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Autore: artemisia la fee    24/02/2015    3 recensioni
[Cross-over tra Doctor Who e Supernatural, con una versione umanizzata del TARDIS e dell'Impala]
TARDIS è solitaria, permalosa, strana. Impala è espansivo, solare, divertente. Lei una secchiona studiosa di fisica e astronomia. Lui un meccanico che vive solo per i motori e la musica rock.
Sono diversi, ad un primo sguardo e se le circostanze non fossero state quelle non si sarebbero mai incontrati, eppure è successo.
Perchè infondo tanto diversi non sono, devono solo scoprire cosa li rende uguali, più uguali di quanto non pensino.
*Doctor Who e Supernatural, sono due delle mie serie TV preferite e questa FF (la prima che scrivo, siate clementi) è dedicata non ai loro protagonisti ma al Tardis e all'Impala, perchè lo sappiamo non sono semplici mezzi di trasporto, sono molto di più.
Genere: Erotico, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Doctor - 10, Donna Noble, TARDIS
Note: AU, Cross-over, Lemon | Avvertimenti: nessuno
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“Dov'è? Dov'è sparito? Dove accidenti l’ho messo?” si chiese rovistando nella borsa a tracolla stracolma di libri, fogli accartocciati, quaderni e penne, che aveva ai piedi.
“Eppure sono sicura di averlo portato” disse ancora cercando tra le pagine del libro che teneva in grembo.
Cercò tra le pieghe del cappotto blu e sui gradini della scalinata su cui ormai era seduta da ore a studiare, eppure del suo block notes nessuna traccia.
Non poteva averlo perso, era troppo importante. Tra due giorni avrebbe avuto un esame a cui si stava preparando da settimane. Un esame essenziale, difficile, ma nulla che la potesse spaventare.
Non avrebbe permesso che il suo essere tremendamente disordinata la ostacolasse. Amava studiare e circondarsi dei suoi libri e dei suoi appunti stracolmi di formule ed equazioni.
Non poteva aver perso il suo block notes, era la sua ancora di salvezza quando studiava.
“Ehi, scusami!” chiese una voce all'improvviso.
Di colpo alzò gli occhi e i raggi del sole la accecarono, impedendole di vedere la figura davanti a se. Si schermò gli occhi con la mano e fu in grado di vedere chi ci fosse davanti a lei.
Era un ragazzo alto, forse di un paio d’anni più grande di lei, con le spalle larghe e la vita stretta. I capelli erano neri, corti e spettinati, anche se merito del gel.
Quando si chinò verso di lei, lo vide più chiaramente.
Aveva un bel viso con gli zigomi alti e le labbra sollevate in un mezzo sorriso. Occhi cangianti, che quando venivano colpiti dal sole apparivano dorati, abbaglianti come i fanali di una macchina nel bel mezzo della notte.
Indossava una giacca di pelle nera, un’attillata canottiera nera e un paio di scoloriti e logori jeans, anch'essi neri, infilati in stivali incrostati di fango, ovviamente neri.
“Come scusa?” chiese confusa, dimenticandosi per un attimo del block notes perduto.
Era stata così concentrata a guardarlo, che non aveva sentito una sola parola di quello che aveva detto.
“Ho detto che mi si è rotta la macchina” disse indicando alle sue spalle “Ho il cellulare morto, puoi prestarmi il tuo per chiamare il carro attrezzi?”
“Ehm…” balbettò, senza trovare nulla di meglio da dire.
Forse qualcun altro avrebbe risposto di si senza riflettere. Ma lei non era qualcun altro. Non era quel tipo di ragazza che da confidenza a degli sconosciuti solo perché sono carini. 
A dire la verità non dava confidenza neanche a persone conosciute, se non a quei due amici fidati, belle o brutte che fossero. Quindi perché mai avrebbe dovuto prestare il suo cellulare ad un estraneo in mezzo alla strada?
Quindi si limitò a fissarlo diffidente.
“Giuro sulla mia macchina che non sono un ladro, ne un maniaco” disse portandosi la mano sul cuore “E non dire che non ce l’hai perché l’ho visto nella borsa”
Lei abbassò lo sguardo ed effettivamente vide il suo cellulare, dentro la borsa sopra ad un mucchio di libri. Colpita in pieno, avvicinò la borsa a se e la chiuse.
Lui la guardò aggrottando la fronte e alzando le mani in segno di resa.
Rendendosi conto che forse era stata troppo prevenuta, distolse lo sguardo imbarazzata e si sistemò una ciocca di capelli blu dietro l’orecchio.
Infondo, pensò, forse ha veramente bisogno d’aiuto e lei per quanto solitaria, lunatica, permalosa e diffidente fosse, era sempre pronta ad aiutare chi ne aveva bisogno.
“Mi posso fidare?” chiese “Chi me lo dice che hai veramente la macchina fuori uso?”
“Io” rispose “La mia macchina è quella nera” disse, indicando il marciapiede.
Effettivamente a pochi metri di distanza da loro c’era una macchina, nera e lucente, sembrava appena uscita da un vecchio film in bianco e nero pieno di mafiosi.
Rimase un attimo a fissarla e poi fisso' lui, che ancora sorrideva. Quindi allungo' la mano verso la borsa prese il cellulare e glielo consegno'.
“Ti avverto” disse senza lasciargli prendere del tutto il cellulare “So correre molto veloce”
“Non vado da nessuna parte” rispose, prendendo il cellulare.
Le diede le spalle, compose un numero e si portò il cellulare all'orecchio.
“Ehi Bobby” disse “Sono io. Come chi? Si. No, ho chiesto un cellulare in prestito il mio è morto. Senti ho la macchina in panne, davanti all'Università mi passi a prendere? Si. Certo. No, non puoi arrivare prima? E io che faccio? Ok, va bene. Si, si. A dopo, ciao”
Quando ebbe finito le porse il telefono e ringraziò.
A quel punto lei credette che la storia si fosse conclusa, che lui si sarebbe allontanato e avrebbe aspettato il suo amico da qualche parte, lontano da lei. Invece si sedette li accanto sui gradini.
"Con questo traffico ci metterà almeno venti minuti ad arrivare" disse e con un gesto fluido si tolse la giacca di pelle, appoggiandola accanto a se "Fa caldo oggi!" esclamò.
Lei rimase a fissarlo, senza sapere cosa fare. Se si fosse alzata e si fosse allontanata, sarebbe risultata scortese. Se gli avesse chiesto di andarsene, sarebbe risultata antipatica. 
Entrambe le situazioni avrebbero dato lei come la cattiva e non lui, l'intruso che la importunava togliendole preziose ore di studio.
Quindi, alla fine, decise che la soluzione migliore fosse quella di ignorarlo.
Gli lanciò un'ultima occhiata e notò che anche lui la stava guardando. Abbassò lo sguardo, imbarazzata e quello che i suoi occhi incontrarono fu il braccio di lui, con i muscoli messi ancora più in risalto dal sole e dalla canottiera attillata.
Fu' in quel momento che notò i tatuaggi, fino a quel momento rimasti nascosti dalla giacca. Ne vide due, un'enorme 67 sul bicipite del braccio sinistro e le lettere D.W. e S.W. sull'avambraccio, tatuate come se fossero state incise direttamente sulla sua pelle.
Si domandò cosa significassero, si chiese se ne avesse altri, dove fossero e non appena si rese conto che li stava cercando con gli occhi lungo il suo corpo, distolse lo sguardo imbarazzata.
Anche lei aveva un tatuaggio, ma non lo aveva mai mostrato a nessuno.
Si chinò a prendere qualcosa da una tasca interna della giacca e ne estrasse un pacchetto di sigarette e un accendino.
"Posso?" chiese infilandosi una sigaretta tra le labbra.
"Prego" rispose lei "I polmoni sono i tuoi"
Lui si limitò a ridere e a tirare boccate dalla sigaretta.
"Comunque mi chiamo Chevy" disse lui all'improvviso, porgendole la mano "Chevrolet Impala. Per gli amici Impala o Chevy oppure Baby, ma quello solo in privato" concluse ammiccando.
"Piacere" disse stringendogli la mano, più per cortesia che per vero piacere.
Ormai aveva rinunciato al suo tranquillo pomeriggio di studio, aveva capito che lui non se ne sarebbe andato.
"E tu ce l'hai un nome?" chiese giocherellando con la collana di mattoncini colorati che aveva al collo "O devo chiamarti ragazza dagli occhi blu, dal cappotto blu, dalla borsa blu" disse indicandola "Per caso ti piace il blu?" concluse sarcastico.
Lei lo fissò punta in viso. Non era il tipo di ragazza che apprezzava il sarcasmo o le battute.
"E a te per caso piace il nero?" ribatté forse un po troppo bruscamente.
Lui la guardò e si limitò a ridere di gusto, soffiando fumo dalle labbra.
"Allora ce l'hai un nome?" chiese ancora.
"Certo che ho un nome"
"E quale sarebbe?" insistette, vedendo che lei non sembrava essere intenzionata a proseguire oltre la conversazione.
Non aveva voglia di rivelargli il proprio nome, non perché non le piacesse o se ne vergognasse. Semplicemente era strano e le persone reagiscono sempre in maniera diversa e inaspettata ai nomi strani. Quindi dopo aver subito risate e commenti sarcastici, aveva preso la decisione di non rivelare il proprio nome se non in caso di necessità.
E quello non era un caso di necessità, eppure....
"Prometti di non ridere?" chiese lei cauta. Lui si portò ancora la mano sul cuore.
"Time And Relative Dimension In Space" disse tutto d'un fiato, fissando il cielo.
Lui rimase in silenzio a fissarla, senza esprimere la minima emozione, con la sigaretta ormai ridotta al minimo in bilico sulle labbra.
"Bè allora?" disse alla fine, non tollerando il suo silenzio "Non dici nulla?"
"Gli amici ti chiamano così oppure hai un soprannome?" disse, appoggiando il gomito sul ginocchio per sorreggersi il mento con la mano.
"No, non mi chiamano così. Gli amici mi chiamano TARDIS"
"TARDIS" disse lui, soppesando le parole "Bè TARDIS molto piacere di conoscerti" e allungò ancora la mano, ma lei non la strinse. Scosse la testa e rise.
Forse, quello sconosciuto sbucato dal nulla, non era poi così male come pensasse.
"Che stai facendo con tutti questi libri? Studi qui all'Università?" le chiese all'improvviso, lanciando il mozzicone della sigaretta e centrando perfettamente il tombino.
In quel momento si ricordò di cosa stesse succedendo prima che Impala apparisse e la distraesse dai suoi obbiettivi.
Era sulle scale a studiare ed era alla disperata ricerca del suo block notes.
"Ah!" urlò all'improvviso presa dal panico e si rituffò nella ricerca.
"Cosa stai cercando?" chiese guardandola, con lo sguardo che di solito si riserva ai pazzi.
"Il mio block notes, ci sono degli appunti importantissimi" disse senza degnarlo di uno sguardo, con il naso sprofondato nella borsa.
"E' per caso blu, a spirali e con dei pianeti sulla copertina?" chiese.
"Si" urlò lei alzando la testa di scatto e guardandolo interrogativa.
Poi lo vide allungare la mano verso di lei e sparire dietro la sua schiena. TARDIS spalancò gli occhi e si allontanò da lui con uno scatto
"Cosa stai...?" urlò.
"Trovato" disse trionfante e nella sua mano c'era il block notes.
Lei lo guardò con la bocca semi aperta e stupita, spostando lo sguardo da lui alla sua mano.
"Ci eri seduta sopra" disse porgendoglielo.
"Grazie, grazie, grazie" urlò afferrandolo e stringendolo al petto come un orsacchiotto di peluches.
"Figurati, è cosa di tutti i giorni per me aiutare donzelle a trovare i loro appunti" disse gonfiando il petto orgoglioso "Occasionalmente uccido anche qualche mostro, sai le solite cose; demoni, fantasmi e vampiri. Ma niente draghi"
TARDIS scoppiò a ridere. Forse quella giornata non stava andando così male come temeva, pensò.
"Tornando a noi" disse "Studi qui all'Università?"
"Si" rispose sfogliando i suoi appunti per appurare che ci fossero tutti.
"E a quanto vedo studi anche cose parecchio complicate" disse guardando i fogli e aggrottando le sopracciglia "Che roba è?"
"Sono i miei appunti di fisica" rispose orgogliosa.
"Oltre che bella anche intelligente" esclamò Impala "Combinazione perfetta"
Lei abbasso lo sguardo, imbarazzata. Non era abituata a tutte quelle attenzioni e sicuramente non da parte di un ragazzo così bello.
"Studi anche storia?" chiese dopo un attimo.
"Eh?" balbettò lei guardandolo confusa "No, perché?"
"Quel libro" disse, indicando ai suoi piedi un libro sul Rinascimento.
"Ah quello. No, è solo un hobby"
"Un hobby?"
"Si un hobby. Mi piace la storia."
"Ok"
"Qualche problema se mi piace la storia?"
Lui scosse la testa.
"Sai non a tutte le ragazze piace fare shopping, guardare film strappalacrime e mettersi lo smalto parlando dei propri sentimenti"
"Mi piacciono le ragazze diverse" disse e la guardò, dritto negli occhi blu.
Il suo sguardo sembrò trapassarla, scrutarla fino in fondo all'anima. Lui non riusciva a staccarsi da lei, non capiva cosa lo attirasse così tanto. Forse era proprio questo, lei era diversa e anche lui si era sempre sentito diverso.
TARDIS continuò a fissarlo, a ricambiare quegli occhi cangianti e ardenti, sentendosi pervadere da una nuova frenesia. 
Pensò che forse era arrivato il momento di muoversi, di dire e fare qualcosa. Ma perché? Perché interrompere quel meraviglioso momento? Ma non poteva restare a fissarlo per tutto quel tempo.
"E a te" gli chiese TARDIS con la voce bassa e titubante "Hai qualche hobby?"
"Si" rispose lui accennando un sorriso "Mi piace..."
Il rumore di un clacson li distolse bruscamente dai loro pensieri e li fece voltare in simultanea.
In mezzo alla strada c'era un camion con rimorchio e al volante un uomo un po tarchiato, con barba e cappellino con visiera in testa.
"Ehi Chevy" urlò.
"Bobby" urlò Impala salutandolo con la mano.
"Muoviti principessina, non ho tutto il giorno" urlò brusco.
Impala si alzò lentamente e controvoglia, o almeno fu questa l'impressione che diede a TARDIS, perché non voleva che si alzasse, non voleva che se ne andasse.
Avrebbe studiato un altro giorno, le piaceva parlare con lui seduti uno accanto all'altro sotto il sole.
"Devo andare" disse rimettendosi la giacca "Meglio non farlo arrabbiare. Quando si arrabbia non basta scappare, conviene cambiare Stato"
"Allora ciao" disse lei stringendosi nelle spalle "E' stato un piacere conoscerti"
"Anche a me ha fatto piacere" rispose lui "E grazie ancora per la telefonata"
"Figurati"
"Allora ciao"
"Ciao"
Impala si voltò, alzando il colletto della giacca e fece per avviarsi lungo il marciapiede. Ma non appena ebbe fatto un paio di passi, si voltò e tornò verso di lei. Le prese il block notes dalle mani e con la matita infilata nella spirale scrisse qualcosa, poi glielo riconsegnò.
Si chinò verso di lei e con il sorriso più seducente che lei avesse mai visto le disse "Se mai ti venisse voglia di scoprire quali sono i miei hobby"
Alla fine si voltò e corse verso il camion, urlando qualcosa. Qualcosa che TARDIS non sentì, perché era troppo concentrata a guardare un numero di telefono scritto nel bel mezzo di uno schema sullo spazio-tempo.
"TARDIS" urlò una voce.
Lei alzò la testa di scatto, credendo che lui fosse tornato indietro. Invece erano solo i suoi amici John e Donna che correvano verso di lei tenendosi la mano e trascinandosi l'uno con l'altro.
Arrivarono davanti a lei, rossi in volto e con il fiatone.
"Dottore" salutò notando il camice bianco da medico con la targhetta "J. Smith" sotto la giacca.
"Devi aiutarci" disse lui sistemandosi gli occhiali sul naso e il ciuffo di capelli castani sempre in disordine.
"Ci serve un passaggio" intervenne Donna scostandosi una ciocca di capelli rossi dalla faccia.
"Un passaggio?" chiese lei.
"Hai la macchina?" le chiese John.
"Quella vecchia scatola blu? Si è parcheggiata dietro l'angolo"
"Perfetto, puoi darci un passaggio?"
"Si certo, tanto non credo di riuscire a studiare oggi"
Guardò per un attimo il numero scritto sul block notes, poi lo richiuse e lo mise nella borsa, insieme a tutti gli altri quaderni e libri. 
Lo avrebbe richiamato? si chiese. Per ora non voleva pensarci, si sentiva la mente affollata da troppi pensieri.
John, TARDIS e Donna, si avviarono lungo il marciapiede. Lanciò una rapida occhiata alla strada e si accorse che la lucida macchina nera e il camion rimorchio erano spariti.
"Ehi TARDIS" disse Donna all'improvviso "Chi era quel ragazzo che parlava con te?"
"Chi?" disse presa alla sprovvista.
"Prima sulle scale. C'era un bel ragazzo vestito di nero"
"Ah, lui. Nessuno, mi ha solo chiesto un'informazione" disse, liquidando l'argomento.
Si chiese perché non avesse detto la verità. Si chiese ancora se avrebbe chiamato. Si chiese cosa avrebbe fatto e detto una volta chiamato.
Arrivarono alla macchina, salirono e inserì la chiave. Dopo qualche rumore di protesta, la macchina si accese e partirono.
  
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