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Autore: SellyLuna    05/03/2015    1 recensioni
«Hai visto, Marlene? Ora sono re!» esclamò a gran voce Julien.
«Solo perché ti sei messo in testa una corona?»
Marlene non riuscì a tenere a freno il suo sarcasmo, dopotutto quel sogno era di Julien, non il suo.
«Sì, certo! Ma questa è appartenuta a Re Artù» disse, indicando fiero la corona che indossava.

Non è esattamente così.
Ma Marlene si trattene dal dirglielo.
«E questo farebbe di te un vero re?» replicò invece.
«Certo! L’unico e il solo» ammiccò «il migliore.»

[Human! JuLene ♥]
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Marlene, Re Julien
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'JuLene: Oysters and Crown '
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Tu sei la mia regina

 
 

«Marlene! Vieni qui, guarda!»
La ragazza sbuffò: cos’altro voleva ancora quello scocciatore? Non è che le facesse piacere fargli da balia.
Non poteva nemmeno ammirare quella sala in totale libertà, con i suoi tempi e i suoi modi?
Malvolentieri raggiunse un giovane dall’espressione ammirata, in piedi davanti ad una corona; sembrava in estasi.
Marlene era stupefatta: giurò di non aver mai visto Julien così interessato a qualcosa, le lezioni non lo prendevano più di tanto, le reputava inutili e noiose.
Quindi – dedusse la ragazza – era molto probabile che Julien non avesse nessuna idea del programma della loro gita – ops viaggio d’istruzione -, si era aggregato con il semplice proposito di andare da qualche parte senza alcun interesse a documentarsi, per cui non aveva ascoltato nessuna parola della professoressa.
Il giovane ragazzo rimase diversi minuti, in religioso silenzio, in totale ammirazione, come se davanti ai suoi occhi avesse avuto una reliquia.
Marlene iniziava a preoccuparsi della momentanea immobilità del compagno e si stava domandando se non sarebbe stato il caso di chiedere aiuto.
«Questa… questa è… Questa è…» ritornò a parlare Julien.
Le stranezze, a quanto sembrava, non erano finite: quali strani poteri esercitava quella corona da indurre lo studente più chiacchierone a balbettare?
La osservò attentamente e Marlene non riuscì proprio a capire che cosa portasse Julien a venerarla come il più importante dei tesori; per lei rimaneva una semplice e vecchia corona. E a vederla, doveva pesare parecchio; non doveva essere stato così facile da tenere sul capo.
«… la Corona di re Artù» la voce della guida sopraggiunse a rendere chiaro l’inesplicabile.
Lo sapeva. Lei aveva seguito con attenzione le spiegazioni dell’insegnante, era rimasta affascinata da quei rari e pregiati manufatti.
Ma non provava nulla più di questo; non riusciva a concepire tutto l’entusiasmo che leggeva negli occhi ambrati di Julien.
«Re Artù?» nel suo tono era palese la curiosità e il bisogno di sapere.
«Sì, re Artù. La leggenda narra che fosse stato il re migliore che Camelot avesse mai avuto. Era saggio, sapeva sempre dire la cosa giusta, era compassionevole e buono. Era un uomo dalla parola d’onore, retto e giusto, nobile d’animo.»
Julien pendeva letteralmente dalle labbra della donna, con il pensiero che veloce raggiunse (raggiungeva) un tempo e un mondo dimenticati.
«Aveva accanto a sé un fidato consigliere, un amico che lo aiutava a prendere le decisioni più difficili. Ed era un mago, ma il re venne a conoscenza del suo segreto solo poco tempo prima di morire.
Merlino –  questo era il nome del potente mago –  proteggeva Artù con l’ausilio della magia, senza che questi se ne accorgesse.»
Quella donna sapeva raccontare molto bene la leggenda di Camelot e, sebbene Marlene l’avesse già sentita poco tempo prima, rimase lo stesso incantata.
La voce della guida era dolce e sapeva sapientemente condurre dove voleva, nell’antica Camelot, abitata da nobili cavalieri e affascinanti dame, governata in rettitudine dal più amato re della storia, in un tempo in cui la magia dominava il mondo, permeava ogni cosa, in un tempo in cui esistevano creature mitiche, in un tempo in cui la fedeltà e il coraggio erano le più grandi virtù; nel luogo di una mitica leggenda.
E quel mondo fantastico e periglioso le si presentò tutto ad un tratto davanti agli occhi, sostituendosi agli oggetti reali esposti in quella sala – ma quale sala? – di museo.   
«Re Artù aveva la fortuna di avere come moglie la saggia Ginevra. La regina era una donna forte, dal carattere determinato. Ginevra nutriva per il suo consorte un profondo affetto, ma il suo cuore, però, apparteneva all’impavido e intrepido sir Lancilotto.
I suoi sentimenti erano ricambiati dal cavaliere e con cautela iniziarono una relazione clandestina.
Ma il giorno che Artù venne a scoprire l’infedeltà della moglie fu il giorno più funesto di tutti, il peggiore di tutta la sua vita; da quel momento in poi le cose precipitarono sempre più fino alla sua lenta e inesorabile caduta.»
Finì il suo racconto con un tono grave, che era riuscito a insinuarsi fin dentro le loro membra; Marlene rabbrividì  percependo sulle proprie giovani spalle tutta quella dolorosa consapevolezza, un’ansia improvvisa e inspiegabile preda del suo corpo.
Il ragazzo, invece, non parve essere suggestionato da tali sensazioni, sul suo volto apparve un sorriso soddisfatto come di chi è giunto finalmente a trovare la soluzione ad una domanda esistenziale che lo perseguitava da giorni, notti e anni.
Era così curiosa di scoprire cosa gli ingranaggi del cervello di Julien stavano producendo e a quale follia lo avrebbero condotto. Lei, tuttavia, era certa che non voleva trovarvisi in mezzo!
La guida, così come era apparsa, sparì, e Marlene considerò che si fosse allontanata per cercare altri ignari visitatori, le prossime vittime da poter trascinare con le sue parole in quel mondo leggendario.
«Ok. Qui abbiamo visto abbastanza. Su Julien, andiamo, altrimenti rimaniamo indietro!» lo incitò poco cortesemente e poco femminilmente.
Stranamente – e Marlene avrebbe fatto bene ad attivare il campanello d’allarme – Julien la seguì, senza obbiettare, ancora irretito e le uniche parole che uscivano dalle sue labbra come una fastidiosissima nenia erano «re» e «corona».
Marlene alzò le spalle noncurante e ancora una volta non riuscì a cogliere i segnali d’avvertimento.
Preferì bearsi della visita al castello/museo come aveva voluto fin dall’inizio; Julien non richiamò più la sua attenzione. Sembrava che non registrasse le informazioni visive; poggiava il suo sguardo sugli oggetti ma era come se non li vedesse; la sua mente e i suoi occhi erano ancora là, davanti alla teca della corona di Re Artù.
Filò tutto liscio fin quando non giunsero alla fine del percorso, nell’ultima sala allestita per i bambini.
Sulla parete in fondo, al di sopra di una pavimentazione rialzata, un maestoso trono faceva sfoggia del suo immenso significato simbolico.
Poco vicino al trono, su un tavolino, erano posate due corone giocattolo; una delle due era stata costruita seguendo fedelmente il suo modello originale.
Gli occhi di Julien brillarono alla vista di due elementi inequivocabili di potere e con un largo sorriso in viso vi si diresse a passo deciso.
Sembrava un bambino, il bambino più felice che ci fosse stato sulla faccia della Terra nel giorno del suo compleanno davanti al regalo scartato tanto sognato.
Marlene scosse la testa sconsolata; presagiva guai.
Ma Julien non era affatto dello stesso avviso.
Tronfio sollevò con misurata lentezza la corona e con delicatezza se la posò sulla testa.
Prese un sospiro e poi si voltò verso Marlene e le rivolse il più bello dei sorrisi, radioso come il sole; poteva venire accecata da tanta felicità e lei non se la sentì di rovinargli quel momento importante per informarlo che si stava rendendo ridicolo.
Lui era felice, in un mondo tutto suo, ed era quello che contava di più.
«Hai visto, Marlene? Ora sono re!» esclamò a gran voce Julien.
«Solo perché ti sei messo in testa una corona?»
Marlene non riuscì a tenere a freno il suo sarcasmo, dopotutto quel sogno era di Julien, non il suo.
«Sì, certo! Ma questa è appartenuta a Re Artù» disse, indicando fiero la corona che indossava.
Non è esattamente così.
Ma Marlene si trattene dal dirglielo.
«E questo farebbe di te un vero re?» replicò invece.
«Certo! L’unico e il solo» ammiccò «il migliore.»
La modestia non è certamente il suo punto forte.
«Ah-ah» gli concesse con tono poco convinto, assecondandolo.
Cosa mi tocca sentire?
Intanto Julien si era accomodato sul suo trono e guardò il suo regno, quello che lo circondava, con occhi nuovi, con occhi da re.
Non gli dispiacque ciò che vide.
Non che ci fosse chissà cosa di straordinario: c’erano delle armi giocattolo, delle armature e simili per travestire i bambini. E poi c’era Marlene.
«Questo trono è davvero comodo.»
Marlene, però, non credeva affatto che quella fosse una seduta particolarmente agevole, improvvisò una piccola smorfia contrariata, che non vene captata dal sovrano.
Julien, intanto, buttò un occhio all’altra corona, ancora al suo posto. La osservava intensamente come se si fosse aspettato che quella potesse prendere parola da un momento all’altro.
Alla fine si risolse.
«Marlene!»
La giovane ragazza si sorprese al richiamo. Era abbastanza convinta di aver concluso il suo compito.
E invece si sbagliava.
«Marlene!» la chiamò di nuovo. «Vieni qui!» le ordinò con impazienza.
Certo che è entrato subito nel ruolo.
Lo raggiunse mentre Julien si alzava dal trono per dirigersi verso il piccolo tavolino che ospitava le corone.
Prese in mano quella che restava e Marlene comprese le intenzioni che aveva Julien.
No, non posso crederci. Non vorrà…
Rimase col fiato sospeso, non sapeva nemmeno il perché.
Occhi sbarrati, sentì un leggero peso sul capo.
«Marlene. Tu sei la mia regina» pronunciò in tono solenne.
E Julien era convinto di quello che diceva.
Le prese delicatamente la mano e la condusse vicino al trono. Si risedette e con un lieve scatto la incitò ad accomodarsi a sua volta.
Lei non si mosse, si trovava in uno stato simile allo shock, non riusciva a fare alcunché.
Aveva recepito il desiderio dell’altro, ma lì non c’era posto. Dove voleva che si mettesse?
«Su! Siediti sulle mie ginocchia!»
Ah.
Non ci sarebbe mai arrivata. E si vergognava a fare una cosa del genere, perché era passato così tanto tempo dall’ultima volta che si era seduta in braccio a qualcuno; l’ultima volta era stato con suo padre e le saliva, pungente, una lacrima all’occhio al ricordo.
Julien notò il suo tentennamento. Allora delicatamente – le loro mani erano ancora intrecciate fra loro – l’accompagnò nei movimenti.
Inizialmente la ragazza tenne una ferrea resistenza, ma pian piano si dimostrò più docile e ben disposta a collaborare, a lasciarsi condurre.
E infine rivisse il mondo da quella particolare angolatura e riscoprì che le era mancato.
Doveva essere grata tutto sommato a Julien, perché l’aveva portata nel suo mondo e inconsapevolmente le aveva fatto rivivere delle sensazioni dimenticate, assopite.
Ritornò bambina e fu felice; per quell’istante dimenticò il mondo reale, la possibilità che qualcuno avrebbe potuto vederli e pensare male di quella scena, ma non le importava più.
 
 
 
 
***
 
 
 
 
Marlene. Tu sei la mia regina.
Non sapeva spiegarsi come mai in quel momento così cruciale per la sua vita futura le era venuto in mente quell’episodio.
Guardò gli occhi dell’uomo che aveva di fronte, gli occhi che avrebbe rivisto tutte le mattine, al risveglio, e l’ultima cosa che avrebbe guardato la sera, prima di addormentarsi.
Le era sovvenuto quel ricordo, perché forse era stato proprio da quel momento che aveva sentito qualcosa di diverso per Julien, anche se poi ce ne erano voluti di anni per avere la certezza che fosse amore!
Lo osservò, mentre le infilava la fede nuziale al dito.
Era sicura di aver fatto la scelta giusta, non se ne sarebbe mai pentita.
Nessun Lancillotto si sarebbe intromesso fra loro, spezzando il loro amore.
Gli sorrise e a sua volta compì quel gesto apparentemente così semplice ma significativo, che li avrebbe uniti per sempre.
 
 
 
 
 










 

Hola a todos! ^_^
Sono meravigliata di essere tornata così presto a scribacchiare qualcosa per questo fandom, in realtà lo sono per essere riuscita a produrre qualcosa in generale. XD
Ad ogni modo, ecco qui la mia ultima JuLene. *parte un coro entusiasta, solo nella mia testa!*
Sapete quanto adori questa coppia e forse non dovrei dirlo così tanto spesso ma che volete farci?  
Allora prima di sparire, volevo spiegare un po’ come è nata questa piccola shot. Dunque mi trovavo in quel luogo oscuro che è l’università a seguire una lezione e così all’improvviso mi è venuta in mente un’immagine, e ho provato a metterla su carta. Sebbene mi piaccia disegnare, ammetto che sono rimasta molto indietro poiché ho trascurato un po’ questo mio hobby, ma spero un giorno – quando mi convincerò! – di trovare del tempo per riprendere mano e chissà, magari anche migliorare un po’. :D
Quindi, ho provato a buttare giù uno schizzo obbrobrioso di un Julien seduto su un trono e di Marlene seduta sulle sue ginocchia. Immaginatevi la sua espressione! XD
E poi mi sono venuti in mente i dialoghi. Poi,  la mia testa bacata ha pensato bene che avrebbe potuto scrivere quella scena e così mi sono ritrovata a contestualizzare un po’ il tutto.
E questo è il risultato. C:
Non sono sicura se esiste, da qualche parte nel mondo conosciuto, un museo dedicato alla figura immaginaria di Re Artù, ma facciamo finta di sì. :D
A parte questa piccola incongruenza, spero comunque che la fic possa piacere.
Un’ultimissima cosa: per quanto riguarda la leggenda di re Artù mi sono basata – e penso si sia capito – sulla serie televisiva Merlin, perché non sono riuscita a trovare la versione popolare e classica, per così dire.
Ho trovato di tutto, a parte quello che mi serviva. LOL
E dopo tutto questo papiro, vi comunico che ho concluso. ;)
Grazie a chi è arrivato fin qui, grazie a chi leggerà e a chi vorrà lasciare un piccolo parere, consiglio, critica costruttiva.
Alla prossima! ;)
Selly



 
   
 
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