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Autore: JulesBerry    09/02/2015    2 recensioni
[Questa storia partecipa al contest “Weasley’s Christmas” di Weasleiuccia, indetto sul Forum di EFP]
"Non sarebbe stato poi così terribile, considerò lui, se quel piano infernale si fosse limitato alla prima parte: non ci sarebbe stato assolutamente nulla di strano se si fosse semplicemente travestito da Babbo Natale per sua figlia, e probabilmente l’avrebbe anche trovata una cosa carina; d’altronde, vedere la sorpresa negli occhioni azzurri della sua piccola Roxanne l’avrebbe senz’altro reso più felice di quanto già non fosse. Peccato che la sua dolce consorte avesse avuto una delle sue solite illuminazioni catastrofiche, che ancor di più delle precedenti lo aveva spinto a prendere in seria considerazione l’ipotesi di mandarla a fare un qualsiasi controllo da uno specialista per accertarsi che stesse realmente bene. Perché era assurdo che gli venisse chiesto – o forse sarebbe meglio dire imposto – di scivolare giù per il camino la notte della Vigilia, e per di più di fronte a tutti i loro parenti e amici. Era certo che qualcuno di loro gli avrebbe ricordato quel memorabile evento fino alla fine della sua esistenza. "
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: George Weasley, Nuovo personaggio, Roxanne Weasley
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
- Questa storia fa parte della serie 'Che l'amore è tutto, è tutto ciò che sappiamo dell'amore'
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Nickname forum: JulesBerry95
Nickname EFP: JulesBerry
Titolo: Non sapevo di essere Santa Claus
Rating: Giallo
Genere: Romantico
Pairing: George Weasley/Nuovo Personaggio
Weasley scelto: George Weasley e Roxanne Weasley
Altro: Il nuovo personaggio inserito in questa storia si chiama Abigail Darleen Thompson e prende il posto di Angelina Johnson. Conseguentemente, Roxanne è figlia sua (What if…?).


 


Non sapevo di essere Santa Claus

     

Non era una buona idea. Non era affatto una buona idea.
George Weasley se lo ripeteva costantemente e ininterrottamente da quando sua moglie, con i suoi soliti modi gentili, lo aveva letteralmente costretto ad accettare questa proposta a dir poco assurda. E sebbene avesse provato a rifiutare, a opporsi, a dire che non ci stava, a nulla erano valse le sue resistenze; perché, quando ad Abigail veniva un’idea, niente e nessuno poteva sperare di farla desistere. Così, pochi giorni prima, era stato quasi trascinato in giro per negozi in cerca di quel benedetto costume, ritrovandosi investito da quella folla di gente ancora alle prese con gli ultimi acquisti natalizi.
Non sarebbe stato poi così terribile, considerò lui, se quel piano infernale si fosse limitato alla prima parte: non ci sarebbe stato assolutamente nulla di strano se si fosse semplicemente travestito da Babbo Natale per sua figlia, e probabilmente l’avrebbe anche trovata una cosa carina; d’altronde, vedere la sorpresa negli occhioni azzurri della sua piccola Roxanne l’avrebbe senz’altro reso più felice di quanto già non fosse. Peccato che la sua dolce consorte avesse avuto una delle sue solite illuminazioni catastrofiche, che ancor di più delle precedenti lo aveva spinto a prendere in seria considerazione l’ipotesi di mandarla a fare un qualsiasi controllo da uno specialista per accertarsi che stesse realmente bene. Perché era assurdo, assurdo, che gli venisse chiesto – o, forse, sarebbe meglio dire imposto – di scivolare giù per il camino la notte della Vigilia, e per di più di fronte a tutti i loro parenti e amici.
Era certo che qualcuno di loro gli avrebbe ricordato quel memorabile evento fino alla fine della sua esistenza.

Lui e Abigail erano nel loro grande soggiorno, immersi come non mai nelle mille decorazioni natalizie, mentre la piccola Roxanne, con i suoi capelli ribelli come il suo carattere, stava distesa sul tappeto e si reputava troppo impegnata a disegnare per dare una mano ai suoi genitori. Questi stavano addobbando l’albero di Natale, mentre distrattamente, dando qualche colpo di bacchetta qui e lì, facevano svolazzare per casa ghirlande, nastri e lucine varie, cercando loro una sistemazione adeguata. E, manco a dirsi, neanche quell’anno era mancato l’irrinunciabile battibecco tra i due sui colori da scegliere per le palle da appendere all’abete, dal momento che George propendeva per il classico rosso e oro – forse responsabile la sua vecchia Casa di appartenenza a Hogwarts – mentre sua moglie insisteva con vigore nel dire che il blu e il bianco si sarebbero intonati perfettamente ai divani. Alla fine, erano fortunatamente giunti a un accordo, selezionando quella salvifica combinazione di rosso e bianco che non dispiaceva a nessuno.
Alla radio suonavano la solita compilation natalizia di cui sarebbe stato impossibile stancarsi, come testimoniava la voce di Abigail, che intonava con convinzione le note di quella canzone che avevano già trasmesso ben tre volte, esibendosi ogni tanto in qualche giravolta sotto lo sguardo divertito del marito.
«Non ti stuferai mai, non è così?» le aveva chiesto, retorico, collocando sull’albero con estrema cura la pallina con su scritto “Il Primo Natale del bebè”, un regalino risalente a tre anni prima da parte dei loro gentilissimi vicini di casa.
«Proprio mai» aveva confermato lei, facendogli una linguaccia e lanciandogli addosso uno dei nastri che teneva in mano. Subito dopo, aveva gettato una rapida occhiata a sua figlia, assicurandosi che non stesse ascoltando, e si era avvicinata a George, che aveva iniziato a fissarla con un cipiglio incuriosito.
«Che hai in mente?» le aveva domandato immediatamente, ma lei si era apprestata a zittirlo con un dito per invitarlo a parlare a bassa voce.
«Be’, sarebbe divertente se ti travestissi da Babbo Natale, la sera della Vigilia. Roxie rimarrebbe a bocca aperta, potrebbe essere una cosa carina» gli aveva sussurrato lei, molto semplicemente, al che il ragazzo si era voltato un attimo a guardare Roxanne, che era crollata addormentata su quei fogli, e aveva sorriso, annuendo silenziosamente.
«Sì, perché no?» aveva acconsentito, dando alla donna il via libera per continuare.
«Perfetto, allora ricordami di applicare un Incantesimo di Estensione Irriconoscibile al camino, almeno scivolerai comodo» aveva quindi puntualizzato, ma a quel punto George aveva smesso di fare ciò che stava facendo e si era bloccato, immobile e con lo sguardo terrorizzato.
«Cosa?! Per le vesti più consunte di Merlino, no!» aveva detto, allora, alzando notevolmente la voce, cosa che aveva fatto svegliare di colpo la bambina.
«Papà, non si dicono queste cose! E tu e la mamma non dovete litigare!» non aveva tardato a rimproverarlo, mettendo su un’espressione preoccupata.
«Ma no, amore, non stiamo litigando. Tua madre ed io stiamo solo parlando di cose da adulti, non devi spaventarti. Va’ a giocare con Sally, credo proprio si stia annoiando… non vorrei le venisse la splendida idea di masticare le sedie nuove» l’aveva rassicurata lui, indicando poi il loro cane, una cucciola di Cocker, che pareva li stesse fissando con rassegnazione. Roxanne, non totalmente convinta, aveva comunque deciso di fare come aveva detto suo padre, mentre quest’ultimo si era rivolto nuovamente a sua moglie con fare esasperato.
«Tu sei impazzita! Impazzita, ti dico! Non lo farò mai!» le aveva detto a bassa voce, stizzito, ma lei pareva irremovibile.
«E invece sì che lo farai, raggio di sole».
«Non puoi obbligarmi, blondie!»
«Questo lo dici tu, George. So essere molto persuasiva, lo sai!»
«Abigail Darleen Thompson! Non riuscirai a farmi cambiare idea, stanne certa!»
«Ah, ma davvero? Sai, sarebbe un peccato se, accidentalmente, il tuo abbonamento annuale alle partite di Quidditch andasse distrutto o se – sempre accidentalmente, s’intende – qualcuno dicesse in giro che, per prendere quella patente di guida Babbana, hai dovuto Confondere l’esaminatore, dato che questi ti stava bocciando perché hai saltato uno Stop, hai invaso la pista ciclabile, hai quasi ammazzato un pedone e disconoscevi totalmente l’esistenza di quegli aggeggi chiamati “indicatori di direzione”, alias frecce. Credo che tua madre non approverebbe, e penso anche che diventerebbe davvero furiosa se lo venisse a sapere» lo aveva minacciato la donna, fissando soddisfatta la sua espressione prima basita e spiazzata, successivamente sconvolta e infine contrariata. Quella stessa espressione che, lei lo aveva imparato bene, significava soltanto una cosa: “Hai vinto tu, blondie, ma prima o poi me la paghi”.
Abigail, allora, gli si era avvicinata e gli aveva stampato un bacio, tirandogli al contempo una guancia per poi, con fare divertito, bisbigliargli all’orecchio: «Rende il tutto più realistico, suvvia!».
E così si era allontanata e lo aveva lasciato lì, di stucco, con occhi e bocca spalancati per l’incredulità e buona parte dell’albero ancora da addobbare.          


Così, la mattina di quel 24 dicembre, appena sveglio, non riusciva a pensare ad altro che a tutta quella situazione assurda, rigirandosi continuamente nel letto, mentre la principale responsabile della sua sempre più prossima figura da idiota dormiva tranquillamente al suo fianco, con quelle labbra incurvate in maniera incredibilmente rilassata sul viso.
Tuttavia, osservandola, George non poté proprio non considerare che, nonostante tutto, avesse accanto una donna non soltanto bellissima, ma la migliore che potesse trovare, sotto ogni singolo aspetto.
Gli era bastato un solo sguardo per innamorarsi di lei. Un sorriso soltanto, e lui era rimasto folgorato. Ci aveva messo un po’ di tempo a capirlo, ma alla fine quella consapevolezza si era fatta sempre più forte: urlava, scalpitava, batteva pugni contro la sua anima, e per lui era diventato impossibile non darle ascolto. Avevano dovuto superare tante difficoltà, e non era stato sempre così semplice, ma nella sua testa non poteva non dirsi che ne era valsa la pena. Se lo ripeteva quando ripensava al giorno del loro matrimonio e, naturalmente, a quanto lei fosse splendida e radiosa in quell’abito, o quando tornavano quasi contemporaneamente da lavoro e, scontrandosi di fronte la porta, iniziavano a ridere come due stupidi; se lo ripeteva nelle sere fredde, quando percepiva le sue mani infilarsi sotto il suo maglione alla ricerca di un po’ di calore, o quando la sentiva canticchiare per la casa, ma ancor di più quando guardava sua figlia e, automaticamente, pensava a quanto fosse incredibilmente simile a lei. Era passato qualche anno da quel meraviglioso Natale che gli aveva permesso, dopo mesi, di rincontrare i suoi splendidi occhi grigi, ma lui non riusciva a smettere di definirla come il suo regalo più bello di sempre. E, a prescindere da ogni cosa, gli faceva tenerezza vedere come quella donna cercasse in tutti i modi possibili e immaginabili di rendere speciale ogni singolo giorno della loro bambina, anche se ciò poteva avere delle conseguenze tragicomiche, esattamente come quelle che attendevano proprio lui quella sera.

Le stava accarezzando il volto da qualche minuto quando, assonnata, aprì gli occhi, portando una mano sulla sua.
«Ciao tesoro, buona Vigilia» sussurrò lei tra uno sbadiglio e l’altro, stringendosi di più a suo marito e lasciandosi posare un bacio sulla nuca.
«Buona Vigilia a te, blondie» rispose lui, sorridendo, ma nessuno dei due ebbe la possibilità di aggiungere altro.
Proprio in quell’istante, infatti, la porta della stanza da letto si spalancò, permettendo a una piccola e biondissima peste di quasi quattro anni di entrare a tutta velocità nella stanza e fiondarsi dritta sul lettone dei genitori, che tentarono per come poterono di pararsi dai colpi assassini che la bambina, saltando allegramente, infliggeva loro inconsapevolmente.
«Nevica, nevica! Mamma! Papà! Fuori c’è la neve! Svegliatevi, avanti!» disse Roxanne, euforica, con la sua vocina acuta, al che George la prese di peso e la costrinse a sedersi, tenendola ben ferma. Sospirò, provato, e lanciò uno sguardo divertito ad Abigail, che scuoteva la testa, ridendo tra sé e sé.
«Buongiorno anche a te, piccola distruttrice del mondo. A quanto pare, hai già preso la tua dose giornaliera di iperattività, non è così?» chiese lui a sua figlia, che annuì vivacemente con la testa e che, in aggiunta, gli fece una linguaccia.
«È una cosa che si mangia?» gli domandò la piccola, al che il ragazzo scoppiò a ridere.
«Be’, in questo caso sarebbe meglio non la preparasse tua madre, sai com’è… la sua cucina potrebbe uccidere qualcuno» le sussurrò, cosa che fece sfoggiare alla menzionata un cipiglio indignato. A quel punto, George si caricò la bambina sulle spalle e si diresse velocemente verso la porta, intenzionato a salvarsi dall’imminente pericolo.
«Weasley, dove credi di andare?! Tu ed io dobbiamo fare una bella chiacchierata sulle mie presunte doti da avvelenatrice!» lo richiamò difatti Abigail, puntandogli un dito contro, ma lui, ormai sull’uscio, sfoggiò un sorrisino beffardo e allargò le braccia.
«Spiacente, babe. Io e Roxanne abbiamo un impegno assolutamente improrogabile ed estremamente urgente con un certo Signor Pupazzo di Neve, non possiamo proprio rimandare oltre!»
«E c’è anche la Signora Pupazzo di Neve!» esclamò loro figlia, aggrappata saldamente al collo del papà, che portò entrambe le mani al petto e mise su una finta espressione preoccupata.
«Merlino, non possiamo di certo far aspettare la rispettabilissima Signora Pupazzo di Neve, per di più la mattina della Vigilia di Natale! Scusaci, bellezza, ma non possiamo trattenerci un solo secondo più!» affermò lui con convinzione, per poi dileguarsi giusto in tempo per riuscire ad evitare il cuscino che Abigail stava per lanciargli addosso con gran passione.
La donna, sconfitta, sprofondò nuovamente sotto le coperte, non riuscendo però a trattenere un sorriso nell’udire la risata spensierata e felice della sua Roxie riecheggiare dal giardino innevato.

Erano trascorse parecchie ore da quella mattina, e la giornata sembrava fosse proprio volata via. In men che non si dica era arrivata la sera, e con lei tutti gli invitati e lo scompiglio che, naturalmente, un gran numero di gente porta inevitabilmente con sé: c’erano i loro parenti, gli amici, i colleghi di lavoro e così via, e forse mai come quella volta l’ampio soggiorno-sala da pranzo era parso sul punto di esplodere. Ognuno di loro aveva portato una pietanza diversa, dal momento che tutti erano più o meno consapevoli delle scarsissime doti culinarie di Abigail, che però, d’altra parte, aveva insistito fortemente per cucinare quantomeno una torta di melassa.
Non aveva tardato a manifestare tutto il suo grande disappunto George, che prontamente aveva inviato una serie di lettere a tutte le sue cognate, a sua madre e persino a sua suocera, pregandole di presentarsi con dei dolci commestibili che, secondo lui, avrebbero sicuramente salvato tutti loro da “un ricovero al San Mungo quanto mai certo”.
E così, quando mancava ancora un’ora e mezza alla mezzanotte, erano tutti riuniti lì, attorno al tavolo, a ridere, scherzare e a giocare chi a SparaSchiocco, chi a Scacchi Magici, mentre i bambini si rincorrevano per la casa e Molly Weasley, tanto per cambiare, si commuoveva nell’ascoltare Un calderone pieno di forte amor bollente di Celestina Warbeck alla radio. Radio che, per intenderci, la maggior parte dei presenti sperava andasse in autocombustione quanto prima possibile.
«Ho dovuto buttare la torta, l'ho bruciata. Neanche Sally l’ha voluta» comunicò un’afflitta Abigail al marito, facendogli notare come il cane si stesse allontanando con circospezione dal sacchetto della spazzatura per andare a elemosinare altro cibo dagli invitati. George soffocò una mezza risata in qualche colpo di tosse e mise su una finta espressione dispiaciuta.
«Oh, che peccato. Sul serio, avrei tanto voluto assaggiarla!» le disse, così lei gli sorrise e gli diede un bacio sulla guancia.
«Te la faccio un altro giorno, amore. Adesso però andiamo, dobbiamo prepararti: non ti sarai per caso scordato di quella cosa, vero?» gli sussurrò all’orecchio, al che lui deglutì lentamente e annuì, ripetendosi che no, non era affatto psicologicamente pronto per una cosa simile.
«Scacco Matto, vecchio mio!» proclamò suo fratello, soddisfatto, indicandogli la scacchiera con compiacimento, prima di richiamare all’ordine le sue figlie, diventate fin troppo vivaci. A quel punto, George comprese che nient’altro avrebbe potuto ritardare il fatidico momento, così si alzò e seguì sua moglie su per le scale.

Entrato in camera, il suo sguardo cadde inevitabilmente su quel costume rosso messo in bella vista. Quel costume che lo attendeva con ansia da ben tre giorni e che non vedeva l’ora di essere indossato.
Una volta che questo suo desiderio fu esaudito, il ragazzo si posizionò davanti allo specchio e dovette faticare davvero tanto a trattenere un lamento: quel vestito lo ingrassava terribilmente.
Abigail, poco distante da lui, lo scrutò attentamente per qualche secondo, grattandosi il mento e corrugando la fronte, persa nelle sue riflessioni. «Non ci siamo. Resta fermo qui che ti faccio crescere la barba bianca» annunciò, infine, sfoderando la bacchetta e puntandola contro il viso del ragazzo, i cui occhi sembravano sul punto di uscir fuori dalle orbite.
«Per le mutande di Merlino, ma neanche per sogno!» esclamò, tentando di allontanarla quanto più possibile, ma lei non pareva affatto intenzionata a cedere.
«Non fare i capricci, Georgie. Sarà solo questione di un’oretta, non sarà così orribile come credi».
«Mi rifiuto, blondie. Mi rifiuto».
«Ah, sì? Bene. Se tu ti rifiuti di farti crescere questa benedetta barba, io mi rifiuto di fare l’amore con te per almeno un mese. Un mese, George. Sai cosa significa?» lo minacciò Abigail, sorridendo beffardamente, cosa che lo fece rimanere di sasso. A un tratto, smise di opporre resistenza.
«O-Okay, va bene, non scherziamo con le cose serie. Fa’ quello che devi fare e non parliamone più» si arrese, profondamente amareggiato da come quella donna riuscisse sempre a metterlo con le spalle al muro, così lei gli stampò un bacio sulle labbra e si mise all’opera.
Due minuti più tardi, rimirandosi allo specchio, George non vide più la sua quasi impercettibile barbetta rossa, ma una lunga barba bianca che, in tinta con la parrucca e combinata a quel costume, lo rendeva a tratti irriconoscibile. Sospirò, contrariato, ma s’impose di far finta di nulla: lo stava facendo per Roxanne, e questo bastava a lavar via ogni possibile malumore.
Si voltò verso sua moglie, che, appoggiata allo stipite della porta, lo osservava con tenerezza, e tutto sommato iniziò a considerare che non fosse una cosa poi tanto terribile.
«Sei il papà migliore del mondo» commentò dolcemente la ragazza, per poi impostarsi addosso uno sguardo giusto un po’ malizioso e proseguire: «E, a dire la verità, sei anche il baciatore migliore del mondo».
«Scommetto, però, che non hai mai baciato Babbo Natale, eh?» le domandò lui, facendole l’occhiolino, al che lei gli fece cenno di avvicinarsi e di raggiungerla sotto il vischio che pian piano lei stessa stava facendo crescere sopra la sua testa.
«Osservazione corretta, Weasley» sussurrò Abigail una volta che furono uno di fronte all’altra, portando le sue braccia al collo di lui, che a sua volta le cinse i fianchi, tirandola un po’ più verso di sé.
«E scommetto anche che non ne hai mai visto uno così sexy. I privilegi che si ottengono quando sposi George Ultrafigo Weasley. E pensare che, quando ci siamo conosciuti, mi odiavi!»
«Proprio così. E la vuoi sapere una cosa incredibile?»
«Dimmi pure, dolcezza».
«Imparare ad amarti con tutta me stessa è stata la cosa migliore che abbia mai deciso di fare in vita mia. Ci sono stati momenti difficili, non lo nego. I miei mesi a Belfast, lontana da te, e poi c’è stata la Guerra, ci sono stati i litigi, le incomprensioni, quegli attimi in cui entrambi avremmo voluto mandare all’aria ogni singolo progetto, ma guardaci. Guarda cosa siamo stati in grado di costruire insieme. Non abbiamo mai smesso di credere in noi e abbiamo continuato ad amarci sempre, nonostante tutto. Quando osservo Roxanne, amore mio, e i suoi begli occhi azzurri così simili ai tuoi, io vedo il nostro più grande e meraviglioso trionfo. E, anno dopo anno, mi rendo sempre più conto che non mi serve proprio un bel niente, per Natale, se non qualcosa che duri per sempre. Come la tua presenza nella mia vita, le tue stupide battute che sanno sempre farmi ridere, la tua bellissima espressione assonnata al mattino, o ancora i tuoi sorrisi di fronte alle facce buffe della nostra piccola, la sua risata cristallina, i suoi capelli biondi che non stanno mai al loro posto, e tantissime altre cose ancora. Il Natale è la mia festa preferita. Lo è da quel giorno di qualche anno fa, quando è ufficialmente iniziato tutto, quella volta per davvero. Be’… vedi, adesso, quante cose ci saremmo persi se, tempo addietro, non avessi smesso di odiarti?» gli disse Abigail, guardandolo dritto negli occhi e notando in lui, con stupore, un velo di commozione.
George le accarezzò il viso e le sorrise dolcemente: riusciva sempre a sorprenderlo.
«Sei… Sei autoritaria, testarda, tremendamente orgogliosa, hai un temperamento che dà i brividi e qualche volta sai essere proprio indisponente, ma sai che c’è? C’è che ti amo, ma davvero tanto, e che se continuerai a farmi discorsi del genere saremo entrambi costretti a farci controllare i livelli di glicemia, ma non m’importa. Non m’importa affatto, perché ho accanto una donna bellissima, forte e dolcissima che non fa altro che rapirmi il cuore ogni singolo giorno. L’unica capace di farlo e l’unica cui è concesso, ed io posso solo esserle grato» fece quindi di rimando, stringendola a sé e inalando a fondo il suo profumo.
Sarebbero rimasti così per ore: con la neve che cadeva leggera fuori dalla finestra, il brusio degli invitati al piano di sotto, il sottofondo delle canzoni natalizie provenienti dalla villetta accanto alla loro, immersi in quell’atmosfera magica e speciale che tanto amavano.
«Jingle bells, jingle bells, jingle all the way…» prese a canticchiare George, beccandosi un pizzicotto da parte della giovane.
«Taci, Lobo Solitario» lo zittì quindi lei, alzandosi immediatamente dopo in punta di piedi per appendersi alle sue labbra. Lui ricambiò il bacio, affondando una mano tra i suoi capelli e portando l’altra sulla sua schiena, sotto il maglione. Si sentiva incredibilmente ridicolo conciato in quel modo, ma – in quell’istante – questa era l’ultima cosa di cui gli interessava curarsi. Voleva stare da solo con lei, e sperava vivamente che a nessuno venisse l’assurda idea di disturbarli.
«Oh what fun it is to ride in a one-horse open sleigh, hey» continuò Abigail, riprendendo fiato, ma non ebbe tempo di dire altro che già lui aveva iniziato a lasciarle una serie di baci sul collo. Lei, ridendo, gli prese il mento e lo costrinse a sollevare la testa e a ricambiare il suo sguardo.
«Ehi, Santa Claus, che intenzioni hai?»
«Voglio fare l’amore con te, mi sembra ovvio» rispose il ragazzo con semplicità, baciandole ogni centimetro del viso nel tentativo di convincerla.
«Ma ci sono tutti gli invitati, giù… Non credo sia il ca-… Oh, al diavolo, chi se ne frega!» si arrese, prendendo l’iniziativa, ma il destino, quella sera, sembrava essersi messo contro di loro. Difatti, ben presto sentirono la voce di Roxanne dal piano di sotto che li chiamava insistentemente, ricordando loro che mancavano quaranta minuti alla mezzanotte, così i due si separarono, a malincuore, e si scambiarono un sorriso rassegnato.
«Magari dopo» dissero all’unisono, lasciandosi scappare una risata.
«Io vado di sotto, tu ricorda il piano. E sta’ attento a non farti scoprire, eh?» bisbigliò Abigail, prima di sorridergli di nuovo e lasciare la camera, dirigendosi al pianterreno.

Andò dritta nel soggiorno, dove gli altri la stavano aspettando, e subito sua figlia saltò giù dalle ginocchia di nonno Arthur per correrle incontro e abbracciarla.
«Dov’è papi?» le domandò, inquisitoria come suo solito. La donna pensò che quel piccolo scricciolo alto neanche un metro a volte sapeva essere davvero inquietante.
«Papi è… è uscito, doveva controllare una cosa in negozio, ma torna presto!» rispose, lanciando un’occhiata ansiosa al camino e iniziando a dubitare della sensatezza di quella cosa. Ma, naturalmente, questo non lo avrebbe ammesso mai. «Bene! Chi vuole giocare a Gobbiglie?» propose repentinamente nel tono più convincente che fu riuscita a trovare, prendendo la bambina in braccio senza darle il tempo di ribattere.

Nel frattempo, George Weasley era sul tetto. Proprio così, sul tetto.
I fiocchi di neve non ne volevano proprio sapere di smettere di cadere, e lui stava congelando dalla punta dei capelli a quella dei piedi. Almeno, si disse, avrebbe avuto un’ottima scusa per far sentire in colpa sua moglie.
Si avvicinò con attenzione al camino e, guardando dentro, notò che Abigail non aveva dimenticato di applicare l’Incantesimo di Estensione Irriconoscibile e quello pulente, cosa che gli procurò un po’ di sollievo. Anche se, ne era consapevole, non sarebbe stato tranquillo fino a quando tutta quella messa in scena non fosse finita.
Alzò gli occhi al cielo, sospirando con rassegnazione, e senza pensarci ulteriormente si gettò dentro il camino, lasciandosi scivolare, mentre con la bacchetta si teneva impegnato a rallentare la caduta.
Era una sensazione a dir poco orribile, e sebbene avesse già immaginato che sarebbe stata così, viverla era tutta un’altra storia. Iniziò a ripetersi che non mancava molto, che ce l’aveva quasi fatta, che avrebbe dovuto resistere solo un altro po’, e infatti così fu.
Senza neanche accorgersene, si era ritrovato seduto – in malo modo, ma pur sempre seduto – su un enorme cuscino che qualcuno, molto intelligentemente, aveva pensato di piazzare al posto del legno.
“Merlino, grazie. Grazie, grazie, grazie” pensò immediatamente, buttando la testa all’indietro e scoppiando a ridere, ma fu costretto a interrompersi una volta che si fu accorto che le urla spaventate – dovute al tonfo rumoroso che aveva procurato – erano già cessate, lasciando il posto a un incredibile silenzio.
George si rialzò e si ricompose, poi prese a guardarsi intorno e non poté dirsi preso alla sprovvista quando vide tutti i suoi fratelli, sua sorella e i fratelli di sua moglie lasciarsi andare in fragorosissime risate e quasi gettarsi a terra. Abigail, che coccolava Sally sul divano, cercò di resistere alla tentazione di imitarli – anche se si trattava di un’impresa fin troppo difficile – così si passò una mano sul viso e s’impose di rimanere seria. Proposito che, naturalmente, non era saltato in mente a nessun altro dei presenti.
A un certo punto, però, tutti si zittirono nuovamente, e il ragazzo sapeva che era arrivato il momento di dire qualcosa.
Fece qualche passo in avanti e, un po’ a disagio, cercò di grattarsi il mento tra quell’improbabile barba.
«Oh oh oh» disse, provando a fare il vocione, ma l’unico risultato che riuscì ad ottenere fu quello di suscitare altre risa. Tentando di non dar loro retta, continuò. «Sto cercando una bambina, una certa Roxanne Weasley, qualcuno l’ha vista?» domandò, così la piccola, che fino a quel momento era rimasta nascosta dietro la figura della nonna, si fece avanti, un po’ incerta, e sbatté le lunghe ciglia un paio di volte. Dopodiché, prese ad avvicinarsi ancora di più.
«Sono io!» esclamò, fissandolo con occhi ancor più grandi del solito. George sapeva che non ce l’avrebbe fatta a non ridere ancora per molto.
«Oh, ma che bella streghetta! Dimmi, sai chi sono io?» le chiese, mentre Abigail nascondeva la faccia sulla spalla di suo fratello Andrew per non lasciar vedere quelle lacrime dovute alle eccessive risate silenziose.
«Sei quello… quello vero?» domandò di rimando la bambina, la cui emozione era rimarcata dallo sguardo sognante ed eccitato con cui, a sua insaputa, stava guardando suo padre. Quando questi annuì, Roxanne gli corse incontro per attaccarsi a una delle sue gambe.
«Lo sapevo! Lo sapevo che saresti arrivato!» commentò lei, felice, cosa che fece portare entrambe le mani sul cuore a sua madre, che adesso stava tornando tranquilla e li osservava con una dolce espressione in volto.

George si accomodò su una sedia e invitò sua figlia a sedersi in braccio a lui. Una volta che lei ebbe smesso di tirargli la barba per constatare che non fosse finta, il ragazzo mise su un’espressione molto seria e le toccò la punta del naso con l’indice.
«Dimmi un po’, Roxanne: come ti sei comportata, quest’anno?» le chiese, inquisitorio, e prontamente la piccola lo guardò con fare innocente.
Abigail si trattenne a stento dall’impulso di battersi una mano sulla faccia: quella peste era una commediante coi fiocchi.
«Benissimo! Ho fatto la brava, se non ci credi chiedilo a nonna Molly!» gli disse, risoluta, facendo sorridere i presenti. George lanciò un’occhiata divertita a sua moglie e scossero entrambi la testa.
«Eppure, tua madre mi ha detto che l’hai fatta disperare per bene, dolce Roxie. Come pensi di giustificarti?»
«La mamma mente! Io sono un angioletto. La nonna mi dice sempre che sono quasi uguale al mio papà e allo zio quando avevano la mia età. Deve essere una buona cosa, no?» affermò Roxanne con convinzione, mangiando una Cioccorana, mentre a George era andata la saliva di traverso a causa di quello che aveva appena sentito.
«E meno male che non sei proprio uguale, sarebbe stata una catastrofe altrimenti» commentò in un sussurro, quindi, tossendo e rabbrividendo al pensiero di quello che sarebbe successo in quell’eventualità.
Una volta ripresosi, fece scendere la bambina e si alzò. Prese uno dei regali e, inginocchiandosi di fronte a lei, glielo porse.
«Allora, io non credo neanche a una delle tue parole, biondina. Sta di fatto, però, che anche se ti ho inserita nella lista dei cattivi, un regalo voglio dartelo lo stesso. I tuoi genitori ti daranno gli altri una volta che me ne sarò andato – sai, devo visitare altri bambini capricciosi e monelli come te – ma quelli fatti da loro non potranno mai battere questo. Trattalo bene, mi raccomando, o lo verrò a sapere» le sussurrò, in modo tale che lo sentisse solo lei, e le arruffò i capelli.
Roxanne scartò il regalo, curiosa, e quando vi trovò la Firebolt giocattolo, proprio quella che chiedeva da mesi, iniziò a saltellare sul posto dalla felicità. Poi, sfoggiò un sorriso malandrino e lo abbracciò.
«Grazie, Babbo Natale» gli bisbigliò all’orecchio, notando che, effettivamente, questo non c’era, ma non disse nulla. Aveva scoperto che quello era suo padre nel momento stesso in cui aveva proferito parola per la prima volta, e i suoi sospetti erano stati confermati da numerosi particolari che, di certo, nessuno poteva aspettarsi che una bambina di quasi quattro anni cogliesse.
Aveva riconosciuto la fede, il bracciale, il modo in cui la guardava e tante altre piccole cose, ma quell’orecchio mancante, di cui ancora non conosceva la storia, era stato senz’altro la ciliegina sulla torta. Aveva recitato per tutto il tempo, come tendeva a fare molto spesso, e decise che avrebbe continuato a farlo. Non voleva mandare a monte quel gioco e, a dirla tutta, quella faccenda la divertiva parecchio.
Gli diede un bacio sulla guancia e lo lasciò andare, al che lui si sollevò da terra e si mosse in direzione delle scale.
«Adesso devo andare, mi aspetta una lunga notte! Buon Natale e fate i bravi, oh oh oh! Signora Weasley, sia gentile, potrebbe scortarmi dalle mie renne?» comunicò, facendo segno a sua moglie di seguirlo.
«Oh, ma certamente! Tesoro, tu fa’ vedere il tuo regalo ai cuginetti, io nel frattempo accompagno il Signor Babbo Natale e poi vado a cercare papà, ormai dovrebbe aver finito. Torno presto, promesso! Avanti, salutate Santa Claus, non fate i timidi!» fece lei, incoraggiando i presenti ad essere un po’ più collaborativi e, fortunatamente, riuscendoci.
George fece un generale cenno con la mano e s’incamminò, prima normalmente e poi con rapidità, al primo piano.
 
Era stata una cosa carina, pensò mentre entrava in camera, ma era contento che fosse finita: non ce la faceva a stare ancora con quella roba infernale addosso.
«Sei stato bravissimo!» ammise Abigail, ridendo, prima di gettargli le braccia al collo. Lui la sollevò da terra e la fece girare due volte, baciandola poi sulle labbra.
«Che ci vuoi fare, sono un attore nato!» scherzò, iniziando a togliersi il costume per potersi così infilare nuovamente nei suoi comodi vestiti. La ragazza gli diede una mano e si apprestò a fargli sparire la barba, così dopo pochi minuti non c’era più Babbo Natale a tenerle compagnia, lì dentro, ma il suo splendido, eccezionale, solare George, che guardandosi allo specchio non riuscì a non farsi scappare un sospiro di sollievo.
«Scendiamo di sotto, avanti» fece lui, rilassato come non mai, prendendole la mano, ma sua moglie non si mosse. Piuttosto, mise su un’espressione indecifrabile. Lui la scrutò per qualche istante, dal momento che non capiva cosa stesse accadendo, e le si avvicinò un po’ di più.
«Gail, c’è qualche problema?» le domandò, ma lei scosse la testa e sorrise.
«Stavo pensando che tra due minuti è mezzanotte e che… be’, che c’è un regalo che vorrei darti adesso. Una piccola sorpresa, in effetti. Aspetta un secondo» disse, poi sfoderò la bacchetta e appellò un pacchetto blu, che entrò svolazzando nella stanza e planò dritto tra le mani di George. Questi piegò la testa da un lato, incuriosito, non sapendo bene cosa fare.
«Aprilo, avanti!» lo incoraggiò lei, così il ragazzo prese a scartarlo, scoprendo una piccola scatola rettangolare dello stesso colore della carta che aveva appena tolto. Di certo, però, non si aspettava di trovarvi dentro ciò che, in effetti, essa conteneva.
Era un test di gravidanza, positivo, che per un istante lo fece pentire di non essersi seduto preventivamente su una qualsiasi cosa, dato che le sue gambe, improvvisamente, parevano sul punto di cedere miseramente.
Spostò lo sguardo dal test a sua moglie almeno cinque volte, poi si decise a focalizzarsi su quest’ultima e, spiazzato, iniziò a boccheggiare, non riuscendo a emettere alcun suono, così s’impose di riprendere fiato. Si passò una mano sulla fronte e poi tra i capelli e, sorridendole, la strinse a sé.
«Oh, blondie» le sussurrò dolcemente a un orecchio, accarezzandole la schiena, e lei non poté non percepire l’emozione nella sua voce. Si allontanò quel poco che bastava per guardarlo negli occhi, ma non era affatto intenzionata a lasciare le sue braccia.
«Buon Natale, amore» disse, commossa, come testimoniava la piccola lacrima solitaria che le rigava il viso.
«Buon Natale a te, mio splendore» rispose lui, baciandola subito dopo, e per tutto il resto, per tutto ciò che non li riguardava, ci sarebbe stato fin troppo tempo più avanti.
Solo una cosa, però, George voleva chiarirla subito.
«Aspetta un attimo. Ciò significa che, il prossimo anno, dovremo organizzare di nuovo tutta quella messa in scena per il piccolo o la piccola Weasley in arrivo?» le chiese, quindi, profondamente allarmato, ma non ricevette risposta.
Abigail si era limitata a fare una smorfia, divertita, prima di tornare a dedicarsi ancora una volta alle sue labbra.   



Angolo dell'autrice

Hi, guys! Ebbene sì, eccomi qui con la storia con cui sto partecipando al mio primissimo contest, "Weasley's Christmas", indetto da Weasleiuccia.
Abigail, la dolce consorte del nostro George, è un personaggio tratto da una mia multicapitolo, Il "per sempre" è composto da molti adesso". Ovviamente, ho cercato di fare in modo che il contesto fosse il più comprensibile possibile anche per chi non conosce la storia da cui questa sorta di Missing Moment è tratto - in teoria, sarebbe anche un mini-spoiler, ma facciamo finta di niente.
Che dirvi? Spero che questa OS vi sia piaciuta e che, chissà, magari vi abbia fatto venir voglia di andare a leggere la long. <3 Per il resto, ringrazio chiunque abbia letto e chiunque deciderà di lasciarmi una recensioncina, mi farebbe un piacere immenso. <3
Un abbraccio enorme,
Jules 
   
 
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