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Autore: sherry21    19/02/2015    9 recensioni
Sherry è riuscita a raggiungere il suo obiettivo, lavorare nell'ospedale dei suoi sogni.
Dal primo giorno tutto si preannuncia un disastro, il dottor Ace sembra divertirsi a tormentarla e a fargliene passare di mille colori, risvegliando in lei uno spirito battagliero assopito da anni.
Fra mille battibecchi, dispetti e situazioni imbarazzanti, Sherry non demorde, anzi, riesce a tener testa a Portgas come mai era successo prima fra le mura di quel reparto, conquistando simpatie e antipatie di diversi colleghi.
Nonostante tutto, riuscirà a trovare qualcuno che la farà sentire completa ...
Spero di aver incuriosito qualcuno, auguro una buona lettura!
Genere: Commedia, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Marco, Nuovo personaggio, Portuguese D. Ace, Trafalgar Law
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Amori quasi impossibili'
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Capitolo 13
-Sherry, perché hai chiamato Law “Traffy”? -.
Mentre Asso mi aiutava a sistemare i cloni di Marco nelle rispettive buche, non faceva altro che assillarmi con la storia di “Traffy”.
-Non c’è un motivo, mi sono solo fatta prendere dall’euforia del momento … - feci spallucce.
Appena mi aveva ricordato che poteva esserci ancora una piccola speranza per Ben, mi ero rianimata da sola e il nomignolo per Law era uscito spontaneo.
Asso continuava a guardarmi con diffidenza ed io sospirai esausta: -Law odia farsi chiamare “Traffy”, quindi non può esserci niente di tenero nel chiamarlo così … sei più tranquillo ora? -.
Continuava a mantenere il broncio e a non guardarmi negli occhi: -Hai la faccia sporca … -.
Mi stavo allarmando, era grave il fatto che Ace non stesse sorridendo e giocando con me.
Passai una mano sulla guancia destra: -Qui? – domandai.
-No … - rispose annaffiando la pianta.
-Dall’altra parte? – chiesi.
-No … - ribatté svogliato.
-E dove allora?! – mi stavo innervosendo, mi sentivo un’emerita pirla.
- … QUI! – iniziò a spruzzarmi l’acqua in piena faccia.
Per la potenza del getto e la sorpresa, rimasi a bocca spalancata e senza fiato.
-Adesso sei pulita … - sghignazzò felice e soddisfatto.
Il deficiente mi stava solo prendendo in giro!
Appena mi avvicinai a lui per rubargli la gomma dell’acqua di mano, incominciò a lavarmi dalla testa ai piedi.
-Wah … Ace! - urlai.
-Ma Pulce … sei peggio dei bambini! Non si gioca con l’acqua alla tua età. – fece il vocione grave scuotendo la testa.
-Adesso mi vendico … -
-No, questa è la mia vendetta per il nomignolo di Law! – riaffermò deciso e fiero di se stesso.
- … mmh … ti faccio vedere io come ci si vendica! - presi la rincorsa e lo atterrai.
Lottammo e rotolammo nella fanghiglia ripetutamente, ma io ne uscii vincitrice.
Mi trovavo a cavalcioni su di lui mentre gli puntavo lo spruzzino dell’acqua in piena faccia: -Dimmi che non ti sei arrabbiato e avrai salva la faccia. – lo minacciai.
-Mi faresti solo che un piacere, è tutta sporca di terra grazie alla tua “femminilità” nel vendicarti. – fece spallucce sputacchiando un filo d’erba.
-Allora i capelli … - spostai la mira.
-Ma se sono pieni di foglie! – rise.
-Allora la maglia! – ringhiai.
-È piena di terra anche quella! – rise senza alcun ritegno.
Alzai le spalle esprimendo la mia indifferenza, e azionai l’acqua. Era divertente vedere Ace dimenarsi a quel modo mentre rideva.
-Pulce, te la faccio pagare cara! – borbottò coprendo il beccuccio della pistola con una mano, invano.
-Interessante, ma sono io quella che sta sopra e ti sovrasta in questo momento! Wahahahah … - iniziai a ridere come un personaggio malvagio dei cartoni animati. Anche se quello che stavo facendo era una cosa ridicola e stupida, per un piccolo frangente mi ero sentita la regina del mondo.
-Chi ti dice che io non te la stia dando vinta e basta?- borbottò ribaltandomi con estrema facilità.
Mi bloccò le mani sopra la testa, mentre lo spruzzino continuava ad agitarsi da solo nell’aria annaffiando tutto il giardino.
Le gocce d’acqua provenienti dai suoi capelli corvini picchiettavano sul mio viso, mentre i miei seni non facevano altro che alzarsi e abbassarsi a ritmo frenetico sotto il peso dei suoi pettorali scolpiti.
Asso posò un bacio casto e delicato sulle mie labbra strusciando la fronte contro la mia, senza distogliere i suoi occhi profondi e penetranti dai miei.
Per quei pochi movimenti limitati che mi erano concessi, m’inarcai sotto di lui per strappargli un altro bacio, che si protrasse più a lungo del dovuto.
La gomma dell’acqua si dimenava ancora sopra le nostre teste per la potenza del getto, mentre noi ci agitavamo sotto di essa per la prepotenza di un’altra forza.
Il cavalo teso dei pantaloni di Asso premeva e si strusciava fra le mie gambe, mentre la sua bocca rovente torturava abilmente il mio collo, facendosi sfuggire diversi ansimi.
Avevo la testa girata di lato per dargli maggior accesso, e dalla mia bocca uscivano dei gemiti incontrollati come i suoi, se non più acuti.
Più m’imponevo di stare zitta per non farmi sentire, più aumentava il piacere che provavo per le torture proibite che subivo.
-Rischiamo di farci beccare se non ti controlli … - rise contro il mio collo, sbottonandomi il pantalone.
-Anche tu ti fai scappare qualche verso strano … - ghignai affannata, sentendo la sua mano indugiare sul mio ventre - ... comunque, è difficile non notarci in mezzo al giardino … -.
Ace mi fissò a lungo negli occhi, e percorrendomi il viso con una mano sussurrò: -Ti voglio Pulce … -.
Non risposi, o per lo meno verbalmente, ma mi fiondai avida sulle sue labbra: -Meno chiacchiere e più fatti Asso … -.
Ero brava a parole, ma ero pronta veramente?
Sentii i suoi addominali sussultare sul mio corpo: -Dov’è finita la mia piccola Pulce timida e titubante? – ridacchiò.
-In certe circostanze non serve la timidezza … - mi morsi il labbro inferiore, tradendo per un istante la mia finta sicurezza - ... o la titubanza … -.
Ace si sedette per terra con me sopra le sue ginocchia, l’uno avvinghiato all’altra come i koala: -Perché non mi delucidi sulle circostanze? – le sue mani scesero sul mio sedere, facendomi balzare in avanti.
Sorrisi timidamente nell’avvertire di nuovo quel contatto intimo fra le mie gambe, ma quando stavo per baciarlo, mi arrivò una patata in testa che mi fece volare all’indietro.
-Pulce? – domandò Asso preoccupato, e mentre io mi rialzavo da terra massaggiandomi la fronte, a lui piombò un cetriolo sul collo.
-Svergognati! – mia madre cominciò a sbraitare dalla finestra della cucina lanciandoci ortaggi e frutta di vario genere.
Aveva sempre avuto una mira infallibile quella strega: - … siete visibili agli occhi di tutto il vicinato! Pure gli alieni staranno facendo gossip su di voi! -.
Un pomodoro rosso si sfracellò sulla mia faccia, e a quel punto non mi trattenni più: -Fatti gli affari tuoi, vecchia! … - gridai rilanciandole indietro l’ortaggio da frutto, seguita dalla patata che la colpì in piena fronte.
Roselin cadde al suolo, e i sudori freddi presero il sopravvento.
-Bella mira Pulce … - constatò Ace ammirato, sgranocchiandosi alla Bugs Bunny il cetriolo.
-Grazie … ma, ma che stiamo dicendo?! Potrebbe avere un’emorragia sub-aracnoidea per colpa mia! –
-Lo dubito ... – rispose facendo spallucce.
Coi boccoli sparati ancor di più in aria, mia madre si riaffacciò alla finestra: -L’avete voluta voi! … - gli ortaggi e la frutta furono sostituiti da delle palline da golf, lanciate a una potenza pericolosa.
Io mi nascosi in tempo dietro a un pino, mentre Ace correva come un disperato per tutto il giardino ridendo a crepa pelle: -Che diamine stai facendo? Corri qui!- gli ordinai.
-Mi ha colpito una chiappa, e fa un male cane! – scoppiò a ridere ancor più forte.
“Oddio, siete tutti matti!” il mio alter ego si era risvegliato dopo un lungo periodo di letargo per colpa della sbornia e … “ invece di spiegare i motivi della mia assenza, vedi di uscirne viva dalla “guerra delle palline di golf”! Roselin ha migliorato la mira grazie a tutte le ciabatte che ha lanciato contro Ben e noi in passato … non è un nemico da sottovalutare!”.
Un urlo disumano di mia madre ci fece voltare allarmati. Lo spruzzino dell’acqua, che non avevamo ancora chiuso, aveva preso di mira la sua faccia e stava inondando anche tutta la cucina.
Io e Asso scoppiammo a ridere in contemporanea, mentre Roselin supplicava la resa: -La smetto, risparmiatemi. -.
 
Roselin ci stava squadrando dalla testa ai piedi sul ciglio della porta.
Non era affatto una bella scena.
I capelli bagnati la facevano assomigliare a un gatto caduto in piscina per sbaglio, e la cosa non sembrava renderla molto contenta, mentre Asso ed io eravamo stati costretti a metterci in biancheria sulla porta d’ingresso, tenendo la testa bassa come due bravi soldatini.
Mia madre ci aveva categoricamente proibito di rientrare in casa infangati, obbligandoci a togliere i vestiti sull’uscio … mi sembrava di essere tornata bambina …
-Pensavo che foste delle persone mature, invece mi sembrate dei ragazzi in preda a una terrificante tempesta ormonale … lavatevi, e dopo uscite che devo pulire la casa. – ci rimproverò con i pugni puntati sui fianchi.
Tante persone, vedendo mia madre sempre allegra e frizzante, non mi credevano quando dicevo che Roselin mi aveva impartito una ferrea disciplina, e anche Asso c’era rimasto male nel vedere come ci stava tirando le orecchie.
-Ora rientrate, e vedete di non farvi riconoscere dal vicinato per favore. – sbuffò massaggiandosi il bernoccolo che aveva in fronte.
Stavo per ridere, ma conoscendo le sue punizioni riuscii a mordermi le labbra in tempo.
-Hai qualcosa da ridire Sherry? – doveva aver notato una smorfia anomala sul mio volto.
-Possiamo rientrare e basta? Abbiamo capito l’antifona: nessun atto osceno in luogo pubblico … anche se il giardino è proprietà privata … - bofonchiai intimorita.
-Oh che bravi, entrate … - tornò a sorridere radiosa facendoci accomodare.
Asso si chinò all’altezza di un mio orecchio, sussurrando a denti stretti: -Crisi identitaria? –
- … no, peggio … menopausa. – sbuffai.
Annuì dispiaciuto come se avessi annunciato una diagnosi di morte: -Mi dispiace Pulce … -
-Anche a me ... in lei vedo lo specchio del mio futuro. – sbuffai.
-Ragazzi, non perdete tempo … andate a sistemarvi … - ci sollecitò Roselin saltellando in salotto.
 
Quando rientrammo in camera, fui pervasa da un senso di disagio.
Ero in biancheria tra le braccia di Asso e lui mi stava baciando divinamente: -Pulce, vuoi fare prima tu la doccia?-
Scossi la testa: -Vai tu per prima … - gli accarezzai i capelli.
Corrucciò le labbra come un cagnolino offeso, e alzando gli occhi al cielo esordì: -Ho un’idea migliore ... -.
“Ho capito le sue intenzioni sin dall’inizio mia cara … dovresti prendere un po’ di pane e volpe al mattino …” annuì il mio io interiore “ … e per volpe, non mi riferisco a quella con le nove code di Naruto!” quest’ultima battuta se la poteva risparmiare.
Sorridendo birbante, Ace afferrò le mie mani e mi condusse in bagno chiudendo la porta a chiave alle nostre spalle.
Il cuore mi stava pompando nel petto come un matto, mentre tutto il mio corpo stava iniziando a emanare un insolito calore.
“ … io lo chiamo imbarazzo … poi vedi tu …” disse il mio alter ego limandosi le unghie.
Mi guardai attorno e iniziai a torturarmi i capelli visibilmente agitata.
-In giardino non mi sembravi così nervosa … - mi abbracciò baciandomi la testa, slacciando il reggiseno con cura.
Le sue dita accarezzavano la mia schiena con una dolcezza e un tatto che mi fecero venire la pelle d’oca, smorzandomi il respiro: - … ecco … in giardino sembrava tutto così “spontaneo” e “normale”. - risi nervosa, sentendo gli uncinetti della mia biancheria sganciarsi uno alla volta.
-Facciamo solo una doccia Pulce, poi andiamo a trovare tuo fratello … - stava aspettando che io mi staccassi da lui per poterlo sfilare, e la sua mancanza di fretta mi rassicurò.
Questo piccolo dettaglio mi fece pensare a Law. Lui era un uomo da “Tutto e subito”, mentre Asso rispettava e assecondava i miei tempi.
Gli diedi un’ultima stretta forte e sciolsi l’abbraccio.
Mentre mi sfilava le spalline del reggiseno, le sue mani accarezzarono la pelle delle mie braccia come se fossero fatte di velluto, lasciandomi in slip.
Rimase a guardarmi incantato, serrando più forte che poteva la mandibola.
-Puoi toccarmi … non ti mordo, promesso. - ridacchiai nervosa.
-Lo so, ma ho paura che sia solo un sogno … - sorrise.
-Un sogno? – chiesi afferrandogli le mani per portarle ai miei fianchi.
-Non sai quanti sogni del genere ho fatto con te … di solito mi sveglio di soprassalto sul più bello. – sorrise portandosi più vicino.
- Anch’io ti ho sognato diverse volte … - ammisi abbassando la testa colpevole - … e ogni volta speravo di risvegliarmi con te accanto … - le sue mani percorsero il mio costato giungendo ai miei seni, accarezzandoli e palpandoli. Mi morsi il labbro inferiore dal piacere sentendo quelle grandi mani calde adoprare sulle mie zone erogene.
-Ti risvegliavi contenta? – sussurrò sensuale all’orecchio pizzicandomi delicatamente i capezzoli.
-No … perché non mi accontentavi mai. – ansimai reclinando leggermente la testa all’indietro, avvertendo le gambe farsi sempre più molli per il piacere che stavo accumulando fra esse.
-Tranquilla, rimedieremo subito … - succhiò il lobo mordicchiandolo.
Si inginocchiò davanti a me e finalmente sfilò gli slip.
Ero completamente nuda davanti a Asso, ma non provavo vergogna.
Appoggiò la fronte sul mio ventre ed io gli accarezzai i capelli: -Ti hanno mai detto che hai un buon profumo?- inspirò a fondo.
-No, tu sei il primo. –.
Baciò delicatamente la mia intimità, facendo percuotere il mio corpo dalla brama del piacere.
Rialzò la testa per guardarmi negli occhi, e con un sorriso romantico rispose: -Mi sarei offeso se mi avessi risposto diversamente. -.
Risi, e rimanemmo fermi in quella posizione a contemplarci ancora per qualche istante. Quando lui si alzò, fui io a liberarlo della sua biancheria ormai tesa e stretta.
Dovevo essere sincera, il mio alter ego ed io rimanemmo leggermente scandalizzate nel vedere quello che stavamo vedendo “ wow, che originalità nel comporre le frasi … nel vedere quello che stavamo vedendo … comunque sei fortunata ad essertelo sposato …” sospirò entusiasta il mio io interiore, rimanendo composta come sempre mentre lo applaudiva.
-Ehi, lo so che siamo irresistibili, ma che ne dici di iniziare a lavarci? Abbiamo perso già troppo tempo ad ammirarci a vicenda- rise guidandomi dentro la vasca, aprendo al massimo il getto d’acqua calda sopra le nostre teste.
Paonazza in volto, tirai la tendina e mi accoccolai al suo petto auscultandone il battito del cuore.
Anche lui era un po’ tachicardico, ma a differenza mia il suo respiro era regolare e rassicurante.
Alzai la testa incrociando il suo sguardo, pensando subito di aver fatto gli occhi da cucciolotto indifeso. Mi stava guardando con un sorriso che non gli avevo mai visto prima, sembrava intenerito.
-Tutto bene?- domandò.
Annuii.
Io non sapevo da dove iniziare e come, per questo ero più agitata di lui, che a differenza mia aveva avuto diverse esperienze. Anche Ace sarà stato emozionato, ma almeno sapeva come rompere il ghiaccio.
-Pulce, prendi la pillola?-
-No … - quella domanda mi ricordò il primo incontro con Law, ma subito scacciai quel pensiero ripetendomi che quello era il nostro momento.
Mi baciò la fronte con tenerezza: -Non importa, anche perché non voglio che la tua prima volta sia sotto la doccia … -.
Lo guardai perplessa, e lui sghignazzò: -Sono certo che scivoleresti su una saponetta e non me lo perdonerei mai. -.
Anche se sorridevo, feci finta di essermi offesa: -Grazie mille, hai il coraggio di prendermi in giro anche in circostanze romantiche come questa … - gli feci una pernacchia, ma lui mi colse alla sprovvista baciandomi.
Mentalmente chiusi il caso “saponetta” in un cassetto, e mi concentrai solo su quello che stava succedendo.
Gli cinsi il collo con le braccia mettendomi in punta di piedi, e lui mi alzò da terra legandomi le gambe attorno al suo corpo.
Ci scambiammo coccole innocenti e prive di malizia, ma il bel clima che si era creato sparì con una seconda battutina sulle saponette. A quanto potevo capire la mia inesperienza suscitava l’ilarità del mio compagno.
-Dottor Portgas, mi sta facendo sentire inadeguata con queste uscite. – lo fulminai cercando una via di fuga, ma lui m’incatenò con la schiena al muro gelido della doccia, guardandomi serio in volto.
Ne ero certa, stavo per avere un arresto cardiaco.
La pressione che esercitava con il suo corpo muscoloso, sodo e potente contro il mio gracile e mingherlino, mi scatenava delle fantasie molto impure.
Le guance andarono a fuoco non solo per colpa dell’attrito dei nostri corpi, ma soprattutto perché non vedevo l’ora di esplorare mondi a me finora sconosciuti: -Scusami, non volevo beffarmi di te e dei tuoi ipotetici voli per terra … - sorrise affettuoso, lambendomi il viso con una mano.
- A me sembrava il contrario … - chiusi gli occhi strusciando la guancia contro il suo palmo.
-Non pensi che sia nervoso anch’io?-.
Non avevo mai pensato che Ace potesse rientrare nella categoria di persone che sparavano baggianate quando si sentivano in soggezione.
-Tu sei la mia Pulce, non una donna che ho scelto a caso in discoteca per soddisfare i miei istinti più bassi. –
Boccheggiai imbarazzata ma compiaciuta, non sapevo come ribattere a quella dichiarazione.
Ridacchiò malandrino, lasciando sulla mia pelle una scia di baci che andavano dal mento fino al mio seno.
La sua bocca e la sua lingua erano come ferro rovente sulla mia pelle, e il mio corpo reagiva alle loro attenzioni in maniera vergognosa. Ansimavo e gemevo il suo nome desiderando un contatto molto più intimo e profondo, ma lui me lo negava.
La tortura diventò insopportabile quando sentii le sue mani affondare nei miei fianchi, premendo sempre più forte il suo membro duro ed eretto contro di me, come se non mi avesse spiaccicato abbastanza contro il muro “Gli piacciono le donne sardine per caso? Non respiro!” soffocò il mio alter ego.
-Asso … - lo richiamai supplichevole staccandomi per un attimo dalle sue labbra, conficcandogli le unghie nella schiena - ... ti prego … - lo supplicai, ero al limite.
Stavo provando delle emozioni e dei piaceri così intensi che temevo di scoppiare, e per fortuna se ne accorse.
Mi guardò negli occhi con il suo solito sorriso birbante, e mordendomi un lobo dell’orecchio ridacchiò: -Afferra il palo della doccia, prometto di non deluderti … -.
Non feci domande, ubbidii e basta.
Con un gesto rapido portò le mie gambe attorno al suo collo, assecondando la mia richiesta.
Tremavo, e stringevo spasmodicamente il palo della doccia dalla goduria.
Nella mia mente stavano scorrendo le immagini del nostro primo incontro, il mio shopping rovinato dalle pinguine con i suoi bigliettini di scusa, il nostro primo vero bacio e infine questo momento idilliaco.
Urlai selvaggiamente dal piacere sentendomi stanca e senza forze, ma soddisfatta.
Con delicatezza Ace mi rimise con i piedi per terra e mi strinse energicamente al suo petto.
Tenevo gli occhi chiusi mentre mi accoccolavo serena fra le sue braccia.
C’era un silenzio meraviglioso attorno a noi, e un’atmosfera di intimità che non vi era mai stata prima.
-Lo sai che ho rischiato di rimanere con quel pezzo di ferro in mano? – la voce mi uscì fioca ma appagata. Mi sentivo svuotata, e in pace con me stessa.
-Devo dedurre che non ho deluso le tue aspettative, vero? – baciò la mia testa con dolcezza.
-Conosci già la risposta … però adesso tocca a me. – m’inginocchiai dinanzi a lui.
 
Era disteso sul letto con solo i jeans addosso.
Ripensava ai momenti che aveva appena trascorso con Pulce sotto la doccia, ed era rimasto piacevolmente contento delle abilità della sua compagna.
“Detersivo ambulante, è da un po’ di tempo che mi hai chiuso fuori dalla tua testa …” intervenne il suo alter ego “… lo sai che ti sei inguaiato sposando, anche se per finta, Pulce? Volevo dire Sherry? Vi state comportando come se foste veramente sposati!”.
Ignorò nuovamente il suo alter ego, focalizzando i suoi pensieri sul corpo sfavillante di Pulce sotto il getto d’acqua calda della doccia.
La sua pelle emanava un profumo buonissimo, ormai lo chiamava “Profumo di Pulce”.
“Profumo di quale parassita strano?” interloquì nuovamente il suo io interiore, straziato dai pensieri sdolcinati del padrone.
Aveva gioito nell’aver baciato una quinta vera, e i gemiti di piacere della sua Pulce lo avevano estasiato come mai gli era successo prima, soprattutto quando gli aveva stretto la testa fra le sue cosce.
“Lo sai che il nostro pancreas ha appena fatto le valige per scappare in Australia?”.
Buon per lui …
“ … ci ha impiantato una causa per mobbing! Sei diventato troppo smielato e non riusciva più a produrre insulina!”.
Se aveva i soldi per pagarsi l’avvocato …
“Lasciamo stare … però devo darti ragione su un fatto, Pulce non è brava solo a baciare.”.
Ace sorrise, sapeva che il suo alter ego adorava Pulce più di quanto non volesse ammettere.
“Quale parassita dovrei adorare?!”.
 
 
Asso giaceva con solo i pantaloni addosso sul letto mentre mi asciugavo i capelli.
Aveva uno sguardo perso, assente, sembrava scandalizzato.
Spensi il phon e lo scrutai attentamente.
-Ti senti bene?- iniziai a preoccuparmi.
Non mi aveva sentito, continuava ad ammirare il soffitto.
Mi distesi al suo fianco e gli baciai il petto: -Ehi? Tutto bene?-.
Mi guardò come se fossi un’aliena: -Mi sei sembrata una professionista in quel bagno. -.
Era rimasto piacevolmente spiazzato, adesso capivo.
Scoppiai a ridere e lo strinsi forte a me: -Ho i miei segreti … - risposi vaga.
-Siamo sposati, non devono esistere segreti fra di noi ... - sorrise birbante facendo scivolare una mano lungo una mia gamba - … lo sai che hai una pelle liscia e morbidissima? – iniziò a pizzicarmi una coscia facendomi il solletico.
-Me lo hai fatto notare con diversi commenti sotto la doccia … - ridacchiai abbracciandolo.
Rimanemmo avvinghiati in quella posa per diversi secondi: -Ace … come intendi procedere con l’incubo di Kizaru? Non ci stiamo rilassando troppo?- lo guardai turbata negli occhi.
Sorrise mesto: -Io penso che le tue attenzioni e preoccupazioni si debbano concentrare su Ben in questo momento, poi vedremo. Avrai capito che per me i soldi non sono problema. -.
Scossi la testa arrossendo come una matta, guadagnandomi un suo sguardo truce: -Io ho capito che non possiamo stare lontani l’uno dall’altra … - ridacchiai - … non mi riferisco solo alla nostra attrazione fisica e al nostro legame sentimentale. –
-Cioè? – si girò meglio sul fianco tirandomi sotto di lui.
-Da quando sono arrivata a Bridgeport, noi due abbiamo vissuto assieme delle situazioni assurde … - risi di gusto.
-Ad esempio? – si chinò a baciarmi il collo, tornando a guardarmi in faccia con il suo sorriso stupendo.
-Lasciando stare il nostro primo incontro … -.
I suoi occhi brillarono di una strana luce, e tirandomi la canottiera ribatté: -Mi fai venire voglia di bere un caffè. -.
Risi alzando gli occhi al cielo: -Stavo dicendo … pensa al nostro primo shopping, rovinato dalle tue pinguine, e a quando sono venuta a liberarti dalla prigione di tuo nonno … -.
Sospirò poco entusiasta: -Ma stai proprio cercando di deprimermi … come puoi parlarmi delle pinguine e di mio nonno dopo quello che abbiamo appena fatto nella tua doccia? -.
“Questa volta non posso dargli torto … parlare di suore dopo lo splendido momento che avete vissuto assieme? E di suo nonno … che freddo!” tremò il mio povero io interiore.
-Vogliamo parlare delle uova che ti ho fatto cadere in testa? – risi.
Tornò a sorridere: -Poi?-
-Del tuo maledetto fantasma dei sotterranei?-
Il suo sorriso si allargò ancor di più: -E della scommessa sul nostro primo bacio?- aggiunse.
-Anche quella … - mentre si avvicinava per baciarmi, guardai l’orologio e sbuffando balzai giù dal letto: - … siamo tardi. Dobbiamo andare da Ben, muoviti!- risi dandogli una piccola pacca sulla coscia destra, sapevo che se avessimo incominciato a baciarci non ci saremmo più mossi dal letto.
-Uffa, volevo un po’ di coccole … - brontolò rialzandosi.
Mi portai davanti allo specchio per spalmarmi il fondotinta sul collo. I lividi erano quasi del tutto spariti, ma non me la sentivo ancora di girare senza foulard.
Aprii il cassetto del comò estraendo una stoffa azzurra delicata, in padane con la mia gonna.
-Esci con solo quella canotta addosso? – domandò Asso infilandosi una t-shirt bianca.
-Sì, non ti piace? -.
Fece una smorfia molto eloquente: -Sei troppo scoperta per i miei gusti … -.
Alzai gli occhi al cielo e dall’armadio presi una camicetta a maniche corte bianca.
“Che cos’è tutto questo bianco oggi?!” brontolò come suo solito il mio io interiore, ne aveva sempre una da dire.
La indossai senza ribattere, e prendendo Asso per mano sgusciai fuori dalla camera.
-Pulce, sei più pimpante di una cavalletta da quando abbiamo fatto la doccia assieme … - mi fece rigirare su me stessa, dandomi un bacio fugace prima di iniziare a scendere la rampa: - … e sembri anche un personaggio uscito dal film “Grease”. –
“Tu invece mi ricordi Fonzie con quei Jeans neri e la maglietta bianca” sbavò il mio io interiore, come darle torto? Mancava solo il giubbotto in pelle.
-È un complimento? – domandai cingendogli il collo con le braccia.
-Vedi tu, mi piaci da morire così … - soffiò sulle mie labbra, ma quando lo stavo per baciare …
-Sherry?! … - urlò mia madre dal piano di sotto - … la prossima volta che vedete un film d’azione in camera potete tenere basso il volume?! -.
Arrossii per l’ennesima volta, mentre Asso se la sghignazzava di brutto alle mie spalle.
Mi affacciai al corrimano e con un sorriso di circostanza risposi: -Sì, scusaci! –
-Meno male, Rambo ha preso mezzo infarto a un certo punto … gli stava andando di traverso un bocconcino dopo che c’è stato un urlo disumano! -.
Mi vergognavo come una ladra, mi ero scordata che mia madre era in casa.
“Oddio, mi ricorda la madre di Howard Wolowitz di Big bang theory! Perché deve urlare così?!”.
Appena mi girai verso Ace rimasi scandalizzata.
Era piegato in due e rideva come un matto senza emettere versi per la mancanza di fiato nei polmoni, aveva tutto il volto bordeaux.
-Deficiente, ricomponiti … - mi schiaffai una mano in faccia, che cosa dovevo fare?
-Ti prego, possiamo fare la replica di quello che abbiamo fatto in cucina?- continuò a ridere.
-Ma sei folgorato?! – soffiai imbarazzata.
-No … voglio solo vedere Rambo che si soffoca con un bocconcino … - tornò a piegarsi dalle risate.
“ … vuole proprio la morte del nostro gatto, sbaglio?”.
 
- … ok, che cosa avete combinato? – Ben ci stava scrutando dalla testa ai piedi, ma soprattutto si soffermò a fulminare la mano che Ace aveva poggiato con estrema disinvoltura al mio fianco sinistro.
-Niente … - risi nervosa, scambiandomi un’occhiata colpevole con Asso.
Rimasi meravigliata nel vedere com’era arrossito, ma non era il solo …
-Voi due non me la raccontate giusta … o per lo meno tu, Sherry … vuota il sacco! – soffiò facendosi sempre più minaccioso.
“Se Ben non ti chiama Saturn queen, qui si mette male …” si armò il mio alter ego per difendersi.
Mi addossai con la schiena a mio marito: -Non ho niente da vuotare … tu Asso? Devi confessare qualcosa? – lo guardai supplichevole - … Asso? – lo richiamai a denti stretti.
Era pietrificato. Guardava con occhi sbarrati Ben, che lo fulminava alla stessa maniera che aveva fatto con me prima, se non peggio.
-Saturn queen, voglio un caffè … - esordì mio fratello, come se io non avessi minimante capito le sue reali intenzioni: Rimanere da solo con Ace per fargli una ramanzina.
-Non puoi bere il caffè. – mi portai dinanzi a mio marito per difenderlo.
-Allora un thé … - sbuffò rabbioso.
-Ce l’hai sul comodino … - sospirai.
Ben guardò attentamente il bicchiere e scosse il capo: -Fammi fare il mio compito da fratello maggiore! Ti ha deflorata in casa mia! Quando io non c’ero! -.
Al suono di quelle parole, l’infermiera che stava prendendo la pressione al vecchio compare di stanza strabuzzò gli occhi, e corse subito fuori tutta paonazza in volto: -Torno più tardi … -.
“ … che figura di …” censurai subito il mio io interiore guardando torvo mio fratello.
-Giovanotto … - ridacchiò divertito il coinquilino di stanza, mettendosi seduto sul letto - … non hai proprio mezzi termini. Eh? … credo che tua sorella sia abbastanza grande per decidere che cosa fare. – il vecchietto arzillo aveva la cupola di San Francesco in testa, e sul naso portava un paio di occhiali enormi che ingrandivano le sue iridi scure.
Ricordava l’avvocato della padrona degli Aristogatti, per lo meno in versione un po’ più large.
-Al, non sono affari che ti riguardano … e tu! – indicò Ace con l’indice della mano destra.
-Non l’ho ancora deflorata! Abbiamo fatto la doccia assieme e non siamo rimasti con le mani in mano a guardarci nelle palle degli occhi ovviamente. Mi dispiace che non ci fossi anche tu, perché è stato un momento memorabile. Sappi che tua sorella sa fare dei ... – Ace mi scansò nel pieno discorso della sua apologia, ma io gli tappai subito la bocca con una mano per non fargli uscire ulteriori volgarità.
Il mio alter ego, bordeaux dalla vergogna, si aprì un ventaglio e iniziò a trangugiare avidamente una bevanda ghiacciata “Accidenti, Asso ama rischiare la vita …” reclinò la testa all’indietro distrutta dall’ansia.
Lasciai andare Asso solo quando lo sentii rilassarsi: -Scusami se ho detto la verità, e comunque io sono d’accordo con Al. – e i due si mostrarono a vicenda un pollice girato all’insù, ammiccandosi.
-ACE! … - lo rimproverai dandogli uno scappellotto.
-Che ho fatto adesso? – protestò corrucciando le labbra come un povero bambino indifeso.
Sorrisi e arrossii contemporaneamente, era proprio incorreggibile.
Ci scambiammo degli sguardi molto eloquenti, dimenticandoci che mio fratello stava proprio difronte a noi: -Ma io ti faccio fuori! – Ben balzò giù dal letto per avventarsi contro Asso, ma io lo atterrai sul materasso in tempo.
La camera di Ben e di Al non era grandissima, c’era giusto lo spazio per due letti, un armadio e piccolo bagno di servizio, infatti il tonfo di mio fratello sul letto non aveva rimbombato come mi ero aspetta.
-Non puoi subire traumi o incazzarti, sta calmo! … - urlai imponendo la mia forza sulle sue braccia, urtando con un gomito il suo comodino.
-Bastardo … nessuno deve alzare un solo dito su Saturn Queen … - continuò a opporre resistenza.
-Se vuoi diventare zio, un giorno o l’altro me lo devi concedere … - ribatté sereno Asso, calando le mani nelle tasche dei jeans sfoggiando uno dei suoi meravigliosi sorrisi spavaldi.
Arrossii di brutto, e per poco non ebbi un’emorragia nasale nel realizzare a che cosa stesse alludendo.
-Ma io ti strangolo … - riesplose Ben paonazzo di rabbia.
-Ben!- lo sgridai come si usava fare ai bambini, ma lui continuò a brontolare e a dimenarsi per svariati minuti.
 
Dopo esser convenuto di aver insultato più che a sufficienza Ace, Ben si quietò: -Oh, se la mamma lo saprebbe … - si risedette composto sul letto.
-SAPESSE! Ignorante! – lo ripresi dandogli un sberla piccolissima dietro il collo.
-Ehi! Hai detto niente traumi! – protestò massaggiandosi la nuca.
-Infatti non mi sembri sanguinante … - lo incenerii con una sola fulminata.
Ace guardava incuriosito fuori dalla porta, chissà che cosa aveva attirato la sua attenzione: -Ben, aspettavi visite? – domandò.
-Ehm, non so … - rispose vago, ma le sue guance lo tradirono.
- … - capii subito che c’era una donna di mezzo - … Come si chiama la ragazza che frequenti? –.
Oltre alla violenza, mio fratello ed io avevamo un’altra dote particolare l’uno nei confronti dell’altro: la schiettezza!
-Sherry, non sono proprio uno zitellone … - si gonfiò il petto con falso orgoglio.
Se mio fratello iniziava a girare con le parole per arrivare al nocciolo della questione, di sicuro lo faceva perché temeva la mia reazione.
-Quale delle mie amiche ti stavi portando a letto? in casa mia? Per giunta quando non c’ero? – ringhiai le sue stesse parole.
Asso s’intromise, puntualizzando: -Il termine preciso è “deflorato”-.
Annuii: -Giusto, deflorato? -.
Sulla porta della camera si presentò una ragazza di altezza media con i capelli a caschetto neri e delle meches verdi brillanti.
Portava dei sandali neri sotto a dei leggings dello stesso colore, accompagnati da una maglietta a maniche corte lunga fino a metà coscia con delle fantasie verdi.
-April? – rimasi basita.
-Colpevole … - squittì con un sorriso tirato.
Il vecchio Al scoppiò a ridere: -Oh ragazzi, mi sento più arzillo di un giovane cardellino. Wahahah … da quanto tempo non ridevo di gusto. – e allacciandosi in vita una vestaglia rossa, sgualcita e rattoppata, si alzò dal letto per andare a frugare nell’armadio, tirandone fuori un sacchetto di pop-corn per degustarli.
-Al, non fa bene al tuo colesterolo, rischi un’altra crisi ipertensiva … - lo riprese mio fratello.
- Disse l’uomo super-iper-incazzato con una bomba a orologeria in testa … - ridacchiò il buon vecchietto.
-Uno a zero per te … - sospirò Ben.
April si avvicinò a me torturandosi le dita: -Sherry, la scorsa sera te ne avevo parlato … -.
-Dopo il quinto giro di bevute? – domandai piccata.
Io avevo sempre avuto fiducia in April e non mi sarei di certo arrabbiata con lei perché frequentava mio fratello, ma pensavo che si potesse confidare con me senza problemi al riguardo.
-Ti sei ubriacata?! – sbraitò mio fratello rizzandosi sul letto.
-Tranquillo, io mi sono preso cura di lei. – quella risposta risuonò alquanto equivoca, e non ero del tutto sicura che Asso non l’avesse studiata apposta.
-Adesso ti ammazzo sul serio! – Ben scattò in piedi sul materasso per lanciarsi su di lui, ma riuscii a placcarlo in tempo.
-Pulce, mi spaventi … - indietreggiò Ace.
-E fai bene, perché dopo tocca a te. – lo minacciai.
-Te ne sei approfittato con lei da ubriaca?! Sei un vile! – sbraitò.
-BEN! – gli tirai un orecchio per quietarlo - … stai zitto! Ci sono orecchie indiscrete. – soffiai.
-Sherry … - s’intromise timidamente April - … io so tutto … - squittì nuovamente facendosi sempre più piccola.
-Tutto? – chiesi in contemporanea con Ben.
- … l’altra sera, quando volevi pescarmi con la tua fascia per la spalla, mi hai confessato tutto … -.
Avvampai dalla vergogna: -Io non ricordo nulla … -.
“l’altra sera non serviva il Tiopental sodico per farti vuotare il sacco.” si schiaffò una mano in fronte il mio alter ego.
April fece un’espressione molto eloquente, e compresi subito che cavolo di errore avevo fatto.
Un aspetto di lei che ammiravo era la sua discrezione nel parlare, forse ne aveva fin troppa - … Cheryl, anche lei ha sentito tutto? –
-No, lei si era addormentata in macchina. -.
Ben respirò a fondo: - … Sherry, visto che ci sei, vuoi che ti organizzi una conferenza stampa per spiattellare i nostri problemi con il pizzo a tutto il mondo? –
-Io non ho sentito niente … - Al scappò dalla stanza lasciando per terra una scia di pop-corn, suscitando l’ilarità del mio alter ego e Asso.
“Wahahah … voi essere umani siete stupendi quando avete paura!” … e lei credeva di esistere grazie a chi? Comunque …
Ricomponendosi subito, Ace cercò di rattoppare la situazione alla meglio che poteva, proprio come la vestaglia di Al: -Che ne dite di una bella cena rappacificatrice domani sera?- si strofinò le mani.
 
Buonasera ^w^
Scrivere questo capitolo non è stato molto facile, lo ammetto U//U ovviamente mi sto riferendo alla parte in cui Asso e Sherry fanno la doccia assieme (ho dovuto tagliare diverse descrizioni U///U”), ho temuto di aver sforato dal rating diverse volte, ma non essendo scesa troppo nei dettagli penso e spero di rientrarci *^*
I due protagonisti hanno una bella gatta pelare … la gelosia di Ben e la doppia identità di Roselin xD
Cosa ve ne pare?
Vi ha divertito la scenetta del giardino? Con Roselin in versione lanciatrice di ortaggi?
La visita di cortesia a Ben con le diverse rivelazioni cosa vi ha suscitato?
April aveva paura che Sherry la linciasse per la sua relazione con Ben?
Ammetto da sola che ho adorato tantissimo Al *^*
L’incontro/scontro fra Sherry è Garp l’avevo pubblicato nel terzo capitolo di “dietro i paraventi”, essendo una parte troppo lunga l’avevo tagliata per questa ff ^^”
Ringrazio di cuore coloro che mi recensiscono sempre: Ilaria D Piece; Okami D Anima;Kiko90; Yellow Canadair; Michiru93; Cristie13; Monkey D Alyce; Martychan Fantasy; Aliaaara. vi adoro ;* spero anche di sentire altri pareri, sono una grande fonte di ispirazione UwU e ringrazio anche i lettori silenziosi x3
A presto!
Un bacione con abbraccio!
Sherry=^w^=
P.s. ho in serbo una one-shot rossa per Ace e Sherry in futuro, è già in fase di stesura U///U

Questa storia non è stata scritta a scopro di lucro ed eccezion fatta per i personaggi di mia invenzione (Sherry e Pam ©), gli altri non mi appartengono e sono stati usati nel rispetto dei relativi copyright, ma la trama nella quale agiscono è di mia invenzione ©.

 
  
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