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Autore: ethelincabbages    06/03/2015    15 recensioni
Prendi il caffè e prendi il tè. Ci hanno abituati a riempirli di latte perché erano troppo amari per le delicate fanciulle dell’era georgiana. Ed è vero, onestamente. Com’è vero che il latte in sé e per sé è alquanto triste e bianco e noioso.
Una piccola analisi delle relazioni complicate e imprevedibili che intercorrono tra latte, tè e caffè. Alla maniera di Harry e Hermione.
Avvertenza: La lettura di questa fanfiction è fortemente sconsigliata agli amanti del latte nel tè.
Harry/Hermione | Commedia, Fluff, Slice of life | One-shot
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Grattastinchi, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Harry/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Titolo della fanfiction: Caffé Corretto
Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley, Grattastinchi
Coppie: Harry/Hermione, Ron/Hermione
Generi: Slice of life, Commedia, Romantico, Fluff
Rating: Verde
Capitoli: 1 – One-shot (in quattro parti)
Beta-reader: vannagio
Note personali: Ho viaggiato un po’ nel largo mondo dei fandom, ma ora, finalmente, sto tornando a casa. Questa one-shot è stata in incubazione per circa un anno: è nata come evoluzione di una doubledrabble (le iscrizioni all’inizio di ogni sezione) che avevo condiviso con i ragazzi del gruppo Cercando chi dà la roba alla Rowling. La considero quasi una dichiarazione d’amore per il caffè. E per Harry e Hermione.

Ringrazio di cuore
Beapot perché se non mi avesse suggerito di espanderla non ci avrei neanche pensato
Lights perché ha accolto e apprezzato la storia e con le sue parole mi ha convinto a concluderla e amarla
roxy_xyz perché mi dà retta, legge e corregge sempre
vannagio che tifa ancora Romione ma mi ha betato lo stesso ed è stata carinissima e gentilissima
e Lolla perché è Lolla
per questo e tanto altro vi lovvo tantissimissimo <3

PS: Prometto solennemente di vendicare il povero cuore spezzato di Ron in un non determinato futuro.

Credits: Le ambientazioni, i personaggi di Grattastinchi, Harry Potter, Hermione Granger e Ronald Weasley appartengono a J.K. Rowling, Bloomsbury Group, Warner Bros e chiunque altro ne detenga i diritti.

Caffè Corretto
1.
Prendi il caffè e prendi il tè. Ci hanno abituati a riempirli di latte perché erano troppo amari per le delicate fanciulle dell’era georgiana. Ed è vero, onestamente. Com’è vero che il latte in sé e per sé è alquanto triste e bianco e noioso, anche se buono.

Dlin-dlon, un cliente entra, un cliente esce. Hermione alza sempre lo sguardo verso la portafinestra quando sente il campanellino suonare, ma ancora non si vede nessuno dei due.
La caffetteria l’ha scelta lei questa volta. È vicino al Ministero, piccola e raccolta, i muffin sono ottimi, ci sono dei bei divanetti e le vetrate si affacciano su Reynold’s Park, foglie e fiocchi di neve si mescolano nel vento dall’altra parte della finestra. Può permettersi di sorseggiare una tazza di latte caldo - zucchero, uno, senza miele, prego – mentre rivisita i documenti sul caso Miles-Winchester che il sottosegretario Gareth vuole sulla scrivania tra quarantotto ore – Distretto di Paddington, The Cleveland Arms Pub, ore 2:33 del mattino, esposizione della magia a opera di L. Miles e J. Winchester, sette Babbani presenti – prima che Ron e Harry si facciano vivi.
Perché c’è sempre del tempo da ammazzare prima che Harry e Ron si facciano vivi. Si saranno persi in qualche discussione infinita su Cannoni di Chudley contro Puddlemere United o qualcosa di ridicolo del genere. Perché continua a dare retta ad entrambi, poi? Un sorriso spontaneo le compare sul viso. Sono il suo Harry e il suo Ron.
Quando finalmente arriva il loro dlin-dlon, Hermione ha avuto modo di riguardare tutte le deposizioni, due volte, e di abbozzare, sistemare e completare la relazione per il sottosegretario. Harry entra per primo e la saluta alzando due dita: la sciarpa troppo grande che gli ha regalato gli copre il naso, tra i capelli che sparano a destra e a manca c’è qualche fiocco di neve e, nei suoi occhi, un sorriso.
Nonostante Ron nasconda lo sguardo sotto il cappuccio del suo giaccone, di un improponibile arancione acceso, trova comunque il modo di salutarla con un bacio a fior di labbra. Screpolate e dolci e strane, le sue labbra. Fa ancora un po’ strano sentirle sulle proprie.
Harry le fa una boccaccia, mimando un conato di vomito, mentre prende posto di fronte a lei. E quando ci sono io cercate di limitare i baci, per favore. Glielo aveva chiesto gentilmente d’altronde. Giusto.
Si scosta piano, spingendo Ron sul divanetto accanto a lei e gli tira giù il cappuccio. Perché sono al coperto ed è maleducato, e, onestamente, è orribile a vedersi. “Perché insisti ad andare in giro con questa roba addosso, Ron?”
“È il giaccone ufficiale dei Cannoni,” spiega, ed è la cosa più ovvia del mondo per lui. Già, i Cannoni.  Riuscissero a buttare giù qualche nave, almeno, questi cannoni.
“È un po’ tanto arancione, Ron,” s’intrufola Harry. È dalla sua parte questa volta.
“Arancione, ca-ta-ri-fran-gen-te,” sillaba l’ultima parola per lasciare un’impressione nella mente di Ron. Dubita che possa funzionare realmente.
“Arriverà il giorno in cui capirai anche tu il valore del Quidditch, tesoro…” Tesoro?  Chi? Da quando? E perché?
Tesoro? Harry le pone la stessa domanda, mimando la parola con le labbra: la lingua sbatte sui denti, prima di aprirsi e vibrare sul palato. Ha gli occhi spalancati, Harry, e gli occhiali gli cascano sul naso. Forse sta pensando anche lui a quante bizzarre cose implichi quell’appellativo.
“… quest’anno con Bradley e Tuglas in attacco …”
Poi Harry sogghigna, e scoppia a ridere anche lei.
Non ha capito nulla del discorso di Ron. “Cosa avete da ridere così tanto?”
“Non lo so, amico,” risponde Harry, “che te ne fai di un buon attacco se non hai un cercatore decente?” Harry ignora di proposito l’ultima domanda di Ron. Osserva con attenzione la lista delle bevande calde che offre il menù. Le leggerà tutte, una per una, e poi opterà per un caffelatte con cacao. Fa sempre così. “Credo che prenderò un latte macchiato,” li informa, ancora leggendo. Alza lo sguardo e incontra gli occhi di Hermione, un occhiolino e poi ritorna a Ron. “È come ti dicevo prima, avrebbero dovuto prendere Krum quando ne avevano la possibilità.” Ecco cosa vuol dire quell’occhiolino. “Con un po’ di cacao,” aggiunge tra sé e sé, guardando di nuovo il menù.
Se esiste un modo per impedire a Ron di parlare di Quidditch è nominare Viktor Krum. “Non mi piace Krum. Farkas è mille volte meglio.” La reazione di Ron al nome di Viktor non delude mai: stringe gli occhi, diventa paonazzo e, adesso – altra novità – le stringe forte la mano. Hermione non sa se essere offesa o lusingata da questa sua estesa possessività.
“Ma per favore! È un ragazzino. Viktor ha l’esperienza e il talento dalla sua.”
“E le motivazioni,” aggiunge Hermione, rincarando la dose, “voleva trasferirsi in Inghilterra definitivamente. Le motiv-”
“Ma non dovevamo scegliere il colore delle tue piastrelle o cosa, Harry?” Cambiamo argomento, Ron. Ottima strategia.
“Dobbiamo ritinteggiare Grimmauld Place, Ron. Ritinteggiare.”

 
2.
Il fatto è che latte e caffè presi da soli sono okay, forti, fantastici, ma quando li prendi insieme hanno quella marcia in più, magari ti sconquassano lo stomaco per un po’ ma come inizierebbe una giornata se non ci fossero latte e caffè? E la schiuma? Vogliamo parlare della schiuma del cappuccino? Non c’è niente da dire: insieme funzionano. Nessuno può negare che latte e caffè siano fatti per stare insieme.

Harry Potter sta bene. Sorride, scherza come l’idiota che è, e per una volta nella sua vita nessun signore oscuro vuole eliminarlo dalla faccia della terra. Ed è meraviglioso sentirlo ridere. Forte, senza pensieri.
Stanno lavando via la carta da parati nella stanza che ai tempi dell’Ordine fungeva da camera da letto per Ginny e Hermione, secchi d’acqua a terra, scala in mezzo alla stanza e pennelloni in mano.
“Perché a Grimmauld Place o fai le cose per bene o non le fai proprio.”
“Significa che la magia non funziona sulle pareti, vero?”
“Yup.”
Harry afferra con la mano una striscia di carta che Hermione ha da poco inumidito, scivola via con leggerezza, come la buccia di un mandarino fresco e profumato. Sensazioni che di solito non si possono accostare a Grimmauld Place. I mazzolini di achillea violacea, intramezzati dai boccioli di malvarosa, si sciolgono sempre più ad ogni colpo di pennello. La mano barbara di Harry fa il resto, lasciandoli rovinare a terra. Rimane il grigiore di una parete nuda e vecchia di secoli.
“Non trovi che ci sia qualcosa di emozionante in un certo senso? Uno strappo e ricomincia tutto da capo. Solo uno strappo. Zap. Tutto nuovo.”
“È il firewhiskey che parla.” 
C’è qualcosa di catartico nel calpestare senza alcuna pietà le vecchie edizioni della Gazzetta del Profeta, quelle con le firme di Rita Skeeter e Jacob Danny, quelle pagine piene di illazioni e allusioni alle attività sospette e ai gusti strani di chi gli ha salvato le chiappe più di una volta. Le foto dei reporter osservano le suole delle scarpe con un certo timore.
“No. Sì. È sicuramente il firewhiskey a parlare,” Harry ride ancora, “un altro bicchiere?”
Hermione soppesa l’offerta. Il firewhiskey è un po’ come fortuna liquida distillata, la giusta dose potrebbe liberarti da ogni cattivo pensiero, ma troppo potrebbe darti alla testa e combinare solo guai. Sarebbe il terzo bicchiere. Due è un buon numero. Semplice, tondo, equo. È il numero tre che è problematico.
Harry acciuffa la bottiglia di Odgen’s – 1987, presente della professoressa McGranitt, “Per le grandi occasioni, Harry”. Versa con rapidità un bicchiere per sé e uno per Hermione. “A te l’onore,” le si rivolge, soddisfatto.
Hermione scuote la testa: non pensarci.
“Incendio,” bisbiglia, ticchettando la bacchetta prima su uno e poi sull’altro bicchiere. Le fiammelle si accendono e divampano nel liquido scuro, per poi consumarsi su se stesse.
“Salute!”
*
“Voglio un cielo stellato. Domani vado a comprare una volta celeste. La metto in questa stanza.”
“Domani vai a comprare il cielo, Harry?” Hermione non riesce a evitare di ridacchiare un po’. Harry è disteso supino sul pavimento. Il soffitto di Grimmauld Place è sempre grigio, sempre vecchio e sempre banale. Ma Harry riesce a vederci le stelle. Probabilmente, grazie all’aiuto del firewhiskey che stringe sotto il braccio. “Vieni qua,” sbatte il palmo della mano sull’angolo di pavimento alla sua destra, c’è qualcosa di infantile nel suo modo di fare. Hermione decide di assecondarlo e si sdraia accanto a lui, forse si vede davvero un cielo stellato da quella prospettiva.
“Dudley ne aveva uno in camera, c’erano i nomi e i numeri e brillavano al buio. Poi lo ha strappato perché era da sfigati, diceva. A me piaceva però. Quando entrai la prima volta in Sala Grande, wow… c’era il cielo vero, là.”
Hai undici anni, si spalancano le porte, e mentre tutti mangiano, c’è un cielo infinito sopra di te. Infinito. Nessuno può scordare com’è entrare per la prima volta nella Sala Grande di Hogwarts: è wow con la bocca ferma sulla ‘o’, gli occhi spalancati e le mani che vorrebbero afferrare il cielo. Proprio come l’espressione di Harry in questo momento.
“Potremmo provare a riprodurre l’incantesimo di Hogwarts, se vuoi.” Il soffitto di Grimmauld Place è sempre grigio e banale, ma adesso anche a Hermione pare possibile ricreare sul serio il cielo stellato.
“Sapresti farlo?” Harry le stringe la mano e se la porta alle labbra. Uno smack sonoro e convinto.  “Ovviamente, tu sapresti farlo.” È il suo tono entusiasta che riesce a convincere Hermione, quel tono cristallino e sicuro, così fiducioso.
 “Dovremmo provare, Harry,” gli spiega, osservandolo. È tornato a fissare il soffitto, ma non smette di stringerle la mano. “Potremmo riuscirci,” gli concede.
Harry sorride, tira un sospiro e si volta verso di lei. Con gli occhi grandi, grandi e verdi, verdi.
Harry è un bel ragazzo, nessuno potrebbe dire il contrario. Abbastanza alto e forte da abbracciarti facendoti sentire protetta, forse ancora troppo magrolino e alle prese con una relazione piuttosto complicata con il barbiere. Ma quando uno dei suoi sorrisi riesce a raggiungergli lo sguardo, c’è qualcosa in quegli occhi verdi capace di rubarti il fiato.
E forse questo non è un pensiero che dovrebbe avere sul suo migliore amico. Non sul miglior amico che non è il suo fidanzato.
“Io e te, insieme, Hermione Granger, potremmo riuscire in qualsiasi cosa.”
Ma lui non dovrebbe neanche dire certe cose, non con quegli occhi là, enormi e chiari e lucidi per via del firewhiskey.
Hermione non si rende conto di quanto forte stia stringendo i denti sul labbro, finché Harry non glielo fa notare, accarezzandoglielo con il pollice. “Così finirai per farti male.”
Dovrebbe rispondere con una frase insulsa, una qualsiasi. Basterebbe una sola parola, un diniego nella piega delle labbra, nello sguardo. Ma Harry non la smette di accarezzarle la guancia con la punta delle dita e quelli sono stupidi brividi di freddo, no?
“Ho intenzione di baciarti, Hermione, e non sarà per via dell’alcool, né della solitudine, né della confusione. Ho intenzione di baciarti perché voglio baciarti e questa è la tua occasione per anda-”
Andare via. Ma Hermione Granger non è mai stata capace di lasciare andare via Harry Potter.
Gli ricaccia le parole in bocca, azzerando la distanza che li separa, preme lieve le labbra su quelle di lui. Uno, due, tre. Si sfiorano appena, a tratti, prima di aprire la bocca quel tanto che basta per approfondire il bacio.
Harry. È tutto quello che Hermione riesce a sentire: le mani, che scivolano giù sul ventre, lungo i fianchi a stringerla; i riccioli sulla nuca, che si incastrano tra le sue dita; le labbra e la lingua, che sanno di firewhiskey e limone. E bruciano.
 

 
3.
Poi c’è il tè. Non c’è un solo bambino che non inorridisca alla visione di tè e latte insieme, voglio dire, li hai visti? Ognuno se ne sta per fatti suoi se non li mescoli per bene e hanno quel sapore bizzarro, sembrano fare a botte tra di loro. Ma poi ti abitui, chissà per quale assurdo motivo, in qualche assurdo modo ti sembra che funzioni. E ti piace, ti affezioni.

La pioggia londinese è un cliché che non abbandona mai le mattinate di Hermione. Perché è Londra ed è lì, con le sue strade giganti, le notti infinite e le gocce di pioggia sugli infissi delle finestre.
Il caso Miles-Winchester è finito sulla prima pagina del Profeta, trafiletto a destra in basso, perché c’è il suo nome tra i prosecutori. Basta così poco al giorno d’oggi per finire in prima pagina. Almeno non c’è nessun commento sulla sua vita amorosa, avrebbero di che discutere quei finti giornalisti.
Grattastinchi gironzola tra le gambe della sedia e le sue, sembra elemosinare un po’ del suo pane e marmellata. Come se già non fosse una grossa palla di pelo arancione.
“Hai già mangiato,” lo rimprovera. Il gatto alza lo sguardo verso la padrona come se cercasse di sfidarla. Hermione scuote la testa, Grattastinchi alza la coda e fila via. Si è offeso, ovviamente.
Ma è un gatto intelligente, non è pronto a mollare. Decide che è meglio far le fusa coi draghetti del pigiama di Ron, che, da parte sua, rovista nella credenza alla ricerca di una paio di bustine di Earl Grey.
“Perché ho il tuo gatto tra le gambe?” biascica lui, mentre riempie il bollitore d’acqua.
“Vuole dolci. Non cedere.”
“Sì, signora!” Ron annuisce, mimando il saluto militare. Se ne sta accovacciato contro il lavello, guarda in malo modo Grattastinchi, mentre aspetta che l’acqua bolla. Ha i capelli schiacciati in fronte e una t-shirt sdrucita e non c’è niente di militare nel suo atteggiamento. Con buona probabilità, a spiarlo in Accademia ci sarebbe di che divertirsi.
Ma osservarlo, appena sveglio, in maglietta e pigiama a draghetti, mentre prepara il tè è tutta un’altra storia. Perché magari non avrà niente di quello che l’Accademia Auror chiede, ma è dolce, divertente e premuroso. E non si merita tutti quelli che sono i pensieri di Hermione da un po’ di tempo a questa parte. Pensieri che sanno di whiskey e di limone.
Meglio ritornare alla Gazzetta del Profeta e al pane e marmellata.
“Ecco.” Ron le porge la tazza di tè fumante e le si siede di fronte.
Non può nemmeno evitarlo per tre secondi. Abbassa il giornale e gli dedica un sorriso a metà. “Grazie.”
“Ehm,” lo sente schiarirsi la gola, “grazie per avermi ospitato stanotte. Chissà cosa avranno pensato i tuoi.”
I suoi non abitano più in quella casa da diversi mesi e non hanno voce in capitolo su come Hermione preferisce passare le notti e lui lo sa. Quello che sta dicendo sul serio suona piuttosto come: perché non mi hai lasciato dormire con te?
Hermione ingoia una risposta che non saprebbe dargli con una sorsata di quell’Earl Grey che lui ha preparato con tanta attenzione. Ingoia ma c’è qualcosa che non va in questa tazza di tè.
Hermione si ritrova a inumidirsi le labbra, assaporando il gusto inconsueto del latte nel tè. Stupido latte nel tè. Posa la tazza e si ferma ad osservare il liquido all’interno. Marroncino giallognolo? Che colore orribile.
È tutta colpa del latte. Perché il latte deve rovinare sempre tutto? Non lo vedi che non stai bene con il tè? Non ti rendi conto che non riuscite ad amalgamarvi sul serio. Cosa avete in comune? State insieme per comodità e abitudine. Tè e latte non funzionano. Chi è l’idiota che ha pensato potessero funzionare? Come ha fatto a convincere il resto del mondo che potessero funzionare?
“Perché hai messo il latte?” chiede, continuando a fissare la tazza.
“Credevo ti piacesse l’Earl Grey col lat-,” borbotta Ron, senza porci molta attenzione. Si è buttato anche lui sul pane e marmellata. Credeva anche lei che le piacesse, da bambina, quando passava i pomeriggi dalla nonna, c’erano i biscotti al burro e il tè con il latte. Le era sempre piaciuto. Finora.
“Hermione?” Si sente chiamare. Ron piega la testa di lato, come se volesse scrutarla in favore della luce. Sembra perplesso. “Scus-, ma… stai piangendo.”
Con indice e medio si sfiora la guancia destra. Sì, sta piangendo. Perché il latte rovina sempre tutto.
“Scusa, Ron io non… ormoni? È tardi. Prenderò un po’ di caffè a lavoro.”
Scatta in piedi senza dare una spiegazione né a se stessa, né all’espressione preoccupata di Ron.
Le era sempre piaciuto l’Earl Grey. Aveva sempre amato l’Earl Grey. Solo, non con il latte.
Sente le zampette di Grattastinchi seguirla nella sua fretta verso il giaccone e la borsa. Non ha tempo di dar retta anche a lui. Ma il gatto la osserva deluso e arrabbiato quasi volesse rimproverarla. Ma come fa un gatto a essere deluso e arrabbiato? I gatti non rimproverano, Hermione.
“Okay, ma parliamo dopo, vero?” La richiesta di Ron arriva lontana e spaurita quando ormai è già sulla porta.
“Certo, parliamo dopo.”

 
4.
E poi riprovi il caffè.

Una copia, più una, più una, più un’altra ancora. Quando studiava a Hogwarts la sua idea di un ruolo attivo nella magisprudenza era leggermente diversa. Ma il sottosegretario vuole tutti i suoi bei fogli protocollati in triplice copia con stemma, firma certificata e bacio accademico? Glieli avrebbe dati. È un fantastico metodo per tenere la mente lontana da tè, latte o firewhiskey, d’altronde. In fondo, si tratta solo di un colpo di bacchetta. Moltiplicato per settemila novecento cinquantatré. Finirà per lussarsi il polso, ne è sicura.
“Pausa caffè?” La richiesta suona come le trombe della cavalleria che accorrono a salvarla. Eppure l’arrivo di Harry non è preceduto da nessuno squillo di trombe, compare dal nulla, come fosse sempre stato lì. Spalla contro l’uscio, le sorride incerto. È sorprendente realizzare quanto le sia mancato quel sorriso. Non proferisce parola, attende una sua risposta, ha due bicchieri da asporto in mano, una fasciatura sulle nocche e il labbro gonfio. Cosa diamine è successo?
“Harry, cosa?” Scatta in piedi, avvicinandosi per controllare i danni, e neanche si rende conto dell’espressione preoccupata che deve essersi disegnata sul suo viso.
Harry ridacchia e scuote la testa, a minimizzare la cosa. “Caffè macchiato,” le porge il bicchiere più piccolo, “un cucchiaino di zucchero di canna. L’ho preso in quel posto italiano che piace a te, quello vicino al Royal Opera House. È ancora caldo.”
“Grazie, suppongo… che ci fai qui, Harry?”
“Cercavo la mia assistente decoratrice. E dato che mi sta evitando, ho pensato di evitare di evitarci,” le spiega, divertendosi fin troppo a giocare con le parole.
“Non ti sto evit-,” incomincia, ma lascia perdere all’occhiata diffidente di lui. “È che ho un sacco da lavorare,” cerca di giustificarsi.
“Fotocopie?” chiede lui, piegando la testa di lato e schioccando la lingua contro il palato. Adesso, la prende pure in giro?
“Almeno avessimo una fotocopiatrice…” sospira lei. “Andiamo fuori di qua,” lo prega.
Harry non può fare altro che annuire.
*
Le nuvole coprono il cielo a piccole macchie nel parco che Harry ha eletto come loro rifugio. Per fortuna, non piove ancora. Una donna si lascia trascinare in giro dal suo enorme alano, mentre un paio di joggers corricchiano di qua e di là. È un giorno feriale.
Harry sorseggia il suo cappuccino con irritante calma, Hermione ha finito il caffè da un pezzo. Le fa venire voglia di prenderlo a schiaffi. Se non per il fatto che quel labbro enorme e violaceo la farebbe sentire fin troppo in colpa.
“Cosa hai fatto al labbro? E alla mano?” Un’idea ce l’ha, ma non è sicura sia saggio rimuginarci su. “Allenamento finito male?”
“Più o meno,” bisbiglia una risposta vaga. Chiaramente non ha voglia di parlarne, ma la curiosità di Hermione è sempre stata più forte del suo buon senso. Qualcosa che hanno tristemente in comune.
“Più o meno?” insiste lei.
“Sono in squadra con Ron,” Oh, ovviamente. “Non è molto…” Morde il bordo del bicchiere: sta pensando alla parola giusta da usare. “… socievole, ultimamente. E io potrei aver detto…” Sta massacrando quel bicchiere ora. “… qualcosa che potrebbe avergli fatto capir-”
“Harry! Hai fatto a pugni con il tuo miglior amico?”
 “Sì. No. Abbiamo parlato. E poi mi ha tirato un cazzotto. Dovevo difendermi! E, alla fine, abbiamo parlato di nuovo.”
Questa cosa è così primitiva e maschilista e ridicola e, come ha fatto a mettersi tra Harry e Ron? Il suo Harry e il suo Ron? Forse questi aggettivi possessivi sono parte del problema.
“Non doveva andare così …” Non avrebbe mai dovuto baciare Harry quella sera a Grimmauld Place, non avrebbe mai dovuto saltare addosso a Ron per quella adorabile attenzione verso gli Elfi, non avrebbe mai dovuto dividere una tenda solo con loro due per più di un anno. Anzi no, non avrebbe mai dovuto accettare il loro aiuto contro il troll nel bagno delle ragazze, non che avesse molta scelta in quel frangente ma.. . O forse, ancora meglio, non sarebbe mai dovuta entrare nel loro scompartimento durante il loro primo viaggio a Hogwarts. Maledetto il giorno in cui ha riparato gli occhiali di Harry Potter!
Deve avere un’espressione fin troppo crucciata, perché Harry le posa una mano sulla spalla, fermando di fatto la loro passeggiata.
“Hermione,” le impone di guardarlo in viso col suo tono, “avevamo bisogno di parlare.”
“E i pugni?”
“Avevamo bisogno anche di quelli. È stato il nostro modo per risolvere le cose. Ron è ancora il mio migliore amico.” Harry ha imparato a usare le parole con cura, sa quale balsamo possano essere per la sua mente confusa. Questi sciocchi sentimenti ingarbugliati non possono intromettersi nella loro amicizia. “Che lui lo realizzi o meno,” aggiunge però alla fine, con un mezzo sorriso.
Sono immobili in mezzo al parco, dietro un paio di cespugli di lavanda. “Fa male?” chiede lei, sfiorandogli appena il labbro. Harry scuote la testa e ne approfitta per acciuffarle la mano e baciarle il palmo. Dovrebbe davvero smetterla di baciarle la mano. Gliela stringe e ricomincia a passeggiare.
“Perché non mi hai detto che non state più insieme?”
Hermione tira un sospiro profondo. “Voi avete bisogno di pugni, io… avevo bisogno di tempo. Harry, quello che abbiamo fatto non è stato giusto.”
“Sì, lo so. Ma adesso,” si ferma un attimo, si schiarisce la gola. Adesso è un altro tempo, un’altra storia.  “Adesso non siete più insieme. Deve pur voler dire qualcosa… per… per noi?” Le stringe più forte la mano per richiamare l’attenzione su quel noi. Noi come una passeggiata mano nella mano.
“C’è un noi?”
“C’è sempre stato un noi. Credevo fosse questo il problema.” Quel pizzico di ironia nel suo tono di voce è quasi sexy. La lascia intravedere sempre così poco. Accompagna le mani grandi e gli occhi verdi. Basterebbe solo questo per farla cadere a occhi chiusi in quel noi. “Hermione, sul serio. È tua la scelta. Vorresti che mi facessi da parte?”
“No. Certo che no.” La risposta le corre sulla lingua prima ancora di pensarla. È confusa? Sì. Ha paura di quello che accadrà? Sì. Teme di aver ferito troppo Ron? Sì. Ma il pensiero di non avere Harry accanto, no, quello no, non saprebbe neanche immaginarlo. Scuote la testa, mordicchiandosi il labbro. Lo guarda appena in viso per vederlo tirare un sospiro di sollievo, poi gli occhi le cadono di nuovo sulle loro mani intrecciate. Noi.
“Bene. Perché non sono così nobile d’animo. I-io non mi metterò da parte perché Ron è un mio amico, non sacrificherò la mia, la nostra, occasione per essere felici per proteggerlo dalle sue paure. Gli passerà. Hai bisogno di spazio, lo avrai. Hai bisogno di tempo, aspetterò. Ma non chiedermi di stare da parte.” Da quand’è che Harry è diventato così adulto? Da quando usa quel tono deciso e quello sguardo convinto? Sa cosa chiedere, perché sa quello che vuole. Lei. E non c’è io razionale che tenga contro il sorrisetto di esultanza che questo pensiero produce. “Non è un gioco, tu sei… Hermione. E io ti a… voglio stare con te e combatterò per stare con te. E adesso ti prego dì qualcosa perché ho esaurito la mia qu-”
“Sssh,” lo blocca posandogli l’indice sulle labbra, attenta a non premere su quello malandato. Gli osserva il viso, le sopracciglia inarcate, gli occhiali sul naso che andrebbero sempre tirati su, l’ombra di barba che gli copre gli zigomi. Sostituire l’indice con le proprie labbra le viene semplice e naturale. Piano. A occhi chiusi e in punta di piedi. “Grazie per il caffè, Harry Potter,” sussurra sulle labbra di lui.
“Sempre un piacere,” sogghigna lui, tra un bacio e l’altro. “Ho ancora bisogno di aiuto per ridecorare casa però.”
 
 “Hermione, credo che la metafora ti sia sfuggita un po’ di mano…”
“Tu sei il caffè, Harry. Sei il caffè.”
 
   
 
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