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Autore: bullet_    29/01/2015    3 recensioni
Che succede quando un ragazzo distrugge tutto ciò che hai sempre creduto di sapere su te stesso?
"Non mi piacciono i ragazzi. Ma mi piaci tu. Ha senso?"
"No."
"Bene."
{Lashton}
ıTRADUZIONEı
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford, Un po' tutti
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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I wanted you to know

That I am ready to go

My heartbeat, my heartbeat

I wanted you to know

Whenever you are around

I can't speak, I can't speak.”

-Childish Gambino, 'Heartbeat'

-Ashton

“Vuoi uscire con me? Tipo, un appuntamento.” disse Luke all'improvviso rompendo il silenzio. Erano passate poco meno di due settimane dalla sera nell'appartamento di Louis, e Ashton stava passando una tranquilla domenica pomeriggio da Luke, a studiare mentre Luke compilava dei moduli per cominciare gli A-levels.

Ashton guardò Luke e gli venne quasi da ridere perché per qualche ragione, Luke sembrava nervoso, come se pensasse seriamente che Ashton potesse dire di no. Invece di ridere, comunque, Ashton sorrise.

“Certo che sì.”

Luke sembrò sollevato e Ashton pensò che fosse assolutamente adorabile, quindi abbandonò i libri per un momento per avvicinarsi a lui e baciarlo.

Calum, che per tutto il tempo era stato seduto in un angolino a scribacchiare qualcosa su un quaderno nero, fece finta di vomitare, facendo ridere Luke contro le labbra di Ashton.

“Siete delle zoccole a baciarvi prima del primo appuntamento.” Calum scosse la testa in segno di sdegno e Luke alzò il dito medio.

“Già, e allora la ragazza che ti sei portato in camera ieri? Chi era? La conosco? Dovrei conoscerla?” chiese Luke prendendolo in giro. Calum arrossì—per quanto qualcuno con la sua carnagione potesse arrossire.

“Sì—ah, no. No. Lei è—già.” balbettò Calum guardando il pavimento. Luke alzò le sopracciglia e guardò Ashton, che dovette mordersi l'interno delle guance per non ridere.

“Sembra fantastica. Mi piacerebbe incontrarla, ovviamente, se è capace di dire qualcos'altro oltre a—,” Luke fece una voce acuta e stridula, una di quelle voci che nascevano con lo scopo di imitare una ragazza ma che finivano per non somigliare affatto alla voce della ragazza in questione, “Più veloce, Calum, più—,”

Me ne vado! Me ne vado. Vado da Niall. Ciao.” Calum interruppe Luke e scattò in piedi, precipitandosi fuori dalla porta il più velocemente possibile. Luke ghignò soddisfatto.

“Questa cosa,” disse Ashton dopo un momento, “è stata esilarante.”

“Lo so.” Luke annuì. “Prendere per il culo Calum è sempre esilarante.”

Ashton annuì. Aveva passato molto tempo con Luke negli ultimi tredici giorni, e di conseguenza aveva passato molto tempo con Calum. Martedì e mercoledì, i due giorni dopo la serata da Louis (o “Maledetto Lunedì”, come era stato definitivamente rinominato da Luke) i due migliori amici erano piuttosto abbattuti ed Ashton era rimasto con loro.

Aveva passato un sacco di tempo nell'appartamento di Luke, aveva fatto un sacco di tè, e gli era stato detto un sacco di volte che non sapeva fare il tè. (“L'acqua deve bollire, Ashton. Non puoi prendere l'acqua calda del rubinetto.” gli aveva detto gentilmente Luke dopo che Calum aveva (non altrettanto gentilmente) buttato il suo 'tè' tiepido nel lavandino.)

Ashton doveva andare a lezione, quindi veniva a trovarli ogni volta che poteva. Calum e Luke dovevano lavorare, quindi a volte gli capitava di trovare soltanto Luke, o soltanto Calum, o entrambi o nessuno dei due. Luke gli aveva fatto vedere dove tenevano la chiave di scorta, quindi Ashton poteva entrare quando non c'era nessuno ad aprirgli la porta. Quando Luke e Calum tornavano a casa, di solito Ashton aveva già preparato la cena (anche se le sue doti nel preparare il tè lasciavano molto a desiderare, Ashton era abbastanza bravo a preparare dei pasti semplici) o si era arreso e aveva ordinato qualcosa (perché non era così bravo.)

In quelle due settimane, Ashton aveva dormito da Luke soltanto una volta –sul divano, perché aveva avuto troppa paura di chiedere a Luke di dormire con lui. Durante la notte, comunque, Luke era uscito dalla sua stanza e si era messo a dormire accanto ad Ashton, che si era poi svegliato accoccolato contro al suo petto. A parte questo, però, il contatto fisico tra loro era stato minimo—un leggero bacio sulle labbra quando Ashton doveva andarsene, un abbraccio da dietro mentre Ashton cucinava, delle mani intrecciate quando l'aria era della giusta sfumatura di rosa. Ma niente di più.

E stranamente, ad Ashton non serviva altro. Perché Luke, solo Luke, la sua sola presenza nella vita di AshtonIl solo fatto che esistesse e che respirasse e che gli rubasse le cuffie ogni volta che ne aveva l'occasione, quello era già abbastanza perché Ashton fosse più felice di quanto non ricordava di essere mai stato.

“Sembri pensieroso.” disse Luke, interropendo il monologo interiore di Ashton con un sorriso. Luke si morse il piercing e Ashton pensò che avrebbe tanto voluto essere lui a morderglielo. “A cosa pensi?”

“Cose.” rispose Ashton.

“Che genere di cose?”

“Cose mie. Cose di Ashton.”

“E cosa sarebbero queste cose di Ashton esattamente?” disse Luke, tutto bolle di sapone.

“Tè. Cuffie. Tu.” Ashton non riuscì a contenere il sorriso che gli si dipinse in faccia quando gli occhi di Luke si accesero come lucciole, perché per quanto il biondo fosse bravo a mascherare la tristezza non riusciva proprio a nascondere la felicità.

“Io? Sono una delle tue cose?” disse e Dio, Ashton lasciò che la luce di Luke lo avvolgesse come uno tsunami di tutte le cose a cui sperava di potersi aggrappare per sempre.

“Mm, sì.”

“Mi ritengo offeso. Non trattarmi da oggetto.

“Sì, sembri super offeso.” disse Ashton, sorridendo a Luke che lo ricambiò. Rimasero in silenzio per un po'.

“Scherzavo.” disse Luke con il volto arrossato quasi come se fosse ubriaco. E dava proprio l'impressione di un diciassettenne felice.

“Lo so.” disse Ashton con il volto arrossato quasi come se fosse ubriaco. E dava proprio l'impressione di un diciannovenne felice innamorato di un diciassettenne felice.

X

Innamorato.

Ashton rimuginò su quella parola mentre camminava verso il campus per prepararsi per l'appuntamento con Luke, perché Luke voleva fare le cose “alla vecchia maniera”. (Ashton gli aveva fatto notare che erano gay e che si erano baciati diverse volte e che pensare di fare qualsiasi cosa alla vecchia maniera era un po' bizzarro, ma Luke aveva insistito spingendolo fuori dalla porta e gli aveva detto che sarebbe passato a prenderlo alle sette.)

Ma torniamo all'amore. Ashton era innamorato di Luke. Era tremendamente ovvio per lui, e per Michael, evidentemente, visto che lo aveva torturato ininterrottamente dal Maledetto Lunedì. E con Michael, tortura ininterrotta significava veramenteletteralmenteseriamenteperpetuamente ininterrotta. Sin dal mattino successivo, Ashton si era svegliato ritrovandosi una decina di messaggi da parte di Michael.

Michael: hey ashton

Michael: toc toc

Michael: toc toc

Michael: toc toc

Ashton: gesù cristo michael sono le sette e mezza di mattina

Michael: toc toc

Ashton: cazzo chi è

Michael: luke

Ashton: 

Michael: luke

Michael: luke

Ashton: porco cane luke chi

Michael: COSA NON SAI IL NOME DEL TUO FUTURO MARITO OH NO #CARRIEUNDERWOOD

Ashton: spero tu muoia

E continuava. Michael sembrava essere passato dal non avere una vita a peggio di non avere una vita. Sulla scala dell'avere una vita, Michael era nella fascia negativa. Se le persone con una vita fossero state gialle, Michael sarebbe stato...qualunque sia l'opposto del giallo. Viola. Michael sarebbe stato viola. Ashton gliel'aveva detto il Mercoledì. Giovedì Michael si era tinto i capelli di viola.

Michael: hey ashton

Michael: sai chi mi ricordi

Michael: sai chi mi ricordi

Michael: sai chi mi ricordi

Ashton: ti odio fammi dormire

Michael: sai chi mi ricordi

Ashton: chi

Michael: edward cullen

Ashton: oh no. Perché

Michael: perché luke è il tuo sole

Michael: e i tuoi occhi brillano

Ashton: smettila

Michael: quando vedi il tuo sole

Ashton: mi fai odiare l'umanità

Ashton: non fai nemmeno delle banana battute

Michael: posso fare battute sulle banane se vuoi

Ashton: *belle. Non fai nemmeno delle belle battute

Michael: hey. non è colpa mia se sei disperatamente innamorato di lui.

Il fatto è che, Ashton non era disperatamente innamorato di Luke, perché questo lo faceva sembrare disperato e non c'era niente di disperato nel modo in cui si sentiva Ashton. Non era profondamente innamorato di lui, perché quell'espressione gli aveva sempre fatto venire la claustrofobia. E non era completamente innamorato di lui, perché non è possibile dedicare tutto il proprio cuore ad una persona sola, e comunque Luke non avrebbe preteso che lo facesse. Non che gliene avesse parlato.

In pratica, comunque, Ashton si rifiutava di ridursi ad una frase in un romanzetto rosa, il che non gli risultava difficile visto che non pensava che la sua vita fosse in effetti un romanzetto rosa. Ciò che sentiva per Luke non poteva essere detto a parole, non parole che avevano un senso se messe insieme; confortante eppure terrificante, delicato eppure tagliente, un'equazione che includeva occhi blu e una voce viola e altre cose che, se messe insieme, creavano una cosa meravigliosa e viva e Luke. Ashton non credeva che l'amore fosse qualcosa che si può descrivere, quindi non si scervellò.

Era innamorato di Luke?

Sì.

Ne era sicuro?

Assolutamente.

Era successo troppo in fretta?

Il suo cuore batteva troppo in fretta?

Come promesso, Luke si presentò al dormitorio alle sette in punto. Bussò due volte, e Ashton si guardò allo specchio un'ultima volta—jeans neri, giacca nera, maglia di Blink 182—e aprì la porta.

E.

E Luke.

E Luke era.

E Luke era, come sempre, assolutamente perfetto. Ashton non riusciva a respirare perchéperchéperché

Prima di quel momento, Ashton aveva sempre visto Luke dopo il lavoro, o in momenti di forte emozione, o quando si era appena svegliato. E anche in quei momenti era bello come l'estate, anche in quei momenti, quand'era stanco o piangeva o era stressato. Ma Ashton non era preparato a vedere Luke quando cercava di essere bello.

E Dio.

Avrebbe dovuto prepararsi.

(Tipo procurandosi una tanica di ossigeno. Magari anche qualcuno che fosse bravo nella rianimazione. Quel tipo di preparazione.)

Jeans neri, come Ashton, ma i suoi avevano un buco nel ginocchio ed erano più stretti e per un attimo tutto l'universo di Ashton girò attorno alle gambe di Luke, al modo in cui le sue ginocchia si piegavano creando una leggera forma ad x. E aveva anche una maglia, ovviamente (purtroppo) di qualche band che gli piaceva ma Ashton non riuscì nemmeno a capire quale perché era bianca stretta attorno alle sue spalle e wow, Ashton non aveva mai notato quanto fossero larghe. Ecco perché si sentiva così al sicuro fra le sue braccia. E Dio, i capelli di Luke, il suo ciuffo spettinato come al solito ma diverso, diverso, diverso, e le sue labbra e e i suoi occhi e e e i suoi denti e e e e il suo sorriso il suo naso. Come aveva fatto a non accorgersi di quanto fosse da infarto il suo naso e—

“Stai benissimo.” riuscì finalmente a dire Ashton. Luke sorrise e si morse il labbro.

“Anche tu.” anche Luke lo stava fissando.

“Grazie.”

Silenzio.

E poi Luke, disse, “Forse è meglio se andiamo, perché ho prenotato per le sette e mezza e se continuo a guardare quanto sei bello sapendo che c'è un letto proprio lì potremmo non arrivare più.”

Ashton diventì paonazzo e annuì, chiudendosi la porta alle spalle.

(Segretamente desiderando che Luke avesse—beh.)

x

“Sono le dieci e mezza.” disse distrattamente Luke. Erano andati al ristorante, era un bel posto, italiano. Avevano mangiato così tanto che avevano deciso di fare una passeggiata prima di tornare a casa. Era stata una bella serata, e anche se avevano ricevuto qualche occhiataccia da alcune coppie di anziani, Luke se n'era fregato così candidamente che aveva convinto Ashton a non pensarci.

“Già.” disse Ashton, giocherellando con una foglia che aveva raccolto da terra. Erano in un parco, un parco piccolo in una delle zone meno turistiche di Londra. Era una sera fresca e limpida, e riuscivano addirittura a vedere qualche stella che brillava nonostante lo smog dell'enorme città.

“Qual è,” cominciò a dire Luke, “un film che odi?”

“Rocky 2.” rispose subito Ashton.

“Perché?”

“Perché Zayn mi ha baciato durante quel film. E poi non capisco cosa ci trovi la gente.”

“Giusto.” disse Luke, scrollando le spalle e sdraiandosi sul prato accanto a lui.

Ashton continuò. “Qual è l'album che ti piace di meno al mondo?”

Luke rimase in silenzio per un attimo.

“Probabilmente Hear Me Now dei Secondhand Serenade. A Twist in My Story è bella, ma triste, e poi c'è un limite a quante volte puoi raccontare la stessa delusione d'amore. Ero emozionatissimo quand'è uscito, ne avevo addirittura comprate due copie. Quindi, insomma.”

“Interessante.” disse Ashton.

“Qual è il tuo colore preferito?” chiese Luke, variando un po' le domande, proprio come facevano sempre. Cose che odi cose che ami. Rendeva il gioco più interessante, guardare sia le cose positive che quelle negative.

“Il rosso.” disse Ashton.

“Oh.” disse Luke nella luce fioca. “Odio il rosso.”

Ashton annuì, non che fosse grave. Ci pensò su per un attimo, arrovellandosi sulle parole odio il rosso.

“Perché?” chiese infine.

“Perché odio il rosso? Non lo s—,”

“No, voglio dire, che senso ha? Odiare il rosso, dico. Non—il rosso non andrà via, sai? Se lo odi.” Ashton guardò Luke, che guardava il cielo.

“Certo.”

“Voglio dire—,” disse Ashton, cercando le parole giuste. “Per quanto tu possa odiare il rosso, continuerai a vedere le cabine telefoniche rosse e ci saranno sempre gli autobus rossi a due piani e continuerai a sanguinare rosso quando ti taglierai con la carta e il cielo diventerà comunque rosso quando il sole tramonterà. Non puoi sfuggire al rosso, quindi che senso ha odiarlo?”

“Nessuno.” disse Luke dopo essere rimasto a guardare in su per un po'.

“Allora, perché odiarlo?” chiese Ashton. Doveva essere una domanda retorica, ma Luke rispose comunque dopo qualche minuto di silenzio.

“Non tutto ha un senso.”

   
 
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