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Autore: AlfiaH    15/02/2015    4 recensioni
[Destiel/Sabriel/ lievissimi accenni alla DeanXLisa, alla Megstiel e alla SamXRuby - Castiel ispirato alla sua End!Verse - AU]
Dean e Castiel si sono lasciati un anno fa e non si parlano da allora, ma Gabriel ha bisogno d'aiuto e Sam è piuttosto disperato.
Dal testo:
“Vuoi dirmi perché sei qui – perché siamo qui, o devo aspettare che Dio mi conferisca il potere della chiaroveggenza?” sbotta Castiel. È nervoso, nasconde la mano destra in una tasca, spera che smetta di tremare.
“Lo sapresti se ti fossi degnato di rispondere a quel cazzo di telefono!”
[...]
“Ho lasciato anche medicina. Ho mollato tutto quando- Cristo, non sono abbastanza fatto per affrontare questa conversazione”. Castiel preme i palmi sulle tempie, la testa gli sta per scoppiare.
Genere: Angst, Commedia, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Gabriel, Sam Winchester
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Tutto rimane immobile se il mondo si inclina e tu scivoli con lui
 
Note: Castiel, Gabriel, Bathazar e Anna sono fratelli. 


Da piccolo Castiel faceva abbastanza schifo quando si trattava di relazionarsi con gli altri bambini.
Non li capiva: ridevano quando cadeva dalla bici. Qualcuno gli tendeva una mano e rideva più forte quando, ritraendola all’improvviso, Castiel ricascava sul terriccio umido del cortile.
Ridevano anche quando finivano col rotolarsi nel fango o mischiavano i colori a scuola: sorridenti, mostravano le mani impasticciate con orgoglio. A lui veniva sempre un po’ da vomitare.
In effetti non li ha mai sopportati – adesso, a ventisei anni suonati, non sa neppure andare in bici. Una volta, alle medie, Dean gli ha detto di non preoccuparsi perché glielo avrebbe insegnato, ed ora il solo pensiero basta a farlo ridere più forte.


“Comincia tu, dolcezza”.  
“Non so andare in bicicletta” confida Castiel ad alta voce, cercando di sovrastare il volume assordante della musica; solleva il bicchiere, ordina un altro giro. Il barista gli sorride, Castiel si chiede come sia il suo sorriso schiacciato contro la bocca, se somigli a quello di Dean.
“Imbarazzante” sogghigna il suo nuovo amico con quell’inconfondibile accento inglese. Gli ricorda un po’ suo fratello. Non riesce a vedere bene il colore dei suoi occhi, sono rossi, poi blu e giallo, a tratti verdi – potrebbero essere le luci del locale o potrebbero essere le anfetamine che ha preso mezz’ora fa (gli occhi di Billy, il barista, invece, sono verdi come quelli di Dean – Castiel ha avuto modo di studiarlo più da vicino). “A quanto pare è il mio turno di rivelare un segreto” il ghigno dello sconosciuto si allarga mentre si avvicina al suo orecchio ed il suo fiato caldo gli solletica una guancia; una mano scivola sulla sua coscia. “Se non ti scopa il barista, ti scopo io” dice, e non è che Castiel abbia qualcosa in contrario: vuole solo tirare la corda, divertirsi un po’. Ride. È sempre allegro quando beve.  “Ah si? Non credo valga come segreto”.
“Sono affetto da una forma grave di satiriasi*, e potrei essere un tantino esibizionista” la mano si muove lentamente sulla sua gamba, il tocco leggero, fino al cavallo dei suoi pantaloni; d’istinto Castiel allarga le gambe e beve, la gola improvvisamente troppo secca. “Non l’ho mai detto neppure alla mia fidanzata!”
Per la prima volta Castiel gli rivolge più di una semplice occhiata e si gira a guardarlo, perché Billy è scomparso dall’altro lato del bancone e non ha più nulla di bello da guardare – niente capelli biondi, niente occhi verdi.
Lo sconosciuto ha la testa rasata ed un sorriso che potrebbe resuscitare i morti, è giovane – più giovane di Castiel – e non indossa nulla sotto la giacca. Non assomiglia a Dean come Billy, ma anche lui è bello da guardare e la sua mano sembra parecchio esperta. A Castiel tanto basta.
“È il tuo giorno fortunato”, sussurra senza reprimere un sorriso, “ si dà il caso che io sia un medico”. Lo prende per mano e lo trascina tra la folla.
Le piastrelle del bagno sono fredde e dure e sporche, ma dal terzo anno di superiori Castiel non ha più problemi a mischiare i colori, e i liquidi e le polveri, quindi non è abbastanza in sé per lamentarsene (si lamentava sempre con Dean dei posti in cui facevano sesso. Forse è per questo che non ha funzionato, pensa a volte. Ma Castiel non ha mai fatto sul serio, tranne quella volta alla tenuta di suo nonno, su quel vecchio tavolo seicentesco…)
Lo sconosciuto gli allarga le cosce col ginocchio e preme nel mezzo, facendogli spalancare le labbra – gli offre un’occasione, lui la coglie, gli spinge la lingua in bocca. Si tratta di questo, di occasioni, si dice, mentre gli sbottona i pantaloni e lo tira più vicino, corpo contro corpo, come se non fosse mai abbastanza. Il suo amico (dovrebbe chiedergli come si chiama anche se domani non se lo ricorderà?) gli tira il labbro coi denti e scende a torturargli il collo, le sue dita strusciano in mezzo alle sue natiche, e lui geme ondeggiando il bacino sulla sua coscia; il ritmo è perfetto, ma Castiel è così abituato a distruggere le cose perfette che quasi non si sorprende quando all’improvviso il corpo dell’inglese gli viene strappato via ed il suo torna al freddo. “Ma che cazzo?” annaspa il suo amico. La prima cosa che pensa Castiel quando apre gli occhi e lo vede seduto sul pavimento col naso sanguinante è che deve trattarsi di un sogno; la seconda è che deve assolutamente cambiare spacciatore.
Però poi un incazzatissimo Dean lo strattona per un braccio e lo trascina per il locale finché la sua pelle non si schianta contro l’aria gelida.
 
*****
 
“Cazzo, per essere un’allucinazione non sei per niente divertente”.
Dean non gli risponde e Castiel ride.
L’Impala è silenziosa, il chiarore dei lampioni sembra allungarsi sulla strada per spingerla in avanti per poi sparire insieme agli alberi e ai cartelloni pubblicitari; fuori dal finestrino il mondo scorre. Castiel ricorda vagamente qualcosa che ha a che fare con la relatività.
Estrae dalla tasca dei jeans il suo tubetto di speed* e se ne versa due pasticche sulla mano – rosa, il massimo che può permettersi – per aggiustare la situazione. Ha sempre bisogno di essere aggiustato. Dean gli lancia un’occhiata.
“Sei fatto?”
“Si, di solito” ride Castiel, ed ingoia le pasticche (aggiusta la sua situazione). “Ne vuoi un po’?”
L’autista sibila il suo nome accanto ad un’imprecazione e batte il palmo sul volante.
Cazzo, Cas.
Ed è tutto sistemato.
 
 
 *****
 
Quando Castiel si sveglia, Dean non è con lui.
Il fatto che ci sia abituato – cavolo, è passato un anno – dovrebbe renderlo meno doloroso ma, che Dio lo aiuti, non lo è.
Ha un mal di testa allucinante e lo stomaco sottosopra; deve aver vomitato un paio di volte perché il sapore che ha in bocca è davvero insopportabile. Si passa una mano sul volto e tra i capelli, le pareti giallastre prendono a girare un po’; non è casa sua, ma Castiel è abituato anche a questo.
Quello a cui non è abituato è l’altro letto accanto al suo.
Ha le lenzuola tirate ed una coperta in tinta con le pareti anonime. Deve trovarsi in un motel, pensa, insieme a qualcuno a cui non piace dormire nello stesso letto. Cerca di ricordare il nome del tizio (gliel’ha chiesto?), o almeno il suo aspetto (era blu e verde e giallo e poi?) , poi gli sovviene che forse è già andato via quindi non ha bisogno di nessuna frase di circostanza. Buona idea, quella del motel. D’ora in poi scoperà solo nei motel.
Non avverte nessun dolore alla schiena quando prova ad alzarsi ed è un po’ strano, ma non ha tempo di soffermarvici perché la stanza vortica pericolosamente e minaccia di crollargli addosso. Gli ci vogliono un paio di tentativi per riuscire a raggiungere la finestra.
“Siamo a Salina, Kansas”.
 
La voce che lo raggiuge alle spalle sembra avergli letto nella mente; Castiel quasi si strozza con la propria saliva. Si volta troppo velocemente ed il soffitto trema, le sue ginocchia minacciano di cedere, ma Dean è lì e lo afferra per le spalle prima che possa cadere.
Dean è lì.
Castiel è abbastanza sicuro di non aver preso niente. Non ancora.
Si lascia ricadere sul letto e si rende conto di averlo fissato ad occhi un po’ troppo spalancati un po’ troppo a lungo perché le palpebre cominciano a pizzicargli e Dean sposta il peso da un piede all’altro, visibilmente a disagio. Ma il cervello di Castiel è lento, ha bisogno di un attimo per realizzare, pertanto continua a fissarlo anche quando Dean gli piazza in mano un bicchiere di caffè e sparisce in bagno. Fissa la porta come se potesse bruciarla.
Dean è lì.
Deglutisce un paio di volte, beve il suo caffè, lotta contro l’istinto di correre via, ignora il leggero tremore alla mano finché può – ma il suo è più un problema di volontà e Castiel non vuole essere lucido quando Dean uscirà dal bagno.
Controlla nelle tasche dei pantaloni, tra le lenzuola, sotto al letto, nei cassetti; è un codardo ed è debole e lo sa, ma non lo saprà più appena avrà trovato quelle stramaledette pasticche.
“Stai cercando queste?”
È incredibile come la sua voce basti a farlo andare nel panico.
“È per questo che non hai mai risposto, mh?” Storce le labbra, è arrabbiato: non lo sembra, ma lo è. Lo conosce, sta per scoppiare. “Quando Ruby me l’ha detto non volevo crederci”.
Castiel fa mente locale: Ruby. Chi diavolo è Ruby? Non se la ricorda; assottiglia lo sguardo ed inclina la testa, Dean inarca un sopracciglio. Per un attimo sembra che nulla sia cambiato.
“Ruby, quella che si scopava mio fratello” gli ricorda. I suoi occhi blu si spalancano, improvvisamente consapevoli. “Oh. Oh”.
Ruby. Ruby, l’amica di Meg. La stessa Meg che sta con Alastair, il braccio destro di Crawley.
“Non ci si può più fidare degli spacciatori al giorno d’oggi, non vero?”
“Vuoi dirmi perché sei qui – perché siamo qui, o devo aspettare che Dio mi conferisca il potere della chiaroveggenza?” sbotta Castiel. È nervoso, nasconde la mano destra in una tasca, spera che smetta di tremare.
Lo sapresti se ti fossi degnato di rispondere a quel cazzo di telefono!”
“L’ho venduto, okay? Avevo bisogno di soldi per-”
“Per queste? E hai anche lasciato il lavoro, suppongo. Davvero, Cas?”
“Ho lasciato anche medicina. Ho mollato tutto quando- Cristo, non sono abbastanza fatto per affrontare questa conversazione”. Castiel preme i palmi sulle tempie, la testa gli sta per scoppiare.
“Perché ieri sei andato alla grande quando ti sei vomitato sulle scarpe!”
Gli volta le spalle, ma Dean lo strattona per una spalla e lo costringe a voltarsi. “Guardami quando ti parlo!” la sua voce suona come un ruggito.
“Che vuoi da me, Dean? Che vuoi che ti dica? È la mia vita, la vivo come mi pare. E-”
“Tuo fratello sta morendo” sibila, colmo di rancore.
Per un attimo il mondo si inclina sul proprio asse, Castiel scivola verso il basso: relatività; il mondo là fuori continua a girare. Ora ha decisamente bisogno di quelle pasticche. Dean legge la domanda che balena nel suo sguardo e si umetta le labbra.
“Gabriel. Ha la leucemia. È caduto dalle scale e si è tagliato, non sembrava nulla di grave ma non la smetteva di sanguinare così l’abbiamo portato in ospedale. I medici dicono che potrebbe aver bisogno di un trapianto di midollo. Quello stronzo di Balthazar è scomparso, Anna ci ha detto chiaramente di andare a quel paese e tu – tu che potresti salvarlo probabilmente ti sei preso qualcosa mentre scopavi con gente a caso nei cessi pubblici. Bella famiglia di merda, no? Cristo, non posso credere di essermi lamentato di Sam”.
“Mi dispiace” mormora col cuore in gola.
“Si, okay. Nella borsa ci sono dei vestiti puliti. Ti aspetto in macchina” dice, e gli lascia il tubetto di speed sul comodino.
 
 
Il viaggio fino a Lawrence è talmente silenzioso che Castiel riesce a sentire la sua coscienza che gli urla in testa, e tapparsi le orecchie non serve.
 
 *****

Sam ha un aspetto orribile.
È pallido come un cadavere e le occhiaie scure risaltano sulla pelle bianca – sembra L di Death Note, gli fa notare Gabriel di tanto in tanto, imitando la risata sadica di Light. Cerca di farlo ridere ed è assurdo perché Gabriel ha appena scoperto di avere la leucemia e riesce ad essere forte anche per Sam. Dean gli è grato per questo.
Ha lasciato Cas alle infermiere, ma non può ancora respirare: deve dire a Gabriel che probabilmente non ha speranze perché quel figlio di puttana di suo fratello potrebbe avere l’AIDS, o che ne sa. Deve ancora trovare le parole adatte – non offendere sua madre sarebbe un buon inizio.
È meglio aspettare le analisi, decide alla fine. Nel peggiore dei casi ucciderà Castiel e lo farà passare per un incidente; nel migliore lo ucciderà comunque dopo l’operazione per essere sparito in quel modo (poi lo riporterà in vita e lo ucciderà per tante altre cose).
“Hey”.
Quando entra, Sam scatta in piedi e gli si avvicina, apre la bocca e Dean è più o meno pronto ad essere investito di domande a cui non può ancora dare una risposta. Invece è la voce implorante di Gabriel che gli arriva per prima.
“Grazie a Dio, Dean-o. Non pensavo che l’avrei mai detto, ma sono felice di vederti! Puoi farlo ragionare, per favore?”
Suo fratello alza gli occhi al cielo e spalanca le braccia, esasperato.
“Qualcuno si degna di spiegare?” chiede cauto.
“Gabriel pensa che l’infermiera stia cercando di avvelenarlo”.
“Avvelenarmi? Ma hai ascoltato una parola di quello che ho detto?”
“Scusa, ero troppo occupato a scusarmi con Marie per la tua performance da oscar. Ti sembra carino farle credere di essere un malato terminale solo per-”.
“Intendi l’infermiera con le tettone ed il naso alla Ibrahimovic?” ghigna Gabriel, ammiccando all’indirizzo di Dean. “Ha tratto le sue conclusioni da sola, era in buona fede. Io gliel’ho detto che sono impegnato! Non ho mai visto dei capezzoli così gros- Ahio!” Sam gli molla un ceffone sulla nuca, ma il ghigno di Gabriel non fa altro che allargarsi.
“Non devi essere geloso, raggio di sole. I tuoi capezzoli sono più buoni”.
Il moro lo guarda torvo. “La tua affermazione implica l’esistenza di un termine di paragone” dice, e Gabe solleva innocentemente le spalle.
“Cristo, prendetevi una stanza!” Dean si dilegua più in fretta che può (spera che l’immagine dei capezzoli di suo fratello si dilegui altrettanto velocemente), sicuro che Sam abbia recepito il messaggio. Riesce a sentire ancora qualche borbottio e un “ce l’abbiamo già una stanza” seguito da un “non ora, Gabe" , mentre si allontana.
 
“Allora?” finalmente il giovane Winchester fa la sua comparsa ed il maggiore cerca di ignorare il fatto che abbia un aspetto un po’ sbattuto. “L’hai trovato?” la sua voce gronda speranza e questo un po’ lo ferisce – non che non se lo aspettasse.
“Si, ehm. I medici si stanno accertando che sia in salute prima di procedere, sai, per le malattie del sangue e roba del genere”. Sam annuisce in silenzio.
“Come stai?” domanda dopo un po’. Dean si aspettava delle domande, ma quella lo coglie decisamente di sorpresa.
Come sta?
“Potrei farti la stessa domanda”.
“Evitare di rispondermi non è una risposta” sospira Sam, e si lascia cadere sopra una delle sedie metalliche attaccate alla parete plumbea. Dall’altra parte del corridoio due giovani infermiere si coprono le labbra e cinguettano di una collega che ha ricevuto un mazzo di rose da parte del paziente della stanza ventinove; Sam non riesce a trattenere un sorriso, Dean si chiede cos’abbia di sbagliato suo fratello che sorride delle conquiste del suo ragazzo. “Mi fanno tenerezza” spiega Sammy alla sua espressione perplessa. “Se sapessero cosa facciamo io e Gabe…”
“Non lo voglio sapere!”
“Tu e Cas, invece? Avete parlato?”
“L’ho superata, Sam” sbuffa Dean, e scivola al suo fianco.
“Cercare di non pensarci non è averla superata, come evitare di rispondermi non è ancora una risposta. Dean, sarebbe carino se ogni tanto non mi facessi fare l’unica checca della situazione e mi parlassi anche tu dei tuoi sentimenti, sai? Magari quello stronzo di Gabe smetterebbe di prendermi in giro”.
“E rinunciare al suo passatempo preferito?”
“Dean”.
“Non abbiamo proprio parlato. E non so se voglio farlo, okay? Non siamo su MTV, non ho sedici anni e non sono incinta -incinto. Gli ho detto che ho un figlio e lui se l’è data a gambe. Lo capisco. Probabilmente è quello che avrei fatto anch’io”. La mano del minore si poggia con empatia sul suo braccio e lo stringe. Dean si sente un po’ a disagio perché ha il vago terrore che la sua voce possa spezzarsi e non lo sopporterebbe.
“Non è vero”.
“No, non è vero. Ma, hey, non siamo tutti uguali, no? Quello che mi fa davvero incazzare è che avrei capito se l’avessi trovato con una bella casa, un lavoro partime, un nuovo compagno – l’avrei capito se l’avessi trovato felice, davvero, l’avrei fatto. Sarebbe stato okay. Ma quello che ho visto, Sam- Non posso credere che mi abbia mollato per quello” ed ecco, la sua voce diventa roca. Che puttana. Dean sapeva di non potersi fidare. Sam apre la bocca per dire qualcosa ma non parla, sembra sorpreso. Dean immagina che sia normale, suppone di dover sdrammatizzare. “Cristo, in quel momento ho davvero capito come si sentono quei tipi nei film che vengono mollati all’altare – insomma, lei ti rompe per anni con la storia del matrimonio e, quando finalmente sei pronto, scappa col testimone. Il vecchio Marshall* doveva averle capite un paio di cose”. Sorride ironico, ma la bocca di Sam è ancora semiaperta, i suoi occhi vagano oltre la sua spalla, e sulle prime Dean non comprende; poi la consapevolezza lo colpisce talmente forte da scuotergli le membra ed un brivido di terrore gli attraversa la schiena. “Cazzo. È dietro di me, vero?”
Non ha bisogno che Sam annuisca.
“Dean”.
 
 *****
 
Suo fratello sembra piuttosto allegro per uno che sta per morire, come ha detto Dean, ma Castiel lo conosce abbastanza bene da sapere che è tutta apparenza: Gabriel è terrorizzato all’idea di morire ed è terrorizzato all’idea di quello che Sam farà senza di lui. Ha paura che faccia la fine di Castiel-senza-Dean, e Castiel non può dargli torto né può promettergli che non succederà, che se ne occuperà lui: lascerà fare a Dean perché è sempre Dean a tenere insieme la loro banda di disagiati, a farli funzionare insieme. (Era).  
Sam lo lascia solo il meno possibile, soprattutto mentre dorme e ‘chiude quella dannata boccaccia’; Castiel ha capito qualcosa in merito ad un’infermiera che mette del veleno nel suo cibo mentre dorme, ma presume che abbia più a che vedere col fatto che Gabriel abbia paura di non svegliarsi, o di svegliarsi e trovarsi da solo, quindi non indaga oltre.
L’ospedale non l’ha denunciato per assunzione di sostanze illegali ed è piuttosto convinto che Dean c'entri qualcosa – in caso contrario, farebbero meglio a chiudere i battenti. Vuole rimanere sobrio per un po’, comunque, pertanto, dopo aver dato una pacca sulla spalla a Sam, va a cercarlo.
Dean è all’aria aperta, proprio dove Castiel si aspetta di trovarlo: è come se avesse le ali e non riuscisse a stare al chiuso troppo a lungo.
“Allora non sono l’unico ad aver ripreso cattive abitudini” il moro lo riprende bonariamente, ma Dean non sembra aver voglia di scherzare. Si porta di nuovo la sigaretta alle labbra; al sole i suoi capelli diventano ancora più biondi e l’anello dorato attorno al suo anulare acquista un aspetto più sacro – brilla, è luce. A Castiel fa male il cuore, ma non ha le anfetamine con sé. Fa un respiro profondo. “Per quanto pensi di ignorarmi ancora?”
“Non lo so” risponde acido, “quando sono pronte le analisi?”
“Hanno detto tra un paio d’ore”.
“Ed ecco la tua risposta”.
Un altro respiro profondo. Dean getta il mozzicone e lo schiaccia con la punta delle scarpe; Cas, da bravo ambientalista, si china a raccoglierlo e lo ripone nell’apposito contenitore. È talmente naturale da mettere i brividi.
“Certe cose non cambiano mai, eh, Cas?”
È uno sbuffo divertito, ma è anche la cosa più vicina ad un sorriso che Dean gli abbia rivolto da quando si sono rivisti, quindi se lo fa bastare.
E dire che ci hanno litigato così tanto al liceo, quando l’uno era appena entrato in modalità “salviamo gli alberi” e l’altro spegneva le sigarette sul muro della scuola. Ora appaiono così terribilmente lontani quei momenti.
“Mi mandavi in bestia”.
“Lo facevo apposta” ammette con una punta di imbarazzo, “ti arrabbiavi così di rado. Era difficile tirarti fuori qualcosa, allora. Se avessi conosciuto l’effetto che ti fa l’alcol, ti avrei iniziato alla vita dei grandi molto tempo prima”.
Castiel sbatte le palpebre, non ci aveva mai pensato. All’epoca gli ha detto cose orribili. “Sei stato un buon amico”.
“Lo so”. Un silenzio opprimente cala sulle loro teste, le nuvole coprono per un attimo il sole; in lontananza la sirena di un’ambulanza avverte che qualcuno si è fatto parecchio male. Va bene, pensa Cas, deve dirglielo. Dean si sta torturando da quando ha sentito la sua conversazione con Sam, tiene gli occhi piantati al pavimento e si morde ossessivamente il labbro inferiore (cerca di non fissarlo troppo, ma, dopotutto, il diretto interessato non lo sta guardando quindi che c’è di male se lo fissa un altro po’?) e non è giusto perché non è colpa sua.
“Avevo visto l’anello, Dean. Lo sapevo” la neutralità del suo tono li sorprende entrambi. Può farcela. No, non è vero.
Cosa?
“L’ho trovato la sera che sei andato a cena da Lisa e Ben. La vostra prima cena in famiglia. Ricordi? L’anello era nella tua giacca”.
“Cazzo, aspetta. Frena, Cas. Tu lo sapevi? Lo sapevi e non mi hai detto nulla?” se Dean potesse vedere la sua espressione in questo momento, la troverebbe assurdamente comica.
“Non ci parlavamo da due settimane! Cosa avrei dovuto dirti?”
“Avevo appena scoperto di avere un figlio con una tizia che mi sono scopato sette anni fa! Cazzo, Cas, ero terrorizzato, avevo bisogno di te, e tu te ne sei andato!” Dean urla, Castiel sente il pugno nel petto stringersi e farsi piccolo piccolo, le mani tremare e la gola spaventosamente secca. Stenta a riconoscere la propria voce quando le parole gli escono di bocca come un sussurro. “Non volevo perderti, Dean, ma quando ho visto l’anello io non- non potevo aspettare che me lo dicessi tu, non lo avrei sopportato. Ho preferito conservare almeno la dignità, è così sbagliato?”
Il biondo ride, ma non è un bel suono. Si copre le labbra con una mano in un patetico tentativo di tenere a bada quella puttana della sua voce dato che ha fallito piuttosto clamorosamente con le lacrime; qualcuno si volta a guardarli: devono sembrare proprio patetici.
“Ti faceva così schifo l’idea di sposarmi, Cas?”
Stavolta è Castiel a spalancare gli occhi blu, sconvolto, incapace di dire qualsiasi cosa – ha bisogno di un attimo per realizzare, per rimettere insieme i pezzi.
Poi si porta una mano alla bocca, proprio come Dean, e ride e piange insieme, e, sorprendentemente, questa volta non pensa di dover cambiare spacciatore.
 


#Angolo della disperazione
Hello boys! Eccomi di ritorno nel fandom di Supernatural ad infierire sulla Destiel. Perché non riesco a scrivere niente di fluff su di loro?
Questa fanfic nasce come un'unica storia ma, essendomi sembrata un po' troppo lunga, ho deciso di spezzarla e ridistribuirla in due o tre capitoli.
NoteS:
1*: Satiriasi è il termine usato per indicare la ninfomania maschile.
2*: gli speed sono la versione illegale delle anfetamine (possono essere bianche, rosa, giallastre e così via a seconda della purezza)
3*: Garry Marshall, regista di "se scappi, ti sposo" .
Grazie come sempre a chi ha letto fin qui e lascerà un commento!
AlfiaH <3
  
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