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Autore: LindaBaggins    25/01/2015    4 recensioni
Fu sorpreso del lucchichío di determinazione nei suoi occhi, e ancora di più della fermezza della sua voce quando parlò:
«Hai in casa tredici nani esausti, bagnati fradici e, con molta probabilità, affamati. Mi sembra che tu abbia bisogno di aiuto.»
[...] Bard sospirò e non riuscì a fare altro che fissarla senza dire nulla. Ana lo guardava con il più rassicurante dei sorrisi, e il primo, bizzarro pensiero che gli attraversò la mente fu che quel giorno, con il naso arrossato dal freddo e quel piccolo ciuffo di capelli castani che spuntava dal berretto, era particolarmente bella.

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Ana e Bard si conoscono da sempre, ma tra loro non c'è mai stato altro che amicizia. Ma l'arrivo in città della compagnia di Thorin Scudodiquercia porterà un certo scompiglio, e molte cose non saranno più come prima ...
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bard, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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IV.
 


Per un attimo, Ana sembrò vacillare.
«Che cosa?» domandò, fissandolo attonita. «Che vuol dire spariti
Bard sospirò e si passò una mano sul viso. Era ad un passo dal farsi sopraffare dal panico, ma sapeva che non poteva permetterselo. Doveva restare lucido.
«Mi sono assentato da casa per un po’» spiegò «e quando sono tornato se n’erano andati.»
Ancora non riusciva a credere di essere stato così stupido. Come aveva potuto pensare che sarebbero stati lì buoni buoni a farsi bastare gaffe, arpioni e mazzapicchi, e non avrebbero cercato di procurarsi da soli delle vere armi? Come aveva potuto pensare che Bain e la ragazze sarebbero riusciti a tenere testa a tredici nani più uno hobbit, impedendo loro di uscire di casa? Sarebbe dovuto rimanere, non avrebbe mai dovuto lasciarli soli …
Eppure, non aveva potuto farne a meno. Quel nome, il nome del capo della compagnia, sfuggito di bocca a Balin senza volerlo, continuava a martellargli nella testa, ossessionandolo.
Thorin.
Thorin.
Thorin …

Non era riuscito a capire, all’inizio, perché smuovesse qualcosa nei recessi della sua memoria, perché gli suonasse tanto familiare ed evocasse immagini della sua infanzia, di fredde sere d’inverno e di storie raccontate da sua nonna davanti al fuoco. Era stato solo quando, folgorato da un’idea improvvisa, era corso nel negozio di Cheld e aveva trovato il pezzo mancante del mosaico, che finalmente era riuscito a dare un senso a ciò che era successo quella mattina.
Vide Ana passarsi una mano tra i capelli e inspirare a fondo, cercando di mettere in ordine le idee, e per un attimo si pentì di essere venuto a cercarla. Per la seconda volta nell’arco di quella giornata, la stava coinvolgendo in qualcosa da cui avrebbe fatto molto meglio a lasciarla fuori. Ma aveva bisogno di qualcuno che lo aiutasse a cercare quei nani, e Ana era l’unica a cui poteva rivolgersi.
«D’accordo» disse finalmente la ragazza. «Cerchiamo di ragionare. Non possono essere usciti dalla città senza l’aiuto di qualcuno, ci sono guardie ad ogni ingresso. Hai idea di dove possano essere andati?»
Bard si guardò intorno nervosamente. Purtroppo, aveva un’idea abbastanza precisa al riguardo. «Spero di sbagliarmi» rispose in un soffio. «Ma credo che siano diretti all’armeria.»
Ana lo fissò a lungo, come se cercasse di capire se diceva sul serio oppure no. «E cosa te lo fa pensare?» chiese alla fine.
Bard chiuse gli occhi e inspirò profondamente. Doveva dirglielo, non c’erano alternative.
«Il compito per il quale mi hanno pagato non consisteva solamente nel farli entrare in città di nascosto» spiegò a mezza voce, evitando il suo sguardo. «Dovevo anche … procurare loro delle armi. Tutto ciò che sono riuscito a trovare sono stati arpioni, mazzapicchi e qualcos’altro messo insieme alla meglio con arnesi da pesca, ma a quanto pare non le hanno trovate di loro gradimento. Sono uscito di casa per una mezz’ora, e quando sono tornato non c’erano più.»
«Aspetta un attimo, aspetta un attimo!» lo interruppe Ana, sconcertata, cercando di non alzare troppo la voce. «Armi, hai detto? Perché stamattina non me ne hai parlato?»
«Perché non volevo turbarti, mi sembra evidente!»
«Certo! Infatti adesso che l’ho scoperto in questo modo mi sento molto più tranquilla!» Sospirò, ma più che arrabbiata sembrava rassegnata. «Aspetta qui» bisbigliò rientrando in casa.
Bard la guardò sparire dentro lo spiraglio di luce giallastra della porta socchiusa, e subito dopo la sentì parlottare con Percy con il tono di voce più tranquillo e normale possibile. Captò qualche parola simile a “vestito”, “troppo lungo” e “casa di Bard”, poi poté udirla distintamente dire: «Non ci metterò molto, tornerò prima che tu te ne vada.»
Dopo qualche secondo Ana uscì di nuovo nella penombra della sera, il mantello avvolto intorno alle spalle e un berretto calcato sulla testa per proteggersi dal freddo pungente.
«Forza, andiamo» lo incitò sottovoce.
L’ondata di gratitudine che dilagò nel petto di Bard, unita ad un altrettanto acuto senso di colpa, fu tale che non riuscì nemmeno a trovare le parole per rispondere. Si limitò a seguirla in silenzio lungo la strada che costeggiava il canale e poi attraverso il ponte, al di sopra del cupo sciabordio dell’acqua ormai ridotta ad una gelida massa scura.
Camminarono fianco a fianco per diversi minuti senza scambiarsi neanche una parola, con soltanto il rumore sordo dei loro passi a spezzare il silenzio carico di tensione che era calato tra di loro. I loro respiri si condensavano in piccole nuvolette, e nell’aria cominciava ad avvertirsi un vago sentore di neve.
Raggiunti i confini della zona residenziale sud, quella in cui viveva Ana con la sua famiglia, Bard fece cenno di svoltare a sinistra e dirigersi verso ovest. Avrebbe allungato un po’ il tragitto per arrivare all’armeria, ma voleva evitare a tutti i costi di tagliare per la piazza del municipio: davanti al palazzo del Governatore ci sarebbero state sicuramente delle guardie di ronda, e l’ultima cosa che desiderava era farsi vedere in giro a quell’ora insolita.
Stavano per attraversare un incrocio, quando Bard si bloccò di colpo e fece scattare il braccio teso verso sinistra, davanti ad Ana. Delle voci e dei passi venivano verso di loro da una delle strade alla loro destra, echeggiando sinistramente nella penombra. Bard rispose allo sguardo interrogativo di Ana premendosi silenziosamente il dito indice sulla labbra, e le fece cenno di attendere.
«Dobbiamo muoverci con discrezione» le spiegò sottovoce una volta che le voci, poi rivelatesi quelle di tre semplici passanti, li ebbero superati e si furono allontanate. «Il Governatore aspetta solo un pretesto per farmi arrestare. Sono riuscito a passare sotto il naso delle spie che controllano casa mia per pura fortuna.»
Ana annuì in silenzio, ma dallo sguardo che gli lanciò sembrava turbata. Forse stava iniziando solo in quel momento a rendersi conto di quanto fosse acuta l’ostilità del Governatore nei suoi confronti, di quanto alto fosse il rischio che correva.
Mentre costeggiavano il canale grande, tenendosi il più possibile vicino alle case per confondersi con le ombre, Bard si ritrovò a respirare più liberamente rispetto a qualche minuto prima. La presenza familiare di Ana riusciva sempre a tranquillizzarlo, e anche questa volta non era stata da meno: il cuore non sbatacchiava più così insistentemente nel petto, e la tensione che gli irrigidiva il collo sembrava essersi allentata. Sbirciò con la coda dell’occhio in direzione di Ana e la osservò di sottecchi camminare al suo fianco in silenzio, le sopracciglia aggrottate e il passo deciso. Per l’ennesima volta, si stupì dell’effetto benefico che quella ragazza aveva su di lui: era ancora preoccupato per i guai che quei nani avrebbero potuto portare, ma la sensazione di puro panico che aveva provato quando era uscito di casa perlomeno adesso era sparita.
«Queste armi di cui parli …» esordì Ana sottovoce, spezzando il silenzio. «A cosa dovrebbero servire, esattamente?»
Bard deglutì. Non le aveva ancora raccontato tutto quello che sapeva, ma sentiva che adesso era il momento di farlo. Glielo doveva. Stava mettendo a rischio la sua incolumità per aiutarlo.
«C’è qualcosa che devi sapere» rispose lentamente, la faccia scura. «Il loro capo, il nano dai lunghi capelli scuri … beh, uno degli altri si è fatto sfuggire il suo nome.» Fece una pausa, stringendo i denti. «Si chiama Thorin. Ti dice niente?»
Ana aggrottò le sopracciglia scure e per qualche secondo parve riflettere. «No, non direi …» rispose alla fine, perplessa. «Dovrebbe?»
«Non riuscivo a liberarmi dalla sensazione di averlo già sentito,» continuò Bard, scrutando ansiosamente ogni angolo buio per paura di imbattersi in qualche brutto incontro «così sono andato da Cheld e ho cercato un vecchio arazzo che ricordavo di aver visto tempo fa, che raffigurava la genealogia degli eredi di Durin.» Si voltò per fissarla intensamente negli occhi. «L’ultimo nome della discendenza è Thorin, Ana.»
Vide gli occhi verdi della ragazza allargarsi per la sorpresa e la sua bocca aprirsi leggermente. Il ritmo del suo respiro aumentò sensibilmente sotto la stoffa del mantello, e per Bard non ci furono dubbi che avesse capito perfettamente a cosa si riferiva.
«Quindi … quindi è vero» balbettò Ana, senza riuscire a smettere di fissarlo incredula. «La profezia … Credevo che fosse soltanto una vecchia storia per spaventare i bambini!»
«Lo pensavo anche io» rispose Bard cupo. «E, credimi, non ho mai desiderato tanto sbagliarmi come in questo momento.»
Ana tacque per diversi secondi, tornando a fissare lo sguardo dritto davanti a sé. Bard capì che stava cercando di assimilare come meglio poteva quello che aveva appena sentito, e che la sua mente rifletteva febbrilmente su quali avrebbero potuto essere le possibili conseguenze. Lui, purtroppo, le aveva fin troppo chiare, e il solo pensiero lo faceva sprofondare in un orrore tale da togliergli il respiro.
Ma tutto si disferà con tristezza, e il lago brillerà e brucerà.
Strinse ancora una volta i denti e contrasse un pugno, sperando che il suo turbamento non trasparisse troppo all’esterno. Fortunatamente, quando si voltò di nuovo, il volto di Ana aveva recuperato la stessa durezza e la stessa determinazione di quando era uscita di casa per seguirlo in quell’impresa folle. Se aveva paura, di certo non lo dava a vedere, e Bard si rese conto che non avrebbe mai ammirato abbastanza la sua fermezza e il suo sangue freddo. Non aveva mai conosciuto nessuna donna come lei. Mai.
Superarono il ponte e si addentrarono nel quartiere dei mercanti a nord della città senza essere ancora incappati in nessun inconveniente. A quell’ora le strade, complice il freddo gelido della sera, erano pressoché deserte: la maggior parte delle persone era chiusa in casa a consumare un misero pasto davanti al fuoco, oppure in qualche taverna a scaldarsi con uno o due bicchieri di vino forte, perciò fu abbastanza facile attraversare buona parte della città passando inosservati. Avrebbero dovuto camminare ancora un po’, prima di arrivare all’armeria, e allora sarebbe cominciata la parte difficile: l’edificio, infatti, ospitava anche il quartier generale e gli alloggi delle guardie di Pontelagolungo, e i dintorni sarebbero brulicati di uomini armati.
«Che cosa ti fa pensare che potrei aiutarti a riportarli a casa?» bisbigliò all’improvviso Ana mentre si aggiravano tra il labirinto di case. «Noi siamo solo due, loro sono quattordici. E piuttosto determinati, mi è parso di capire.»
Era una domanda sensata, a cui Bard non era sicuro di saper rispondere. Non aveva idea del perché, appena scoperto che i nani erano scappati, aveva deciso di andare da Ana. Sapeva solo che il suo viso gli si era materializzato davanti e che i piedi l’avevano portato istintivamente a casa sua, come se sapessero che era la cosa giusta da fare. Forse aveva soltanto bisogno di un contatto umano, di qualcosa che lo rassicurasse e gli facesse credere che quella cosa sarebbe ancora potuta finire bene. Perché, al momento, non ne era affatto sicuro.
«Può darsi che in due riusciremo a convincerli a desistere» azzardò, ma persino alle sue orecchie il tono non suonò troppo convinto.
Ana gli rivolse una breve occhiata accompagnata da un sorriso sghembo. «Sono lusingata» disse, ironica. «Non sapevo che tu mi ritenessi in possesso di tali doti diplomatiche.»
«Chiunque riesca a sedare una lite tra i miei figli deve avere per forza uno spiccato senso della diplomazia» replicò Bard.
Per una frazione di secondo i loro sguardi si incrociarono, e le labbra di entrambi di piegarono in un sorriso divertito. Bard sentì il suono di una risata sommessa emergere pian piano dalla gola di Ana, che camminava ancora al suo fianco a passo svelto. Le fu grato di quel momento di leggerezza sopraggiunto a spezzare la tensione: per un breve, meraviglioso attimo riuscì persino a dimenticare il motivo per cui si trovavano in giro per la città a quell’ora tarda; per un attimo i nani, l’armeria, la profezia, le guardie e il pericolo incombente sparirono, e ci furono soltanto lui e Ana che passeggiavano fianco a fianco in una sera d’inverno, ridendo e crogiolandosi nella familiare sicurezza della reciproca compagnia.
Poi, improvvisamente, il presente tornò. Un rumore di passi pensanti in avvicinamento squarciò brutalmente la bolla di momentanea tranquillità che si erano costruiti intorno, facendolo tornare vigile e all’erta. Ana invece sembrava non essersi accorta di nulla, perché, ancora con una lieve risata che le aleggiava sul viso, sia accingeva a oltrepassare l’angolo dell’edificio che stavano costeggiando.
Successe tutto in meno di un battito di ciglia. Il braccio di Bard si mosse quasi di sua spontanea volontà, andando ad afferrare la ragazza e tirandola energicamente indietro, verso di sé, nell’ombra. Si ritrovarono schiacciati contro il muro della casa, il cuore che rimbombava loro nelle orecchie, mentre un manipolo di guardie spuntava da dietro l’angolo. Ci fu un terribile attimo in cui Bard, sicuro che li avrebbero visti, strinse spasmodicamente gli occhi e attese l’ineluttabile momento in cui avrebbe sentito il silenzio squarciato dal grido di allarme. Ma il buio sembrò nasconderli bene, perché i soldati passarono oltre senza voltarsi, ignari della loro presenza, e si allontanarono lungo la strada, verso ovest, per continuare il loro giro di pattuglia. Bard e Ana non si mossero subito. Rimasero immobili ancora per diversi secondi, osando a malapena respirare, mentre i passi delle guardi si facevano sempre più lontani e indistinti, fino a scomparire. Solo quando intorno a loro calò di nuovo il silenzio più completo, e i soli rumori udibili furono lo sciacquio dell’acqua e il cigolare delle barche nel canale poco lontano, Bard si azzardò finalmente ad aprire gli occhi. Il senso della realtà si abbatté su di lui di colpo, e si rese conto solo in quel momento che stava tenendo Ana stretta contro il suo fianco, un braccio avvolto intorno alla sua vita sottile per impedirle di muoversi. Le mani della ragazza stringevano ancora spasmodicamente i lembi del suo cappotto sdrucito, e il suo viso era affondato sulla sua spalla, forse nel tentativo di attutire il rumore del suo respiro spaventato. L’intimità di quel contatto, il calore del corpo di Ana contro il suo, turbarono Bard più di quanto si sarebbe aspettato. Per un attimo, gli parve che la semplice azione di immettere aria nei polmoni fosse diventata difficilissima, e fu sorpreso quando sentì che il suo cuore, invece che rallentare pian piano la sua corsa per il sollievo dello scampato pericolo, continuava a pulsare furiosamente nel petto. Incontrò lo sguardo di Ana, il viso a poca distanza dal suo, e lesse nei suoi occhi lo stesso sconcerto che lui stava provando in quel momento. Rimasero a guardarsi per un attimo, troppo imbarazzati per muovere un solo muscolo, ma poi le mani di Ana lasciarono bruscamente il suo cappotto e la ragazza si staccò da lui come scottata.
«Se ne sono andati» osservò, evitando il suo sguardo e muovendo un paio di passi indietro. «Forse dovremmo proseguire.»
Bard si disse d’accordo. Notò che le guance e le orecchie della ragazza erano diventate rosso porpora, e si maledì per averla stretta così forte. La paura di essere scoperti l’aveva reso a malapena cosciente di quello che faceva, la necessità di proteggere lei e se stesso l’avevano spinto ad agire istintivamente. E tuttavia non poteva ignorare come si era sentito quando se l’era ritrovata così vicina, quando aveva alzato su di lui i suoi occhi verdi. Le reazioni del suo corpo a quel contatto l’avevano spaventato, perché non credeva di poter ancora provare sensazioni del genere. Non dopo otto anni. Non con quell’intensità. Non per Ana.
Si passò una mano sul viso e si apprestò a seguirla, sbattendo ripetutamente le palpebre come se cercasse di svegliarsi da un sogno. Doveva rimanere lucido. Non poteva permettersi di abbassare la guardia, non adesso che avevano quasi raggiunto la loro meta. Gli sarebbe servita tutta la sua presenza di spirito per riportare a casa quei nani, e soffermarsi su quei pensieri non l’avrebbe certo aiutato.
Proprio in quel momento, come se l’avesse evocata, la sagoma del quartier generale delle guardie, con la sua torre massiccia che svettava al di sopra dei tetti delle case, iniziò a stagliasi contro il cielo scuro. I loro movimenti si fecero, se possibile, ancora più cauti e guardinghi. Bard notò che Ana, adesso,  sembrava molto più nervosa. L’incontro con quelle guardie doveva averla spaventata, perché continuava a guardarsi intorno con aria inquieta, voltandosi di scatto a ogni fruscio.
In breve riuscirono ad arrivare in vista dell’entrata principale dell’edificio. Era presidiata da due guardie immobili ai lati della porta, mentre altri soldati stazionavano a gruppetti nello spiazzo antistante, chiacchierando tra sé e ridacchiando, alcuni in attesa di iniziare il loro turno di pattuglia e altri in procinto di andarsene a dormire. Bard deglutì, la sicurezza che iniziava seriamente a vacillare. Avrebbero dovuto muoversi nel più totale silenzio, se non volevano attirare l’attenzione, e visto il temperamento dei nani, dubitava che sarebbero stati in grado di raggiungere lo scopo. Ma dovevano almeno tentare.
Fece cenno ad Ana di seguirlo senza fare il minimo rumore, e si diresse verso destra, allontanandosi dalla parte anteriore del quartier generale. Aggirarono l’edificio, cercando di tenersi il più possibile nascosti nelle ombre delle case circostanti e sobbalzando ogni volta che un rumore insolito arrivava a rompere il silenzio, certi che da un momento all’altro sarebbe comparso un manipolo di guardie a mettere fine alla loro avventura. Incredibilmente, tuttavia, non successe niente di tutto questo, e riuscirono a raggiungere il retro dell’edificio senza incappare in nessun inconveniente.
«Bard!» sibilò Ana, tirandolo per una manica. «Guarda là!»
Bard seguì con lo sguardo la direzione indicata dal suo dito, e il cuore gli fece un balzo nella gola. Ai piedi della torretta nella quale si trovavano le stanze dell’armeria, c’era una parte del gruppo dei nani, che scrutava ansiosamente la finestra in alto come se fosse in attesa di qualcosa. Tra gli altri, Bard intravide la testa pelata e gli avambracci possenti di Dwalin, la barba bianca di Balin e la criniera bionda di Fili.
«Devono aver fatto entrare gli altri dalla finestra mentre loro rimanevano di guardia» bisbigliò. «Dobbiamo andare a parlargli, Ana. Se il resto del gruppo è già dentro, non ci rimane più molto tempo.»
La ragazza annuì e lo seguì fuori dal cerchio d’ombra delle case. Soltanto un ponte li divideva dai nani, e Bard si ritrovò improvvisamente a pensare che, forse, quella faccenda avrebbe potuto non concludersi nel modo tragico in cui se l’era figurata all’inizio. Il fatto che tra i nani rimasti di guardia ci fosse Balin lo faceva sperare: finora si era dimostrato il più saggio e il più ragionevole della compagnia, ed era stato l’unico a cercare di fa ragionare Thorin quando questi aveva rifiutato con tanto disprezzo le armi che lui gli aveva procurato.
Li sentirono arrivare quando erano ancora a metà del ponte, e subito sui loro volti si dipinse un’espressione allarmata.
«E’ il chiattaiolo!» li sentì bisbigliare tra sé, increduli. «E c’è anche la ragazza!»
«Cosa ci fanno qui?»
«Vogliono consegnarci alle guardie!»
Anche se, ad eccezione di Dwalin e Fili, non erano certo i più combattivi e i più coraggiosi del gruppo, si misero subito sulla difensiva, mostrando loro i pugni e fissandoli con aria più minacciosa possibile.
«Calmatevi!» esclamò Ana a voce più bassa possibile, allargando le braccia. «Calmatevi! Non abbiamo cattive intenzioni! Siamo venuti solo per parlare!»
I nani si scambiarono delle occhiate sospettose, ma lasciarono lo stesso che Bard e Ana attraversassero il Ponte e li raggiungessero.
«Che cosa volete?» ringhiò Dwalin quando furono più vicini, fissandoli con gli occhi scuri stretti in un’espressione feroce. «Questi non sono affari che vi riguardano!»
«Oh, io invece credo che lo siano, mastro Dwalin!» replicò aspro Bard, facendo un passo in avanti e stringendo i pugni. «Questo non rientrava nei patti!»
Sentì la mano di Ana posarsi leggermente sul suo braccio, e la vampata di rabbia che gli era montata alla testa sembrò placarsi come per magia. Capì di non essere affatto partito con il piede giusto. Se voleva riuscire a persuadere quei cocciuti di nani ad abbandonare i loro propositi, doveva mostrarsi meno ostile.
«Quello che Bard sta cercando di dirvi, è che con questo colpo di testa state mettendo a repentaglio la sicurezza di tutti» intervenne Ana in tono più conciliante, ma senza nascondere una nota di apprensione nella voce. «Vi rendete conto di quello che potrebbe succedere se vi catturassero? Quello che potrebbe succedere a Bard se scoprissero che vi ha aiutato?»
«Voi non capite!» replicò con veemenza Fili, facendosi avanti. Bard ricordò che era stato lui, quella mattina, a fare gli occhi dolci a sua figlia, e non riuscì a trattenersi dal lanciargli un’occhiata ostile. «Questo colpo di testa, come lo chiami tu, è di importanza vitale per noi!»
«Fili!» lo ammonì Balin, lanciandogli un’occhiata eloquente. Era evidente che voleva impedirgli di lasciarsi sfuggire qualsiasi informazione riguardo alla loro missione, ma quello che non sapeva è che lui e Ana erano già al corrente di tutto. La ragazza, infatti, gli lanciò una rapida occhiata significativa prima di tornare a rivolgersi ai nani.
«Non ne dubito, davvero» disse, rassicurante. «E vi chiedo scusa se ho sminuito … qualsiasi cosa stiate cercando di fare. Non era mia intenzione.»
«Ma ci sono altri modi in cui potremmo aiutarvi» intervenne Bard a darle man forte, questa volta in tono meno tagliente. «Modi meno rischiosi per voi e per noi.»
Dwalin e Fili non abbassarono lo sguardo e non smisero di fissarli con aria di sfida, ma Bard non poté fare a meno di notare le espressioni incerte che passarono come ombre negli occhi di degli altri. Evidentemente, intuì, non tutti avevano approvato fino in fondo la decisione di compiere un’azione avventata come introdursi nell’armeria di una città sconosciuta. Vide Balin fissarsi insistentemente la punta delle scarpe, e capì che dovevano battere il ferro finché era caldo. Anche Ana parve intuirlo, perché parlò loro di nuovo, l’urgenza nella voce ancora più palpabile.  
«Vi prego» li implorò «richiamate i vostri compagni e dite loro di tornare a casa di Bard, al sicuro! Troveremo un altro modo, ve lo prometto! Lasciateci solo il tempo di …»
Non ebbe il tempo di finire la frase. In quel preciso momento, un terribile frastuono proveniente dall’interno dell’armeria ruppe il silenzio, risuonando cupo nella fredda aria della sera. Bard sentì il sangue ghiacciarsi nelle vene, e per diversi secondi dimenticò di respirare. Vide i nani voltarsi istintivamente verso la finestra in alto e poi scambiarsi delle occhiate sconvolte, pallidi in volto. Fu allora che capì che era finita, e che la loro ultima possibilità di arginare quella marea stava sfumando una volta per tutte.
Sentì la mano di Ana stringersi intorno al suo gomito. «Dobbiamo andarcene!» bisbigliò la ragazza allarmata, strattonandolo. «Adesso!»
Bard capì che aveva ragione. Da un momento all’altro sarebbero arrivate le guardie, e se li avessero trovati lì avrebbero potuto pensare che fossero in qualche modo coinvolti. Il che era in parte vero, ma non era certo colpa loro se quegli sconsiderati di nani si erano incaponiti nel volersi procurare a tutti i costi delle armi, contravvenendo ai patti e imbarcandosi in quell’impresa suicida. Bard non voleva avere più nulla a che fare con tutto questo. I suoi obblighi nei loro confronti, ormai, erano esauriti.
Seguì Ana lungo il ponte, correndo nella direzione da cui erano venuti, lasciandosi rapidamente alle spalle l’armeria e i nani ancora in preda al panico. Si sorprese che ancora non fossero fuggiti: evidentemente non volevano lasciare indietro i compagni che erano entrati nell’armeria, e Bard, per un breve attimo, non poté che provare ammirazione per la loro lealtà.
Raggiunsero le abitazioni al di là dello stretto canale e si schiacciarono contro il muro di una casa, nascosti nell’ombra, respirando affannosamente per la corsa e per lo spavento. Il frastuono metallico che era esploso nell’armeria echeggiava ancora nelle orecchie di Bard, mescolandosi al rumore del suo cuore martellante. Si sporse leggermente oltre il muro della casa e sbirciò verso il quartier generale, attento a non uscire troppo dall’ombra. Da lì aveva una buona visuale del retro dell’edificio, e poté assistere all’arrivo di due guardie che, proprio mentre i nani in preda al panico cercavano di scappare, bloccarono il passaggio, puntando contro di loro le lance.
Istintivamente, Bard si ritrasse e tornò a schiacciarsi contro il muro della casa, il sudore freddo che gli colava dal collo dentro i vestiti. Incontrò lo sguardo di Ana e le lesse negli occhi la sua stessa paura.
«Li hanno presi» sussurrò. «Dobbiamo allontanarci da qui, e alla svelta!»
Ana assentì, le narici dilatate nello sforzo di controllare il respiro. L’espressione di coraggiosa determinazione nei suoi occhi contrastava talmente con l’apparente delicatezza del suo viso arrossato dal freddo, che Bard, cedendo quasi senza rendersene conto all’istinto di protezione, la prese per mano e le fece cenno di seguirlo.
Nei pressi del quartier generale delle guardie, adesso, stava cominciando ad esserci un po’ di tumulto. Il frastuono proveniente dall’armeria e le grida delle guardie avevano raggiunto le orecchie di molti, e diversa gente si sporgeva dalle finestre o dagli spiragli delle porte, parlottando tra sé e lanciandosi occhiate interrogative. Bard deglutì e strinse ancora di più la mano di Ana nella sua. «Cammina come se niente fosse» le bisbigliò. «Non dobbiamo attirare l’attenzione.»
Ana gli restituì la stretta, facendogli capire che aveva sentito.
Svoltarono un paio di angoli senza incontrare nessun ostacolo, e Bard, poco a poco, sentì la tensione allentarsi, anche se i suoi sensi continuavano a rimanere all’erta.
«Se vuoi insultarmi per averti coinvolto, sappi che hai tutto il diritto di farlo» disse ad Ana a bassa voce, scrutando ansiosamente la strada che stavano percorrendo.
«Non tentarmi» lo ammonì lei in risposta, ma anche senza guardarla Bard poté avvertire l’ironia nella sua voce, e capì che stava sorridendo. Si voltò per sorriderle a sua volta, di nuovo invaso dalla gratitudine, ma proprio in quel momento delle figure armate spuntate da dietro l’angolo di una casa comparvero a sbarrare loro il cammino.
«Bene bene bene» gongolò una voce bassa, sgradevole e fin troppo familiare. «Cosa abbiamo qui?»
Bard e Ana si voltarono, lentamente. Davanti a loro, a pochi centimetri dai loro volti, c’erano le punte acuminate di quattro lance che scintillavano sinistramente nella scarsa luce della sera, e all’estremità opposta di esse c’erano altrettanti soldati che li fissavano con espressione minacciosa. Accanto a loro, Braga, il capitano delle guardie del Governatore, li squadrava con una smorfia di soddisfazione dipinta sulla brutta faccia rossastra.
«E’ un piacere rivederti dopo così poco tempo, mastro Bard» ghignò l’uomo, puntando su di lui i suoi piccoli e scintillanti occhi porcini. Bard ebbe lo sgradevole presentimento che non sarebbe stato facile districarsi da quella situazione: Braga non aveva preso molto bene le allusioni riguardo a sua moglie, quella mattina al mercato, ed era evidente che non vedeva l’ora di vendicarsi di lui.
«Il piacere è mio, Braga» rispose tuttavia, cercando di comportarsi con naturalezza. «A cosa devo questo incontro inaspettato?»
Il capitano delle guardie fece scattare lo sguardo da lui ad Ana, poi tornò a fissarlo. «C’è un motivo particolare per cui tu e la tua amica ve andate in giro per la città a quest’ora della sera?» domandò, malevolo. «Una passeggiata al chiaro di luna, forse?»
Bard, colto dall’imbarazzo, ritrasse istintivamente la mano da quella di Ana nello stesso momento in cui la ragazza ritirava veloce la sua. Restituì a Braga uno sguardo carico di astio, fissando gli occhi nei suoi con aria di sfida. «Non mi risulta che sia illegale andare in giro per le strade» gli fece notare, con voce tagliente.
La bocca di Braga si stirò in un bieco sorriso che scoprì i suoi larghi denti giallastri. «Io non ne sarei così sicuro» replicò con deliberata lentezza, godendosi ogni sillaba che stava pronunciando. «Non nel tuo caso, almeno.» Poi si rivolse agli uomini che erano con lui e ordinò in tono brusco: «Prendeteli!»
Prima che avesse il tempo di reagire in qualunque modo, i soldati gli furono addosso, bloccandogli le braccia dietro la schiena. Voltandosi, vide che stavano facendo lo stesso anche con Ana, ignorando le sue proteste e i suoi vani tentativi di ribellarsi. Avvertì una violenta sensazione di rabbia mista a nausea, quando li vide afferrare le braccia della ragazza e torcergliele dietro la schiena strappandole un’esclamazione di dolore, e per un attimo fu colto dalla tentazione di divincolarsi e atterrarli entrambi con un pugno. Tuttavia riuscì a dominarsi, comprendendo che qualunque tentativo di resistenza da parte sua avrebbe solo potuto aggravare la loro posizione.
«Non è giusto!» esclamò Ana, la voce vibrante di rabbia, fissando Braga con gli occhi verdi accesi d’ira. «Non stavamo facendo nulla di male!»
«Questo sarà il Governatore a deciderlo» stabilì il capitano, restituendole uno sguardo gelido. «Portiamoli al municipio!» abbaiò, rivolto ai suoi. «Con un po’ di fortuna, nel giro di un’ora questo miserabile sovversivo sarà a marcire in una cella!»
Bard si sentì spingere brutalmente in avanti dalle guardie che lo tenevano fermo, e non poté fare altro che obbedire, iniziando a mettere un piede davanti all’altro. Incontrò lo sguardo Ana, dove si mescolavano nella stessa misura rabbia e paura, e il senso di colpa per averla trascinata in quella follia gli piombò addosso con violenza indicibile. Cercò di farsi coraggio, pensando che era lui quello a cui il Governatore puntava veramente. Con un po’ di fortuna, avrebbe sbattuto in prigione soltanto lui, e avrebbe lasciato andare Ana. Lei non aveva motivo per essere sospettata di qualcosa, non aveva mai causato problemi, non si era mai guadagnata l’ostilità del Governatore …
Pensò ai suoi figli, che lo stavano aspettando a casa con la tavola già apparecchiata e la zuppa in caldo sul fuoco. Pensò a Bain, che probabilmente già smaniava per venirlo a cercare, a Sigrid che scrutava ansiosamente fuori dalla finestra nella speranza di vederlo arrivare, alla piccola Tilda che fissava smarrita i suoi fratelli chiedendo dove fosse papà, e si sentì serrare il cuore in una stretta dolorosa. Maledì i nani, l’argento che ancora gli tintinnava nelle tasche, e la sua stupida convinzione che avrebbe potuto arrivare fino in fondo a quella faccenda senza danneggiare nessuno.
I soldati li strattonarono ancora, spronandoli ad andare più veloci. Stavano per arrivare nei pressi della sede della corporazione dei mercanti, un edificio alto e massiccio quasi quanto il quartier generale delle guardie, con le torce esterne sempre accese e l’interno sempre illuminato per via delle riunioni che spesso si protraevano fino a tardi. E fu proprio lì, mentre passavano accanto a gruppetti di mercanti che uscivano per tornarsene a casa, e che li guardavano passare con aria perplessa, che successe l’ultima cosa che Bard si sarebbe aspettato. Da un piccolo drappello di persone riunite a chiacchierare vicino all’entrata, una voce maschile, palesemente sbalordita, si levò nella loro direzione.
- Ana! Che cosa diamine sta succedendo?






 
 
 
 
 



ANGOLO AUTRICE

Puff, puff! Rieccomi qua! A dispetto della febbre e dei suoi fastidiosi postumi, che mi hanno tenuta in ostaggio per buona parte del fine settimana, sono riuscita ad aggiornare nei tempi stabiliti. Come avrete visto, le cose cominciano a movimentarsi un po’! L’idea per questo capitolo mi è venuta pensando che Ana, a parte i figli di Bard, era l’unica persona che fosse a conoscenza della faccenda dei nani, e quindi anche l’unica persona a cui lui avrebbe potuto rivolgersi in un momento di difficoltà. Inoltre ho notato che nel film, tra il momento in cui Bard scopre che i nani sono spariti e quello in cui ricompare nella piazza principale a litigare con Thorin, c’è un lasso di tempo in cui non sappiamo dove vada né cosa faccia, e quindi ho pesato che fosse plausibile che fosse andato a cercarli per cercare di mettere una pezza al disastro. Se vi è sembrato che la storia stia prendendo una piega diversa da quella del film, comunque, vorrei tranquillizzarvi: nel prossimo capitolo provvederò a riportarla nei “binari” giusti” ;) Ci tenevo anche a fare una precisazione a proposito del capitolo precedente: la scena tra Bard e Braga al mercato (la scena che Hilda racconta ad Ana e che scatena la gelosia della ragazza, quella in cui si allude al fatto che forse Bard potrebbe essere stato con la moglie di Braga) si trova nell’edizione estesa di DoS, quindi può darsi che alcune di voi, se non l’hanno vista, possano non aver capito di quale scena si stava parlando. Se è successo mi scuso davvero, ma ero convinta che quella scena ci fosse anche nell’edizione normale del film :/
Concludo questo poema sperando che il capitolo vi sia piaciuto! Tenetevi forte, perché dal prossimo capitolo le cose potrebbero iniziare a farsi interessanti ;-) Spero di riuscire ad aggiornare come al solito tra una settimana, ma forse questa volta la cosa potrebbe essere un po’ più complicata; in ogni caso, spero di farcela il prima possibile!
Alla prossima, e grazie a tutti coloro che hanno recensito o messo la storia tra le preferite/ricordate!


MrsBlack90



 
   
 
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