
- Quello è mio. – Disse, senza spostare gli occhi dall’oggetto.
- Questo è impossibile dato che l’ho preso prima io e non era ancora di nessuno.-
 - No, quello era mio, non so perché, ma è così.- Ripetè immediatamente il ragazzino, prima di prendersi la testa fra le mani e piegarsi su se stesso. Urlò in una maniera che sarebbe stato strano se qualcuno nell’arco di chilometri non lo avesse sentito. Era un urlo di dolore e terrore.
Che diamine ci faceva un handicappato nella loro Casa? Credeva che tutti gli handicap finissero a Tassorosso o robe del genere.
Stranamente, però, gli dispiaceva di avergli fatto del male, così dopo avergli rivolto uno sguardo di compatimento gli allungò l’oggetto tanto dibattuto. Il ragazzino, però, appena lo sfiorò parve venire scosso da tremiti di maggior dolore, sembrava quasi che qualcuno lo stesse torturando.
Lucius si avvicinò al giovane. – Che c’è?- Le chiese, ma lei alzò le spalle.
- Non ne ho idea. All’inizio sembrava che volesse questo cubo, poi ha iniziato ad urlare.-
- Qualcuno chiami il Preside!- Disse un ragazzo di qualche anno più grande di loro, subito ripreso a male parole da Lucius.
- Cazzo dici, Bashkir? – Si guardarono male per qualche secondo, prima di venire nuovamente interrotti dal ragazzino che non aveva smesso di gridare. -Chiamate il CapoCasa, subito!-
Osservò un ragazzino praticamente pelle e ossa, con un volto estremamente tirato, gli occhi e i capelli scuri e delle inconfondibili occhiaie che gli cerchiavano gli occhi andare diretto dal ragazzino che stava male per poi posargli una mano sulla fronte. Se non si ricordava male quel ragazzino si chiamava Nico o in un modo piuttosto simile, era finito a Serpeverde in un attimo, qualche secondo dopo avergli appoggiato il Cappello in testa. Quel ragazzino teneva legato alla vita il pugnale che aveva appena scelto, così come facevano tanti altri ragazzi e ragazze. Alcune, infatti, li avevano tirati fuori dai posti più impensabili e ci giocherellavano.
Il ragazzino diafano si avvicinò, dunque, cautamente, poggiando una mano sulla fronte dell’altro che a quel tocco sembrò calmarsi un po’.
- Ditegli che Loki ha bisogno di lui.- Disse, quindi con voce ferma.
 
 
***
 
 
Era stato mandato a chiamare il Capocasa, ma non aveva idea di chi fosse. Quando lo avevano detto duramente il banchetto di quella sera lui era disattento. In effetti era buffo che proprio lui avesse notato per primo la nave pirata che era approdata sul Lago, i primini avevano dovuto fare uno strano giro per circumnavigarla, ma a lui non era interessato molto. Era più interessante comprendere per quale assurdo motivo un loro futuro insegnante avesse al posto di una mano un uncino, molto da pirata e nel loro Lago si trovasse una nave pirata. Quello sì che lo aveva colpito e non c’erano molte cose a colpirlo tanto. Anzi, lui si andava vantando che non ascoltasse e non gli importasse molto degli altri. Ma a quanto pare cose del genere non riuscivano a non colpirlo come un colpo secco. Lui ne sarebbe andato fiero… Chiuse gli occhi per tentare di scacciare quel pensiero. Lui l’aveva lasciato qualche mese prima della fine della scuola e non era sicuro del fatto che sarebbe riuscito a vederlo come se nulla fosse successo. Erano stati i mesi più belli che aveva vissuto e sapere di averli vissuti al suo fianco lo irritava non poco. Aveva tentato per tanti anni a stargli lontano, ma poi era successo qualcosa di strano che lo aveva spinto per accettarlo. Era stato deambulante quando alla fine era stato lasciato. Forse il problema stava proprio nella cosa che fosse sempre stato convinto che lui ci sarebbe sempre stato. Lo aveva considerato ovvio, quando le cose non andavano esattamente così.
La sua intenzione era di riconquistarlo perché tutti lo sanno: i Tassorosso sono una proprietà dei Serpeverde e questo non doveva cambiare, non con lui.
Strinse i pugni, mentre si dirigeva verso l’aula di Pozioni. Non conosceva l’insegnante, ma era convinto che chiunque fosse lo avrebbe aiutato. Nessuno sarebbe mai andato dal Preside, non a quell’ora, né tanto meno da lui. Albus Silente era conosciuto prima di tutto per il suo folle amore nei confronti dei Grifondoro e per secondo per l’odio che provava verso i Serpeverde. Non li avrebbe mai aiutati neanche se uno dei suoi preziosissimi studenti fosse stato in punto di morte, ma il professore di Pozioni l’avrebbe fatto in quanto come sempre era un Serpeverde e per quanto durante la Prova non si sarebbe mai detto fra i veri Serpeverde ci si proteggeva ed aiutava. Soprattutto, però, si complottava. Aveva già notato un fatto strano nel ragazzino che era svenuto: si chiamava come il Dio della Magia e questo non era un fatto di tutti i giorni, anzi. Conoscendo Thor non si sarebbe stupito che suo fratello Loki avesse preso il posto di un ragazzino qualunque. Con quella famiglia non c’era assolutamente nulla con cui scherzare.
Avrebbe vegliato su quel giovane e l’avrebbe incoraggiato nel caso ne avesse avuto bisogno, chiunque egli fosse stato. Socchiuse gli occhi, immaginando l’espressione che avrebbe fatto lui se avesse scoperto che c’era qualcun altro a cui teneva. Lui era sempre stato alla massima potenza geloso e quando aveva tentato di ingelosirlo durante il suo secondo anno c’era riuscito piuttosto bene. Avevano un anno di differenza e questo comportava che non sarebbe stato possibile mettersi insieme facilmente se non fosse stato per il suo amico. Turk lo aveva praticamente mandato addosso a lui l’anno prima. Beh, diventare amici di un Grifondoro non era mai una cosa intelligente, ma su certe cose ci sapevano fare. J.D. gli era praticamente finito addosso e poi le cose si erano semplificate quando aveva capito quanto in realtà lo desiderasse, ma non avrebbe mai ammesso una cosa simile, neanche sotto tortura.
Ricordava bene quanto lo infastidisse quando si avvicinava a qualcun altro o lo trattava con più rispetto di quanto ne riservasse a lui. Lo amava e proprio per quello lo faceva. I Serpeverde non erano in grado di dimostrare i propri sentimenti era vero.
Appena bussò alla porta dell’aula in questione, sentì qualcuno invitarlo ad entrare. La sua voce era tanto stridula che all’inizio credette si trattasse di una donna, ma poi si dovette ricredere. La creatura che stava preparando il calderone in quel preciso momento aveva la pelle dorata ed assomigliava più a un rettile che a un essere umano, non si sarebbe sorpreso se qualcuno lo avesse chiamato con un nome da rettile, né ancor meno che fosse un Serpeverde.
- Io, ehm… cercavo il Capocasa...- Iniziò, prima di presentarsi, ma non ne fece in tempo perché venne praticamente subito interrotto.
- Non m’interessa chi sei, daerie! Chi è che mi vuole? – Chiese con un ghigno e battendo le mani.
- Loki ha bisogno del suo aiuto.- Disse in automatico, guardando quella strana cretura.
Il volto della creatura cambiò in un attimo da festoso a preoccupata.
- Che gli è successo?- Chiese, immediatamente, senza cambiare espressione.
- Lui… io non lo so.-
- A cosa servi, allora? Torna nella Sala Comune prima che arrivi il guardiano. Stai attento quando passi l’angolo. Io sarò già là.- Detto questo richiuse la porta dietro di lui, lasciandolo nel corridoio vuoto.
 
 
***
 
 
Stava aspettando il ritorno di Cox che aveva mandato a chiamare il Capocasa. La sua speranza era che fosse stato abbastanza attento da sapere chi era. Aveva mandato lui perché sapeva quanto fosse capace a non rendersi ridicolo. Un po’ freddo lo avrebbero chiamato gli altri, ma per lui lo era quel tanto che bastasse per fidarsi di lui. Non era facile per un vampiro credere di poter fare affidamento su qualcuno. Qualcuno che non ti venisse voglia di mordere ogni volta che lo vedevi, beh per lui c’era solo Cox. Non lo avrebbe mai morso per niente al mondo, ma questo comportava restare da solo in mezzo a gente di ogni tipo e sicuramente loro erano ciò che più in assoluto avrebbe desiderato farne la sua cena. Si piegò a guardare il ragazzino che stava contorcendosi per terra. Guardarlo gli metteva appetito, ma in un certo senso sapeva che non avrebbe mai potuto morderlo. Era contro una qualche legge non scritta. Aveva riconosciuto chi fosse. Insomma solo un cieco non si sarebbe accorto che era il Dio della Magia, padre della Dea della Morte. Solo un cieco, soprattutto se lo aveva già incontrato una volta, anni prima. Era stato lui a riportarlo in vita, ridendo perché non c’era riuscito da solo. Gli era subito stato simpatico e poi, gli aveva suggerito di nascondersi fra i Serpeverde perché… “loro non hanno timore di uccidere e tu, avrai sangue fresco ogni volta che vorrai… ma a patto che non mordi coloro che si trovano che superano o che hanno ancora tempo per superare la Prova. Gli altri saranno tutti tuoi.” 
Così, ogni anno, aspettava che qualche studente non riuscisse a superare la prova per poterlo mordere ed uccidere. Da quando aveva accettato quanto riguardava i maghi non aveva più tentato di fare piazza pulita di tutti loro, ma solo di qualche babbano quando aveva davvero fame. 
Ogni anno ringraziava Loki per averlo riportato in vita. La sua nuova esistenza non era poi così malaccio. 
A volte si divertiva, in più non c’era suo fratello, lì ad infastidirlo. Non aveva problemi e a quanto pareva i cattivi avevano persino il loro fascino oscuro. In più la Casa dei Serpeverde erano dei combattenti e combattere era sempre stata una cosa che lo divertiva molto. 
Giocherellò con la propria spada, non che se ne servisse molto, ma alcune volte tornava utile. 
- Nessuno ha pensato a chiamarmi?- Chiese una voce stridula da una poltrona alla sua destra. Per poco non si prese un colpo quando notò appollaiato sulla poltrona la creatura più assurda che avesse mai visto. Pelle dorata, occhi sgranati ed un abito totalmente fatto a squaglia. Un rettile, ecco cosa gli ricordava. Sgranò gli occhi come a quanto pareva tutti gli altri suoi compagni. Beh, sicuramente la fame gli era passata nel solo momento in cui aveva posato gli occhi su di lui. 
- A quanto vedo, no.- Si alzò di scatto in piedi, prima di fare un inchino fin troppo profondo perché non fosse una presa in giro: - Rumpelstiltskin al vostro servizio. Ora fatemi vedere Loki.- 
Lucius balbettò quando chiese:- V-voi… si-siete il Ca-capocasa?- 
- Certo che sì, solo uno come me poteva esserlo non trovi?- A quel punto scoppiò a ridere con una risata ancora più stridula della sua voce. A Damon venne la pelle d’oca al solo udirla. 
- Lui è lì. – Si decise infine a parlare, indicando il ragazzino che si contorceva sul pavimento. 
Rumpelstiltskin puntò gli occhi su di lui, facendolo deglutire forzatamente. 
- Un vampiro che veglia su di lui. Che cosa strana.- Poi fece un gesto con la mano e si diresse verso il ragazzino. 
Per un attimo gli era parso di vedere quegli occhi accendersi di preoccupazione. 
Damon si guardò attorno alla ricerca di qualcuno e qualcosa che potesse aiutare i due, ma non trovò niente e tutte le persone si erano fatte indietro. 
- Dov’è Cox?- Chiese, qualche secondo dopo. 
La creatura non si voltò nemmeno mentre gli rispondeva:- Immagino che fra qualche minuto sarà qui.- 
Guardò verso la porta per un po’. Il suo rapporto con Cox era nato qualche anno prima quando Ulysses si trovava al primo anno. Lo aveva aiutato per un po’. La sua ironia lo aveva istigato a stringere con lui un buon rapporto, un rapporto d’amicizia niente male. Studiavano assieme e gli spiegava come erano andate davvero le cose, dato che la maggior parte di esse le aveva vissute, per poi prenderlo in giro quando si convinceva di qualcosa di sbagliato. Era andato avanti così. Non erano in molti quelli che si chiedevano come mai uno di quinta fosse amico di un primino, non interessava a nessuno per quanto la cosa fosse piuttosto strana. Al secondo anno si erano un po’ separati soprattutto quando aveva notato in che modo trattava le persone che, ne era convinto, avrebbe adorato senza di lui. L’aveva allontanato per salvarlo dalla sua pressante presenza. 
Infine, quando l’anno prima avevano ristretto i rapporti come un tempo era stato più che contento di scoprire quanto fosse andato avanti con la sua vita. Aveva un fidanzato, seppur fosse un Tassorosso mentre lui si era sempre figurato l’amico con un o una Serpeverde, un’ottima media nelle materie principali e, sopra ogni altra cosa, non aveva mai smesso di essere incredibilmente ironico. La sua ironia era come la corazza dietro alla quale si proteggeva dagli altri e lui lo sapeva bene e lo adorava per quello. Quando gli aveva rivelato chi era davvero, così come era scritto nella sua Prova, lui non se n’era andato come tanti altri, gli aveva invece chiesto se glielo aveva detto perché lo voleva mordere. Aveva riso, negando il tutto. 
Quello era sempre stato il rapporto più stretto che avesse all’interno delle mura di Hogwarts ecco perché tirò un sospiro di sollievo quando lo vide rientrare.
 
 
***
 
 
Quando era tornato dalla cena era ancora arrabbiato. Come cavolo aveva potuto il Preside metterlo a fianco di Uncino e di Cora conoscendo il loro passato?? Appena lo avesse visto da solo lo avrebbe sicuramente strozzato. Era andato nella sua stanza per calmarsi, ripensando a quante volte Uncino avesse tentato di farlo parlare, con modo tutt’altro che gentili. Avrebbe potuto scommettere che avesse agito per divertirsi alle sue spalle ben consapevole che presto avrebbe perso quella poca pazienza che gli restava. D’altro canto non era famoso per la pazienza, tutt’altro. Varie volte avrebbe voluto vendicarsi per il rapimento della ormai defunta ex moglie. In quella scuola dove si trovavano i suoi peggiori nemici, in particolare Uncino, non aveva però la possibilità di vendicarsi di tutti loro, non davanti a tutti quegli studenti, per lo meno. Così aveva passato ogni momento della cena a tentare di ignorare la presenza dei vicini. Aveva osservato gli studenti, per niente dispiaciuto della visuale che si aveva da quel tavolo e si era concentrato come non mai quando aveva sentito chiamare il nome di Loki.
Lo ricordava bene quando lo aveva conosciuto, seppur all’epoca le loro parti erano capovolte. All’epoca era lui il più debole e il più giovane fra i due, in quel momento invece Loki era un ragazzino spaventato a morte che tremava come una foglia e che lanciava sguardi terrorizzati al fratello Thor. Lo aveva guardato avvicinarsi al Cappello e per poco non si era inciampato sui propri piedi, al che lui aveva fatto uno scatto quasi a volergli correre in soccorso, subito fermato da Cora, che lo aveva guardato con sguardo di ghiaccio e dall’uncino del suo peggior nemico che si era posato sul suo petto e lo aveva sospinto a rimettersi seduto.
Scossè la testa, per scostarsi da tali pensieri e tornò con la mente a qualche minuto dopo la Cena, quando si era deciso per andare dal Preside.
All’inizio si era aspettato di trovarlo in camicia da notte o per lo meno in vestaglia, si era persino aspettato che gli dicesse che non era esattamente il momento giusto per fargli visita, data la tarda ora. Era da poco passate le dieci, in effetti. Poi si era accorto che questo non poteva essere dato che i gargoyle di pietra si erano spostati senza fare tante storie come, invece, succedeva quando il Preside non c’era. Aveva deciso di andare dal Preside a piedi per sgranchirsi le idee, oltre alle gambe. Non era mai stato un amante delle camminate, come ben si poteva comprendere dal bastone a cui si appoggiava ogni volta, ma in alcuni momenti preferiva camminare all’apparire alla presenza altrui.
In più era per rispetto della funzione Presidenziale occupata da quell’uomo che si sarebbe dovuto graziare se avesse voluto ritrovare suo figlio, per quanto non fosse mai stato molto propenso a volgere la sua simpatia per Silente in particolare.
Sicuramente, però non si era aspettato di trovarsi davanti alla scena che assistette. Il Preside era seduto dietro alla scrivania con un plico di documenti davanti ai propri occhi, e fino a lì tutto sembrava tranquillo. La fenice in un angolo risorgeva dalle proprie ceneri e, lì, fra tutte quelle carte e quegli oggetti dai molteplici utilizzi si trovava quello che aveva tutta l’aria di essere un bambino, se non avesse avuto quell’atteggiamento tanto femminile seduta su una sedia dall’alto schienale proprio di fianco al Preside. Il piccolo o la piccola qual dir si voglia non doveva avere più di sette anni ed era arzillo come non mai. Avrebbe scommesso che per essere sveglio quella sera avesse riposato per gran parte del pomeriggio.
- Oh, Rumpelstiltskin, ti stavamo aspettando!- Disse il Professor Silente, come gradiva essere chiamato, scostando lo sguardo da quello che aveva tutta l’aria di essere una trottola magica che stavano provando lui e il bambino per rivolgere l’attenzione su di lui.
- Professore.- Lo salutò, a quel punto, un ghigno in bella vista sul suo volto dorato ed un inchino fin troppo profondo per essere reale. – E lui è…?-
- Lui è il Professor Gold… lei, invece, è Christal Ribelle.- Rispose il Preside, osservando la piccola, a quanto pareva, sorridergli smagliante e facendo le presentazioni del caso.
La bambina si alzò dalla sedia e tentò di fare un inchino, prendendosi con entrambe le mani il lembo del vestitino che portava.
Aveva conosciuto davvero poche Christal Ribelle per non restarne sconvolto, ancor di più a causa della consapevolezza di chi un tempo fosse stato il nome, ma scosse il capo nel tentativo di non pensarci.
- Non credevo fossero ammessi bambini tanto giovani nella scuola.- Disse, ponderando le sue parole ed osservando con attenzione la piccola. All’inizio l’aveva scambiata per un maschietto a causa del abito che indossava che era dei più strani. Indossava una camicia bianca e pantaloni neri con l’orlo ricamato in oro. A un fianco pendeva uno spadino, di piccole dimensioni a causa dell’età, mentre sulla sedia era appoggiata la giacca rossa con altri ricami dorati e una fascia nera in parte anch’essa dorata.
In un angolo del tavolo un cappello a tricorno faceva la sua apparizione. Il cappello era in parte ricoperto di piume, ma non abbastanza per nascondere la sua ovvia appartenenza alla pirateria. Quella bambina era cresciuta con i Pirati, non serviva un esperto per notarlo.
- Oh,- sentì rispondere il Preside – Lei vivrà per un po’ qui vicino, sulla nave. Ho, quindi, trovato giusto farle vedere alcune delle meraviglie della scuola, dato che, come sospetto, passerà molto tempo in questa scuola.-
La bambina continuò a fissarlo, gli occhi castani così simili a… no, quello era impossibile.
- Tu sei… - S’interruppe, guardando il Preside come in conferma della propria ipotesi, per poi tornare a fissare lui, senza attendere una risposta a quella domanda silenziosa. – Il mio papà?-
Di tutto quello che si era aspettato di sentirsi dire quello non era esattamente ciò che avrebbe creduto possibile udire. Lui non aveva figli che fossero cresciuti con i pirati. A meno che… sbattè le palpebre risvegliandosi da quella domanda e dal quel momento.
- No, no. Questo è impossibile…- Si era voltato ed era praticamente scappato da là. Era sempre stato un vigliacco. Era conosciuto per la sua vigliaccheria ed anche in quel momento si era dimostrato come tale. Non si era accorto di aver lasciato una bambina in lacrime, né che avesse tentato di raggiungerlo. Non se n’era accorto, ma anche se lo avesse visto non l’avrebbe creduto possibile.

Si risvegliò totalmente dai suoi pensieri tornando a guardare lo studente che aveva di fronte.
Loki si era appena ripreso e stava aprendo gli occhi.

 




Dunque, che dire di questo capitolo? Non c'è molto da aggiungere, in effetti.

1. Per ogni Casa ci sarà un capitolo a sestante, quindi la prossima vi avverto già che sarà Corvonero. Ho voluto dedicare il capitolo principalmente ai Nuovi Personaggi (quella di Hunger Games l'ho riconosciuta meglio come una Corvo e non una Serpe, per via del carattere.).

2. Ho modificato la Casa, così come ho fatto con tutte quante. Non aspettatevi che segua troppo le indicazione della Rowling, anche perchè non tutte mi sembrano così affascinanti come potrebbero essere, almeno secondo me.

3. Cosa ne pensate di Cox? Io temo di averlo reso troppo dolce Cox, ma quando tratto sul suo personaggio do di matto ed il mio lato da incredibile romantico fuoriesce e si dimentica di portare con se tutto il resto del corpo.

4. Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Vi rigrazio tutti per seguire la storia in varie maniere (metterle fra le preferite/seguite/ricordate, recensirla o leggerla e basta).

5. Cosa aspettate a mandarmi altri fandom o personaggi vari di fandom vari (un OC per fandom). Le due che volevano inviarmi i nuovi  personaggi e i fandom, su fatelo il prima possibile. Ovviamente lo potete fare tutti, anche chi non è iscritto a EFP, mandandomi la proposta sulla mia Pagina Facebook ( http://www.facebook.com/MissRiddleStarkey
o scrivendomi per messaggio privato. 
6. Per quanto riguarda il vestito di Christal Ribelle, l'ho presa dal film Hook- Capitano Uncino con Robin Williams

 Image and video hosting by TinyPic
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Miss Loki_Riddle Gold