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Autore: Calenzano    16/02/2015    1 recensioni
“E fuochi accesi ad ardere i Tuoi fianchi, tracce nel tempo, segni per il cuore.
Ma come è pietra risalire a Te, Jerusalem...”

I tre giorni che hanno cambiato per sempre Gerusalemme, ricordati e narrati da coloro che, per caso o per amore, hanno avuto a che fare con il Nazareno.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Antichità, Antichità greco/romana
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Sulle note della suggestiva canzone di Amedeo Minghi (per chi ama il sottofondo durante la lettura: https://www.youtube.com/watch?v=SBzbeylnbE4), è nata una breve raccolta di punti di vista – per il momento quattro - dei testimoni della Passione di Cristo. Le fonti utilizzate sono naturalmente i Vangeli canonici, ma anche brani della mistica Maria Valtorta, e alcune scene dei film “Jesus” di Roger Young, uno dei miei preferiti nel genere, e il magistrale "La Passione di Cristo" di Mel Gibson.

Grazie a chiunque volesse lasciare un commento, buona lettura (e buona riflessione)!



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Mi stavo ancora radendo, quel mattino, quando arrivarono. Il sole si era appena levato, iniziando a disperdere la frescura della notte. 
Avevo dormito male, assorbito dalle preoccupazioni per le festività imminenti, e le voci sempre più insistenti di una prossima sollevazione. Il malcontento serpeggiava, c'erano già stati focolai di rivolta appena fuori della capitale, che minacciavano di estendersi anche nelle province vicine. Ora, con la festa della Pasqua, migliaia di pellegrini stavano affluendo in città, e temevo l'infiltrazione di gruppi armati di Zeloti con il favore della confusione.

Per questo non mi ero sorpreso, vedendo apparire Mitilo, il mio attendente, sulla soglia. “Prefetto, i capi del Sinedrio richiedono udienza.”

Cosa poteva portare al Pretorio, Caifa e i suoi, così di buon'ora? Niente di buono, certamente. 

Con un leggero moto di fastidio, mi ero alzato, dirigendomi verso l'atrio. Non potevamo ignorare le cariche del Tempio, troppa influenza sul popolo. L'Imperatore era stato chiaro: averli dalla nostra parte significava mantenere il controllo su quella terra turbolenta, evitando lo scoppio di altre rivolte. Ma di quella gente intrigante mi fidavo più o meno quanto di uno scorpione tenuto nella veste.

 

“Fatelo entrare.” Avevo ordinato a Mitilo. Quasi immediatamente erano comparsi due soldati del turno di guardia, trascinando il prigioniero al centro della stanza. Era piuttosto malconcio, dovevano già averlo interrogato, giù al Sinedrio. Avevo fatto cenno ai due di uscire, e mi ero piazzato davanti a lui.

Un bestemmiatore, un blasfemo, un falso profeta: quelle accuse non mi importavano, così come non mi ero mai interessato delle dottrine del popolo che governavo. Di questi “profeti” rigurgitavano le strade della Giudea, uno in più non faceva alcuna differenza. No, quello che mi premeva accertare era se quell'uomo fosse uno uno dei tanti agitatori politici, o magari uno Zelota. I membri del Sinedrio ne erano consapevoli, e ai capi d'accusa avevano aggiunto quello di essersi proclamato re, fomentando il popolo.

“Tu saresti il re dei Giudei?” Gli avevo chiesto, senza preamboli.

Quello aveva sollevato gli occhi pesti, e con voce un po' rauca aveva chiesto, di rimando: “Dici questo per conto tuo, oppure altri ti hanno parlato di me?”

“Sono forse Giudeo?” Avevo risposto, seccato. “La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che hai fatto?”

“Il mio regno non è di questo mondo.” La voce gli si era fatta più limpida. “Se no, le mie guardie avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei. Ma il mio regno non è di quaggiù.”

Un visionario. Uno che parlava di regni al di fuori di questo mondo, che altro poteva essere? Un innocuo sognatore trasognato, ecco chi mi avevano portato.

“Dunque, tu sei re?” Avevo chiesto di nuovo, con ironia.

“Tu lo dici: io sono re.” Aveva confermato lui, semplicemente. Dopo un attimo di silenzio, aveva ripreso: “Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce.”

Cosa c'entrava, questo, adesso? Eppure quelle parole, per qualche motivo, mi avevano fatto un effetto strano. Un'unica verità: eterna, trascendente, iscritta nella carne e nel cuore. E un uomo, solo di fronte al mondo, a darle voce. Una visione incredibilmente affascinante. Ma irreale. La verità....

“Cos'è la verità?” Avevo mormorato, rivolto a lui come a nessuno. Per me, comunque, era abbastanza. Lo avevo lasciato, ed ero uscito all'esterno, dove i membri del Sinedrio erano in attesa.

“Non trovo alcun motivo per condannarlo.” Avevo annunciato, rivolto alla gente radunatasi, ma soprattutto a loro. Erano subito insorti.

“Costui solleva il popolo, insegnando per tutta la Giudea, dalla Galilea fino a qui!”

Un appiglio, inaspettato. “E' Galileo?” Avevo domandato.

Uno degli scribi aveva fatto segno di sì. “Di Nazareth.”

Tanto meglio. “Allora il caso ricade sotto la giurisdizione di Erode. Che se la sbrighi lui.”



Ecco fatto. Mi ero sentito sollevato, ora che mi ero sbarazzato quella scomoda questione. Ero rientrato nel palazzo, considerando conclusa la faccenda. Per questo non mi aspettavo di vedermelo ricomparire davanti più tardi, a mattina ormai inoltrata, in un vociare crescente proveniente dall'esterno; il che indicava che l'assembramento era cresciuto.

“Ancora con quell'uomo?” Ero sbottato.

“Pare che Erode si sia rifiutato di emettere un giudizio.” Aveva commentato Mitilo, stringendosi nelle spalle.

Un re non ne giudica un altro, avevo pensato sarcastico, vedendo il Nazareno ricoperto di un fastoso manto scarlatto. I capi dei sacerdoti, ormai elettisi accusatori ufficiali, avevano rinnovato le loro istanze. Mi ero arrovellato su cosa fare. Mi rifiutavo di mandare a morte quel povero illuso, ma capivo che non se ne sarebbero andati senza una condanna. Un'idea, improvvisa. Avevo dato ordine che fosse flagellato. Questo sarebbe dovuto essere sufficiente.


 

Ma quando era ricomparso davanti alla folla, e persino lo smaliziato Mitilo, veterano di tante campagne, aveva storto la bocca in una smorfia a vedere com'era conciato, le urla si erano alzate ancora più forti, reclamandone la morte. Il cortile del Pretorio si era riempito in modo impressionante. Il cordone di soldati di presidio era raddoppiato. Li avevo contati rapidamente con gli occhi, rendendomi conto che non sarebbero bastati se la folla avesse continuato a aumentare.

Per prendere tempo, l'avevo interrogato nuovamente. Ma lui fissava in silenzio il pavimento di marmo. Sembrava che la cosa non lo riguardasse.

Non ci avevo visto più. “Possibile che non dici niente? Non ti rendi conto che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?” Avevo esclamato, esasperato.

Solo allora era tornato a guardarmi negli occhi, e avevo percepito quello sguardo tumefatto e iniettato di sangue, ma ancora incredibilmente penetrante, insinuarsi fin nel profondo delle mie viscere. “Tu non avresti alcun potere su di me, se non ti fosse stato dato dall’alto. Per questo chi mi ha consegnato a te ha un peccato più grande.” Aveva detto, in un soffio.

A disagio, ero uscito sulla terrazza, scostando la tenda. Il sole mi aveva abbagliato, ma dovevo risultare ben visibile alla folla nel cortile. Avevo sollevato una mano in un gesto deciso, e il vociare si era a poco a poco placato.

“Io non trovo in lui alcuna colpa.” Avevo ribadito. Senza lasciare tempo alle esclamazioni di protesta né allo sguardo torvo di Caifa, in prima fila, avevo subito proseguito: “So che tra voi vi è l'usanza per la Pasqua di rimettere uno in libertà. Volete dunque che io liberi per voi il re dei Giudei?”

Immediatamente erano esplose diverse grida. Nel baccano ne avevo distinto perfettamente una: “Non costui, ma Barabba!”

Ero rimasto interdetto. Dunque, a quel Gesù di Nazareth preferivano un brigante, un assassino? Probabilmente tra la folla si trovavano diversi uomini di quel ribelle. Mi ero sentito un idiota per non averlo previsto, ma ormai il nome di Barabba era scandito da cento bocche.

“E che farò di Gesù, chiamato Cristo?” Ero sbottato, ormai impotente.

“Sia crocifisso!” Il grido quasi stridulo del Sommo Sacerdote era subito stato ripreso dagli altri, e ben presto era divenuto un boato inarrestabile. La pressione delle prime file contro il cordone dei soldati, sotto di noi, stava diventando insostenibile, e avevo visto Mitilo far cenno al centurione. Un attimo dopo le truppe avevano iniziato a sospingere duramente indietro i più esagitati con gli scudi e le aste, e al frastuono generale si erano unite le urla di chi, colpito, cadeva a terra ed era calpestato. La situazione stava degenerando, avevo realizzato vedendo la sommossa, un'altra, concretizzarsi. Immediatamente mi ero visto destituito da quell'incarico, faticosamente guadagnato a prezzo di anni di sforzi, accordi, favori. Non potevo permetterlo.

Mi ero fatto portare dell'acqua. Avrei usato un loro rito, perché fosse chiaro a tutti di chi fosse la decisione. Avevo sollevato le mani in modo ben visibile, quindi le avevo tuffate nel bacile.
“Io non sono responsabile di questo sangue. Pensateci voi.”

Mentre la folla ruggiva il suo consenso, avevo intravisto le labbra di Caifa, piantato come uno scoglio in mezzo alle onde, articolare in silenzio codardo. Mi ero voltato, e avevo ordinato seccamente a Mitilo di rilasciare Barabba, e di crocifiggere il Nazareno.

Ero rientrato nei locali del Pretorio, e il frastuono si era attenuato alle mie spalle. Ma mentre attraversavo le sale, le mani ancora gocciolanti, ribollivo di frustrazione e di stizza. Non sono un codardo. Sono un soldato, ho combattuto in battaglia più volte, e il mio corpo ne porta i segni. Ma alla fine avevo permesso a quelle serpi di manipolarmi per i loro scopi, e lo smacco mi bruciava. Non che mi importasse più di tanto del Nazareno. Non è stato il primo a finire male per l'invidia dei potenti, e non sarà l'ultimo. Di lui si parlerà per qualche giorno ancora, poi scomparirà come tutti gli altri. E la verità... La verità saranno gli storici a stabilirla nei loro scritti. E quando anch'essi taceranno, più nulla resterà a confermarla o a smentirla.




 

 

  
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