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Autore: jess87    09/02/2015    6 recensioni
Lady Felicity Smoak ha rinunciato al vero amore quando il suo cuore è stato spezzato da un poco di buono e la sua reputazione rovinata. Si è ormai rassegnata ad una vita passata in solitudine, quando un giorno, durante una delle sue passeggiate ad Hyde Park nel centro di Londra, la sua vita viene scossa da due piccoli diavoletti e il loro affascinante e intrigante padre, il Marchese di Beaufort, Oliver Queen.
Genere: Angst, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Felicity Smoak, Oliver Queen
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi qui con il mio primo tentativo nel scrivere una fanfiction. Non so come sarà, francamente, mi è venuta di getto. Si tratta di una Alternative Universe, in pratica di una storia in cui Oliver e Felicity sono in un mondo diverso da quello che conosciamo. Mi piace immaginarli in diverse situazioni o ambientazioni che non siano quelle tipiche dello show. Spero vi piaccia. I commenti sono sempre graditi ;)

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Lady Felicity Smoak si era sempre sentita orgogliosa di essere la più logica e intelligente delle quattro sorelle Smoak. Non era mai stata una combina guai come Thea e Sin. Nè era diventata bella come Sara. Ma era sempre stata logica e intelligente come suo padre. O meglio, lo ERA stata fino a che non aveva incontrato un gentiluomo che le aveva riempito le orecchie di complimenti e l’aveva gentilmente spinta a dimenticarsi chi era in realtà.

Felicity osservò il lago Serpentine, nel bel mezzo di Hyde Park, mentre il più piccolo, quasi invisibile, fiocco di neve cadeva sull’acqua ghiacciata. Si alzò il cappuccio rosso del suo mantello e sospirò. La scorsa primavera, si era immaginata una ben diversa stagione natalizia. Sarebbe stata sposata, accasata in una modesta casa, con la quieta compagnia di un gentiluomo che l’amava. Invece, poteva decisamente ammettere con il Natale alle porte, che questa sarebbe stata la più solitaria e brutta stagione natalizia della sua vita — anche se sarebbe stata circondata dal rumore di una famiglia piuttosto petulante. Le sue labbra si curvarono in un sorriso acre. Non ci sarebbe stato di certo nessuna modesta casa, nè una compagnia tranquilla. Il suo Natale sarebbe trascorso come erano trascorsi i passati 20, quasi 21 Natali — con la sua esuberante madre e le sue tre sorelle loquaci. Non che non adorasse l’eccitamento, la gioia e l’amore di casa Smoak. E’ solo che si era immaginata accasata, in attesa magari di un bambino.

Felicity rilasciò un sospiro tremante. Quando una giovane lady scandalizzava la società inglese come lei aveva fatto, i sogni di matrimonio e di famiglia non erano altro che desideri impossibili.

“Mia signora, dovremmo tornare presto,” disse la sua cameriera personale, Caitlin, da dietro le sue spalle. Felicity la guardò distrattamente e cercò di fare un tenue sorriso. “Puoi tornare e aspettare nella carrozza, Cate. Ci vorrà solo un momento.” Caitlin aprì la bocca per protestare, ma dopo aver visto la risolutezza nello sguardo di Felicity, la richiuse e annuì. Si voltò e ripercorse il sentiero ricoperto da un lieve strato di neve, dirigendosi verso la carrozza.

Felicity spostò di nuovo la sua attenzione verso il lago. Come faceva durante tutte le sue visite al parco, si chiese che fine facessero i poveri uccelli e pesci che rendevano il lago la loro casa durante i mesi più caldi. Dove andavano quando il freddo arrivava? C’erano giorni in cui sognava di raggiungerli, perchè in questo modo sarebbe stata libera dallo sguardo di pietà che le rivolgevano le sue sorelle, o il doloroso dispiacere in quello di sua madre o il senso di colpa in quello del fratello.

Un fischio scuotè la quiete invernale. Felicity si irrigidì e si voltò proprio mentre un qualcosa di freddo e duro le colpì la tempia.

“Ahia!” Felicity si toccò con le dita la fronte e si tolse la neve dal cappuccio. Sentìì una serie di risatine e cominciò a guardarsi intorno per capire da dove provenissero. Due esseri colorati si potevano distinguere chiaramente nella coltre bianca, nascosti dietro ad un grosso masso. Uno dei due, un ragazzino di circa 10 anni, con maliziosi occhi azzurri, all’improvviso uscìì dal suo nascondiglio e…

“Ahia!” Un’altra palla di neve la colpì direttamente sul naso. Con la mano cercò di togliersi dal viso il liquido freddo che le era sceso sulle guance e sulla bocca. I suoi sforzi furono incontrati da furiose risatine.

Felicity socchiuse gli occhi e si diresse con passo felpato verso i due mocciosi. Le risatine cessarono. Bene, avevano motivo di essere spaventati. Sfortunatamente per i due casinisti, Felicity, grazie alle sue due sorelle minori, aveva esperienza nell’affrontare bambini cattivelli. Si fermò proprio sopra il masso dietro a cui erano nascosti.

“Buonasera,” disse. Il suo tono acquisito da anni di esperienza nel vedere sua madre avere a che fare con le quattro sorelle Smoak. “Ho detto..” annaspò e cadde sulle ginocchia mentre una bambina con i capelli di un biondo chiaro venne fuori da dietro il masso, lanciandole una palla di neve. Il missile, fortunatamente, non colpì il bersaglio e volò dietro la spalla di Felicity. Non ci posso…

“Non vi ha mai insegnato nessuno le buone maniere?” Si alzò, pulendosi la gonna. “Non potete semplicemente andare in un parco e..”

Una palla di neve la colpì sulla spalla. Ohhh, basta! Quando è troppo, è troppo! Felicity si accuciò, prese in mano la più grande quantità di neve che potesse prendere e ne fece una palla, ignorando il freddo pungente dell’acqua ghiacciata che le scorreva tra i guanti. Aspettò. E sfortunatamente per loro, era diventata piuttosto brava ad aspettare. Il ragazzino fastidioso non la deluse. Si alzò. I suoi occhi si spalancarono mentre Felicity prese la mira e lanciò. La forza del tiro fece cadere il cappello nero del bambino dalla testa e coprì i suoi capelli biondi di bianco.

“Ehi!” pianse. “Non puoi lanciare cose a dei bambini!”

Felicity replicò tirando un’altra palla di neve. “Non ho lanciato una cosa.” Questa palla lo colpì direttamente sul petto. “Ho lanciato una palla di neve.”

Gli occhi del bambino si spalancarono ancora di più. Si portò una mano al petto come se fosse stato colpito da un colpo di pistola. Il ragazzino fastidioso puntò il dito nella sua direzione. “Io dico, dico..che le signore non lanciano palle di neve. Non lo fanno. Mia madre non lo faceva. E lei era una signora e…”

Bè, quando una giovane donna scappava per sposarsi con un gentiluomo con intenzioni disoneste e la società lo scopriva, una tendeva a perdere il suo status di signora, tra i nobili rispettabili. Felicity lanciò un’altra palla di neve che gli colpì la spalla. Il ragazzino pianse e si nascose dietro la roccia. Bene, il piccolo disgraziato dovrebbe imparare a non…

La bambina, sua sorella, presumibilmente, uscì fuori dal nascondiglio e lanciò una enorme palla di neve dritta in faccia a Felicity.
Felicity imprecò e si accucciò per prendere altra neve.

“Che diavolo state facendo??” Una profonda, arrabbiata voce tagliò in due l’atmosfera.
Felicity si fermò nel bel mezzo della produzione di un’altra palla. Alzò lo sguardo e deglutì in modo vistoso. Un gentiluomo si stava dirigendo a passo felpato verso di lei. Si levò il cappello, facendosi vedere in tutto il suo splendore. Aveva capelli biondi tagliati corti e due profondi occhi blu. Sembrava un angelo vendicatore. Anche a distanza, la donna poteva avvertire il potere e la carica nei suoi occhi.

“Voi, laggiù!” Felicity si alzò in modo instabile e si guardò intorno per vedere il fortunato che si era meritato il ‘voi, laggiù’ del gentiluomo. Fece un salto quando l’uomo si fermò di fronte a lei.

La fissò con il fuoco negli occhi. “Che diavolo di pessime maniere per una signora! Imprecare di fronte a dei bambini!”

Gli occhi di lei si spalancarono. Che cosa si era fumato? “Scusate?”

I due piccoli demoni uscirono da dietro il masso e si diressero verso l’affascinante uomo, che ora si era trasformato in un diavolo. Altro che angelo!

“Non avete niente da dire, a vostra discolpa?” tuonò.

La piccola diavoletta gli tirò il cappotto per attirare la sua attenzione e con i suoi occhioni blu, completamente innocenti e pieni di lacrime disse: “C..c..ci ha colpito con la ne..ne..neve, papà.”

“Lo ha fatto davvero, Charlotte?” C’era della furia minacciosa sottintesa nella domanda del gentiluomo.

Felicity alzò lo sguardo verso le nuvole cariche di neve che minacciavano il cielo. Era il loro padre. Ovviamente, con i suoi capelli biondi e gli occhi azzurri, l’uomo aveva una notevole somiglianza con i due piccoli demoni. “Non ci posso credere,” sussurrò.

L’uomo socchiuse gli occhi. “Che cosa avete detto?” disse in un sussurro insinuante. Strano che quel tono potesse essere sia glaciale che soffice allo stesso tempo. Probabilmente se non avesse già dovuto affrontare lo scandalo con Cooper Seldon e la conseguente morte della sua reputazione, lo sguardo fisso di quei penetranti occhi azzurri l’avrebbero messa a disagio. Ma era diventata immune agli sguardi di disapprovazione. Ogni tipo di sguardo, ad essere sinceri. Quelli arrabbiati, quelli beffardi, quelli di disapprovazione. Ci sarebbe voluto molto più di questo demonio per farla infiammare.

Alzò la testa, maledendo la differenza d’altezza che la obbligava ad alzarla di diversi centimetri per riuscire a guardarlo negli occhi. “Suppongo che questi sciagurati siano i vostri figli, signore?”

“Mio signore,” disse. Felicity sbattè gli occhi incredula. Che cosa si era fumato? “Sono il Marchese di Beaufort, Oliver Queen, e questi sono i miei figli.” Oh, l’insopportabile, pomposo villano. Pensava davvero che sarebbe rimasta impressionata o spaventata da un titolo di Marchese?

“Bè, mio signore, i vostri figli sono dei riprovevoli malefici combinaguai che avrebbero bisogno di una lezione di buone maniere.” Le sue sorelle e suo fratello avrebbero sicuramente riso a chiunque della famiglia Smoak che avesse dato lezioni di buone maniere a qualcun altro.

Il ragazzino fastidioso si affrettò a dire: “Non hai sentito cosa ha detto su di noi, papà?” con voce ferita e le lacrime agli occhi. Felicity sbuffò. Non vi era alcun dubbio che il piccolo demonio avesse passato la sua intera esistenza sulla terra a perfezionare queste lacrime.

Il Marchese le lanciò uno sguardo che non prometteva niente di buono, e mise una mano coperta da un guanto sulla spalla del ragazzino. “Va tutto bene Daniel. Non dovresti lasciare che le persone crudeli ti feriscano, ricordatelo.”

Una risata le scappò dalle labbra. “Non ci posso credere.”

La risposta del Marchese non perse tempo ad arrivare: “Mi fa piacere che troviate la cosa divertente, signorina.”

Il ragazzino fastidioso, che si chiamava Daniel, a quanto pareva, la guardò nascosto dalla gamba del padre con un’espressione gongolante. Le fece la linguaccia. Lei socchiuse gli occhi, e poi spostò la sua attenzione verso il padre incapace.

“Quello che ho detto, mio signore, è ‘non ci posso credere’. Non avete chiaramente idea di che figli riprovevoli abbiate.” Cominciò a contare con le dita. “Lancio di palle di neve. Derisione del prossimo. Colpire una signora con palle di neve. Dire bugie,” diresse quel punto con il dito verso i due bambini. A quanto pareva erano rimasti per troppo tempo senza una ramanzina come si deve dato che presero quella recriminazione con tutta la calma di questo mondo.

“Ma se così fosse,” il Marchese disse in modo suave, “una signora di tutto rispetto non starebbe da sola in un parco, senza accompagnatore, in una giornata tempestosa, lanciando palle di neve a questi…?” Alzò un sopracciglio biondo. “Come li avete chiamati? Rip..”

“Riprovevoli bambini,” colmò per lui. ” Li ho chiamati riprovevoli bambini. E si avete ragione, le ragazze per bene non dovrebbero essere sole come me in questo momento, ma, ecco..non ero da sola, la mia cameriera è con me, che mi aspetta in carrozza, ero venuta qui per cercare un pò di pace, non che abbia bisogno davvero di pace, ma ecco..sono stati i vostri figli ad interrompere la mia passeggiata e..” Felicity si bloccò di colpo, mordendosi le labbra. Odiava quando cominciava a parlare a vanvera.

Dopo diversi istanti di assoluto silenzio, l’uomo in modo glaciale chiese: “Avete finito?”
“Si credo di si.”

Il Marchese si voltò di scatto e senza una parola si avviò nella direzione opposta, con i suoi due piccoli casinisti che lo seguirono a ruota.

Felicity si prese a calci mentalmente. “No questo non è tutto,” lo chiamò prima di pentirsene. La sua voce affilata tagliò in due l’aria invernale attorno a loro.

Le lunghe leve dell’uomo si fermarono di botto, e si voltò. Il suo cappotto ondulò attorno alle sue caviglie. Il Marchese incrociò le braccia sul petto. “Ebbene?”

“Dovreste parlare con la loro madre,” disse Felicity, prima che la sua sicurezza l’abbandonasse. “La loro madre dovrebbe sapere delle maniere in cui i bambini…”

“Non abbiamo una madre,” disse la bambina all’improvviso.

Non abbiamo una madre. Felicity sentì una fitta di dolore acuta all’interno del suo petto per quei due bambini problematici. Erano senza madre. Cosa che ovviamente spiegava il loro comportamento che lasciava alquanto a desiderare. Dopotutto, le sorelle Smoak non si erano comportate più o meno nello stesso modo dopo la morte del padre tanti anni addietro?

“Mi dispiace,” disse dolcemente. “Io..” mi sento come un’assoluta bastarda. “Non intendevo..” essere una bulla. “Perdonatemi,” finì debolmente.

Oliver Queen si diresse verso di lei con fare minaccioso. La rabbia oscurò i suoi occhi azzurri, rendendoli quasi neri. Felicity fece quasi un passo indietro, e poi si ricordò. Poteva anche rimpiangere le parole dure usate, ma non aveva alcuna intenzione di farsi mettere all’angolo da questo demonio.

L’uomo si fermò a pochi centimetri da lei. Le punte dei suoi stivali neri sfiorarono le punte dei suoi. “I miei bambini non hanno bisogno della vostra pietà, signorina.”

“Non stavo dando loro pietà. O a voi.” No, aveva già sperimentato abbastanza quel sentimento sulla sua pelle per darlo a qualcun altro.

Il Marchese abbassò la testa, così vicino che la ragazza poteva vedere le sfumature di colore nei suoi occhi, e disse in modo calmo e glaciale: “Bene. Perchè non vogliamo sentimenti simili da qualcuno come voi.”

Qualcuno come voi?

L’uomo girò i tacchi e marciò verso i suoi bambini. Felicity rimase in piedi a fissarlo, odiando se stessa per essere una stupida, una debole, dato che si sentiva sollevata dalla sua dipartita. Infatti, più rimaneva lì a fissare la sua schiena allontanarsi, più arrabbiata diventava. Verso di lui. Verso Cooper Seldon. Verso se stessa. Ma più di tutti, era arrabbiata verso se stessa, per aver lasciato un gentiluomo farla sentire così poco importante. Come si permetteva di arrivare e interrompere la pace e la solitudine che era riuscita a rubare per se stessa? Prima di rendersi conto di quello che stava facendo, si ritrovò a corrergli dietro. La neve scricchiolava sotto le suole dei suoi stivali. Da qualche parte, durante il tragitto, smise di pensare alla rabbia verso il freddo trattamento del gentiluomo e cominciò a pensare alla furia cieca generata dal tradimento di Cooper Seldon. “Voi,” lo chiamò. “Ho detto, voi!”

Il Marchese si fermò in modo elegante, poi si voltò a guardarla. Si abbassò e mormorò qualcosa al ragazzino. La bocca del bambino si accigliò, e fissò con poca simpatia Felicity per un momento, poi con enorme riluttanza prese la mano della sorella e rimase fermo in attesa del padre, il quale si avvicinò a lei.

“Cosa volete ancora?” sbottò quando Felicity lo raggiunse.

“Non sono una signorina in realtà,” iniziò, e immediatamente sentì il rossore salirle sulle guance. “Mi avete chiamato signorina,” continuò quando diventò chiaro che il laconico Marchese non aveva molto da dire sull’argomento. “E non sono una signorina, sono una Lady.” La società che conta probabilmente non sarebbe stata d’accordo. Alzò il mento. “Sono Lady Felicity Smoak.”

L’uomo non disse niente per molto tempo, e lei si ritrovò a strascicare la punta dello stivale sul terreno, desiderando forse di aver pensato in modo più serio a cosa dire all’insopportabile demonio. Aspettò il momento nel quale lui si rendesse conto di chi lei fosse, la realizzazione illuminante della scandalosa signorina di fronte a lui.

“Questo dovrebbe significare qualcosa, mia signora?” Felicity angolò la testa. “Mi avete detto il vostro nome come se vi stesse aspettando che io avessi idea di chi voi foste.”

E in quel momento Felicity realizzò: non aveva alcuna idea di chi lei fosse.

“Voi non sapete chi sono?” Un sorriso involontario si fece strada tra le sue labbra.

L’uomo sbuffò. “Che diavolo c’è di così eccezionale in voi, mia signora, che pensate che dovrei conoscervi, quando non vi ho mai vista prima?”

Probabilmente avrebbe dovuto sentirsi offesa. Anzi, oltraggiata. Il tipo di oltraggio che portavano le giovani donne a prendere a schiaffi le facce compiaciute dei gentiluomini maleducati. Ma..il sorriso di Felicity si allargò. Questo fantastico, insopportabile, arrogante gentiluomo non aveva idea di chi lei, Lady Felicity Smoak fosse. Una sensazione di gioia le percorse il corpo.

“Ho detto qualcosa che vi ha divertito, mia signora?”

“Eh..no..io..”

“E qual’era la ragione per cui mi avete richiamato indietro? Per insultare forse di nuovo i miei bambini, lanciare altre palle di neve o parlare a vanvera?”

Felicity pressò le sue labbra in una linea dura per evitare di rispondergli a tono. I suoi bambini erano coloro che meritavano decisamente una lezione di buone maniere.

“Vi ho richiamato indietro per scusarmi. Mi dispiace per la mia dura affermazione sulla madre dei bambini. Non era mia intenzione ed è stato crudele. Mi rincresce per la vostra perdita.” Ed era dispiaciuta sul serio. Poteva anche essere un pomposo gentiluomo, ma non avrebbe mai augurato il dolore e la tristezza a nessuno. Bè..a parte colui che aveva rovinato la sua reputazione, forse.

Il Marchese la guardò a lungo con il suo sguardo penetrante, e Felicity resistette l’urgenza di spostare il peso del suo corpo da un piede all’altro, come i bambini erano soliti fare quando venivano sorpresi a mettere dell’inchiostro nel tè della goverante.

“Non siatelo,” disse finalmente in modo roco.

Felicity arricciò il naso. “Non siate cosa?”

“Dispiaciuta, mia signora. Io di certo non lo sono.” Con un inchino conciso, l’uomo girò i tacchi e se ne andò. Ci volle un momento prima che le parole del Marchese sortissero il loro effetto, e a quel punto, lui era già sparito con i suoi bambini. Il respiro di Felicity si fermò all’assoluta malignità di una dichiarazione simile, e mentre la neve cominciava a cadere copiosa su di lei, si chiese cosa potesse mai aver reso un tale gentiluomo così insensibilmente freddo.

   
 
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