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Autore: Evaney Alelyade Eve    02/02/2015    0 recensioni
[SPOILER per chi non ha visto la seconda stagione]
Simon che riflette sulla propria vita, proprio quando quella di Amy si è ormai spenta.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Simon Monroe
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fandom: In The Flesh
Personaggi: Simon Monroe
Pairing: None
Rating: Green
Chapter: 1/1
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico.
Summary: Simon che riflette sulla propria vita, proprio quando quella di Amy si è ormai spenta.
DISCLAIMER: Non mi appartengono, non ci guadagno nulla.


 


 


 

I am a dead man walkin'

 

 


 


 


 


 

Simon è nella stanza di Amy: sfiora con le dita la superfice degli oggetti che le sono appartenuti e anche se non può sentire se è liscia o ruvida, sa per certo che è fredda com'è la consapevolezza che la padrona, questa volta, non tornerà più per pettinarsi i lunghi capelli mogano, o per indossare gli incredibili vestiti celati dalle ante dell'armadio così come il coperchio di una bara ne cela il corpo morto.


Morte.
Che cos'è veramente, la morte? Quando era vivo, la sua Prima vita, era un concetto assoluto, affascinante, un medicamento per ferite interiori altrimenti incurabili. Da quando è risorto però, nulla sembra più certo. Cos'è la morte quando chi muore ne elude la guardia e ritorna a vivere?
Vita.
Che cos'è vivere per chi è nato già morto? Per chi ne elude la tentazione e ricerca la pace tranquilla, quello stato di incoscienza di quando si era nel grembo materno?
Come fai a trovare vita in un corpo ancora fermo nella morte? Come si fa a provare il battito di un cuore che non ha mai, veramente, battuto e scandito la propria esistenza? Perché anche se fisicamente immobile Simon può avvertire l'eco dei battiti, il sangue che corre più in fretta ed il desiderio, che mai l'ha sfiorato, di baciare un'altra persona e tenergli la mano solo per sentirne la presenza rassicurante. Kieren.
L'amore nella Vita dopo la Morte.
Come? Perché io? Sono interrogativi che dopo essere entrato nell'ULA non si era più posto, ed adesso eccolo lì, seduto su un letto abbandonato, un cerchietto per capelli consunto tra le mani a porsi le stesse domande che l'hanno condotto alla morte nella Prima Vita.
Quand'è cominciata quella sua malattia mentale? Forse non ha mai avuto inizio, è sempre stata lì, parte di lui come un male incurabile. Ci sono stati sprazzi di luce nella sua precedente vita, attimi in cui il peso della sua stessa esistenza sembrava più leggero, dove vivere sembrava assumere un nuovo, incoraggiante, significato, ma erano brevi, la durata di di un fuoco d'artificio, bello quanto effimero.
Non è mai stato come gli altri bambini, lui che s'interrogava su cose di cui nemmeno gli adulti sapevano, e non su come colorare un fiore o quale dolce mangiare. Lui non ha mai avuto niente di tutto questo; lui che è venuto al mondo senza scopo alcuno.
Ricorda bene gli anni passati, nella propria camera al buio, steso sul letto a fissare il soffitto spoglio, chiedendosi "perché esisto?" o "qual è la differenza tra esistere ed essere?" o ancora "che cosa sono io?" e "Chi sono io?" e la delusione nell'apprendere che sua madre non aveva le risposte.
"Perchè sono nato?" le aveva chiesto un pomeriggio "Perché io?" e ad ogni risposta vuota o senza senso le crisi ed il tormento, l'angoscia di esistere, senza essere, in un mondo dove tutti sembravano sapere esattamente il proprio ruolo. Fu al primo affacciarsi dell'adolescenza che capì pienamente di essere diverso dagli altri, un'emarginato, un estraneo alla vita che lo circondava. Fu anche quello il periodo in cui incontrò i poeti e i filosofi, in cui volteggiò fra esistenzialismo, nichilismo agognado una risposta, una sola ragione che giustificase il suo essere lì, in quel momento, al mondo. Quando nemmeno quello riuscì a colmare il vuoto, a dargli un qualcosa a cui aggrapparsi iniziò la depressione.
Nero. Era sempre tutto nero. Se esistevano i colori, Simon non li vide mai.
Gli interminabili viaggi dagli psicologi, dai preti addirittura... la religione che sembrava essere una conoscenza sicura appariva ora come farfalle fatte di fumo. Concrete quanto inesistenti. Il dolore indescrivibile: un mollusco senza guscio esposto a mondo, scorticato vivo dal dubbio che come un tarlo gli divorava le viscere.
Quando gli chiedevano "Chi sei?" gli veniva voglia di urlare e piangere e gridare e chiedere "chi sono?" ma senza risposta rimaneva incompiuto, e anche sapere di essere- no, di chiamarsi "Simon Monroe" non aiutava. Era solo il nome, non la propria definizione.
La depressione peggiorò, sua madre piangeva spesso e rideva sempre meno e suo padre, brav'uomo, non sapeva che pesci prendere. Lo odiava? No, covava rabbia come un uomo che ama la propria donna e la vede soffrire e rimorso come un padre che vede il figlio morire e non può farci nulla.
Poi arrivarono le droghe. Un ragazzo di cui fngeva d'interessarsi le portò nella sua vita e per la prima volta credette di aver trovato la medicina al suo male, la chiave d'accesso al se stesso malato e nascosto dentro al proprio corpo. Per un breve istante credette davvero di amare il ragazzo senza volto che gli aveva dato la medicina, ma il pensierò morì com'era nato mentre affondava nella delirante incoscienza della droga.
Un mondo pieno di luci e suoni e colori e figure distorte gli apparve dinanzi e lui smise di chiedersi perché e per come e si abbandonò al mondo che, come ad un cieco, gli era stato sempre precluso.
Iniziarono i primi scontri, duri, con suo padre e poi la rabbia perché lui non poteva capire.
Perché non capiva?
"Toglimi questo" gli aveva urlato "e mi ucciderai!" e poi avevano cercato di aiutarlo a disintossicarsi, l'avevano obbligato dopo la morte del ragazzo-senza-volto e le crisi di astinenza erano terribili quanto il peso di una non-esistenza.
E lui era debole? Forse, fatto sta che aveva ricominciato ed era scappato di casa per vivere come vivevano tutti i tossici: alla giornata, rubando.
Sua madre lo portò due volte in ospedale per overdose, suo padre non andò mai a trovarlo, aveva addirittura smesso di considerarlo suo figlio. Quando gli chiedevano dov'era Simon, lui diceva "E' morto."
Sua madre però gli rimase vicino, e più lui la feriva, più lei gli si attaccava con caparbietà.
I momenti in ospedale erano i più felici: spossato e debole nel fisico e nella mente, trovava riparo solo nella semplice determinazione materna della donna che l'aveva messo al mondo.
Aveva una mente semplice che era balsamo per la sua così complicata, un inferno di vetri rotti e fuoco e nulla.
L'ultima volta che la vide, da vivo, gli aveva promesso di portarlo nella libreria in città che lui amava tanto. Inspiegabilmente da quello aveva capito che stava per morire e tutto quello che aveva fatto era stato chiudere gli occhi e sospirare di sollievo.
Pace, aveva pensato. Finalmente.

Rinascere fu semplice come morire: aprì semplicemente gli occhi su un mondo buio ed angusto e con una spinta che mai aveva avuto prima, com'era stato disperato in vita, si spinse attraverso il terreno verso il mondo di cui non aveva mai fatto parte.
La sua vista però era ancora oscurata e il suo intero essere vibrava di rabbia ma soprattutto di fame. La stessa, terribile, fame che in vita l'aveva ucciso, adesso prometteva di tenerlo in vita. Con la mente vuota da ogni pensiero, i suoi piedi si erano mossi in automatico verso l'unico luogo dal quale era sempre fuggito: casa.
Cieco, sordo ed incapace di ragionare si era avventato sull'unica persona al mondo che l'aveva mai accettato per com'era e l'aveva divorata, la sua mente così semplice tra le sue mani, tra i suoi denti, lungo la sua gola, nello stomaco, assimilata dal suo sistema.
La Terza Rinascita in ospedale. Nel buio della sua mente vuota la luce della ragione e la consapevolezza di non essere all'inferno ma di nuovo, veramente, o quasi, in vita.
La prima volta che si è guardato allo specchio non ha provato nessuna sorpresa nel vedersi: non era forse sempre stato così, prima? Eppure c'era qualcosa...
Una cura. La prima volta, tra le tante prime volte, che non si era chiesto perché. Aveva uno scopo! Un'obiettivo, una ragione d'essere nel modo che era in quel momento! Se serviva una cavia per trovare una cura, se era lui l'uomo senza posto che serviva, allora sì, diavolo sì!
Scosse, iniziezioni, la fottuta colonna vertebrale esposta agli occhi dei suoi salvatori... che importava? Per la prima volta Simon Monroe esisteva.


 

Ma non viveva.

Il Profeta, fu la vera salvezza. Vivi e credi. Credere in qualcosa, in qualcuno.
All'inizio sembrava un'allucinazione, gli sembrava di essersi fatto quando appariva e cercava di aprirgli gli occhi e dirgli "Vivi, Simon, ma non tra i Viventi! Vivi tra i Non-Morti, è questo il tuo posto."
E i Viventi, Simon lo scoprì presto, mentivano. Un bambino che compie i primi passi nel mondo e scopre quanto sa essere crudele l'animo. L'Uomo che si finge benefattore ma è ingannatore.
Suo padre che va a trovarlo, suo padre che non riesce a dirgli l'unica cosa che veramente gli preme dire: "Mostro! Assassino!" ma che scappa via, scappa via senza dirgli che ha le mani sporche del sangue di sua madre, della donna che l'ha messo al mondo.
Secondo la teoria dell'Eterno Ritorno, l'Universo nasce e muore secondo tempi prestabiliti, ripetendo all'infinito un certo percorso. Infinite possibilità.
Nella vita di ieri può avvenire un certo evento che ha infinite possibilità di ripetersi, nella stessa misura o, in maniera leggermente alterata, anche nel futuro.
Se nella tua Prima Vita tuo padre ti abbandona al tuo destino, nella tua Seconda, o Terza?, succederà ancora. E ancora. E ancora.
E così che si è ritrovato da solo, per strada ed è così che il Poeta è diventato il Dio di cui diventare Discepolo, alla ricerca di un Messia che guidi la tua nuova famiglia allargata verso la sovranità. Un'identità.
Ed è qui che Simon Monroe smise di essere un semplice nome e diventò definizione del Discepolo dei Non-Morti, uomo di fiducia del Dio-Profeta e persona viva ed esistente.
Il dolore di una non-esistenza spazzato via dalla rinascita in una Non-Vita.
La Morte e la Vita che si sono cristallizzate nel corpo di questi Non-Morti così temuti da chi è ancora nella Vita. Un Oltreuomo, un'Oltrevita che è destinata a prendere fra le mani le redini di un'esistenza che non è più persa per sempre, ma ha piena legittimità d'essere.
Gli eventi sono destinati a ripetersi in maniera uguale o meno, e se il ragazzo-senza-volto che per primo gli offrì una medicina alla sua inesistenza, diventa un ragazzo che gli offre una medicina, un'altra alternativa, all'esistenza legittimata ma che è un vicolo cieco come la non-esistenza? Quand'è che il suo legame col Profeta è diventato così unilaterale? Quand'è che si spezzerà il ciclo infinito di eventi simili che perpetuano nelle sue varie esistenze?
Ma non c'è modo di spezzare il corpo di Uroboro, il serpente che si mangia la coda chiudendo il cerchio.
Kieren, però, è l'inizio e la fine di tutte le cose. Non perché è il Primo Risorto, semplicemente perché Kieren è la fine del Simon Monore nella sua Seconda, o Terza?, esistenza ed è l'inizio di Simon Monroe come essere pienamente legittimato, vivo e che esiste, con la propria unica ed inequivocabile volontà.


 


 


 


 




 

   
 
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