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Autore: Akemichan    25/01/2015    3 recensioni
Donna Noble è malata e sta per morire. Sua nipote, Carla Moore, ha intenzione di accudirla fino alla fine dei suoi giorni. Non ha la minima idea che saranno almeno dodici rigenerazioni.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Doctor - 12, Donna Noble, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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LO ZAINO ROSA

Carla Moore rientrò in casa in tutta fretta, sbattendo la porta dietro di sé. "Sono arrivata!" Si affacciò dalla porta della finestra, dove sua madre stava preparando il pranzo. "Come sta la nonna?"
"Come al solito," fu la risposta, come un sospiro. "Adesso sta riposando." Donna Noble era stata un'arzilla settantenne fino a pochi mesi prima, quando le era stato diagnosticato un tumore maligno. Nonostante le proteste dei suoi cari, non aveva voluto alcuna cura né essere ricoverata in ospedale, per cui la stavano ospitando loro, almeno avrebbero potuto monitorare la sua salute.
Carla era stata felicissima di avere la propria nonna sotto lo stesso tetto, prima che le dicessero il motivo. Solo allora aveva pianto e strepitato ed era stata una delle più veementi nel tentativo di convincere Donna a farsi ricoverare, ma ovviamente lei, essendo testarda com'era e come non era migliorata nell'età, aveva rifiutato.
A Carla non restava che godersi il più possibile il tempo che le restava con sua nonna, al punto da rinunciare ad alcune uscite con i propri amici. Donna non ne era felice, sosteneva che per l'età che aveva avrebbe dovuto godersi la vita invece che fare da badante ad un vecchio rottame, ma Carla da lei non aveva preso solamente i capelli rossi ma anche la testardaggine, per cui se la nonna non si voleva far ricoverare, la nipote non sarebbe uscita con gli amici.
Donna Noble era sempre stata la sua nonna preferita. Carla si vergognava un po' ad ammetterlo, perché i genitori di suo padre la coccolavano e non le avevano mai fatto mancare niente, e anche il nonno, Shaun Temple, era una persona dolcissima, ma la nonna era una cosa totalmente diversa.
Ciò che adorava di più di lei erano le favole che le raccontava da bambina. Le sue erano diverse da quelle tipiche che ogni bambino conosceva. Non ripeteva mai la stessa, ma raccontava avventure in mondi lontani, mostri terribili e giovani coraggiosi che salvavano il mondo, e contemporaneamente di viaggi nel tempo e alieni che tentavano di cambiare le sorti dell'umanità. Forse era anche per quello che Carla aveva sviluppato, contemporaneamente, una passione per la storia e per l'astronomia.
La stessa Donna non aveva idea di come riuscisse ad inventare simili racconti, le venivano semplicemente spontanei e con la stessa spontaneità li narrava, arrabbiandosi con i personaggi quasi come se li conoscesse di persona. Ecco, i personaggi, quelli cambiavano raramente. Il protagonista, soprattutto, sembrava sempre lo stesso, anche se il suo aspetto e a volte i suoi atteggiamenti erano differenti.
Ormai Carla era cresciuta e Donna aveva smesso di raccontarle da tempo quel tipo di storie, ma da quando si era ammalata aveva ripreso a parlarne e lei l'ascoltava comunque, perché le ricordava la sua infanzia, quando la nonna stava bene e anche lei non aveva certi problemi tipici degli adolescenti.
In più, anche se non voleva ammetterlo, la cosa le piaceva. Forse Donna se n'era accorta e per questo aveva inventato un nuovo gioco: ogni sera, dava a Carla qualcosa da cercare o comprare e lei doveva ingegnarsi per trovarlo senza che sua madre se ne accorgesse. Alcune cose erano facili - una maglietta, degli snack - altri un po' più difficili - come una bussola - altri impossibili, come il cacciavite sonico, che Carla non sapeva nemmeno cosa fosse. Ne aveva preso uno normale, sperando che andasse bene.
In ogni caso, si divertiva e anche se sapeva che Donna non poteva farsene nulla le piaceva l'idea di poterle essere utile.
Dopo pranzo, Carla balzò subito al piano superiore ignorando le grida di sua madre di andarsi a lavare i denti, e aprì lentamente la porta della camera di sua nonna. C'era penombra, la poca luce non penetrava dalle persiane chiuse, ma appena Carla entrò nella stanza, Donna accese la lampadina del comodino.
"Ti ho svegliata?" domandò Carla.
"No, tesoro, non preoccuparti," rispose Donna. "Non riesco più a dormire, a dire la verità. Be', suppongo di voler arrivare alla fine a debito."
Carla strinse le labbra: non voleva pensare a quel momento e non voleva che lei ne parlasse. "Ti ho portato quello che mi avevi chiesto: filo da pesca ed amo."
"Perfetto."
"Te li metto nello zaino?"
Donna annuì, per cui Carla si chinò ed estrasse da sotto il letto uno zaino scolastico rosa sbrilluccicoso marcato "Barbie". Quello era il loro piccolo segreto, che sua madre non doveva scoprire. La prima richiesta che Donna le aveva fatto, infatti, era proprio quella: uno zaino, una valigia, qualsiasi cosa sarebbe andata bene purché fosse per trasportare un bagaglio.
Carla non aveva molti soldi e tutta la roba che aveva visto costava troppe sterline per i suoi gusti, quindi aveva recuperato in fondo al suo armadio quello zaino che usava quando andava alle elementari. Era vecchio e ormai liso, con il colore sbrilluccicoso sbiadito, ma le era stato regalato proprio da Donna più di dieci anni prima e pareva una sorta di destino che le venisse restituito.
Certo, per una signora di una certa età poteva sembrare assurdo, con quel colore e quelle immagini, ma tanto Donna non l'avrebbe mai dovuto utilizzare. Ed in ogni caso si ricordava che era di sua nipote, per cui le andava benissimo.
Era dentro quello zaino che Carla aveva risposto tutti gli altri oggetti che aveva comperato o trovato successivamente. Donna non voleva che sua figlia lo scoprisse perché avrebbe capito che stava partendo, per cui lo tenevano nascosto e lo preparavano giorno per giorno. Carla non aveva detto nulla, ma riteneva parte della recita l'idea che sua nonna potesse andare da qualche parte in quelle condizioni.
Be', tranne in un posto dove non avrebbe certo avuto bisogno di uno zaino. Ma, di nuovo, non erano cose a cui Carla pensava.
"Ormai, con tutta la roba che mi hai fatto comprare, questo zaino è pieno," le comunicò.
"Non preoccuparti, è più grande all'interno." Non così grande, pensò Carla, mentre infilava il filo e l'amo in una delle tasche laterali. "E comunque non credo mi servirà più nulla."
Sentì la voce di sua madre, che la chiamava di sotto, per cui con un calcio nascose nuovamente lo zaino sotto il letto ed uscì dalla stanza, affacciandosi dalle scale. "Che c'è?"
"Esco un attimo perché la vicina ha bisogno di una cosa, torno fra una mezz'ora," le comunicò. "Se succede qualcosa alla nonna chiamami. Tienila d'occhio tu al posto mio."
"Va bene." Che cosa doveva succedere alla nonna? Era ferma a letto, al massimo avrebbe potuto cadere mentre andava in bagno. Però doveva ammettere che l'ultima frase di Donna le aveva lasciato un senso di inquietudine addosso. Forse si sentiva vicina alla morte, se non aveva più intenzione di darle incarichi.
Spinta da quest'ansia, Carla tornò immediatamente nella stanza, in tempo per essere accecata da una luce che sembrava provenire direttamente dal viso e dalle mani di Donna. Lo vide solo per un attimo, però, prima di essere spinta all'indietro da un'onda d'urto che la gettò nel corridoio.
Con la testa dolorante per la botta presa, Carla si alzò tremando e si affacciò nella stanza con un po' di timore. La camera da letto era distrutta. L'armadio era stato spezzato a metà, con tutto il contenuto rivoltato per terra, la scrivania era ridotta in pezzi come se qualcuno l'avesse spinta con forza contro il muro, i quadri erano tutti caduti a terra, il letto era crollato di schianto.
"Nonna!"
Nell'incredulità della situazione, Carla aveva avuto comunque un unico pensiero fisso, ed era la salute di quella figura solitaria che si ergeva di spalle al centro di quella distruzione come se nulla fosse successo. Ma quando si voltò, Carla si rese conto che non si trattava affatto di sua nonna.
Indossava la sua camicia da notte, questo sì, ma non era più l'anziana settantenne con i capelli bianchi e il viso segnato da rughe. Si trattava invece di una donna sulla quarantina, con dei capelli neri lunghi fino alle spalle e ricci sulle punte. Il viso era rotondo, le labbra piccole e carnose, un naso aquilino e due grandi occhi verdi con poche ciglia. E la frangetta. Totalmente diversa da Donna.
Anche il corpo era differente, lo si notava dalla camicia da notte che era diventata troppo lunga nelle braccia e nelle gambe, ma troppo stretta in vita e sul seno.
"Oh, per la miseria, certo che 'sta cosa fa un casino," parlò finalmente la donna, guardandosi attorno. "Nemmeno questo sanno fare come si deve. Marziani!" Poi spostò la sua attenzione su Carla. "Allora, come sono?"
"Be'..." Carla continua a fissare quella donna con un'unica frase che gli vorticava nella mente: 'dov'è mia nonna?'. Solo, non riusciva ad esprimerla.
"Oddio, sono brutta? Ecco, lo sapevo, 'sta storia della rigenerazione è una fregatura."
"N-no... No, stai bene..."
"Oh, meno male." Poi sembrò notare solo in quel momento il disorientamento di Carla e sorrise. "Sono io, tesoro Be', non io-io, ma io. Donna Noble."
"No." Finalmente Carla sembrò ritrovare la voce, meno il senso della realtà. "No..."
Donna aveva sollevato alcuni pezzi del letto per recuperare lo zaino di Barbie. "Ah, ecco qua. Meno male che è ancora intatto." Se lo mise sulle spalle. "Questa roba è troppo larga. Mi sa che fregherò qualcosa dall'armadio. Dillo tu a tua madre che i suoi vestiti li ho presi io, ok?"
La superò per dirigersi nella camera matrimoniale dei suoi genitori, ma Carla rimase sulla soglia, impietrita. Erano successe troppe cose contemporaneamente: prima quella specie di esplosione, poi la stanza distrutta (e ora cosa racconto a mamma?) e quella donna che era completamente diversa da sua nonna eppure in qualche maniera era lei (che cazzo è successo? E sì, lo so che non dovrei dire parolacce, ma che cazzo!)... Prese un profondo respiro per cercare di calmarsi, chiuse gli occhi e piano piano alla mente gli venne in mente che una scena simile a quella a cui stava assistendo l'aveva già sentita in una delle favole della nonna.
Sentì un urlo prima di poter processare quello che le era affiorato alla mente, e lasciò perdere per dirigersi verso la camera da letto da dove l'aveva sentito provenire. Donna si era messa uno dei vestiti di sua madre, uno dei più belli che lei usava solo per alcune occasioni importanti, e fissava lo specchio orripilata.
"Sono vecchia. Cioè, avrò tipo quarant'anni," le disse, vedendola comparire nella stanza. "Non sono male, ma speravo di tornare giovincella. Lui era giovane. Cos'è la mia, una crisi di mezza età al contrario?"
"Nonna."
"Comunque non sono malvagissima, vai. M'è andata bene."
"Nonna," ripeté Carla con più convinzione. "Vuoi spiegarmi per bene?"
"Mi sono rigenerata! Pensavo fosse chiaro!"
"Eeeh... no." Carla incrociò le braccia, attendendo.
"Penso di averti raccontato, una volta, di questi alieni che non muoiono ma si rigenerano, vero?" disse allora Donna, con il dito medio posto sul mento, a riflettere. Carla annuì: anche se non era stata una delle favole migliori, se la ricordava. Era ciò che le era venuto in mente prima: un cambio totale di personalità e caratteristiche e la distruzione attorno dopo un raggio di luce. "Ecco, è quello che mi è successo. Non sono morta... Ma sono diventata così." Diede un'altra occhiata allo specchio. "Che non è malaccio, in effetti."
"Sei un'aliena?" esalò Carla. Per lei era già stato difficile assimilare la notizia che quella donna sconosciuta fosse davvero sua nonna, non era sicuro di poter credere anche a quello. Senza contare che questo faceva di lei... una mezza aliena? Un quarto aliena?
"No, no, che! Non sono mica lui." Donna tornò ad osservare il vestito, poi decise che andava bene e passò a controllare nella scarpiera. "È una cosa lunga da spiegare, ma diciamo che ho ottenuto le stesse caratteristiche pur restando umana. Anzi, ci ho messo anni per poter essere in grado di sopportarle. Oh, queste mi piacciono!" esclamò, prendendo un paio di scarpe tacco dodici, con un colore totalmente diverso da quello del vestito.
"Non posso credere che tu non me l'abbia mai detto..." Era una cosa folle, totalmente fuori dal mondo e normalmente avrebbe bollato il tutto come idiozia, ma conoscendo sua nonna, molte cose assumevano un senso che prima non avevano. Era semplicemente l'unica spiegazione sensata.
"Perché non me lo ricordavo," disse Donna, provandosi le scarpe. "No, mi stanno strette. Mi sa che mi toccherà fare un salto a quel nuovo centro commerciale che hanno creato nel 2145... Sempre che non sia fallito."
"Nonna!" Ogni volta le rispondeva in un modo e poi si perdeva nei suoi discorsi.
"Mi sono rigenerata da due minuti, dammi il tempo di ambientarmi," si scusò lei. Poi annuì: "Non avevo più memoria perché il mio corpo non era capace di contenere la saggezza dei Signori del Tempo tutta assieme e avrei rischiato di diventare pazza. Ha iniziato a tornarmi piano piano, lasciandomi abituare, finché io stessa non sono diventata un Signore del Tempo, anche se con un corpo umano. Il Dottore Donna," aggiunse, con un certo orgoglio.
"Le storie che mi raccontavi... Era la tua memoria che tornava," dedusse Carla, comunque sorpresa della situazione.
"Esatto, anche se non me ne rendevo conto."
Carla si prese un attimo per processare la notizia, guardandosi le punte delle scarpe mentre Donna prendeva un paio di maglioni dall'armadio e li ficcava con facilità nello zaino rosa, come se davvero non avessero passato le scorse settimane a riempirlo come un tacchino.
"Quindi... Sei guarita?" disse, alla fine. Non ricordava del tutto la storia della rigenerazione, ma tentando di richiamare alla mente quel racconto, le pareva che accadeva quando la persona stava per morire. Esattamente come sua nonna.
Donna la fissò intensamente: la rigenerazione non era qualcosa di così semplice da spiegare, non era un modo per guarire da qualsiasi malattia oppure per salvarsi da morte certa, non era nemmeno come avere nove vite come i gatti. Di fatto, era ancora in vita, ma era come fosse una persona differente.
"Sì. Non morirò," decise di rispondere semplicemente. "Però non posso più restare."
Carla passò in un istante dal sollievo al dispiacere, ma capiva. Capiva perfettamente. Era felice di sapere che sua nonna non sarebbe morta, non l'avrebbe vista spegnersi in quel letto per poi accompagnarla a cimitero al seguito di una bara. Però contemporaneamente la intristiva sapere che sua nonna era diventata una persona diversa, che non poteva più vivere la sua vita.
"Ma vai via adesso?" esclamò comunque, quando la vide uscire con il vestito e le ciabatte di pelo e lo zainetto di Barbie sulle spalle.
"Ho un appuntamento."
"Ma... Non puoi!" E poi aggiunse: "Io questa cosa come la spiego alla mamma?".
"Dille la verità, lei lo sa."
Carla spalancò gli occhi. "Cosa?"
"Mio nonno e mia madre sapevano quello che mi era successo, e avevano una memoria che io non avevo. Gliel'hanno raccontato, nel caso succedesse, be'... questo." Donna sapeva che sua figlia non aveva mai voluto chiederci (e come biasimarla?), tuttavia in cuor suo avrebbe compreso che era la verità. "Lo zaino però me lo prendo, se non ti dispiace."
"No." Carla scosse la testa, sentendo gli occhi umidi. "Anzi, mi fa piacere." L'idea che sua nonna sarebbe andata in giro per chissà quali mondi e quali tempi con quello zaino rosato la faceva ridere. Almeno anche gli alieni avrebbero saputo di lei. "Potrò venire qualche volta con te?" domandò.
"Certo. Se lui è d'accordo." Poi Donna ci pensò. "E sarà d'accordo, credimi."
"E se non sarà d'accordo comunque non importerà, vero?"
"Sei proprio mia nipote!"
Carla sorrise: lo riteneva un complimento. Senza nemmeno chiederglielo, la abbracciò. Era un abbraccio diverso da quello che riservava a sua nonna, ed era un abbraccio di arrivederci, ma sentiva di doverlo fare. Aveva avuto troppe emozioni tutte assieme e sentiva di aver bisogno di un appoggio emotivo, anche se per un istante solo.
Donna ricambiò l'abbraccio e la baciò sui cappelli. "Adesso devo andare," le disse dolcemente. "La rigenerazione non è completa e potrei aver bisogno d'aiuto."
"Sì, certo. Capisco." Carla si tirò indietro ed annuì, con lo sguardo basso. "A presto."
"Sarà presto," le assicurò, poi si voltò e se ne andò.
Carla rimase ferma per qualche minuto, con il cervello che processava quello che le era capitato, mentre singhiozzava. Sentiva di aver comunque detto addio a sua nonna, anche se in una maniera diversa da quella di cui parlava. In un attimo, fu alla finestra e la spalancò. Non era sicura che fosse la cosa giusta da fare, ma voleva provare a fermarla.
L'urlo le morì in gola quando vide, nel bel mezzo della strada, una cabina della polizia blu. La stessa che compariva come macchina del tempo ed astronave in molti dei racconti di sua nonna, anche se guidata da personaggi diversi. La porta si aprì e ne uscì un uomo dal profilo netto, gli occhi penetranti e i capelli bianchi.
"Oh, meno male!" esclamò Donna, che era uscita dalla casa e si stava avvicinando verso di lui. "Non sono stata l'unica ad avere una crisi di mezza età al contrario."
"Crisi di mezza età io?" protestò lui. "E poi tu sei una ragazzina."
"Non provarci, uomo dello spazio."
Il proposito di Carla si spense mentre vedeva i due Signori del Tempo parlare fra di loro con quella naturalezza. Sembravano quasi una coppia sposata da anni. C'era tutta una vita a cui sua nonna aveva dovuto rinunciare quando il suo corpo non aveva potuto reggere le caratteristiche aliene, ma adesso, con la rigenerazione, poteva avere un'altra occasione. E Carla non aveva intenzione di togliergliela.
Rimase comunque alla finestra finché sua nonna non scomparve all'interno e poi rientrò in casa scoppiando a ridere.
Il Dottore aveva detto: "Bello zaino".

 
***
 
Akemichan parla senza coerenza:
Ho scritto questa storia perché dopo anni non ho ancora superato la fine dell'arco con Donna e sinceramente ci piango ancora ç.ç Una cosa del genere la desidererei tanto, sono abbastanza sicura che in canon non sia nemmeno possibile, ma volevo una storia in cui immaginare Donna che può tornare a girare con il Dottore per le prossime 12 rigenerazioni.
Spero che piaccia anche a voi, se magari avete lo stesso desiderio.
   
 
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