Anime & Manga > BeyBlade
Ricorda la storia  |      
Autore: Kaiyoko Hyorin    19/02/2015    6 recensioni
Era il giorno più importante della sua vita.
Il giorno in cui avrebbe messo in gioco tutto sé stesso per raggiungere il suo scopo.
Da quel giorno la sua vita non fu più la stessa.

[ Personaggi tratti dalla mia precedente fanfic: "Unione d'affari"; un piccolo sequel di un'opera di per sé già conclusa, ma il cui seguito mi sono riservata di approfondire un poco. Personalmente non ritengo che ci sia bisogno di leggerla per capire qualcosa di questa one-shot, ma potrei anche sbagliarmi.. in ogni caso spero che sarà una buona lettura ^^ ]
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Kei Hiwatari, Nuovo personaggio
Note: OOC, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Unione d'affari'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



Unione d'amore ~






– Bambini, è ora di pranzo!
I due ragazzini si voltarono all'unisono verso casa, puntando quei loro sguardi luminosi d'eccitazione e divertimento sulla finestra dalla quale la donna si era appena affacciata a richiamarli dai loro giochi.
Gou, cinque anni compiuti, richiamò il suo beyblade blu scuro e prese per mano la sorella, prima di iniziare a correre verso la porta.
Il sole splendeva radioso sul lungomare, rendendo quell'estate una delle più belle degli ultimi tempi, ma le risate dei bambini sovrastarono senza problemi il richiamo dei gabbiani ed il rumore delle onde, prima che raggiungessero l'ombra dell'ingresso della residenza estiva di famiglia.
Era una casa grande, ma sebbene l'arredamento sottolineasse una certa situazione economica benestante, l'ambiente “asettico” era vivacizzato e riscaldato dalla semplice presenza dei loro genitori. Non che questi avessero atteggiamenti chissà quanto esuberanti o mielosi, tutt'altro. Era semplicemente la loro presenza a cambiare la visione che avevano i due ragazzini del luogo altrimenti troppo formale in cui erano andati a passare le loro vacanze estive.
Perché, in fin dei conti, basta l'amore di una famiglia per scaldare il cuore di un bambino.
Piombando in cucina, Keiko, maggiore solo per pochi minuti, andò dritta verso il tavolo ma si fermò a metà strada, gli occhi scuri sgranati.
– Dov'è papà?
A quella domanda la loro madre si voltò con una ciotola di insalata fra le mani ed in volto un'espressione in parte perplessa.
– Dovrebbe essere ancora di sopra a parlare con il nonno.. – ipotizzò, prima di abbassare i suoi occhi verde smeraldo sui due bambini e sorridere ad entrambi con fare incoraggiante – ..perché non andate a chiamarlo?
I due gemelli annuirono all'unisono e si precipitarono fuori dalla cucina, dando il tempo alla donna dai lunghi capelli corvini di finire di mettere in tavola. Keiko, più veloce del fratellino, fu la prima ad agguantare la maniglia, ma si fermò appena in tempo, ricordandosi le buone maniere all'ultimo secondo.
Gou le finì addosso, ma dopo le iniziali proteste si zittì, rammentando le raccomandazioni di sua madre sul disturbare il loro padre quando lavorava. Così lasciò che fosse lei a ruotare la maniglia e ad entrare per prima, seguendola dappresso per fermarsi entrambi appena oltre la soglia.
L'ampia stanza di fronte a loro era bianca, illuminata dai raggi che entravano liberamente dalle ampie vetrate lasciate socchiuse, insieme ad una leggera brezza che recava con sé l'odore del mare. Al tavolo che costituiva, anch'esso in vetro, l'arredo principale di quella stanza, erano accostate una serie di sedie nere e dal taglio moderno, in mogano e metallo. Su una di queste il loro adorato padre stava dando segni di insofferenza, intento a parlare al telefono premuto contro l'orecchio sinistro mentre esaminava una pila di fogli sorretta con l'altra mano, di fronte a sé.
Quando tuttavia, un secondo dopo, i suoi occhi di brace si sollevarono da quei documenti posandosi sui due bambini, l'espressione in parte corrucciata sul suo viso si distese in una vagamente più sorpresa e rilassata. Quel genere di espressione che per i due gemelli era fonte di una nuova luce nella stanza.
– Ora scusami, ma credo sia ora di pranzo – disse in tono informale al suo interlocutore, prima di lasciar seguire una pausa e aggiungere – Sì, certo.. non mancherò – lasciò i fogli sul tavolo per ravviarsi le ciocche d'argento che gli pendevano sulla fronte, senza distogliere lo sguardo dai due bambini – Anche a voi.
Quindi riattaccò, appoggiando il cellulare accanto a sé, prima di lasciarsi sfuggire un sospiro e abbandonare quello scomodo appoggio per alzarsi in piedi.
– Ditemi pure – li esortò a farsi avanti, aggirando quel tavolo per accoglierli.
Era quello il segnale a cui avevano entrambi imparato a reagire e, come se fossero due cuccioli appena liberati dal guinzaglio, i due gemelli - fino a quel momento recalcitranti ed impazienti - si fiondarono sull'uomo di fronte a loro, abbracciandolo con slancio.
– Papà, papà! – chiamò Keiko – Sai, ho lanciato Dranzer lontanissimo oggi, fino alla fine del molo!
– Non è vero, io ho lanciato Night più lontano! – esclamò contrariato Gou, imbronciandosi.
– Invece no, sono stata più brava io!
– Ehi, ehi! – si intromise l'adulto in tono bonario, sorridendo e posando una mano sul capo di ognuno ed inducendoli a sollevare di nuovo lo sguardo su di lui – ..non litigate, lo sapete cosa succederà se la mamma vi vede – disse loro, smorzando quella discussione sul nascere. Scelse di cambiare discorso – Non volevate dirmi qualcosa?
– Ah sì! – si illuminò la femmina, i cui capelli scuri erano sfumati d'argento sulle punte e sparati in ogni direzione umanamente immaginabile – La mamma ci ha mandati a chiamarti.
– È pronto! – esclamò interrompendo di nuovo la sorella, Gou, i cui occhi verde scuro erano molto simili a quelli della madre, mentre i capelli erano tali e quali quelli del padre.
Questi annuì e, sollevandoli entrambi, se ne posizionò uno su una spalla e l'altra se la tenne stretta sottobraccio, contro il fianco sinistro, ignorando le proteste divertite dei due gemelli finché non entrarono tutti e tre in cucina.
Quando li vide giungere così, la madre abbozzò un mezzo sorriso e sollevò un istante lo sguardo verde smeraldo al cielo, prima di aprire bocca.
– Kei, mettili giù o non riusciranno a mangiare nulla per i giramenti di testa.
– Meglio, così ne rimarrà di più per me – affermò il vice-presidente della Hiwatari, convinto.
I due bambini ripresero a protestare a gran voce, facendo sbuffare di divertimento l'uomo che era il loro padre mentre si arrendeva all'evidenza e li rimetteva coi piedi per terra. Appena furono libere, le due pesti si fiondarono ai loro posti, arrampicandosi rispettivamente ognuno sulla propria sedia.
Osservando la scena con un mezzo sorriso, Yukiko prese posto accanto a quello che era divenuto suo marito.
– Buon appetito! – esclamarono i due piccoli, prima di fiondarsi sul cibo in maniera diversamente famelica.
Keiko, la più controllata dei due, mangiava regolarmente con le bacchette un boccone per volta, mentre Gou cercava di riempirsi la bocca più che poteva ad ogni morso tenendo la scodella di riso sollevata vicino al viso e spingendo il suo contenuto con movimenti metodici delle due asticelle in legno.
– Gou, non ingozzarti a quel modo – lo redarguì con calma suo padre, prima di far sparire un gamberetto impanato in bocca.
– E tu, amore mio, dovresti smettere di riempirti il piatto di gamberi e lasciarne un po' anche a noi.. – lo riprese ironicamente Yukiko, ben consapevole di non poter ottenere nessun risultato nemmeno questa volta. Erano anni che cercava, neanche seriamente, di fargli presente la necessità di condividere tutto ciò disposto in tavola con i commensali presenti.
Ci pensarono i due bambini a sottrarre il bottino al genitore, afferrando ognuno con movimenti precisi e veloci delle bacchette almeno tre gamberetti a testa, prima che tutti e tre inscenassero una sorta di 'battaglia di bacchette' all'ultimo colpo sulla tovaglia.
Scuotendo il capo con aria sconsolata, la mora si limitò a continuare a mangiare come se niente fosse, seppur sorridendo fra sé e sé.
Per quanto quella scena fosse divenuta familiare ai suoi occhi, continuava a sentirsene incredula per l'allegria e la vivacità che avevano portato i due eredi dell'impero Hiwatari nelle loro vite. In cuor suo non aveva mai neanche sperato, in un passato non troppo lontano, che avrebbe assistito ad una scena del genere. Non quando si parlava di lui. Di Kei Hiwatari.
L'ampio e luminoso sorriso combattivo di suo marito era di per sé qualcosa a cui non si sarebbe mai abituata, lo sapeva. L'aveva saputo sin dal primo momento in cui gliel'aveva visto in volto.. e ricordava fin troppo bene quell'occasione, giunta nel giorno più importante della loro vita.
Un giorno che non avrebbe mai potuto dimenticare.
Un giorno impresso nella memoria di entrambi, anche di lui.

~

Era trascorso ormai un anno e mezzo da quel Capodanno in compagnia.
Un anno e mezzo durante il quale erano cambiate alcune cose, mentre altre erano rimaste praticamente immutate.
Kei stava rientrando in casa sua proprio in quel momento e non si stupì del via vai di servitù a cui si trovò di fronte una volta varcato il portone d'ingresso. D'altronde, non avrebbe potuto essere altrimenti in una giornata tanto importante per la sua famiglia.
– Signorino, dov'eravate finito?
Voltandosi verso William, il capo-maggiordomo, il dranzerblader si sentì molto più incline ad ignorarlo, piuttosto che dargli una qualche risposta. Inarcò tuttavia un sopracciglio nel vedere l'ometto di terza età tradire un malcelato nervosismo nella posa impettita del busto e nel continuo movimento degli occhi febbrili per l'ambiente, tenendo d'occhio quel cameriere con la pila di piattini che si stava dirigendo verso la porta finestra e quell'altra domestica che stava premurandosi di dare una mano a portar fuori una serie di bicchieri di cristallo.
Sospirando interiormente, rammentò perfettamente di non esser l'unico in ansia per quel giorno e, dopo aver abbozzato una smorfia relativa all'uomo di cui gli era appena tornato in mente, aprì bocca.
– Dovevo fare una cosa. Mio padre a che punto è?
– È di sopra a provarsi l'abito.
Kei annuì con un cenno del capo prima di proseguire verso l'ampia scalinata che lo avrebbe condotto al piano superiore, salendo con passo deciso una serie di rampe di scale fino a ché non riuscì ad imboccare il corridoio che gli interessava. Si fermò soltanto quando, giunto di fronte alla camera da letto del suo unico genitore, ne varcò la soglia spalancata e si prese un attimo di tempo per cercare con gli occhi l'uomo.
Lo trovò fermo di fronte all'alto specchio appeso all'interno del suo stesso armadio a muro, intento a cercare di aggiustarsi il cravattino sotto al colletto della camicia immacolata. Cogliendone l'espressione tesa e concentrata nel riflesso, il giovane Hiwatari si fece avanti di qualche altro passo, limitandosi a dare uno sguardo sommario al completo di giacca e pantalone color avorio che aveva scelto e la cui tonalità chiara era smorzata soltanto dalla rosa rossa appuntata sul petto, proprio all'altezza del taschino. Quella scena gli fece nascere un mezzo sorriso in volto.
Erano anni che non vedeva suo padre così nervoso come in quel momento.
– La tradizione impone che sia la sposa ad arrivare in ritardo, non lo sposo.
Il signor Hiwatari si voltò per un attimo a guardarlo con un barlume di sorpresa, ma l'istante successivo era di nuovo ad armeggiare coi due lembi di quella stoffa pregiata, per effettuare l'ennesimo tentativo di trarne fuori un papillon simmetrico.
– Se avessimo optato per una cerimonia più tradizionale non sarei qui a cercare di annodarmi quest'affare..
– No, saresti ancora più in crisi con l'obi del kimono, probabilmente.
– Umphf – sbuffò suo padre.
Quella reazione, così simile a quelle che ogni tanto aveva il figlio, gli ricordarono da chi avesse in parte preso il suo carattere suo malgrado, ed il pensiero gli fece un effetto strano. Fu come se, per la prima volta, Kei potesse finalmente sentirsi in qualche modo legato a quella persona da qualcosa di più di un semplice cognome, e la cosa gli fece perdere per un momento lucidità. Ci pensò il padrone di casa a riportarlo alla realtà con la domanda successiva.
– Sei passato in gioielleria?
Il dranzerblader annuì con un cenno del capo, infilando la mano destra nella tasca dei pantaloni per tirarne fuori una scatolina in velluto nera, al cui interno erano state riposte le fedi nuziali d'oro giallo che il signor Hiwatari aveva commissionato con ben due mesi d'anticipo. Avvicinandosi allo sposo, gliele mostrò e il cenno d'assenso greve di questi fu l'unico segno di apprezzamento per il lavoro del gioielliere, prima che tornasse ad armeggiare con il cravattino.
Finalmente parve soddisfatto del risultato finale e fece un passo indietro per scrutare la sua immagine riflessa con occhio critico, prima di donar un cenno d'assenso anche ad essa e voltarsi definitivamente verso il figlio. Solo in quel momento parve rendersi conto della tenuta di quest'ultimo.
– Vedo che sei già vestito..
– Io non ho perso tempo ad infiocchettarmi il cravattino decine di volte – gli rispose ironico lui di rimando.
– Di sotto come procedono i preparativi per il ricevimento?
– William ha tutto sotto controllo.
– Bene – commentò soltanto il signor Hiwatari, prima di lasciar vagare lo sguardo per la stanza e poi ripetere allo stesso modo – Bene.
Di fronte al nervosismo di suo padre, Kei si ritrovò per l'ennesima volta a sogghignare fra sé e sé e questo gli diede modo di distrarsi dal proprio stato d'animo che, suo malgrado, era l'esatta copia di quello di lui. Quando tuttavia il presidente della Hiwatari si mosse, nel passargli accanto gli posò una mano sulla spalla, stringendo appena in un unico rapido gesto cameratesco che gli causò un certo stupore.
– Andiamo.
Seguendolo in principio solo con lo sguardo, il ragazzo dai capelli d'argento tardò una manciata di secondi ad andargli dietro, preso alla sprovvista da quanto appena avvenuto in quella camera. Non rammentò l'ultima volta in cui suo padre si fosse sbilanciato a quel modo, fatto di per sé scoraggiato dalla sua precedente determinazione a mantenere con lui una certa distanza. Da qualche tempo la temperatura s'era fatta meno gelida fra padre e figlio, causa che era da imputarsi senza ombra di dubbio all'entrata delle due Natsuki nelle loro vite.
Ed ora, una delle due sarebbe entrata a far parte ufficialmente della famiglia Hiwatari.


– Si può sapere che stai combinando? Esci, siamo in ritardo!!
Yukiko era ferma nel corridoio, intenta a bussare con una certa insistenza alla porta del bagno all'interno del quale sua madre si era chiusa da almeno mezz'ora. Quando finalmente questa si decise ad aprirle, la mora trasalì: la donna che l'aveva messa al mondo le sfilò davanti in corridoio, cercando di tener sollevata l'ampia gonna dell'abito bianco e rosso che aveva scelto per quel giorno così importante. Con occhio critico la nightblader tentò di capire cos'avesse fatto sua madre nell'ultima frazione d'ora trascorsa davanti allo specchio, ma con sollievo concluse che l'acconciatura era tale e quale quella che il parrucchiere le aveva fissato con litri di lacca spray.
– Oddio, non posso crederci, è così tardi! Dov'è il velo? Yuki, sei sicura che non sia il caso di andare con la nostra macchina? Posso guidare, davvero..
– Mamma!
Il tono fermo con cui la chiamò fece girare il suo unico genitore su sé stessa proprio mentre stava imboccando le scale, sortendo l'effetto sperato. Una volta guadagnatasi la sua completa attenzione, Yukiko sospirò di rassegnazione, facendosi avanti nel suo completo in giacca e pantaloni color grigio argento, mostrandole una facciata di calma assoluta.
– La limousine è già davanti casa che ci aspetta – le annunciò, prima di sollevare la mano sinistra e mostrarle così il velo che stringeva delicatamente – Il velo ce l'ho io e ti consiglio di smettere di sudare, o rovinerai il tuo bellissimo abito.
La donna assunse una smorfia d'insofferenza, ma quando poco dopo aprì bocca non fu per ribattere qualcosa al riguardo, ma per chiederle, con una certa preoccupazione – Sei sicura che vada bene? Non hai che da dirmelo se sei contraria a tutti questi cambiamenti, possiamo mettere un freno a tutto quanto..
– Mamma, ne abbiamo già parlato – ribatté con fermezza la mora, puntando i suoi occhi di smeraldo in quelli dell'altra – Niente di tutto questo mi mette a disagio o altro, e mi sta bene anche il trasferimento. Ho già predisposto le valige e finirò il trasloco in un paio di giorni al massimo. Quando sarete di ritorno dalla luna di miele fra due settimane, sarò già perfettamente ambientata.
Questo, almeno, era quel che si augurava da due mesi a quella parte.
In realtà non aveva idea di come sarebbe stato vivere tutti e quattro insieme sotto lo stesso tetto, seppure si trattasse di un tetto delle dimensioni della villa della famiglia Hiwatari. La sua nuova famiglia, si ritrovò a rammentare, seppur con una certa incredulità. Be', almeno avrebbe mantenuto il proprio cognome, si disse.
La cosa positiva era che sarebbe stato bello avere Kei così vicino, finalmente.. e forse avrebbero avuto modo di condividere la stessa stanza, non solo lo stesso tetto. Il pensiero la fece arrossire meccanicamente, ma un movimento nel suo campo visivo la fece tornare con un battito di ciglia alla realtà: sua madre stava scendendo le scale.
– Puoi prenderti tutto il tempo che vuoi tesoro, davvero – stava dicendo la donna nel mentre – Sei abbastanza grande da poter decidere da sola cosa preferisci fare della tua vita, non solo per occuparti dell'azienda durante la mia assenza..
– Andrà tutto bene – le rispose trattenendo a stento l'esasperazione e interrompendola senza remore, affrettandosi a starle dietro.
Quando sua madre ci si metteva sapeva essere davvero esasperante!
Si accorse di avere ancora il suo velo in mano quando, giunta al piano terra, cercò di allungare la stessa verso le chiavi.
– Mamma, il velo! Vieni qui!
Una manciata di minuti dopo erano finalmente in macchina, l'una accanto all'altra, mentre questa faceva rotta verso la chiesa prenotata per la cerimonia nuziale. Fuori dal finestrino oscurato le case e gli incroci si susseguirono veloci sotto lo sguardo pensieroso della blader, finché lo squillo del cellulare della sposa al suo fianco non risuonò nell'abitacolo.
Yukiko scoccò a sua madre un'occhiata in tralice, proprio quando l'altra stava accostandosi l'oggetto all'orecchio.
– Pronto?
Rimase a fissarla insistentemente per tutta la conversazione, i cui toni lasciavano intuire che fosse una telefonata di lavoro, sul punto di strapparle il cellulare di mano quando l'autista annunciò che erano quasi arrivate da oltre la barriera divisoria. Quando finalmente la signora Natsuki riagganciò, sembrò notare il cipiglio della figlia e abbozzò un'espressione fra il perplesso e l'austero.
– Cosa c'è?
– Spegni quel coso.
Le sopracciglia di sua madre scattarono verso l'alto e la piega delle labbra si assottigliò – Ma..
– Niente “ma”! Dammelo – categorica, Yukiko tese il braccio e la mano aperta in sua direzione, continuando a guardarla malissimo finché la sposa non si arrese e le consegnò il cellulare con un sospiro. Facendolo sparire nella propria borsetta, la mora allora le annunciò impassibile – Lo riavrai questa sera, al termine del ricevimento.
Sua madre la guardò ancora per una manciata di secondi con espressione attonita, in un silenzio assoluto che si protrasse finché la limousine non si arrestò definitivamente davanti all'ingresso della graziosa chiesa che era la loro meta ultima.
Poco dopo la portiera dal lato di sua madre venne aperta e il volto sorridente e rispettoso dell'autista della famiglia Hiwatari comparve nel vano dell'abitacolo, tendendo una mano verso la sposa per aiutarla a farla scendere. Yukiko era già pronta ad offrire il braccio a sua madre, quando quella finalmente scese dall'auto, e il sorriso che le rivolse alla vista della sua espressione ansiosa fu incoraggiante e subitaneamente ricambiato.
Eccola lì, la felicità e l'emozione di cui era stata testimone fino a ventiquattro ore prima; ovvero, finché non era sopraggiunto il classico attacco di panico dell'ultimo minuto. Neanche fosse il primo matrimonio a cui la donna avesse partecipato in veste di sposa. In teoria, avrebbe già dovuto essere psicologicamente preparata a fare quel passo.
Sollevando gli occhi al cielo, la nightblader si sentì grata del limpido color azzurro ceruleo che le si palesò in risposta. Una giornata di fine maggio dominata dal bel tempo, il sole che brillava luminoso ed incontrastato, scaldando l'aria primaverile coi suoi raggi. Una fortuna insperata, vista la frequenza con cui aveva piovuto nel corso delle ultime due settimane; un altro motivo per cui sua madre era uscita di testa la sera precedente.
Non aveva alcun dubbio: prima quella giornata sarebbe terminata, meglio sarebbe stato per i suoi nervi.
Ormai il suo livello di sopportazione era al limite, a giudicare dal lieve giramento di testa che la colse appena entrata all'ombra della chiesa.


Assistendo alla cerimonia nuziale, il dranzerblader si ritrovò per l'ennesima volta a pensare a ciò che si era prefissato di fare di lì a poche ore e lo sguardo gli ricadde inevitabilmente sulla sua compagna. Era bella, ovviamente, con quei suoi capelli neri raccolti in una treccia che le ricadeva morbidamente su una spalla ed il completo color grigio perla.
Certo, che si fosse ormai abituato all'idea di averla accanto, di saperla ricambiarlo, non aveva sminuito l'effetto che gli faceva nemmeno a distanza di quasi due anni dal loro primo incontro. Per questo aveva ormai preso la sua decisione.
Quando, poche settimane prima, ne aveva parlato a suo padre, lo aveva visto sorpreso sì, ma anche fastidiosamente entusiasta per la notizia. Ovviamente gli aveva dovuto far promettere di non aprire bocca con nessuno, nemmeno con la sua fidanzata, proprio perché aveva imparato a conoscere entrambi in minima parte. Un progetto segreto nelle mani di Sakura Natsuki rischiava seriamente di finire sbandierato davanti al diretto interessato senza possibilità di scampo.
Così, con l'aiuto psicologico dell'Aquila, aveva organizzato tutto.
Non gli restava da far altro che mettere ciò che aveva pianificato in pratica, dopo pranzo.
Il pensiero lo rese talmente nervoso da fargli sudare le mani, cosa che rischiò di metterlo in difficoltà quando venne il momento di apporre la sua firma di 'testimone dello sposo' sul documento che ufficializzava quella nuova unione.
Così attese con ansiosa pazienza il termine della cerimonia ed accolse quasi con liberazione le ultime parole del sacerdote, mentre dava il permesso agli sposi di baciarsi per sancire così quel matrimonio.
Osservando attentamente suo padre, ne studiò per l'ennesima volta l'espressione incredibilmente felice ed emozionata insieme, avvertendo a propria volta sottopelle un'emozione nuova, come un brivido inatteso che si intensificò e scomparve quando avvertì il tocco delicato di Yukiko mentre infilava con fare discreto la mano nella sua.
Lui la strinse di rimando quasi automaticamente, voltandosi a guardarla ancora una volta senza tuttavia incrociarne lo sguardo di smeraldo per più di un istante. Ammirandola al suo fianco, così composta eppure apparentemente vulnerabile, colse su quel viso - i cui tratti conosceva a memoria - una leggera tensione che egli riconobbe nata da sentimenti simili ai suoi. Quella consapevolezza inattesa lo indusse a serrare con più calore, per un paio di secondi soltanto, la stretta sulla mano di lei, intrecciando le dita con le sue e sorridendole debolmente quando lei si voltò a cercarlo con lo sguardo.
Incrociandone quella seconda volta l'iridi verdi, le notò tinte di un riverbero più intenso, dovuto ad un sottile strato di lacrime, ed il dranzerblader avvertì il proprio cuore sussultargli nel petto. No, ormai non aveva più alcun dubbio.. e non ricordava di essere mai stato così sicuro di qualcosa come in quel momento.
– I testimoni accanto agli sposi per le foto – li richiamò la voce di uno dei fotografi, riportando entrambi al presente.
Riportando lo sguardo lungo la navata, Kei piegò le labbra in una smorfia alla vista della moltitudine di parenti e non pressati intorno agli sposi per rientrare nelle foto commemorative e fare le dovute congratulazioni per la lieta unione.
– Su, cerca di non fare il solito musone – gli sussurrò a tradimento la nightblader l'istante successivo, facendogli inarcare un sopracciglio nel tornare ad inquadrarla nel proprio campo visivo. Lei ridacchiò, scherzosa, già facendosi avanti senza per questo lasciargli la mano, così all'argenteo non rimase altro da fare se non seguirla, senza neanche fare troppa resistenza.
In fondo, dopo le foto ufficiali sarebbero finalmente stati liberi di recarsi al luogo del ricevimento ed una volta lì, lui avrebbe potuto mettere in atto ciò che aveva in mente. Il pensiero minacciò di farlo irrigidire mentre ripercorreva mentalmente ogni passo ed ogni preparativo fatto.
Sarebbe dovuta andare bene.. aveva a disposizione una sola occasione e per la prima volta in vita sua, provava l'intenso desiderio di fare le cose nel modo giusto. Certo, senza per questo deviare troppo dalla sua stessa personalità controversa. La stessa che la moretta, ora al fianco della sposa ed intenta a sorridere all'obiettivo delle macchine fotografiche, aveva definito tale, seppur confessandogli che era merito anche di questa se aveva finito per innamorarsi di lui.
Il pensiero lo fece sorridere automaticamente, espressione che venne catturata da almeno un paio di flash.


Con una certa perplessità, la giovane Natsuki osservò dal basso verso l'alto la figura del proprio ragazzo, fermo accanto alla sua sedia ed in attesa di una risposta. Era tutto il giorno in verità che le era sembrato un po' strano, diverso dal solito, e la cosa aveva iniziato ad insospettirla un po' quando aveva tardato, due ore prima, a staccare le mani dal volante una volta spento il motore e posteggiata l'auto davanti all'ingresso della villa.
Ora, messa di fronte alla proposta di fare due passi, Yukiko si ritrovò a chiedersi quando fosse stata l'ultima volta che aveva sentito il suo dranzerblader prendere quel tipo di iniziative, senza riuscire a darsi una risposta precisa. Decisamente parecchio, decise in un battito di ciglia.
Scegliendo di non stare a sindacare oltre sulla questione e prendendo la palla al balzo, nella speranza che due passi la aiutassero a far passare quel lieve senso di nausea alla bocca dello stomaco, annuì con un semplice cenno del capo prima di sollevarsi in piedi a propria volta. Abbandonarono il proprio posto al tavolo degli sposi, approfittando del fatto che i due erano intenti ad occupare la pista da ballo allestita sul prato lì accanto, per allontanarsi con passo tranquillo dalla zona adibita apposta ad ospitare il ricevimento.
Percorrendo il sentiero che conduceva, con un'andatura serpeggiante, verso il laghetto al centro della tenuta, la mora approfittò del quieto silenzio sceso fra loro per osservare con rinnovata attenzione il ragazzo che le procedeva accanto. Per quell'occasione si era proprio messo in tiro, agghindandosi con un completo di giacca e pantaloni rigorosamente nero, a cui mancava soltanto la cravatta per farlo assomigliare ad un agente segreto. All'orecchio aveva un piccolo orecchino che catturava a tratti i raggi del sole, rivaleggiando con i ciuffi più chiari della frangia, sparsi in una parvenza di disordine che si rifletteva nei due bottoni superiori della camicia slacciati. Lo sguardo puntato in avanti, procedeva con passo misurato, di una cadenza diversa dalle solite in realtà sebbene non si potesse dire che fosse in qualche modo rigido.. non ad una prima occhiata per lo meno, soprattutto grazie alla posa rilassata delle braccia, le mani ficcate nelle tasche dei pantaloni con una noncuranza quasi studiata.
L'apparenza ribelle sottolineata dall'espressione assente che aveva stampata in volto l'aveva conservata tale e quale al giorno in cui l'aveva conosciuto, nonostante fosse ormai entrato attivamente a far parte della direzione dell'Organizzazione Hiwatari al fianco del padre, così come alla fine era toccato a lei al termine del suo corso di formazione e del periodo di praticantato concordato con entrambi i presidenti.
Le cose in ambiente lavorativo si erano semplificate in un certo senso, ma anche complicate per altri aspetti e gli affari delle rispettive aziende erano a volte causa di stress per lei, che si ritrovava a dover rinunciare al proprio tempo libero più spesso di quel che avrebbe intimamente voluto. Ormai il tempo che riuscivano a trascorrere assieme risultava drasticamente dimezzato, nonostante avessero preso a dormire di tanto in tanto l'una a casa dell'altro e viceversa, a seconda delle circostanze.
Soffermandosi a riflettere su quell'ultimo pensiero, la ragazza si ricordò del prossimo cambiamento in atto nelle loro vite e abbozzò meccanicamente un lieve mezzo sorriso nel rammentarsi che, arrivati a quel punto, non avrebbero più avuto problemi sull'incontrarsi alla fine dell'orario di lavoro. In effetti, stavano per tornare a vivere sotto lo stesso tetto e, con un po' di fortuna, nella stessa camera, se aveva fatto bene i suoi calcoli, cosa che le sollevò l'umore di almeno un metro da terra.
Senza quasi rendersene conto si ritrovò a fantasticare, immaginandosi la nuova convivenza in tutto e per tutto tale a quella di una vera coppia, quando lo sguardo le si posò sullo specchio d'acqua alla loro destra, poco più avanti. Da quel punto in poi il sentiero si biforcava, ripiegando da un lato verso alcune aiuole ben potate e dall'altro in direzione del grazioso gazebo bianco in riva al lago.
Per lei fu quasi automatico dirigersi in quella direzione, lasciando che le labbra le si schiudessero in un sempre più fermo sorriso, mentre ad ogni passo portato verso le sponde i ricordi che custodiva gelosamente in fondo al cuore riaffioravano uno ad uno.
Era stato sulle rive di quel laghetto che aveva visto per la prima volta il blader al suo fianco esprimersi liberamente con la sua bitpower, l'Aquila Rossa, ed era stato sempre lì che lei gli aveva confessato di invidiarlo, all'epoca, per l'opportunità di girare il mondo fornitagli dai tornei mondiali di Beyblade. Era stato lì che aveva iniziato a sentirsi strana.. diversa, nei suoi confronti, sebbene la consapevolezza dei suoi sentimenti fosse giuntale diverso tempo dopo, letteralmente dall'altro capo del pianeta.
E si sentiva un po' strana persino in quel momento.
Aveva creduto che quella lieve nausea le sarebbe passata in un baleno appena si fosse allontanata dal luogo del ricevimento, invece continuava a premerle fastidiosamente alla bocca dello stomaco, costringendola di tanto in tanto ad aggrottare le sopracciglia per mantenere il controllo di sé e sopportare. Con una parte della mente si chiese se non si fosse presa un qualche virus intestinale, ipotesi decisamente sfortunata ora che all'azienda era espressamente richiesta la sua presenza di leader, visti i programmi dei loro genitori per la luna di miele.
Si fermò sovrappensiero una volta raggiunto il gazebo bianco, persa nelle proprie riflessioni per il loro avvenire così come i suoi occhi erano persi a mirare il riflesso sulla superficie del laghetto. Eppure quel momento non durò a lungo, prima che il dranzerblader la riportasse alla realtà.
– Yukiko..
La mora si voltò su sé stessa nel sentirsi chiamare per nome, sgranando parzialmente gli occhi nel notare il suo ragazzo in piedi a pochi passi da lei, sotto quello stesso gazebo. Le stava tendendo una mano, fissandola con espressione tanto seria da farle intuire quanto potessero essere tali le sue intenzioni. Incuriosita e confusa al contempo, lei si fece avanti, sollevando la propria mano sinistra per stringere la sua e raggiungerlo.
Lui la guidò senza una sola parola al centro di quella costruzione circolare, prima di fermarsi e porsi esattamente di fronte a lei, cercando e stringendole ambo le mani. Nel silenzio di quei pochi secondi, la nightblader avvertì un insolito formicolio dietro la nuca mentre la tensione iniziava a farsi strada nel suo animo, accentuando suo malgrado il senso di nausea precedentemente provato.
Eppure lo sguardo dell'altro era talmente intenso che finì per porre ogni altra cosa in secondo piano e si ritrovò a trattenere il respiro quando lui parlò di nuovo.
– Yukiko – ripeté, con una nuova inflessione nella voce altrimenti impassibile – ..c'è una cosa di cui devo parlarti.
Il cuore iniziò a batterle in petto all'impazzata a quelle poche parole d'esordio e, sebbene il primo impulso d'ella fosse stato quello di annuire, nulla sgorgò dalle sue labbra quando le schiuse per dire qualcosa, come se le fosse improvvisamente venuta a mancare la voce. In preda ad una nuova e inattesa agitazione, la mora avvertì distintamente una goccia di sudore scivolarle lungo la schiena ma non mosse alcun muscolo, limitandosi a ricambiare quello sguardo fisso in attesa che lui continuasse.
La stretta di lui si accentuò un poco sulle sue mani, prima che tornasse ad allentarsi in risposta ad una piega vagamente sbilenca delle labbra in un'espressione nervosa. In quel momento le parve tanto sulle spine da indurla a chiedersi se avrebbe davvero continuato il discorso oppure se avrebbe lasciato perdere tutto. La risposta le giunse quando lui abbassò momentaneamente lo sguardo dai riflessi porpora sulle loro mani ancora giunte le une alle altre.
– Ci ho pensato.. ci ho pensato parecchio a questo momento – affermò, totalmente serio, quasi combattuto mentre tornava a sollevare gli occhi su di lei.
In essi, la mora colse un nuovo barlume di determinazione che minacciò di farle perdere l'equilibrio sulle gambe e la indusse a chiedersi con una parte della mente quando fosse mai diventata così emotiva.
– Ora che le cose stanno cambiando per le nostre famiglie, credo sia giunto il momento di fare lo stesso – continuò lui, non lasciandola affatto.
Al ché la mente di lei iniziò a collegare i vari indizi: la tensione della sua stretta, la serietà dei suoi occhi, l'atmosfera improvvisamente intima.. e si sentì terribilmente impreparata, per non dire del tutto inadeguata, a ciò che stava per ascoltare.
Aspetta..”
– Quel che vorrei chiederti..
Una nuova ondata di nausea le causò un altro giramento.
Aspetta!” pensò disperatamente fra sé e sé, piegando le labbra in una smorfia per trattenere i capricci del proprio stomaco.
– Yukiko – la chiamò lui di nuovo il blader di fuoco, irremovibile, inducendola a quel modo a tornare a guardarlo in viso mentre, con sorpresa di lei, si faceva di un passo avanti oscurando ai suoi occhi la stessa luce del sole – Vorresti essere mia? Per sempre? A partire da questo istante?
La ragazza lì per lì credette che le gambe fossero sul punto di cedere, mentre il cuore al centro del petto continuava a pomparle adrenalina nelle vene con un'energia ed una velocità incredibili. Boccheggiò, confusa per quel che aveva appena sentito distintamente e dopo un istante riuscì miracolosamente a ritrovare la voce.
– ..cosa mi stai chiedendo, Kei? – mormorò in un soffio.
Temeva di stare equivocando ogni cosa, di star capendo male, che fosse solo un effetto di quel malessere passeggero.
Eppure lui dopo un primo istante di incertezza tornò a farsi indietro, lasciandole le mani per far sparire le sue all'interno delle tasche. Quel momento durò poco ma per tutto il tempo in cui rimase in quella posizione egli tenne lo sguardo basso. Nel risollevarlo un paio di secondi dopo tuttavia, in esso la nightblader distinse un nuovo guizzo di fermezza, proprio mentre il suo ragazzo estraeva da una tasca dei pantaloni eleganti una scatolina in velluto nero, grande poco meno del palmo della sua mano. Quando la aprì per porgerle il contenuto, a Yukiko mancò il respiro.
Quella era una coppia di anelli in oro bianco.


Kei fu lesto a prenderla fra le braccia quando la vide barcollare indietro, afferrandola al volo, prima che andasse a sbattere contro una delle colonne del gazebo.
– Ehi, Yuki – la chiamò trafelato, stringendola a sé in un abbraccio che la aiutò a sostenersi, mentre il suo cuore al centro del petto era preda di un nuovo sussulto.
Tutto s'era aspettato tranne una reazione del genere, era persino arrivato a considerare l'ipotesi di un rifiuto, ma che la sua dolce moretta avesse un mancamento era stato tutto men che previsto. Preoccupato, il cuore in tumulto ed il volto ancora accaldato per quanto aveva appena osato dire ad alta voce, non si rilassò nemmeno quando, l'istante successivo, lei sembrò riprendersi abbastanza da ritrovare l'equilibrio e sollevare i suoi occhi verdi su di lui. Incrociandone le gemme smeraldine, il dranzerblader si ritrovò a sospirare intimamente di sollievo, prima che quel respiro gli venisse smorzato in gola un'altra volta.
– Mi stai chiedendo di.. di sposarti?
– Mh? – quelle due parole erano giunte talmente flebili ed inaspettate da prenderlo alla sprovvista, confondendolo in un primo momento sul loro significato. Solo l'istante successivo, sotto lo sguardo intenso dell'altra, ricollegò il cervello alla bocca e si ritrovò ad inarcare un sopracciglio, impacciato come mai prima – Be'.. un giorno, in futuro.. – gli venne quasi la tentazione di fare spallucce ma, accorgendosi della piega che aveva preso quel discorso, con una smorfia si affrettò a rimediare – Ma non è solo questo.
– E cos'altro? – gli domandò lei in un soffio, serrando la presa sulla sua giacca, in volto un'espressione confusa.
Kei deglutì, prima di spiegarsi tutto d'un fiato – Ti sto chiedendo di restare al mio fianco per il resto della nostra vita, a prescindere da qualunque celebrazione di fronte a qualsivoglia divinità. Non mi importa di nessun Dio, l'unica cosa di cui mi importa sei tu e ti prometto.. – si bloccò un istante soltanto, riempiendo nuovamente i polmoni d'aria, prima di continuare il discorso che si era preparato giorni e giorni prima e che aveva finito per imparare a memoria – ..ti prometto che farò l'impossibile per te. Qualunque cosa, in qualunque momento; perché ti amo e sei tu l'unica che voglio, l'unica con cui mi sento davvero a casa..
– Sì – lo interruppe di punto in bianco lei con quell'unica parola.
Il dranzerblader si ritrovò a boccheggiare, spiazzato da quell'interruzione non prevista e, sotto lo sguardo fermo della sua ragazza, non riuscì in alcun modo a mascherare l'aria interrogativa e confusa che gli trasparì in volto – ..cosa?
– Sì – ripeté lei con non meno sicurezza nel tono di voce, assolutamente seria nell'espressione – Accetto. Accetto tutto, ogni cosa che hai detto ed ogni cosa che dirai. Scelgo te.. sceglierò sempre te, Kei – la sentì spostare le mani più in alto, sino a ché non si ritrovò le sue braccia intorno al collo ed il suo sorriso a pochi centimetri dal suo volto, tanto vicina da stordirlo – Sei l'unico, lo sei sempre stato. Quindi, sì.
Il significato di quanto da lei detto serpeggiò sino alla sua coscienza, irradiandoglisi poi nel petto in un misto di emozioni tanto intense quanto differenti l'una dall'altra. Sorpresa, sollievo, ansia, felicità.. tutte insieme, una dietro l'altra, sovrapposte e distinte al tempo stesso, lo colmarono tanto profondamente da ovattargli la mente, rendendogliela insolitamente leggera. Si ritrovò a sorridere come non gli era mai capitato in vita sua, dimenticando persino la scatolina in velluto finita sul pavimento in legno lì vicino quando si era mosso per sorreggerla.
Lei gli aveva appena detto di sì.
Si chinò a baciarla con trasporto, seppur lei parve non riuscire a ricambiare del tutto e la cosa, dopo un paio di secondi ancora lo portò a staccarsi, cercando con una certa perplessità di capire quale fosse il problema. Soltanto a quel punto se ne accorse: sembrava pallida, aveva l'espressione del viso tesa e il sorriso che le delineava le labbra era sincero ma anche sofferto, a giudicare dalla piega corrucciata delle sopracciglia scure.
– Cosa c'è? Non stai bene?
– Non preoccuparti – gli disse lei, minimizzando e scuotendo addirittura il capo – ..è solo un piccolo giramento – affermò, tentando di esercitare una pressione delle mani contro di lui per invitarlo a lasciarle un po' più di spazio, quando tornò a cercarne lo sguardo – Piuttosto, c'è una cosa che vorrei chiederti..
– Mh? – questa volta fu il suo turno di assumere un'aria interrogativa, allentando la presa sui suoi fianchi giusto quel poco che le bastò per reggersi un po' meglio sulle sue gambe. Ella tenne comunque le mani strette sulla sua camicia, mentre lui le stringeva di rimando gli avambracci sotto i gomiti, sostenendola seppur in minima parte in quel modo. Quando gli sorrise ancora una volta, fece per aprire bocca ma si bloccò all'istante, tappandosela all'improvviso con una mano.
Un secondo dopo, sotto lo sguardo sconcertato del dranzerblader, la mora era piegata sulla ringhiera del gazebo, intenta a rimettere anche l'anima sul prato verdeggiante sotto di loro.
Pochi minuti dopo, quando i conati furono cessati e lui poté smettere di tenerle sollevati i capelli, la fece stendere sulla panca al centro della struttura circolare, scostandole un paio di ciocche scure dalla fronte imperlata di sudore freddo.
– Va meglio?
Lei deglutì, gli occhi chiusi, prima di muovere appena il capo in cenno d'assenso.
Aveva le gote tinte di rosso e la mano libera, quella che lui in quel momento non stava stringendo, posata sul ventre, sopra la camicetta bianca. Su quella stessa mano ora brillava di un riverbero del sole l'anello in oro bianco che era andato a ritirare quello stesso mattino, la cui sommità vantava un piccolo smeraldo circondato da un'incastonatura a forma di cuore ed una serie di diamantini. All'interno ci aveva fatto incidere il suo nome.
– Mi spiace.. ho rovinato il momento – si scusò lei, abbozzando un lieve mezzo sorriso contrito.
Kei negò subito, finendo per sbottare – Se stai male non devi sforzarti.
– Sto bene.. ho soltanto un po' di nausea – affermò lei, schiudendo nuovamente le palpebre e sollevando l'iridi su di lui, sedutole vicino. Non riuscì ad evitarsi tuttavia, sotto il suo sguardo disincantato, di capitolare con un sorrisetto nervoso – ..e un paio di giramenti di testa forse.. ultimamente mi devo essere stancata troppo, credo sia per questo che mi sono presa qualcosa.. in questi giorni faccio più fatica del solito ad alzarmi dal letto.
Il dranzerblader fece spallucce, seppur rimanendo pensieroso – Possibile – affermò, lasciando intercorrere una breve pausa prima di lasciarsi andare ad un commento che non ammetteva molte repliche – Be', in ogni caso penserò io a tutto finché non starai meglio, tu riposati.
La vide sorridergli riconoscente e lui si ritrovò a ricambiare quel lieve sorriso, prima di far spaziare lo sguardo purpureo per il parco, avvolto in un tripudio di colori dovuti alle aiuole in fiore lì disseminate.
Nel silenzio che seguì non riuscì a scacciare del tutto il senso di preoccupazione per quella che era ora a tutti gli effetti la sua fidanzata e compagna, ritrovandosi a rimuginare sulle sue condizioni di salute. In fin dei conti, non poteva essersi trattato di qualcosa che aveva mangiato, lui stava benissimo e non aveva mai avuto problemi, in precedenza, coi cuochi della tenuta.
Scoccandole un'altra occhiata, si soffermò a fissare la sua mano sinistra ancora posata indolentemente all'altezza del ventre e dopo un attimo finì per inarcare un sopracciglio.
Un momento..
Nausea.
Giramenti di testa.
Stanchezza.
Un'improvvisa tensione gli irrigidì ogni muscolo, mentre quell'ipotesi gli affiorava alla mente, ingombrante ed inattesa.
– Tesoro... – esordì, facendole sollevar di nuovo le palpebre per incrociarne lo sguardo, non riuscendo in alcun modo a mitigare l'ansia che stava minacciando di attanagliarlo alla gola – ...quando è stato il tuo.. – incespicò persino nelle parole, cosa che lo costrinse a deglutire, prima di riformulare la domanda – ..quando hai avuto le tue cose l'ultima volta?
La vide inarcare un sopracciglio, prima che le sue labbra si schiudessero di getto. Non ne uscì niente comunque, una risposta inesistente mentre i suoi occhi si perdevano in un punto impreciso della tettoia sopra le loro teste.
Nella pausa di silenzio che seguì Kei non distolse mai lo sguardo dalla sua donna, tanto concentrato da non respirare nemmeno, finché lei non tornò a posare gli occhi e l'attenzione su di lui. Le labbra le tremarono quando finalmente tornarono a schiudersi.
– ..non lo so.. – mormorò in un soffio – ..io non me lo ricordo.
E il dranzerblader sentì le probabilità che si stesse sbagliando sgretolarsi nella propria mente.

~

Quando, poco tempo dopo, avevano avuto i risultati degli esami del sangue, ogni altra possibilità era già stata scartata da giorni. La conferma dello stato interessante della giovane Natsuki non fece altro che fornire il pretesto ai loro genitori di fare ritorno in anticipo dalla loro Luna di Miele per dar modo così alla madre di sbizzarrirsi e dare di matto - in senso buono - alla sola idea di un nipotino.
Kei, ritrovandosi il referto fra le mani, l'aveva guardata un paio di volte e poi, senza alcuna apparente emozione, le aveva semplicemente annunciato – Andremo a vivere da soli.
– Da soli? – aveva ripetuto la mora, confusa ed inquieta.
Lui aveva annuito – Soltanto noi due. Nessun altro.
Dopodiché si era voltato in parte verso la finestra accanto alla quale era stato appoggiato ed a quel punto lo aveva visto, quel suo sorriso, appena accennato eppure traditore di una serenità che non ricordava di avergli mai visto. Ed allora aveva finalmente capito quali fossero i reali sentimenti del suo fidanzato al riguardo.
Gli stessi che gli aveva visto esternare in quel giorno di sole, quando lei aveva accettato di legarsi a lui e che ora gli vedeva ogni giorno in volto da quando, cinque anni e quattro mesi prima erano venuti alla luce Keiko e Gou. Ah, e ovviamente si erano sposati ed avevano utilizzato come fedi nuziali gli anelli che Kei aveva fatto fare quella volta.
Ora, seduti a tavola tutti e quattro assieme, erano per lei il suo tesoro più grande; la cosa più importante. La sua preziosa famiglia.
Il motivo per cui lavoravano entrambi così duramente ogni giorno.
– Mamma, mamma! – la chiamò la sua bambina, facendola fermare a metà strada dal lavello.
– Sì, piccola mia?
– Mamma, papà, raccontateci una storia! – esclamò lei con quello sguardo vispo ed impaziente che assumeva ogni volta esponeva una richiesta.
– Sì, raccontateci di quando vi siete conosciuti – saltò su Gou a sua volta, guardando suo padre con espressione supplichevole.
I due genitori si guardarono e Yukiko si ritrovò a sorridere nuovamente, prima di sollevar lo sguardo al soffitto al pensiero di quante volte i gemelli avessero avanzato loro quella richiesta negli ultimi tre mesi.
– Prima aiutiamo la mamma a sparecchiare – sentì dire a Kei, prima che a quelle parole seguissero un paio di esclamazioni non troppo entusiastiche d'assenso.
Sistemati gli avanzi nella ciotola del loro gattone, Kija, i piatti e le ciotole vuote vennero ben presto fatti sparire in lavastoviglie grazie alla cooperazione di tutti e, dieci minuti dopo, i piccoli Hiwatari erano già seduti in salotto ad aspettare con malcelata impazienza che i loro genitori si degnassero di onorare la loro parte dell'accordo. Fu Kei ad iniziare stavolta, prendendo posto fra le due pesti e lasciando giungere la sua voce calda e pacata sino alla vice-presidentessa della N.C., ancora intenta ad asciugarsi le mani in cucina.
Fermandosi un attimo sulla soglia, Yukiko non si sorprese di distinguere un bagliore argenteo con la coda dell'occhio.
Quella storia sono più bravo a raccontarla io” le giunse di lì a poco alla mente, ironica, una voce maschile che ben conosceva.
Voltandosi a guardare il suo migliore amico, Yukiko sbuffò divertita e sarcastica al tempo stesso.
– Prego, accomodati Night – gli disse, con un cenno della mano verso il salotto.
Il bitpower le sorrise divertito di rimando, accanto alla proiezione in forma umana dell'Aquila Rossa, anch'essa lì accanto alla soglia della cucina.
Stanno migliorando ogni giorno di più” commentò la bitpower di Dranzer con un sorrisetto orgoglioso “Presto vi chiederanno di partecipare a qualche torneo..
Lo spero” sbottò Night con una nota saccente, scoccandole un'occhiata in tralice “Mi mancano un po' i vecchi tempi.
Yukiko abbozzò un mezzo sorriso che aveva una punta di nostalgia al pensiero degli incontri e delle avventure affrontate con il suo beyblade, ma quando l'istante successivo le giunse la voce squillante del suo piccolo Gou ogni sentimento di quel genere svaporò, come se non fosse realmente esistito, mentre tornava ad osservare quella che era la sua adorata famiglia.
– A me non troppo.. – ammise, tutto sommato, prima di aggiungere con una punta di ironia – ..una vice-presidentessa, madre di due gemelli, non ha molto tempo da dedicare ad altro che non sia il presente.
Night non le rispose subito, limitandosi a guardarla con quei suoi occhi di ghiaccio ed un sorriso che, per contro, era latore di un calore ed un affetto evidenti.
In questo caso, credo di aver proprio fatto un buon lavoro” commentò ad un certo punto con ben poca modestia, suscitandole una nuova perplessità.
– Modesto come sempre – non mancò di rimbeccarlo, dando luogo ad uno scambio di battute che era ormai divenuta tradizione.
Si sorrisero di nuovo, prima che i due bitpower raggiungessero gli altri, giovando dell'impossibilità momentanea dei due bambini di vederli.
Kei dal canto suo non le parve così entusiasta di quell'entrata in scena e ne ebbe la conferma quando spostò lo sguardo a cercarla, incrociandolo pochi istanti a seguire. Al vederlo con quel sopracciglio inarcato ed una silenziosa domanda nello sguardo, la mora gli rivolse un sorriso che voleva essere incoraggiante e scettico al contempo.
Un sorriso che lui ricambiò con uno più discreto ma latore dello stesso messaggio.
Sì, pensò a quella vista lei, se non fosse stato per i loro bitpower forse le cose non sarebbero andate a finire così.
Forse avrebbero finito per odiarsi, invece di innamorarsi.
Eppure, malgrado tutti quei 'se' e 'forse', erano riusciti comunque a raggiungere il loro personale “lieto fine”.
O lieto inizio, a seconda del modo in cui si preferisce vedere le cose.







..a happy ending!

[ANGOLO AUTRICE]
Avevo promesso che sarei tornata di sicuro ed eccomi qui!
Sì, alla fine ho scritto questa one-shot, proprio pensando a chi ha letto la mia precedente fanfic e dopo un paio di riletture, soddisfatta di quel che mi è uscito, ho deciso di pubblicarla. Mi mancavano Yuki e Kei, lo ammetto, e spero di non essere l'unica a pensarla in questo modo <3
In ogni caso, la serie è ufficialmente chiusa ^_^ spero che questo Epilogo piaccia ed invito chi non ha ancora avuto occasione, nel caso fosse curioso, di passare a leggere la fanfic a cui fa seguito: Unione d'affari. Sì, insomma, per avere le idee un po' più chiare magari! XD
Come volete, a me basta che mi diate un parere su questa cosa!
Nel mentre vi saluto e vi rimando alla prossima, ringraziandovi anticipatamente per qualunque cosa vogliate dirmi su questa cosa, che siano impressioni, complimenti o critiche. Tutto è ben accetto!
A presto!

Kaiy-chan
   
 
Leggi le 6 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > BeyBlade / Vai alla pagina dell'autore: Kaiyoko Hyorin