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Autore: Ghost Writer TNCS    04/03/2015    0 recensioni
ATTENZIONE! REVISIONE IN CORSO
Secondo racconto della saga Delta Survivors.
È giunto il momento di raggiungere un altro guardiano senza memoria, ma il fatto di averlo trovato sarà solo l’inizio dei problemi.
Che posto è l’isola bianca in cui sono finiti? Che segreti nasconde? Perché un potente alchimista l’ha scelta per dare inizio al suo ambizioso progetto? Ma soprattutto riusciranno a sconfiggere il famigerato evocatore di demoni che quest’ultimo ha scatenato contro di loro?
Domande? Dai un'occhiata a http://tncs.altervista.org/faq/
Genere: Azione, Fantasy, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '2° arco narrativo'
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1. Il terzo superstite


Data: 4117 d.s., settima deca
Luogo: pianeta Damar, sistema Icene

Prometheus e Marianne voltarono l’angolo e si allontanarono quanto bastava perché Trickster e Claire non potessero udirli.

«Cosa volevi dirmi?» domandò il carcarodon non appena si furono fermati.

«Quando sono arrivata ho percepito qualcosa di strano nella tua aura,» iniziò la giovane acinonyana, la voce incrinata da un velo di preoccupazione, «e ho visto uno scorcio del tuo futuro… Lo vuoi sapere?»

Il guardiano rimase in silenzio per alcuni lunghi secondi. L’espressione della poliziotta bastava per fargli capire che non era un futuro molto roseo, però restare nel dubbio gli sembrava molto peggio che avere una riposta spietata. «Sì, dimmelo. E cerca di essere più chiara possibile.»

Marianne prese un leggero respiro. «D’accordo. Ho visto la tua morte, Prometheus. Dopo che avrai radunato i quattro guardiani senza memoria, tu morirai. Non so dirti come, né per mano di chi, ma questo è ciò che ho visto. Non so dirti quanto sia sicura questa previsione, lo sai che il futuro non è mai certo, però…»

«Ho capito.» annuì il carcarodon «Grazie per avermelo detto, ne terrò conto per le mie future decisioni.»

La poliziotta lo guardò con rammarico. «Mi dispiace…»

«No, non devi. Secondo la tua visione riuscirò a radunare i quattro senza memoria e questo è già un bene, se poi dovrò morire… farò in modo che non sia una morte inutile.»

Marianne annuì.

«E adesso torniamo da Trickster e Claire, ci staranno aspettando…


«Pro…? Ohi, Pro! Mi stai ascoltando? Guarda che siamo arrivati. Certo che ultimamente hai proprio la testa fra le nuvole…»

Il carcarodon si passò una mano sul volto. «Scusami, non ho dormito un gran che questa notte.»

Il semidio scrollò le spalle. «Ti capisco, anch’io ho avuto qualche problema ad addormentarmi. Certo che è proprio una seccatura questo fuso orario! Ma quel Tremotino non poteva spedirci tutti nello stesso posto!»

«Mmh… E comunque quante volte te lo devo dire che non devi chiamarmi Pro?»

Il ragazzo sorrise allegramente. «Scusa, mi è scappato.»

L’astronave fresca di officina proseguì nella sua placida discesa e si adagiò silenziosamente nel parcheggio mezzo vuoto di un grande supermercato. Era la mattina di una comunissima giornata di pioggia, quindi non si vedeva molta gente in giro e le macchine parcheggiate si potevano contare sulle dita delle mani.

Il portellone si aprì con un sibilo e grazie ad un incantesimo di elusione i due guardiani poterono uscire dal velivolo dotato di dispositivi di occultamento senza destare lo stupore dei passanti. I pochi myketis presenti non sembravano essersi nemmeno accorti della loro presenza e continuavano a camminare per i fatti loro con l’ombrello in mano.

«Bit, automobile.» ordinò Prometheus.

Il cane biomeccanico abbaiò e in un attimo assunse la forma richiesta. Da quando era stato riparato la sua velocità di trasformazione sembrava aumentata e salendo a bordo della piccola utilitaria i due guardiani ebbero modo di ammirare delle piccole variazioni nello stile degli interni.

Il carcarodon non ebbe bisogno di mettere in moto o di premere pedali, l’automa partì da solo e imboccò l’uscita del parcheggio per addentrarsi nel vicino centro abitato. Stando alle informazioni in loro possesso il loro obiettivo era stato inviato in un paese di piccole dimensioni situato nella periferia di una grande città industriale e in quel momento doveva trovarsi a scuola.

«Aaah, non vedo l’ora di conoscere un altro dei nostri!» esclamò Trickster tutto contento «Pro… Prometheus, com’è questo guardiano? Hai detto che è un ragazzo, giusto?»

«Esatto, si chiama Kenvster ed è una chimera mutaforma. Come ti ho già detto, andiamo a recuperare lui perché ha l’abilità di curare se stesso e gli altri, però è anche molto forte e sono sicuro che ci saprà dare una grossa mano nelle prossime battaglie.»

«Una chimera è un ibrido fatto con la magia, giusto?»

«Non proprio. Un ibrido fatto con la magia si chiama homunculus, la chimera viene creata combinando le parti di altre creature attraverso la magia.»

«E cosa cambia scusa?»

«Per fare una chimera bisogna avere un corpo vivo da cui partire, l’homunculus invece lo si crea da zero.»

«Aah… E questo Kenvster che combinazione è? No, aspetta, me lo devo ricordare. Mmh… Ok, niente, dimmelo tu.»

Prometheus si lasciò scappare un sorriso. «È un umano-alligatore.»

Il ragazzo annuì. «Ok, buono a sapersi. Sono curioso di vedere com’è fatto un umano-alligatore…» Si voltò dall’altra parte e guardò fuori dal finestrino rigato di pioggia. I vasti campi coltivati erano irrorati dall’acquazzone e a giudicare dai nuvoloni in cielo l’acqua avrebbe continuato a cadere ancora per un bel po’. «Che noia ‘sto tempo! Posso far venire un bel temporale di quelli che dico io?»

«Sarebbe meglio di no.»

«E far venire il bello invece? Quando c’è il sole le persone sono più di buon umore e sarà più facile convincere il tizio-alligatore a seguirci.»

«Fossi in te ne farei a meno, è da quando siamo atterrati che ho una brutta sensazione…»

«Magari è colpa della pioggia.»

«Non era una battuta.» ribatté il carcarodon in tono serio «C’è davvero qualcosa che non va qui intorno…»

Il semidio allargò le braccia e si stravaccò sul sedile. «Se lo dici tu…»

Circa dieci minuti dopo, finalmente avvistarono la scuola in cui si trovava Kenvster. Si trattava di un edificio relativamente grande e probabilmente era anche l’istituto più importante, se non l’unico, dell’intero centro abitato.

I due guardiani scesero e Bit tornò subito in forma di canide. Nessuno dei due disponeva di ombrelli, questo però non era un problema per gente dotata di poteri magici. Il solito incantesimo di elusione di Prometheus poi avrebbe evitato scomodi interrogativi da parte della gente che li avrebbe incontrati.

I due guardiani e la biomacchina entrarono nell’edificio scolastico e il bidello all’ingresso non parve nemmeno accorgersi della loro presenza nonostante la scia di orme bagnate che si lasciavano alle spalle.

Prometheus utilizzò il suo ciondolo per individuare a colpo sicuro la posizione dell’altro guardiano senza memoria e in questo modo raggiunsero la palestra. Dall’interno proveniva un acceso vociare che si intensificò ulteriormente non appena Trickster aprì l’ampia porta in legno e plastica semitrasparente.

«Cavolo, questa si che è una palestra!» esclamò il semidio «Certo che questo Kenvster è proprio fortunato: dove c’ero io dovevamo andare a fare educazione fisica chissà dove perché la palestra era troppo piccola e c’erano troppe classi… Allora, qual è? Non mi sembra di riconoscere nessuno…»

Prometheus osservò i vari ragazzi impegnati in un gioco che sembrava pallamano e controllò col ciondolo se la sua impressione era giusta. Lo era.

Un grido di gioia collettiva animò i giocatori della squadra che aveva appena fatto goal.

«È quello che ha segnato.» annunciò il carcarodon.

Il semidio annuì e si concentrò sull’ultimo marcatore della partita. Gli occhi erano scuri e senza sclere come per tutti i myketis, lo stesso valeva per il naso appiattito e per la carnagione che sfumava al verde, tuttavia era facile riconoscerlo perché era il più alto della classe e probabilmente anche il più muscoloso. Certo, forse gli si sarebbe potuto recriminare qualche chilo di troppo sulla pancia, però a giudicare dalla forza con cui aveva lanciato la palla, era meglio non farlo arrabbiare.

«Sembra un tipo interessante.» commentò allegramente il figlio di Loki.

Prometheus stava per rispondere quando la spiacevole sensazione avvertita al loro arrivo si ripeté, solo in maniera decisamente intensificata.

Questa volta doveva averla percepita anche Trickster, perché l’entusiasmo sul suo volto si attenuò e i suoi occhi cercarono in maniera eloquente quelli del compagno più esperto.

Non ci fu bisogno di parole. Entrambi avevano capito che stava per succedere qualcosa di brutto e che era il caso di sbrigarsi.

«Fagli mettere il ciondolo.» ordinò il carcarodon porgendo il pendente argenteo «Con questo al collo dovrebbe essere al sicuro.»

Trickster annuì. «Ci penso io.»

Senza badare alla partita in corso andò da Kenvster e gli si parò davanti. La sua intromissione causò un’inevitabile interruzione del gioco e questo attirò l’attenzione degli studenti, che nonostante l’incantesimo di elusione non poterono non accorgersi di lui.

«Ehi, cosa vuoi?»

«Guarda che stiamo giocando!»

«Vattene da un’altra parte!»

«Kenvster, sbrigati, metti questo!» ordinò il semidio porgendo il ciondolo a forma di triangolo.

«Ma chi ti conosce? Non ci penso nemmeno! E poi chi sarebbe Kenv…» Il ragazzo, che superava Trickster di tutta la testa, si interruppe di colpo, come colto da un ricordo improvviso.

«Non c’è tempo di spiegare! Devi metterlo subito!»

Il giovane tornò presente a se stesso e spinse indietro il figlio di Loki. «Ho detto di no!»

«Non capisci, sta per succedere qualcosa di brutto!» insistette Trickster.

Un’improvvisa scossa di terremoto fece tremare l’intero edificio e tra gli studenti serpeggiò un muto timore, seguito da un roboante vociare che grondava paura.

Il semidio prese Kenvster per il bavero. «Presto!»

«Non mi toccare!» imprecò il ragazzo strattonandolo senza troppi complimenti «Non ho idea di chi sei! Si può sapere cosa vuoi da me?!»

Trickster non ebbe il tempo di insistere ancora perché una luce abbagliate inondò le finestre e poi si riversò in tutta la palestra. Un’onda magica comparve all’improvviso da oltre la parete e nel giro di pochi istanti attraversò ogni cosa, macinando terreno ad una velocità spaventosa e facendo sparire una dopo l’altra le persone che incontrava.

Nel giro di un secondo tutti i presenti erano scomparsi.

Bit si guardò intorno, ma l’unica cosa che ancora si muoveva era il pallone, che dopo alcuni mesti rimbalzi rotolò in un angolo.

Il silenzio era inquietante.


***


Il cielo era nero, punteggiato di stelle e solo leggermente attenuato da sfumature di colore che si perdevano nell’immensità. In lontananza riuscivano a distinguere delle nuvole, ma la cosa più sorprendente era che, nonostante l’assenza di una vera fonte di luce, la zona in cui si trovavano era illuminata a giorno.

Trickster si tirò su massaggiandosi la testa. Il terreno sotto di lui era piuttosto strano: sembrava normalissima terra, però era bianca. Intorno a lui c’erano innumerevoli piante, una foresta probabilmente, e anche loro erano prive di qualsiasi colore. Solo le foglie assumevano una leggera tinta grigiastra e i tronchi più grossi erano attraversati da sottili venature nere.

Dopo qualche momento riuscì ad individuare Prometheus. Si trovava a meno di dieci metri da lui, a fianco di un sottile ruscello, e anche lui sembrava piuttosto confuso.

«Ehi Trickster, tutto a posto?»

«Sì. Sai dove siamo?»

Il carcarodon scosse il capo. «Non ne ho proprio idea.»

Il semidio lo raggiunse. «Certo che è proprio strano ‘sto posto…»

Aveva appena terminato la frase quando avvertì una flebile luce tra gli alberi. Aguzzò la vista e dopo alcuni istanti riconobbe quello che aveva tutta l’aria di essere un fuoco fatuo. Ma non era solo. Ce n’erano a decina che fluttuavano tra gli alberi e rischiaravano l’ambiente con il loro muto bagliore.

«Sono gli studenti che erano nella palestra.» sentenziò Prometheus.

Trickster si voltò verso di lui. «Come fai ad esserne certo?»

«Se vogliamo essere precisi, sono le loro anime. Fidati, non ho alcun dubbio.»

Il semidio stava per parlare quando un’esclamazione lo anticipò: «Ehi! Voi due!»

I guardiani si voltarono e Kenvster li raggiunse con passo deciso. Il ciondolo al collo lo aveva protetto dalla trasformazione in fuoco fatuo e, come con Trickster, aveva anche annullato quella parte di sortilegio che alterava il suo aspetto. Adesso era ancora alto e muscoloso, e non aveva perso i chili di troppo sulla pancia, però la carnagione era diventata ramata e i tratti del viso non erano più quelli tipici dei myketis: gli occhi avevano delle linee nette e precise, con le iridi di un marrone che tendeva leggermente al giallo, le sopracciglia erano piuttosto marcate e il naso aveva delle narici forse un po’ grandi. La mascella era piuttosto importante, comunque proporzionata al resto del viso, mentre le orecchie erano abbastanza piccole. I capelli erano rimasti lunghi fin quasi alla base del collo, ma avevano assunto una sfumatura più tendente al castano, e attraverso la maglietta si potevano intravedere delle piccole punte lungo la colonna vertebrale.

Il giovane si avvicinò con fare poco amichevole a Trickster e senza sforzo lo sollevò da terra tenendolo per la felpa. Nonostante la situazione il semidio riuscì a notare che i denti del vero Kenvster erano aguzzi e pronunciati e le pupille erano verticali, proprio come quelle dei rettili.

Un momento, Prometheus gli aveva detto che Kenvster era una chimera, ma di che cosa…? Ah, sì, umano-alligatore! Certo, quelli non potevano che essere i denti e gli occhi di un alligatore…

Quando il ragazzo parlò, la sua voce sembrava proprio il ringhio di un antico predatore: «Adesso mi dici cosa sta succedendo, e sarà meglio per te che la spiegazione sia chiara ed esauriente.»

   
 
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