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Autore: Saja    13/02/2015    1 recensioni
Dal 1° capitolo: "Gold si era dimostrato sin da subito cinico e scontroso. Ogni cosa che lei faceva o diceva era un buon punto di partenza per schernirla, o a volte, come era capitato poco prima, lui la ignorava semplicemente chiudendosi a riccio in se stesso. Non seppe per la precisione quando iniziò ad avere una piccola simpatia per lui, seppe solo che giorno dopo giorno non riusciva a fare a meno di guardare quel viso, di pensare a quell'uomo"
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Belle, Signor Gold/Tremotino, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Buonasera a tutti ^^!
Scusate il ritardo (come al solito con me ^^’) ma questa è la mia fanfic che dovrebbe partecipare all’iniziativa Rumbelle  Festival! La storia è un AU ambientata ai giorni nostri, sempre a Storybrooke ma al di fuori della Storybrooke delle favole.
Per quanto riguarda i prompst (CIOCCOLATO; ROSE; MUSICA; CHAMPAGNE; TOCCO; PASSIONE; FERITA; GRANDE CITTA’; PIOGGIA/TEMPORALE; CONFESSIONE; BAR/CAFFE’/LOCALE; PRIMO APPUNTAMENTO; CUCINARE; FILM; RABBIA) ho deciso di utilizzarli tutti.
Quello che spero è che la fanfic non risulti una via di mezzo tra una telenovelas sud americana e un telefilm nord americano dove tutti si fanno delle cappie mentali ^^. Spero solo che i personaggi (in particolare Gold e Belle siano Ic, od Oc,non so come si dice “nel personaggio” almeno un po’).  Se non è così evidentemente le AU non fanno per me ^^ ahahah!
Finito questo delirio, vi auguro solo che vi piaccia leggere la fanfic come a me è piaciuta scriverla!
A presto! Saja
 
Quando era stata assunta si era stupita del carattere scontroso e scorbutico del suo capo, ma si era detta, lui non le avrebbe mai, mai, distrutto il suo buonumore. Lì, al lavoro ogni mattina trovava sempre facce sorridenti. C’era Ruby la centralinista, Ariel la segretaria della signora Mills, Mary Margaret la veterana delle dipendenti dell’ufficio “Gold&Mills Associati” e molti altri. L’ufficio di banchieri “Gold&Mills Associati” era il più grande di tutta Storybrooke e lei, nonostante fosse stata contenta quando l’ufficio risorse umane l’aveva chiamata per assegnarle il posto di segretaria del signor Gold, in quanto quella precedente, Kathy , o Ashley, non ricordava bene il nome, era andata in maternità, era rimasta un po’ delusa. Lei desiderava fare ben altro nella vita, ma tanto per tirare avanti e non pesare sul padre che aveva un piccolo negozio di fiori in centro città andava più che bene.

Gold si era dimostrato sin da subito cinico e scontroso. Ogni cosa che lei faceva o diceva era un buon punto di partenza per schernirla, o a volte, come era capitato poco prima, lui la ignorava semplicemente chiudendosi a riccio in se stesso. Non seppe per la precisione quando iniziò ad avere una piccola simpatia per lui, seppe solo che giorno dopo giorno non riusciva a fare a meno di guardare quel viso, di pensare a quell’uomo. Forse l’aveva colpita il ricordo del suo viso mentre un giorno lo aveva sorpreso ad osservare le foto del figlio Bealfire scomparso chissà dove circa due anni prima. Il ragazzo dopo un violento litigio con il padre aveva solo sbattuto la porta dietro di se ed era scomparso nel nulla. Ma Belle, ricordava bene l’espressione dell’uomo davanti alle foto, quel giorno, quando, dopo aver bussato, una prima volta e non avendo ricevuto risposta aveva aperto la porta ed era entrata nello studio. Tristezza, solitudine, dolore? Tutti sentimenti che con quel viso ci potevano andare a nozze. E lei ne era rimasta turbata. Come poteva un uomo del genere celare un lato simile? Lui, con rabbia, le aveva ringhiato contro di andarsene, che non erano fatti suoi, ma lei voleva saperne di più. E nonostante tutto si era avvicinata, aveva chiesto e la rabbia, la reticenza di lui erano diventate solo frasi corte, pezzi di puzzle che Belle faticava a mettere insieme. Quella ferita non si sarebbe mai rimarginata e la realtà l’avrebbe scoperta molto tempo dopo, ma per il momento quello le era bastato.

Di Gold, Belle, sapeva anche un’altra cosa, che circolava in ufficio sotto voce soffusa, come un piccolo pettegolezzo. Che andava a letto con la sua socia Cora Mills. I due, si diceva, fossero amanti già prima di mettere in piedi l’ufficio e questa “collaborazione” andava tutt’ora avanti. A volte, Belle, osservava la signora Mills, come si muoveva, quello che diceva e non si stupiva affatto che due persone così simili fossero finite a letto insieme. Solo, non riusciva a collocare l’uomo che lei aveva conosciuto quel giorno, per sbaglio. Si chiedeva se la Mills stessa, ne conoscesse l’esistenza o, come tutti gli altri, si era solo preoccupata di vedere la maschera del mostro, che Gold amava mettere quando entrava in contatto, bhè… con il mondo intero.

Dal giorno dell’incidente delle foto anche Gold era un poco cambiato. La trattava con più rispetto, a volte le sorrideva pure, raramente, ma accadeva e quando la scherniva lo faceva per prenderla in giro. Battutine a cui Belle rispondeva, ma lo faceva con il sorriso sulle labbra. Andare in ufficio e stare a contatto con lui era diventato a poco a poco, divertente, importante, indispensabile. Ma c’erano momenti in cui Gold sembrava assente, scostante, la osservava e quando lei se ne accorgeva, lui distoglieva lo sguardo, in quei momenti cercava di evitarla, di starle alla larga, di chiamarla il meno possibile. Belle pensò che l’uomo avesse paura. Ma di cosa, non riusciva a spiegarselo.

Un giorno come un altro verso l’orario di chiusura Ruby volò direttamente da lei. “Stasera che fai?” si informò la ragazza. Belle ci ragionò su, di veder Gaston proprio non se ne parlava, il loro rapporto era chiuso già da tempo. E poi lui si sarebbe sicuramente consolato con qualche ragazza in qualche bar, se non poteva cercare di riconquistarla.  Così scosse la testa. “Nulla di particolare”.

“Perfetto! Così puoi venire con noi! Marco va in pensione, oggi era il suo ultimo giorno di lavoro e stasera si festeggia!” . No! A Belle, Marco stava simpatico, era l’inserviente delle pulizie ed era divertente scambiarci qualche parola la mattina di fianco alle macchinette, mentre lui finiva il turno e lei iniziava. Poi era una delle persone più gentili che lei avesse mai conosciuto.

“Allora pronte ragazze?” chiese Ariel che nel frattempo si era unita alle due con Mary Margaret.

“Si però questa volta poco alcool, Ruby…” sospirò Mary.

“D’accordo mammina!” rispose la ragazza facendo l’occhiolino a Belle ed Ariel. Una promessa fatta e sicuramente non mantenuta.

“Ehy guardate!” sussurrò Ariel alle altre tre, mentre con il dito indicava la sua capa, Cora Mills dirigersi verso lo studio di Gold.

“No…” sospirò Belle “Proprio ora che gli devo portare questi documenti!” .

Ruby rise e guardò l’ora “Ti conviene sbrigarti a disturbare i due piccioncini! O non aspetto la prossima metro, solo per aspettare te che aspetti i comodi della Mills e di Gold, chiaro?!” continuò ridendo.

“Ruby!” pianiuccolò Belle. E ora?

Intanto Cora era entrata nello studio e Gold dopo averle dato una rapida occhiata, tornò a guardare il pc.

“Mi ricordavo che un tempo eri felice di vedermi” buttò lì lei. Gold non distolse l’attenzione dallo schermo. Già, si rammaricò. Un tempo… Prima…. Prima che due occhi azzurri ed un viso di bambola si posassero su di lui. “Scusami, sono un po’ impegnato, daerie” mentì “vorrei finire questa cosa prima di stasera”. Lei rise scuotendo la testa “Che avrai di così importante da fare stasera?!”. Colpito ed affondato. Cora lo conosceva e lo conosceva bene. Quella sera sarebbe tornato a casa e si sarebbe seduto all’arcolaio a vedere una ruota girare. Perché quel gesto, quel movimento, gli liberava la mente. Aveva imparato quasi per gioco da bambino, quando aveva passato un’estate con due sue zie, che di mestiere facevano le filatrici. Alla sera il piccolo Robert, non potendo uscire perché troppo piccolo, restava ore e ore seduto all’arcolaio, lasciato da parte dalle zie che lo avevano utilizzato per tutto il giorno ed era come ipnotico. E lì, la delusione per suo padre, la morte di sua madre, tutto, veniva magicamente cancellato. Tutto. Ora sperava che funzionasse ancora una volta. Doveva cancellare due occhi di cielo e una bocca da bocciolo di rosa.

 “Immaginavo…” sogghignò.

“Che vuoi, Cora?” chiese, vedendola avanzare verso di lui e abbassare il viso fino al suo.

“Niente. Solo… renderti la serata più… interessante, rispetto a quello che avevi in mente”. Gli baciò il collo e sospirò nel suo orecchio, mentre una mano passava tra i capelli castani. Gold chiuse gli occhi e si immaginò una ragazza dal sorriso meraviglioso, dagli occhi lucenti del colore dell’acqua e dalle labbra… Spostò il viso verso Cora e vide i suoi occhi castani fiammeggiare. Doveva smettere di pensare alla sua segretaria. Lei, lei era stupenda è vero, lo aveva trattato con gentilezza anche quando lui le aveva mostrato, senza volerlo, le sue debolezze, vero anche questo, ma lei era pura e lui sporco. Lui era… un mostro e dei mostri le fanciulle virtuose non si innamorano. La passione animalesca che Cora gli dava, quello si che andava bene per lui, ma l’amore di quell’angelo, no. Aveva paura di sporcarla con se stesso. Così il corpo rispose prima della mente. Non perché Gold non fosse già cotto a puntino di Belle, ma come lesse in un libro una volta “Voi vi lavate i denti, no? Supponete che il vostro dentifricio preferito sia l’Aquafresh. Il negozio però lo ha finito, è rimasto solo il Colgate. Cosa fate? Usate il Colgate, giusto? Potete desiderare l’Aquafresh, ma quando non c’è altra soluzione, usate quel che avete per tenere i vostri denti puliti e bianchi come perle. ” (1). In queste poche parole con cui una donna aveva racchiuso l’essenza del sesso per un uomo, Gold vi aveva trovato un che di vero e vi aveva riso su.

Si alzò in piedi rubando le labbra di Cora in un bacio che di casto non aveva nulla. Le mani da prima ferme sui fianchi di lei, avevano preso una lenta risalita, poi… già poi… Un lieve bussare e una voce familiare, troppo familiare lo aveva riportato alla realtà, facendogli allontanare Cora da se stesso. Guardò la nuova arrivata stralunato. Lei diventò rossa e distolse lo sguardo. Nessuno dei tre parlò. Tempo prima Gold aveva avuto una moglie, Milah, che lo aveva tradito con un uomo, un certo Killian, un tipo carino, capelli neri, occhi verdi, il classico uomo da copertina. Bhè ora quando Belle li aveva colti in flagrante, si sentiva come se fosse lui ad aver tradito. Come se fosse stato lui ad essere venuto meno ad una promessa.

“Scusate io…” Belle provò ad articolare due parole. Cosa le sarebbe capitato ora? Gold era arrabbiato? E la Mills? Lei si, certo! La guardava come se volesse incenerirla. “Signor Gold” si fece coraggio, nonostante le gambe le tremassero un po’. Fai una cosa coraggiosa ed il coraggio verrà da se, amava ripetersi. Così puntò gli occhi sull’uomo cercando di fare come se nulla fosse successo. “Devo consegnarle questi documenti e se non ha un altro compito da assegnarmi, io andrei…”. Gold la guardò cercando di aprir bocca. Ma la richiuse subito. Guardò Cora che con un dito si indicò e con le labbra sembrò dirgli “da me” chiaro che si riferiva alla sera stessa, ma quello, a Gold passò inosservato e si schiarì la voce. “No… no… signorina French, vada pure. Grazie per i documenti”. Davvero non aveva trovato nulla di più sensato da dirle? Magari una delle sue battutine?! Ma lui si sentiva come il marito che aveva tradito l’amore della sua vita. Non aveva voglia di scherzare. Non ora.

Belle gli sorrise “Allora, buona serata, Signor Gold”. Lui avrebbe dovuto risponderle, avrebbe dovuto augurarle una buona serata, andare a casa e chiudersi dentro con il suo filatoio. Ma non lo fece. E sulla soglia la fermò. “Fa qualcosa di divertente, stasera?” aveva quasi boccheggiato nel pronunciare le parole ma era da tanto che non trattava da pari un altro essere umano.

“Oh bè stasera c’è la festa per il pensionamento di Marco e così….” Belle tacque. Qualcosa non quadrava. Possibile che Gold non sapesse che… no… impossibile.

“Ah capisco” si lasciò sfuggire l’uomo “Bhè allora, buona serata signorina French”. Lei mosse il capo meccanicamente e gli diede le spalle. Poi sulla soglia si fermò per la seconda volta. “Lei?”.

“Cosa?”

“Lei cosa fa, stasera?”

“Io?... Io me ne andrò a casa e mi dedicherò al mio hobby preferito, daerei”. Sorrise.

Belle ci pensò su. Era rischioso, ma tanto valeva provare. Se fosse andato male sarebbe morta per l’imbarazzo, ma a quello ci avrebbe pensato più tardi. “Le andrebbe un hamburger?”

Gold restò sorpreso. Gli stava chiedendo davvero di mangiare qualcosa con lei?

“Sa…” continuando al massimo dell’imbarazzo Belle “ho sentito che Granny fa degli hamburger ottimi e così mi sarebbe piaciuto provarli”. Ma l’espressione di lui tardava a cambiare. “Ok. Buona serata signor Gold”.

“Mi farebbe molto piacere” trovò il coraggio di dire “mangiare un hamburger con lei”. Vide il sorriso che amava tanto ridisegnarsi sul suo volto. “Ok, vado a prendere la giacca e la borsa e sono pronta”. Lui sorrise di rimando acconsentendo con la testa e preso il suo cappotto uscì dall’ufficio.

Dieci minuti dopo, ridevano e scherzavano per strada come due vecchi amici. Il locale era vicino ed avevano optato per fare un giro a piedi. “Si è così!” rimarcò Belle ormai rossa in viso dal troppo ridere “lei mi ha detto che il suo amico era abituato ad andare in moto, ma una volta accesa, non riusciva a superare i 20 km! La sorprenderebbe, se la conoscesse meglio, Ruby”. Gold la guardava e ogni tanto rideva, ma era un riflesso, perché rideva lei. Pensò che invece di conoscere Ruby, lui avrebbe volentieri conosciuto Belle. La vera Belle, quella dopo il lavoro.

Entrando nel locale si accorse che non era troppo affollato. Meglio così, pochi tavoli prenotati, più intimità per loro. Ordinarono due hamburger con due thè freddi, ma una volta finiti, Gold si propose di ordinare dello champagne, per brindare a quella magnifica serata. Belle non si tirò indietro, anche se non disse tutta la verità. Lei il vino non lo beveva mai e con un bicchiere si sentiva già la testa un po’ leggera. Ma il vino ordinato da lui sembrava reggerlo bene e tra una chiacchiera e l’altra, in poco tempo ben due bottiglie vuote facevano  bella mostra di se sulla tavola. Belle rideva molto più facilmente e anche lui sembrava un po’ alticcio.

“Forse è meglio andare” disse schiarendosi la voce e dando una rapida occhiata all’orario. Le undici. Lei doveva andare a quella stupida festa e lui… bè a casa, sicuramente dappertutto ma non tra le braccia di Cora. Quando avrebbe ripensato a quella sera l’avrebbe rivissuta come una delle più belle della sua vita e non voleva rovinarla sapendo di essere andato poi con un’altra.

Arrivare alla macchina fu un impresa ardua. Belle rideva e lui l’assecondava. Di quello che dicevano entrambi ne capivano la metà, se non nulla. Poi lei con naturalezza l’aveva preso sotto braccio, il braccio che di solito teneva il bastone e lui aveva sentito un altro calore propagarsi per tutto il corpo, non dato dal vino.

“Allora buona serata daerei” sogghignò, strascicando un poco l’appellativo. Respirò. Doveva guidare fino a casa, almeno che trovasse un po’ di lucidità.

“Buona notte signor Gold” rise lei mentre le braccia scivolavano intorno al suo collo e le labbra si posavano sulle sue. Gold restò per un attimo sorpreso, d’un tratto, per un tratto, la lucidità gli era tornata, poi chiuse gli occhi e approfondì il bacio, mentre lasciava cadere il bastone a terra e faceva aderire il suo corpo con quello di lei. Quanto tempo passarono così non lo seppero nemmeno loro. Ore? Giorni? Anni? “Forse è meglio andare” ripetè interrompendo il bacio e staccandosi a malavoglia da lei. La situazione stava andando fuori controllo e una parte ben nota del suo corpo aveva iniziato a dare segni di vita. Recuperò il bastone da terra. Si diresse verso il lato guidatore, ma messa una mano sulla maniglia si fermò e guardò l’altra che aveva sbiascicato un “Ok, a domani, capo!” e si era diretta all’uscita del parcheggio.

“Dove sta andando?” chiese Gold spostando lo sguardo nel parcheggio alla ricerca della macchina di lei.

“Eh? A prendere la metro, poi via a festeggiare!” sorrise anche Gold, poi tornò serio ricordando quello che le doveva dire “salga in macchina, non sia mai che un gentiluomo lasci una ragazza da sola a girare con la metro nelle sue condizioni”.

“Quale condizioni?” e giù un’ altra risata da parte di lei. Salita in macchina, si sporse verso di lui e dopo essersi assicurata di aver la sua attenzione lo baciò di nuovo sulle labbra. “Mi sei mancato” sussurrò passando una mano sulla guancia rasata. Gold chiuse gli occhi a quel tocco.

 “Non sono mai andato via, Belle”

 “Gold, ti desidero da tanto tempo”

“Oh” rise lui sulle sue labbra “allora poniamo fine a questa tortura, dearei”. Mise in moto la macchina.
  1. Cit. Libro: “Non cercarmi mai più” di Chase Emma.
  
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