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Autore: ThorinOakenshield    01/02/2015    4 recensioni
Che dire? Innanzitutto che non si tratta di uno slash! Questa è una storia a capitoli sul rapporto di amicizia che intercorre tra Bilbo e Thorin.
Mi sono presa molte licenze ed è la prima fanfiction che scrivo, quindi siate clementi! xD
Allora, le vicende si svolgono dopo la Battaglia dei Cinque Eserciti e Thorin ha ottenuto il suo titolo di Re sotto la Montagna; Bilbo si è talmente affezionato ai nani che ha deciso di passare le vacanze a Erebor. Tutti i suoi amici sono entusiasti di questa decisione e, tra l'incoronazione di Thorin e vari festini, saranno tutti euforici e persi nella gioia del momento, ma qualcosa di terribile romperà l'incanto...
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bilbo, Fili, Kili, Thorin Scudodiquercia, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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L'unica cosa da fare è partire

Thorin fece bere a Bilbo il tè verde. Lo stava guardando intenerito mentre gli teneva la tazza e si assicurava che stesse bevendo tutto: si sentiva come un padre che dà da mangiare al proprio piccolo.
“Su, da bravo, manda giù tutto” gli disse dolcemente il Re.
Una volta finito il tè, lo hobbit si asciugò la bocca con la manica della camicia e guardò il nano con i suoi dolci occhi chiari, soddisfatto.
Thorin si sentì sciogliere. Non aveva smesso neanche per un secondo di sorridere a Bilbo. Anche se il signor Baggins non se lo ricordava, lui era pur sempre quel piccoletto che gli aveva donato la ghianda, quel piccoletto con quell’aria così innocente da riuscire a intenerire persino un troll di montagna affamato. Certo, se il suddetto troll di montagna affamato non era né Berto, né Maso e né Guglielmo.
“Benissimo, un altro tè questa sera e speriamo per il meglio.” Oin fece tornare Thorin alla realtà.
Il nobile nano era sussultato non appena il suo compagno di avventure gli aveva parlato, ma aveva ritrovato subito la sua compostezza. “Perfetto” disse dritto e serio, poi fece per uscire ma, prima che potesse farlo, Oin lo abbracciò.
Il Re sotto la Montagna si strinse a lui e trattenne le lacrime.
“Coraggio…”
I due amici smisero di abbracciarsi non appena udirono un debole lamento alle loro spalle.
Si voltarono.
Bilbo si stava massaggiando la fronte e sembrava che fosse sul punto si svenire da un momento all’altro.
Thorin andò velocemente vicino a lui. “Bilbo, stai bene?” gli chiese accarezzandogli la schiena.
Che domanda del cavolo! Si disse Thorin, è ovvio che non sta bene.
Infatti lo hobbit rispose: “Ho un po’ di mal di testa.”
Il Re sotto la Montagna lo aiutò ad alzarsi. “Ti accompagno a letto, dormendo un po’ il mal di testa ti passerà.”
Il signor Baggins si resse sulle spalle larghe del nano e fece un passo avanti. Subito si fermò e strinse gli occhi, aspettando che il rimbombo passasse.
Scudodiquercia si accorse che il suo amico era debole e che camminare gli avrebbe richiesto uno sforzo pazzesco. Così, senza neanche chiedergli il permesso, lo prese in braccio.
Bilbo rimase sorpreso da quel gesto. Stare in braccio a quell’individuo lo faceva sentire in imbarazzo e non voleva apparire un peso, una persona debole e lagnosa. Volle protestare, dire a quel tale che non era necessario e che ce l’avrebbe fatta a camminare, ma sentiva che a quel nano bisognava obbedire, dentro di sé una vocina gli suggeriva di non mettere mai in discussione le sue decisioni.
Così lo hobbit si arrese e lasciò che il Re lo portasse in braccio.
Certo, Bilbo si sentiva in imbarazzo, ma anche protetto. Probabilmente dev’essere un amico veramente grande per me, pensò Bilbo. La tristezza lo assalì, chiuse gli occhi e affondò la faccia nell’incavo del collo di Thorin. Peccato che non me lo ricordi.
 
Quando Thorin Scudodiquercia entrò nella stanza di Bilbo, egli era già mezzo addormentato.
Il nano chiuse la porta dietro di sé con il piede, dopodiché distese il suo amico sul letto.
Lo hobbit ringraziò il cielo che fossero arrivati, tutto quell’oscillare gli stava facendo venire la nausea. Chiuse gli occhi e si godette la morbidezza del letto, mentre Thorin gli rimboccava le coperte.
Il signor Baggins si sentì rincuorato da quell’improvviso calore. Aprì gli occhi e vide il suo amico ancora lì in piedi, vicino al suo letto. Lo stava guardando.
“Grazie…” sussurrò Bilbo.
Il Re gli sorrise e rispose: “Per gli amici questo e altro.”
Lo hobbit afferrò la mano del nano e lo supplicò: “Non andare via!”
Bilbo non seppe perché ma sentì un moto di fastidio dentro di sé. Non poteva saperlo ma era il suo lato Baggins che lo rimproverava per il suo comportamento infantile ed inappropriato, visto che aveva a che fare con una persona importante.
Thorin era rimasto a guardarlo stupito: il Bilbo che conosceva non avrebbe mai fatto un gesto simile. Non gli aveva dato fastidio, per niente, l’aveva stupito, tutto qui.
Il Re sotto la Montagna sorrise dolcemente. “Non ho intenzione di andare via” rispose, poi si sedette sul letto del suo migliore amico e gli accarezzò i capelli ricci.
“Rimarresti con me finché non mi addormento?” gli chiese timidamente Bilbo. Era vergognato da quella sua sfacciataggine, probabilmente era l’effetto del mal di testa e sapeva per certo che poi se ne sarebbe pentito. Però aveva bisogno della vicinanza di quel nano, lo faceva sentire protetto, sapeva di casa.
Ma casa dov’è?
“Certamente” rispose Thorin.
“Avresti da fare?” Lo hobbit lo guardò mortificato. Non voleva essere troppo invadente.
Scudodiquercia rise.
Ha una risata così calda…
“Be’, in teoria avrei un regno da portare avanti… e anche in pratica. Ma un po’ di tempo per te lo troverò sempre.”
Il piccoletto gli sorrise riconoscente.
“Anche tutto il tempo del mondo” aggiunse il nano, lo disse più a se stesso che a Bilbo.
“Thorin?”
“Dimmi.”
“Mi racconteresti una storia?”
Il Re sotto la Montagna era sempre più basito. Quella richiesta l’aveva spiazzato, non se l’aspettava. Il suo scassinatore riusciva ancora a stupirlo, sempre così imprevedibile.
Thorin decise di accontentare il suo amico, non poteva dirgli di no quando lo guardava con quegli occhi dolci.
Il nobile nano di storie ne conosceva, quand’era piccolo suo nonno gliele aveva raccontate tante, tutte sulla stirpe di Durin. Tutte di guerra, molto simili alle esperienze che aveva vissuto lui, ma quelle non erano storie, erano cose accadute veramente, erano ferite ancora aperte nel cuore di Thorin, al solo pensiero si sentiva male.
Spremendosi le meningi Scudodiquercia si rese conto che conosceva un’altra storia, una storia più dolce e che risvegliava in lui bei ricordi. Sorrise e cominciò a raccontare: “In un buco nel terreno viveva uno hobbit…”
Bilbo Baggins chiuse gli occhi e si lasciò cullare dalle parole del nano, sentendosi trasportare in terre lontane, verdi, dove la terra era ben coltivata, la gente gioviale e il sole sempre splendente. Percorse con il protagonista della storia di Thorin paesaggi incontaminati, ammirò le bellezze di un luogo paradisiaco ove le cascate si stendevano delicatamente sulle rocce, ove il suono di flauti e arpe accompagnavano ogni passo.
Il mal di testa si fece sempre più lieve e il signor Baggins sorrise, sentendosi rilassato, mentre la voce del suo amico si faceva sempre più lontana.
Thorin pensò che in quel momento lui era un po’ come un padre e Bilbo era un po’ come suo figlio. Improvvisamente si rattristì. Avrebbe potuto avere figli, se solo lei non fosse… non fosse…
Non appena ebbe la certezza che lo hobbit si era addormentato, il Re sotto la Montagna si alzò sospirando. Si sentiva un groppo allo stomaco, così decise di uscire dalla stanza per calmarsi un po’. Si appoggiò alla porta e alzò lo sguardo al soffitto, sospirò. Dopodiché chinò il capo e venne travolto dai ricordi.
 
Risate allegre riecheggiavano tra le mura di Erebor, completamente in contrasto con quell’ambiente vuoto e freddo.
Una mezza nana correva giù per le scale con un mantello di pelliccia nera sulle spalle, senza smettere di ridere. Era giovane, sembrava una ragazzina, specialmente per quanto riguarda l’aspetto minuto, però aveva delle belle forme, da donna. I suoi occhi erano grandi e azzurri, la faccia era punteggiata da efelidi e aveva i lunghi capelli lisci legati in due trecce castano ramato. Indossava un lungo abito verde, semplice, da principessa.
Non appena le scale finirono, la giovane si guardò intorno. Rise per la sorpresa non appena si sentì afferrare da dietro e alzare in aria. “Non vale, però!” protestò voltandosi verso colui che l’aveva abbracciata. “Io ho il vestito!”
Thorin fece un mezzo sorriso e le sussurrò sensualmente all’orecchio: “A questo possiamo porre rimedio.”
La mezza nana sgranò gli occhi, sorpresa da quell’oscenità uscita dalla bocca del suo futuro sposo. Poi rise e gli diede un colpetto. “Porco!” lo prese in giro.
Anche il nano rise, poi le fece un inchino. “Ora potrei riavere il mio mantello, milady?” le chiese con scherno.
La ragazza gli gettò il mantello addosso, sempre in modo giocoso. “E va bene, hai vinto!” borbottò.
Thorin continuò a ridere.
Inaspettatamente la mezza nana si gettò fra le sue braccia.
Il principe la strinse forte a sé, pensando a quanto fosse fortunato ad averla.
Lei chiuse gli occhi e si lasciò cullare dal suo respiro.
“Ti amo Gwarka.” Le baciò la testa.
“Anche io!”
Rimasero per un po’ così, abbracciati, mentre il silenzio regnava intorno a loro.
Solo allora Thorin si rese conto di che ora fosse. “ È ora di andare a dormire, principessa.” La prese in braccio.
“Ma come? Di già?” Lo guardò con quegli occhioni chiari, da cucciolo.
“Sì, di già. E non farmi gli occhi dolci, sai che con me non funzionano, mia cara” scherzò il principe dei nani.
“Vabbè, io ci ho provato” disse Gwarka, divertita.
Thorin fu contagiato dalla sua risata briosa. Dopodiché tornò serio e le disse a bassa voce: “Ti porto a dormire, domani ci aspetta un lungo giorno…”
 
Thorin Scudodiquercia scosse la testa per mandare via quelle immagini. Si era giurato di dimenticare Gwarka, lo faceva stare troppo male, ma qualche volta faceva ancora visita nella sua mente.
Il drago, oltre alla Montagna e a un tesoro, aveva deciso anche di prendersi la sua amata.
Il Re sotto la Montagna prese la saggia decisione di andare a lavorare in fucina, così avrebbe tenuto la mente occupata per un po’.
 
Una volta finito di lavorare una spada, Thorin si avviò verso la Sala del Trono e si nascose non appena vide delle nane passare per il suo stesso corridoio. Le conosceva, lo tenevano sempre a parlare tre ore non appena lo incontravano.
Erano cinque in tutto, delle oche starnazzanti, non c’era modo migliore per descriverle. Indossavano sempre sontuosi abiti ricchi di gioielli e i loro capelli erano acconciati con improbabili acconciature.
Erano innamorate di lui…
“Vostra Maestà, vi state nascondendo, per caso?”
Thorin strinse gli occhi e inghiottì un’imprecazione, poi si voltò verso la nana. Si sforzò di sorridere e di apparire educato. “No, milady.” Le baciò la mano.
Ella ridacchiò lusingata, diventando rossa con le sue amiche.
Un’altra nana si aggrappò a lui e lo guardò con occhi sognanti. “Dove andate così di fretta, sire?”
Al Re quei modi così confidenziali non piacevano, chi erano loro per permettersi di stargli così vicino? E poi lui aveva già avuto una fidanzata e non aveva intenzione di rimpiazzarla. Era una questione di rispetto.
“Non credo che vi riguardi” rispose secco il nano.
“Se non è importante potreste venire a farci visita nel nostro letto…” disse un’altra appendendosi letteralmente a lui.
Questo era troppo. Che insolenza! Il Re già era nervoso di suo per via di Bilbo, ci mancavano soltanto queste oche a mettere la ciliegina sulla torta!
“Chi vi dà il diritto di rivolgervi così sfacciatamente al vostro re?!” scattò levandosele di dosso.
Le nane indietreggiarono spaventate dal suo improvviso scatto d’ira.
“Non siete nessuno per permettervi così tanta confidenza con me, nessuno.” Sottolineò l’ultima parola, poi se ne andò.
Era importante quello che voleva fare, doveva pensare, pensare a una soluzione per il suo più caro amico.
Non appena giunse nella Sala del Trono, trovò Gandalf. Perfetto. Era proprio la persona con la quale voleva parlare.
“Gandalf” disse e avanzò verso di lui, come la prima volta in cui aveva messo piede a Casa Baggins, solo con più foga.
Lo stregone si voltò verso di lui e gli chiese: “Oh, Thorin. Come sta Bilb... ?”
“Devo parlarti” lo interruppe serio.
Gandalf lo guardò a bocca leggermente aperta. Come mai tutta questa fretta? Era successo qualcosa di grave?
“Riguarda Bilbo.”
Lo stregone chinò il capo. “Ti ascolto.”
“Bes ha detto che sarebbe opportuno che Bilbo percorresse posti che ha già percorso, dico bene?”
“Sì.”
“E che facesse esperienze che ha già vissuto, erro?”
“Non erri.”
“Ebbene è da stamattina che ci penso, ho un’idea che potrebbe aiutare Bilbo a ritrovare la memoria, ma volevo consultarti prima di metterla in atto. Voglio riportarlo nella Contea, a Casa Baggins. Rifaremo tutto il percorso che abbiamo fatto per venire ad Erebor, man mano che avanziamo potrebbe ricordare.”
Gandalf era rimasto ad ascoltarlo in silenzio e ancora adesso non aprì bocca. Era sorpreso, non si sarebbe mai aspettato che Thorin avrebbe acconsentito a lasciare che il suo scassinatore tornasse nella Contea così presto.
“Nella Contea, eh?”
“Esattamente” rispose Scudodiquercia. “Quello è il posto dove Bilbo è stato di più, il posto che ha sempre sognato di rivedere da quando è cominciata la nostra avventura. Solo lì potrebbe ricordare, a mio avviso” gli spiegò Thorin, ansioso di ricevere un parere da parte dello stregone.
Deve tenerci veramente a Bilbo, se è disposto a lasciarlo andare per il suo bene, pensò tra sé Gandalf. In effetti il nano aveva ragione: quale posto migliore della Contea per ricordare? L’uomo si riprese subito dai suoi pensieri e rispose: “L’idea non è male, ma è troppo rischioso, Thorin.”
Il Re sotto la Montagna corrugò la fronte. Qualsiasi cosa decidesse di fare lui non era mai d’accordo.
“Riattraversare Bosco Atro? Andarsene in giro per le Terre Selvagge quando ci sono ancora Bolg e i suoi che ti danno la caccia? No Thorin, rischieresti solo di farlo morire.”
“Non riattraverseremo Bosco Atro, non sono stupido!” sbottò Thorin Scudodiquercia, irritato dal fatto che Gandalf avesse pensato che avrebbe potuto compiere un’idiozia simile. “E per quanto riguarda le Terre Selvagge non preoccuparti. Mi sembra di essere un guerriero esperto abbastanza.”
“Sarai pure un guerriero esperto e quello che vuoi, ma durante il viaggio se non fossi intervenuto io certe volte tu e i tuoi compari sareste già morti!”
“ORA BASTA!” sbraitò il sovrano di Erebor.
Gandalf era sussultato e sembrava che persino le pareti fossero tremate all’ira del Re sotto la Montagna.
Io sono il sovrano di Erebor, io decido!” disse con foga, indicandosi con un pugno sul petto.
Mi chiede un parere e poi non mi ascolta, un classico.
“Hai detto bene. Sei il sovrano di Erebor, non di Bilbo” obiettò nervosamente lo stregone.
Thorin chinò il capo.
“E pertanto non puoi decidere sul suo destino. In questa situazione le decisioni le prendono le persone che gli vogliono bene, quelle che gli sono più vicine, ma le prendono insieme. Non puoi sempre metterti a fare il tiranno e imporre le tue idee. Questa è una faccenda delicata che va trattata con tatto, non possiamo metterci a fare le prime cose che ci passano per la testa.”
Il nano alzò lo sguardo verso di lui, respirando a fondo, cercando di calmarsi, i pugni stretti. “Ma tu pensi davvero che io prenderei decisioni a caso per quanto riguarda la salute di Bilbo?” I suoi occhi erano ridotti a due fessure. “Io ci tengo a lui e farei qualsiasi cosa per farlo stare bene. Ho pensato di farlo tornare nella Contea perché mi sembra che sia la cosa migliore, queste sale non gli dicono niente e credo che farlo restare qui sia una perdita di tempo, quelle terapie sono una perdita di tempo. Lo vedo sempre più confuso e non tollero più, Gandalf, non tollero più i suoi occhi spenti ogni volta che mi guarda. Tutti noi non tolleriamo più. Bisogna agire.
C’era sicurezza nelle parole del Re, molta sicurezza. E bisogna riconoscere che aveva ragione: le terapie sembravano per lo più superflue e ad Erebor c’era stato per troppo poco tempo.
Thorin si avvicinò di più allo stregone e lo guardò con occhi supplichevoli. “Ti prego Gandalf, abbi fiducia in me, mi conosci abbastanza per sapere che, quando voglio qualcosa, non mi arrendo. Ebbene io voglio che Bilbo ritrovi la memoria. Farò qualsiasi cosa per aiutarlo, e l’unica cosa che resta da fare è partire.”

   
 
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