Fumetti/Cartoni americani > I Pinguini di Madagascar
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Autore: Koome_94    26/02/2015    5 recensioni
Soldato ha diciannove anni quando si iscrive al primo anno del College più rinomato degli Stati Uniti.
Timido e impacciato, si troverà subito nei pasticci, costretto dal regolamento scolastico ad iscriversi a uno dei mille Club Studenteschi.
Skipper, capo e fondatore del Club di Spionaggio, vede la sua associazione a rischio soppressione a causa della carenza di iscritti. Assieme ai suoi fratelli gemelli, il geniale Kowalski e l'esplosivo Rico, troverà nella giovane matricola dallo sguardo ingenuo la leva giusta per salvare il suo club.
Ma il Club di Spionaggio affonda le sue radici in una storia torbida e pericolosa, una vicenda di vendette e ricatti nella quale il giovane Soldato rimarrà suo malgrado invischiato.
Chi sono i misteriosi Johnson e Manfredi, che sembrano tanto tormentare il passato dei tre gemelli?
E che ruolo avrà Hans, il misterioso studente del progetto di scambio con la Danimarca?
Chi è il nemico che trama nell'ombra in attesa di vendetta?
Ma soprattutto, riuscirà Soldato a sfondare il muro di paura e rimorsi che attanaglia il cuore del capo del più folle gruppo di spie che l'America abbia mai visto?
Lo scoprirete solo se rimarrete con noi, fino alla fine~
[Human!College!AU]
Genere: Angst, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Altri, Kowalski, Rico, Skipper, Soldato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo VI~











- Mi auguro che vi rendiate conto della gravissima situazione che è venuta a crearsi. –
Più che grave, a dire il vero, a Soldato quella situazione sembrava surreale.
Erano le tre di notte, la sua camera era esplosa in una nuvola di polvere e calcinacci ed ora si trovava nell’ufficio del preside, indosso solamente delle bende succinte che cercava disperatamente di coprire con il mantello del travestimento di Skipper e, seduto accanto a lui, Mortino ancora costretto nel suo piede di gommapiuma.
Punto bonus, il preside aveva il volto truccato da Joker.
- Signore, sono terribilmente mortificato, non so come possa essere successo... – balbettò, gli occhi bassi in segno di sottomissione.
Il suo compagno di stanza prese la parola per dargli manforte.
- Stavo per aprire la porta della camera quando tutto è saltato per aria! Non è stata colpa nostra, signor preside, lo giuro! – pigolò, il viso ancora sporco d’intonaco bianco.
L’uomo si passò stancamente una mano sul volto, spalmandosi il rosso delle cicatrici fino al mento.
Con un sospiro aprì un cassetto ed estrasse un raccoglitore verde, aprendolo a metà.
- Non vi stavo minimamente accusando, ragazzi. Fortunatamente la tubatura che è esplosa ha fatto crollare solo la parete che da sul corridoio, ma in ogni caso grazie a tutte le maledette norme di sicurezza che siamo costretti a rispettare non potrete più occupare la stanza finchè non saranno fatti accertamenti. E il che potrebbe necessitare anche l’intero anno scolastico, data la lentezza della burocrazia... – si lamentò in un discorso rivolto più a sé stesso che agli studenti.
Soldato e Mortino si scambiarono un’occhiata preoccupata, poi spostarono lo sguardo sul foglio che stava leggendo il preside.
Si trattava di una cartina disegnata al computer, e bastò una rapida occhiata per rendersi conto che altro non era che la pianta dei dormitori.
- Quest’anno abbiamo avuto un numero di iscritti più elevato del solito, per cui le stanze sono tutte occupate. – esordì l’uomo, le sopracciglia aggrottate in un’espressione di cupa riflessione.
- Non mi resta altra scelta che... –
Che cosa? Cosa voleva fare?
Espellerli? Ucciderli? Rinchiuderli in un sacco e gettarli nell’Hudson finchè la corrente non li avesse dispersi nell’Atlantico così che non potessero denunciare la mancanza di norme di sicurezza all’interno della scuola facendo fallire l’intero sistema federale con un conseguente superamento economico da parte della Cina che avrebbe condotto ad una gravissima inflazione costringendoli a chiedere prestiti alla Russia e...
- Trovarvi un posto di fortuna in camere già occupate... –
Soldato tornò a respirare, accorgendosi che in quel suo folle e paranoico monologo interiore non aveva lasciato che l’aria giungesse ai suoi polmoni.
- Tutto qui? – si lasciò sfuggire, sconvolto da quella rivelazione.
Il preside gli rivolse un’occhiataccia, colpendo ripetutamente la cartina con l’indice.
- Tutto qui? Le stanze dei dormitori sono strutturate per ospitare solo due individui alla volta. Anche volendo non ci sarebbe lo spazio per inserire altri letti! Eccetto nella 321, ma in ogni caso potrebbe ospitare solamente uno di voi due, o potrei scatenare un terribile incidente diplomatico... –
- Ma la 321 è la stanza di Re Julien! – esclamò Mortino con gli occhi luccicanti di ingenua aspettativa, improvvisamente dimentico di essere reduce da un’esplosione che avrebbe potuto fargli saltare via un occhio.
- Posso andare in camera con lui? Posso? Posso? Posso? – cantilenò con la sua vocetta irritante, i palmi congiunti in segno di preghiera.
Il suo coinquilino impallidì, terrorizzato dall’idea di condividere la stanza con Mortino e Julien contemporaneamente. Poteva esistere prospettiva più funerea per inaugurare il mese di Novembre?
Il preside rivolse al volto che sbucava da quel piede gigante un’occhiata sconcertata, poi tornò a studiare la cartina, alla ricerca di una stanza che potesse soddisfare le loro esigenze.
Scorrendo i piani e i corridoi, continuava a scuotere la testa insoddisfatto, finchè qualcosa non attirò la sua attenzione, congelandolo nel movimento.
Aggrottò appena le sopracciglia e si morse un labbro, annuendo piano.
- Mi domando se... Dopo tutto questo tempo... –
Senza una parola levò gli occhi su Soldato, che si ritrovò a deglutire a vuoto, poi li congedò entrambi, intimandogli di aspettare fuori dal suo ufficio.
- Allora? Che cosa ha detto? – la prima voce ad accoglierli fu quella di Julien, che rientrando al dormitorio aveva scorto il disastro e non era riuscito a trattenere la sua sete di gossip, ma non fece a tempo ad ottenere una risposta, il preside gli intimò di entrare nel suo ufficio e si chiuse la porta alle spalle.
Soldato si accasciò su una panca addossata alla parete del corridoio, i gomiti sulle ginocchia e il mento abbandonato sul palmo delle mani.
- Questo sì che è un bel pasticcio... – mugolò.
Kowalski, che era arrivato sul luogo del delitto assieme a Rico appena dopo l’esplosione, si sedette accanto a lui e gli batté una pacca sulla spalla.
- Effettivamente, considerando il numero di iscritti e la capienza delle camere senza tralasciare l’ipotesi di inserire brandine supplementari in quelle più spaziose la probabilità che tu riesca a trovare una nuova sistemazione entro stasera è più o meno dell’1%! – esclamò, come se quella avesse potuto essere una notizia in qualche modo rassicurante.
- Kowalski! – sbraitò Skipper, gli occhi azzurri ridotti a due cupe pozze di ghiaccio.
- Non ti preoccupare, Matricola, vedrai che si sistemerà tutto... – aggiunse poi, addolcito.
Rico annuì vigorosamente, gracchiando che senz’altro qualcuno avrebbe diviso la sua stanza con lui.
- Saremo con Re Julien! – cinguettò Mortino, seduto per terra e costantemente sbilanciato dalla gommapiuma.
A quel punto Rico rivolse una strana occhiata al gemello più grande, che aggrottò le sopracciglia e considerò qualcosa a fior di labbra.
- Impossibile! Secondo i miei calcoli la stanza di Julien e Maurice può ospitare al massimo un altro letto, non vi sarebbe spazio per una quarta branda aggiuntiva! Ed è estremamente improbabile che un tipo come Julien decida di concedere parte dei suoi possedimenti a qualcuno di esterno al suo Club, perfino se l’alternativa è Mortino. –
- Sì, ma se l’unica stanza utile è quella di Julien e non può ospitare che tre persone, dove metteranno Soldato? – osservò saggiamente Skipper, salvo sgranare gli occhi nel terminare la domanda.
Effettivamente vi era ancora una stanza con un letto disponibile...
Prima che potesse aggiungere altro, la porta dell’ufficio del preside si spalancò, facendo emergere un Julien curvo e sconsolato, gli occhi fissi sul pavimento.
- Coraggio, Mortino, vieni con me... A quanto pare sei stato promosso a valletto personale di Re Julien... – mugolò continuando a camminare e afferrandolo per l’alluce di stoffa.
Il ragazzino esultò, salutando con la mano mentre gli altri quattro rivolgevano al Re uno sguardo colmo di compassione.
Quando quella triste scena venne inghiottita dall’angolo del corridoio, la testa del preside fece nuovamente capolino dalla porta.
- Skipper, dovrei parlarti un momento. –
Il giovane annuì e lo seguì senza un fiato, alle spalle l’osservazione di Kowalski a riecheggiare nel silenzio.
- Che fortuna che la tubatura esplosa fosse in prossimità della porta e non accanto al tuo letto, dove si trovavano tutte le tue cose! –
Il gemello di mezzo chiuse la porta e si accomodò sulla seggiola che poco prima aveva occupato Soldato.
L’uomo però non si sedette, rimase in piedi, le mani allacciate dietro la schiena e sul volto i chiari segni del nervosismo.
- Immagino che ti stia chiedendo per quale motivo ti ho convocato, Skipper. – esordì, terribilmente serio.
- Infatti è così... – annuì quello, anche se in realtà pensava di aver intuito abbastanza bene quale fosse il motivo della sua presenza in quel luogo.
Il preside prese a camminare avanti e indietro per il suo ufficio, alla ricerca delle parole giuste.
- Quella che sto per farti è solamente una proposta, quindi sei libero di rifiutare. Sono perfettamente consapevole della richiesta che facesti tre anni fa, e non voglio forzarti in alcun modo. Dopotutto siamo a conoscenza della tua situazione, e l’ultima cosa che desideriamo è crearti pressioni. Tuttavia credo tu ti renda perfettamente conto che questa è una situazione estrema per la quale non eravamo minimamente preparati. –
Skipper sospirò, il volto ridotto ad un’imperscrutabile maschera di marmo.
Quella volta i suoi fratelli gli avevano giocato davvero un brutto tiro.
- Quello che ti sto chiedendo, Skipper, è se saresti disposto a tornare ad avere nuovamente un coinquilino. – esalò finalmente il preside, il ridicolo trucco da Joker a creare un macabro contrasto con la pesantezza delle sue parole.
Lo studente strinse impercettibilmente i pugni attorno ai polsini svolazzanti della sua camicia settecentesca, le labbra a tremargli impercettibilmente.
- Signore, francamente non credo sia una buona idea... Insomma, io capisco la gravità della situazione, ma... io, ecco, non vorrei... non vorrei causare problemi... più gravi, ecco... – balbettò, la professionalità con cui parlava sempre improvvisamente fagocitata da quello sguardo da bambino spaventato.
L’uomo, finalmente, si sedette dietro la sua scrivania, le dita intrecciate premute contro le labbra.
- Non ti proporrei questa cosa se si trattasse di qualcun altro, ma è evidente che da quando quel ragazzino si è unito al vostro Club sei più rilassato. Tutti i professori lo hanno notato, e persino Julien ha ammesso che da quest’anno ridi più spesso. Non ho ancora avuto l’occasione di parlarne con i tuoi fratelli, ma sono certo che non farebbero che avvalorare la mia teoria. –
Skipper roteò gli occhi.
I suoi fratelli? Era già tanto che i suoi fratelli non fossero in una macchina della polizia con le manette ai polsi per gravi atti vandalici!
Però sì, avrebbero avvalorato la sua teoria, e su questo non poteva controbattere.
- Signore, potrei anche accettare, ma ho ancora molti incubi e le crisi di panico sono abbastanza frequenti. Non so se Soldato potrebbe... – ma fu nuovamente interrotto da un sorriso accondiscendente.
- Non sottovalutarlo. Io analizzo personalmente i curriculum di tutti coloro che presentano domanda di iscrizione a questa scuola, e Soldato proviene da un ambiente scolastico di qualità inferiore, è cresciuto in un paesino sperduto nel Kansas ed è arrivato qui grazie ad una borsa di studio che ha soffiato ai migliori studenti del suo Stato. Può sembrare un sassolino, un umile ciottolo in balia della corrente, ma la sua pazienza e la sua resistenza sono quelle di una roccia. – l’uomo  si prese qualche istante di autocompiacimento per la sua frase ad effetto, poi tornò a puntare i suoi occhi in quelli del giovane.
- Dammi retta, Skipper. Credo che dopo tutti questi anni provare ad aprirti un poco non possa che farti bene. Nel caso non dovesse funzionare, saresti comunque libero di farcelo sapere e ogni cosa tornerebbe al suo status quo... –
Skipper considerò quelle parole, le mani sul volto per trovare concentrazione.
Era tanto, troppo tempo che nessuno occupava più il letto accanto al suo, e l’idea di trovarlo improvvisamente pregno del profumo di un altro era come avere un chiodo arrugginito piantato al centro del cuore.
Tuttavia riconosceva che era vero, forse cambiare aria gli avrebbe fatto bene.
La verità era che aveva paura, dannatamente paura di commettere un passo falso.
Trasse un profondo sospiro, poi levò lo sguardo sul preside, incerto e contemporaneamente deciso nella sua risoluzione.
- D’accordo, farò un tentativo. Ma non vi prometto niente. –
Senza aggiungere altro lo salutò con un cenno del capo e prese congedo, tornando in corridoio dove i tre membri del Club di Spionaggio lo stavano aspettando trepidanti e curiosi.
- Dunque? – chiese Kowalski, imitato da Rico in un mugolio interessato.
Skipper rivolse loro un’occhiata severa, per poi concentrarsi su Soldato.
- Matricola, a quanto pare hai una nuova sistemazione. – si limitò a sentenziare, estraendo le chiavi di camera sua dalla tasca dei pantaloni.
Soldato non notò il sorriso d’intesa che si scambiarono gli altri due, né il segno di OK che Rico fece con il pollice.
Si limitò a puntare i suoi occhi di cielo in quelli di Skipper e arrossire.
Skipper distolse lo sguardo, sopraffatto da quella purezza e sperò, in cuor suo, che l’amico non si accorgesse di essere indesiderato.
Si sarebbe impegnato, davvero, ma sapeva già che quella non sarebbe stata affatto una convivenza semplice.
Per nessuno dei due.
Salutati Rico e Walski, i due si diressero silenziosamente verso la camera di Skipper, non prima di essere passati da Soldato a raccattare le sue cose.
La stanza duecentodiciannove era un po’ più grossa di quella che la matricola aveva occupato fino a quel giorno: ai lati della porta, due letti si estendevano in lunghezza fino a incontrare due piccoli armadi.
Sotto alla finestra campeggiava una scrivania più grande di quella della stanza quarantotto, e a destra una porticina conduceva al piccolo bagno di cui era munita la camera.
Nonostante Skipper fosse un tipo estremamente ordinato era semplice comprendere quale fosse il suo letto; le mensole della parete destra erano piene di libri e riviste e ai piedi del comodino se ne stava abbandonato come un sottile serpente inanimato il cavo del caricabatterie del cellulare.
L’altra branda, invece, era intonsa, immacolata, come se l’unica cosa che l’avesse sfiorata nell’arco di anni fosse stata uno sguardo e nulla di più.
Le mensole erano vuote e coperte da un sottilissimo strato di polvere e sul comodino vi era una candela profumata dallo stoppino bruciato.
Soldato fu attraversato da una sensazione sgradevole: sembrava una reliquia.
Appoggiò la sua valigia accanto al letto e buttò la borsa a tracolla sulle coperte, poi si sedette.
- Skipper, mi dispiace. – sussurrò a capo chino.
Quello si voltò, confuso.
- Come, scusa? – domandò, colto in contropiede.
Soldato si strinse nelle spalle senza tuttavia alzare lo sguardo.
- Mi dispiace. L’ho capito che questa faccenda non è di tuo gradimento. Ma ti prometto che sarò silenzioso, non ti renderai nemmeno conto della mia presenza! E appena la mia vecchia camera sarà pronta me ne andrò, lo giuro! –
Il capo del Club di Spionaggio scosse la testa e recuperò le chiavi dalla scrivania dove le aveva lasciate.
- Non dire stupidaggini, matricola. Questa ora è camera tua tanto quanto è mia. – sentenziò, sfilando una chiave dal mazzo e rigirandosela fra le dita.
Era piccola, grigia e fredda, e non voleva separarsene.
L’aveva conservata nell’assurda speranza che potesse tornare al suo precedente proprietario, ma era un’eventualità impossibile e l’aveva saputo fin dal primo momento, un desiderio irrealizzabile che non avrebbe fatto altro che marcire con lui.
Doveva lasciarlo andare.
Prese la mano del ragazzino fra le sue e vi depositò la chiave, aspettando che lo guardasse dritto negli occhi.
- E’ importante, vedi di non perderla. –
Il più giovane annuì, mentre le bende sul suo petto iniziavano a cedere dopo quella notte di pura follia.
- Grazie... – sussurrò con un sorriso colmo d’affetto.
E per quella notte non furono sprecate altre parole. Era già tardi, avevano sonno: avrebbero avuto modo di chiarire la faccenda quando il sole fosse stato alto nel cielo...
 










 
Il sole è alto nel cielo, e preme sulle teste come se fosse piena estate.
Quell’anno, ai primi di Settembre, a New York fa decisamente più caldo che a Seattle e la colonnina di mercurio saldamente ancorata ai ventotto gradi certo non aiuta nel trasporto delle immense valige.
Skipper è già un bagno di sudore quando lui e i suoi fratelli raggiungono finalmente il porticato dell’edificio centrale.
Non si può negarlo, la scuola è veramente bella, e il parco è enorme. Se riusciranno a superare questa prima giornata campale, il gemello di mezzo ne è sicuro, ogni cosa sarà meravigliosa.
- Kowalski, analisi? – richiama l’attenzione del maggiore, che si sta rigirando fra le mani la cartina del campus già tutta spiegazzata.
- Secondo i miei calcoli se saliamo al secondo piano e prendiamo il corridoio di destra, camminando fino alla quarta aula dovremmo raggiungere la Segreteria! – esclama, gli occhialetti tondi che continuano a scivolargli sulla punta del naso.
- Ehm, WALSKI! – è la voce gracchiante di Rico ad interromperli, mentre prende la cartina dalle mani del fratello e la gira dal verso giusto.
- ECCO. – commenta poi facendogli segno di continuare con le indicazioni.
Skipper ride di gusto, sono veramente una famiglia disastrata, eppure è felice di avere quei due psicopatici per fratelli. Non avrebbe potuto desiderare compagni di sventure migliori di loro.
Finalmente il corridoio giusto si snoda di fronte a loro, conducendoli fino a una grande porta colorata di rosso su cui svetta il cartello “Segreteria Studenti”.
- Fantastico! C’è la coda! – esclama, sedendosi sulla sua grande valigia nera.
Kowalski sta per rispondergli, quando due voci concitate provenienti dalle scale li fanno voltare.
- Cosa ne so io che se tiro mi rimane in mano?! Potevi avvisarmi! –
- Ma se sei un demente cosa ci posso fare? La prossima volta cosa vuoi che faccia, devo imboccarti? Il pannolino riesci a cambiartelo da solo? –
Skipper si ritrova a fissare due figure completamente agli antipodi.
Il “demente” è un tipo basso e tarchiato dal collo taurino, mentre il suo compare esasperato è un tizio alto e magro dalle gambe lunghe e gli occhi sinceri.
- Johnson, dolcezza, stai di nuovo dando spettacolo. – annuncia con naturalezza collo-di-toro, facendo avvampare il compagno.
Quello si volta in loro direzione e sorride imbarazzato.
- Scusate, non fateci caso, è... è tutto a posto... –
Solo a quel punto Skipper si accorge che collo-di-toro stringe, nella mano destra, la maniglia di una porta.
- Come avete fatto? – domanda con tanto d’occhi, senza premurarsi minimamente di presentarsi ai due sconosciuti.
- La porta non si apriva... – minimizza quello basso facendo spallucce.
- E ovviamente questa testa di rapa ha pensato bene di distruggere tutto quanto anzichè riprovare con calma... – esala Johnson al suo fianco.
Rico e Kowalski si scambiano uno sguardo divertito, poi collo-di-toro allunga una mano in loro direzione.
- Manfredi, secondo anno, e questa casalinga frustrata accanto a me è Johnson, il mio coinquilino. Siete matricole? Non vi ho mai visto qui in giro... –
E’ il turno di Skipper di presentare sé stesso e i fratelli mentre stringe la mano di Manfredi per poi passare a Johnson.
A mano a mano che la fila procede, quei due tizi strampalati raccontano aneddoti su aneddoti, si parlano l’uno sopa l’altro, si interrompono e ridono ancor prima di aver cominciato a parlare, e Skipper sente di provare per loro un’innata simpatia.
Sta per intervenire nella discussione che ha sollevato Kowalski, quando la porta della Segreteria si apre e una signora sulla sessantina fa loro cenno di entrare.
Come al solito, la prima mezz’ora la passano a richiedere i test scritti per Rico.
- Non può parlare, dannazione, il certificato non è sufficiente?! – sbotta all’ennesimo storcere il naso della segretaria.
Rico gli fa segno di mantenere la calma, ma fatica a rimanere tranquillo in casi simili. E’ incredibile che ogni volta debbano fare tutte quelle storie, e davvero non si capacita di come suo fratello, solitamente esplosivo e incontrollabile, riesca ad essere pacato in situazioni come quella.
Finalmente anche quel problema viene risolto, e le chiavi delle camere vengono consegnate.
Skipper ha la duecentodiciannove, Rico e Walski sono insieme nella duecentoquarantotto che, nemmeno a farlo apposta, è accanto ad una porta la cui maniglia sembra essere stata brutalmente divelta.
Il gemello di mezzo saluta i fratelli e si dirige a passo strascicato dal lato opposto dell’edificio, dove se ne sta la sua stanza.
Si fa rigirare pigramente la chiave fra le dita, poi finalmente la inserisce nella toppa e spinge piano l’uscio.
La finestra è aperta e le tende verdoline svolazzano lievi nella brezza pomeridiana.
Sulla scrivania, accanto a un lettore CD e una marea di dischi fra i quali riconosce tre album dei Linkin Park, vi sono un libro di Fisica e un quaderno chiuso; una candela per ambienti è abbandonata sul comodino a sinistra della porta.
A quanto pare Skipper non è solo.
- C’è nessuno? – domanda a voce alta, facendosi strada all’interno della stanza alla ricerca del coinquilino.
Ma anche il piccolo bagno sulla destra è deserto, e presto la matricola si arrende all’evidenza che il suo compagno di stanza deve essere in giro a godersi la bella giornata.
A questo punto non gli resta che disfare le valige e togliersi la stanchezza di dosso con una bella doccia fresca.
Una volta indossati dei vestiti puliti, si sdraia su quello che evidentemente sarà il suo letto per i futuri quattro o cinque anni e porta le mani dietro alla testa, chiudendo gli occhi e inspirando a fondo il profumo di pulito che aleggia nella stanza.
Chissà se la sistemazione di Rico e Walski è di loro gradimento...
E’ felice che siano finiti in camera insieme, se fosse stato Rico a trovarsi da solo sarebbe stato davvero un bel problema. Non che il più giovane dei tre gemelli sia un tipo schizzinoso, anzi, di solito il problema è l’esatto opposto: difficilmente le persone si azzardano ad approfondire una relazione con Rico fino a potersi definire amici. L’handicap del ragazzo tiene tutti a distanza, così come il suo eccessivo bisogno di contatto fisico.
Il ragazzo non da mai segno di rimanere male di fronte alla cattiveria della gente, ma i suoi fratelli lo conoscono bene, e sanno che ogni volta la delusione è grande e gli stringe il cuore come filo spinato.
Sì, è decisamente un bene che lui e Walski siano finiti in camera assieme...
Cullato da questi ragionamenti, sta per appisolarsi quando la porta si apre di colpo, rivelando una figura snella e longilinea.
E’ un ragazzo alto, molto alto, più o meno quanto Kowalski, ma la sua bellezza è tale da non permettere paragoni.
Il suo viso è pallido e ovale, incorniciato da fini capelli color della luna raccolti in una coda laterale.
Gli occhi sono plumbei, ma il loro taglio arrotondato conferisce loro un’espressione dolce nonostante la sorpresa che campeggia sul suo volto di albino.
- Ah, sei quello nuovo! Mi avevano detto che saresti arrivato! – esclama, accomodandosi una ciocca dietro l’orecchio e chiudendosi la porta alle spalle.
Skipper si mette a sedere, incuriosito da quel giovane all’apparenza talmente perfetto da sembrare uscito da un quadro.
- Ah, io... Sì, sono arrivato un’oretta fa... Non c’era nessuno in camera, così ho pensato di sistemarmi... – borbotta, assurdamente in imbarazzo.
Ma il coinquilino si affretta a metterlo a suo agio con un grande sorriso luminoso.
- Hai fatto bene! Beh, benvenuto, allora! Spero che la permanenza si riveli piacevole! –
- Lo sarà di sicuro! – riesce a rispondere, ritrovando la sua solita sicurezza di sé.
Ne è convinto, mentre gli stringe la mano e ripete il suo nome, giusto per essere sicuro di non dimenticarlo da lì a pochi minuti come accade di solito con gli sconosciuti.
Non può nemmeno immaginare che quel nome, da lì a poco, cambierà per sempre la sua intera esistenza.
 












 
Novembre si era annunciato con un cielo terso e una lieve brina sui prati che aveva ricordato agli studenti dell’inverno ormai alle porte.
La caffetteria era come sempre stracolma di studenti e trovare un tavolino libero, o anche solo una sedia non occupata, era un’impresa.
- Rico! –
Soldato sbracciò per farsi individuare, mentre correva in direzione dell’amico dribblando la gente sparsa a mucchi per l’androne dell’edificio centrale.
- Ecco, tieni! – sorrise nel porgergli il suo caffé lungo, per poi dare una sorsata al latte caldo con miele che aveva ordinato per sé.
- GRAZIE! – fece Rico con un grande sorriso, portandogli un braccio attorno alle spalle e stringendolo a sé affettuosamente.
Il ragazzino poggiò il capo contro il suo fianco e inspirò a fondo l’odore di caffé che si alzava nell’aria attorno a loro.
Voleva bene a Rico, un bene incondizionato e senza motivazione che lo riempiva come l’ossigeno gli riempiva i polmoni.
Quel giorno il prof di Chimica non aveva potuto recarsi a lezione, e così si erano ritrovati con due ore buche che avevano deciso di impegnare prendendosi qualcosa in caffetteria e facendo una passeggiata nel parco.
Dopotutto non faceva poi così freddo, ed era un peccato trascorrere una bella giornata entro le mura scolastiche.
Camminarono tranquilli per un quarto d’ora abbondante, poi individuarono una panchina libera e si sedettero, Rico con le braccia abbandonate sullo schienale e Soldato sdraiato accanto a lui, il capo sulle sue gambe e i piedi che penzolavano dal bordo della panca.
- Ci voleva proprio una pausetta da Chimica, inizio davvero a non farcela più... – sospirò il più giovane, gli occhi puntati al cielo.
Il più giovane dei gemelli ghignò appena, la cicatrice a tendersi sul suo viso.
- Difficile? – riuscì a misurare i decibel.
L’altro fece spallucce e incrociò le braccia al petto perchè non sporgessero dalla panchina.
- Un pochino, ma la cosa peggiore è il prof... A te non fa venire sonno?- si lamentò, senza opporsi quando la mano del più grande prese a giocherellare con i suoi fini capelli scuri.
Rico annuì distrattamente.
- Dormi! – suggerì con semplicità, facendolo scoppiare a ridere.
- Rico, non posso dormire a lezione! E nemmeno tu dovresti farlo! – lo anticipò, lasciandolo con la bocca aperta e la replica smorzata.
Il ragazzo scosse la testa e alzò gli occhi al cielo: quando si trattava della matricola proprio non riusciva ad opporsi.
Soldato era il primo vero amico che avesse mai avuto. Certo non poteva dimenticare Johnson e Manfredi, ma con Soldato era diverso. Il loro legame non era lo stesso che univa il ragazzino a Kowalski o a Doris o a Marlene.
Si appartenevano, e in quelle poche settimane da quando l’aeroplanino di Rico era andato ad impigliarsi nei capelli del novellino, l’affetto fra di loro si era gonfiato fino ad assumere un significato tutto particolare, profondo e indissolubile.
L’ombra di un sorriso gli attraversò le labbra mentre gli scostava una ciocca dalla fronte.
- Sei bello. – disse semplicemente, mentre le nuvole si rincorrevano in quota.
Soldato avvampò a quelle parole.
Sapeva che Rico spesso diceva quello che pensava senza valutarne le conseguenze o le implicazioni, e sapeva che non vi era malizia in quel commento, ma non era certo abituato a sentirsi rivolgere simili complimenti, e non poté impedire che il sangue gli affluisse veloce alle guance.
- Grazie... – balbettò, torturandosi l’orlo della giacca con le mani.
Vi fu un momento di silenzio, poi il più grande decise di cambiare argomento.
- SKIPPER? – gracchiò, suscitando l’interesse del piccoletto.
Erano ormai due settimane che i due condividevano la camera, e a dire il vero le cose erano andate meno peggio del previsto.
- Continuo a pensare che non sia felicissimo della mia presenza, ma è gentile e cerca di far finta di niente... – spiegò con un tono di voce più mogio del voluto.
Quella notte qualcosa lo aveva svegliato. Subito non aveva capito cosa fosse, ancora stordito dal sonno, ma poi aveva strizzato gli occhi per fendere il buio e, abituatosi all’oscurità, si era accorto che il letto di Skipper era vuoto.
La luce del bagno filtrava attraverso la porta chiusa, al di là della quale l’acqua scrosciava nel silenzio.
Soldato, mosso da una sottile angoscia latente, si era alzato e aveva accostato l’orecchio alla porta, per poi udire dei rumori che lo avevano lasciato paralizzato.
Dall’altra parte dell’uscio Skipper stava piangendo.
- Skipper? Stai... stai bene? – aveva balbettato, spaventato da quello che stava succedendo.
La voce del ragazzo lo aveva raggiunto flebile e dolorosa come una frustata sul viso.
- Sì! Torna a dormire... –
In altre circostanze il ragazzino avrebbe ubbidito senza farselo ripetere due volte, ma quella situazione gli faceva male al cuore, e non se ne sarebbe rimasto con le mani in mano.
- Sei sicuro di non avere bisogno? – aveva replicato, ancora indeciso su quale tono usare.
Skipper non aveva risposto subito, forse aveva tentato di reprimere i singhiozzi e darsi un contegno, poi la sua replica si era fatta sentire, terribilmente stridente con l’evidenza dei suoi desideri.
- Vattene, non ho bisogno di te! –
Soldato aveva aperto la porta bruscamente, quasi arrabbiato di fronte a quelle parole, ma l’espressione sul suo viso era mutata immediatamente.
Il coinquilino se ne stava aggrappato al lavandino, il volto paonazzo e gli occhi gonfi, l’acqua che gocciolava dai suoi capelli lungo il suo collo.
- Skipper? – ma quello non lo aveva degnato di uno sguardo, l’attenzione concentrata sulle mani che, ancora aggrappate al bordo del lavandino, tremavano vistosamente mentre cercava di controllare la respirazione affannata.
Soldato aveva riconosciuto immediatamente i segni di un attacco di panico ed era corso al suo fianco, accarezzandogli i capelli bagnati e la schiena nuda.
- Skipper,va tutto bene... E’ tutto apposto... – aveva sussurrato nella speranza di tranquillizzarlo.
Niente da fare, il più grande si era finalmente voltato piantando gli occhi nei suoi, e il ragazzino si era sentito vacillare, sopraffatto dal peso di tanto dolore.
- Ti prego, torna a dormire... – aveva mugolato fra i fremiti, uno Skipper a cui non era assolutamente abituato né tantomeno preparato.
- Ma tu hai bisogno...! – ma il capo del Club di Spionaggio l’aveva interrotto, l’azzurro ghiaccio come uno stiletto affondato nel suo cuore.
- Ti prego... –
A quel punto Soldato non aveva potuto fare altro che capitolare, lasciando il suo fianco e tornando a rannicchiarsi fra le coperte, sconfitto.
Quando Skipper era tornato, mezz’ora dopo, aveva fatto finta di essersi addormentato, ma in realtà non era più riuscito a chiudere occhio.
Vedere l’amico ridotto a quel modo era straziante, e ancora più straziante era la consapevolezza di non poterlo aiutare.
Come avrebbe potuto fare qualcosa se continuava a tenerlo lontano, a nascondergli il motivo di quella disperazione?
Perchè ormai era evidente che vi era qualcosa di terribile e oscuro a dilaniare il cuore di Skipper.
Era forse per quello che non lo voleva in camera con lui? Che cosa c’era nel suo passato che lo tormentava a quel modo?
Fu la voce di Rico a riportarlo con i piedi per terra.
- VUOLE BENE! – asserì per confortarlo.
- SOLO STUPIDO... – aggiunse con un’alzata di spalle.
Soldato scoppiò a ridere, sollevato da quella confessione.
Almeno sapeva che non ce l’aveva con lui, era già qualcosa...
L’idea che Skipper gli volesse bene, tuttavia,  gli iradiò nel petto uno strano calore che gli impedì di trattenere un sorriso radioso.
Mentre i suoi legami con gli altri amici si erano ormai delineati in modo chiaro, quello che lo legava al gemello di mezzo era ancora un sentimento senza nome e dalle forme cangianti.
A volte aveva l’impresisone di piacergli e si abbandonava all’idea che Skipper lo apprezzasse nonostante la sua ingenuità e il suo essere dannatamente impacciato, altre volte, invece, i suoi occhi lo passavano da parte a parte come se fossero stati una lama di disprezzo, e Soldato non capiva più niente.
Lo odiava? Gli stava simpatico?
Sarebbe mai riuscito a chiarire quella faccenda una volta per tutte?
Poi Rico continuò nel suo discorso, biascicando parole che il ragazzino interpretò come “almeno ti sei tolto Mortino dai piedi”.
Fu un secondo, il guizzo di autocompiacimento negli occhi del più grande, e la matricola scattò a sedere, la bocca spalancata e l’indice puntato contro il petto dell’amico.
- Tu! Sei stato tu?! Oddio, Rico! Sei stato davvero tu?! – sbraitò, scandalizzato.
L’altro annuì, contento di avere finalmente il suo riconoscimento.
- E WALSKI! – si sentì in dovere di specificare.
Soldato si portò entrambe le mani alla bocca, sconvolto.
- Rico, ma sei pazzo?! Si finisce in galera per queste cose! – sibilò, abbassando la voce perchè nessuno lo sentisse.
Quello scosse la testa.
- Walski studiato. Solo incidente! – comunicò con gran soddisfazione.
Grazie al progetto di Idraulica, Kowalski era riuscito a mettere le mani sui disegni originali dell’impianto idraulico della scuola, poi Rico aveva sgraffignato due o tre cosette dal laboratorio di Chimica e il gioco era fatto.
Niente più Mortino e, Soldato iniziava a sospettare come secondo motivo della folle iniziativa, Skipper aveva finalmente un nuovo compagno di stanza.
- Due piccioni con una fava, eh? – commentò senza riuscire a trattenere un sorriso di fronte allo zelo dell’amico.
- Skip vuole bene! – ripeté Rico, questa volta con un ghigno appena più malizioso, tanto che il calore dal cuore di Soldato si irradiò rapido al suo volto.
- Sì, ho capito, l’hai già detto! – pigolò, imbarazzato da quella sortita senza senso.
L’altro rise e gli scompigliò i capelli, per poi abbracciarlo stretto.
Si ritrovò a pensare all’estate del suo secondo anno, quando tornati a casa avevano dovuto consegnare alla mamma tutti gli oggetti pericolosi e i caricabatterie dei cellulari perchè Skipper non si facesse male, ricordò quando, ogni tanto, le urla disperate del fratello lo svegliavano nel cuore della notte, e lui e Walski si sbattevano contro in corridoio per andare a vedere che non fosse nulla di grave.
Per un momento tornò di fronte ai suoi occhi il viso tirato e cupo del gemello quando, di ritorno dalle vacanze di Natale, aveva scoperto che la stanza accanto alla loro sarebbe rimasta vuota per il resto del semestre, e si rese conto che finalmente Skipper aveva ripreso a sorridere, e dovevano tutto alla ventata d’aria fresca che quel ragazzino aveva portato nella loro vita.
La presenza di Soldato stava facendo bene a tutti quanti, era evidente.
Adesso non rimaneva loro che risolvere quella faccenda una volta per tutte, e suo fratello avrebbe trovato la pace.
E loro assieme a lui.
Mancava così poco, e Rico lo sapeva, quella era la volta buona.
Ce l’avrebbero fatta.
 
















 
Note:

Eccoci qui, non siamo morte, giuriamo!
E' che ci siamo prese una meritata pausetta dall'Uni e siamo migrate a Nord per una vacanzina a Londra durante la quale ci siamo nutrite praticamente solo di cinnamon rolls, con la conseguenza che ora vogliamo Hans che ci porti la colazione a letto... x°°°
Che dire invece di questo capitolo?
Mortino è sempre più disagiato, ma gli si vuole bene -anche Juliengliene vuole, pur non volendolo ammettere xD- e Rico e Kowalski sono due psicopatici fatti e finiti.
In ogni caso, anche se a pianificare tutto nei minimi dettagli è stato Walski, l'idea l'ha avuta il bombarolo.
Ovviamente.
Nel frattempo abbiamo gettato uno sguardo sul primo giorno di scuola dei gemelli e sul misterioso compagno di stanza di Skipper e JOHNSON E MANFREDI.
Mi sono divertita tantissimo a scrivere quelle due righe su di loro, li amo già! x°°
Ma a quanto pare il passato di Skipper è più oscuro del previsto, dal momento in cui è il preside stesso a chiedergli il permesso di affibbiargli un nuovo roommate e... beh, i pensieri di Rico a fine capitolo la dicono lunga...
A proposito! Nel prossimo capitolo avremo una notizia interessante riguardo a un nuovo punto della trama... stay tuned! ~
Ps: scusate tanto ma Rico e Soldato in questo capitolo sono amore incondizionato. hkjhdkjfghkh Shippateli tutti.
Ok, la smetto e mi ritiro nel buio con la mia compare. Adieu! <3

Un bacione e un abbraccio,
Koome

 
   
 
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