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Autore: Magali_1982    06/03/2015    3 recensioni
Sette rintocchi.
Tremò ogni singolo componente della cucina ad angolo, i doppi vetri delle finestre, le cornici appese alle pareti. Spaventata, si staccò dal mobile.
Undici rintocchi
Calò il silenzio, il rumore minaccioso e il sottofondo di un colpo di coda partito metri sopra di lei cessò.

Forse tutto iniziò da lì. Un' invasione aliena, la scoperta di mondi mai visti. Una ragazza che si trova a lottare e capire di nuovi il significato di vivere. L' invasione di New York vista non solo dagli Eroi ma anche da chi non crede di esserlo e si comporta come tali. (Prequel di "The List".)
Genere: Avventura, Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Natasha Romanoff, Nuovo personaggio, Steve Rogers, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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*Una porta viene aperta.Entra qualcuno che comincia ad aprire finestre, sprimacciare cuscini e togliere ragnatele*
Ai nuovi come ai vecchi lettori, porgo il mio saluto! Sì lo so, l' ambiente è po' polveroso ma come vi dissi, sono stati mesi decisamente impegnativi.
La storia che vi apprestate a leggere è un prequel delle vicende narrate in "The List", reperibile sulla mia paginetta ma può essere letta tranquillamente anche senza conoscere questa ff. E' un piccolo lavoro, spero vi piaccia.
Grazie per la pazienza per chi ha atteso. Grazie a chiunque passerà di qui.

Maddalena





 
"Sing me a song of a Lass that is gone,
Say, could that Lass be I?
Merry of soul she sailed on a day

over the Sea to Skye..."




 
New York, maggio 2012.


 
Il vecchio taxi procedeva placido, grosso insetto giallo dalla carrozzeria un po' ammaccata, portato verso Manhattan dalla corrente costante del traffico. La radio suonava un vecchio pezzo del Re. Il reticolo di ombre generate dal sole alto sopra le strutture portanti del Brooklyn Bridge e i suoi centinaia di tiranti in acciaio scorreva sul parabrezza.
Rashid Shapiro era diventato cittadino americano lo scorso anno e aveva trascorso gli ultimi dieci ad aiutare il padre ad ampliare il parco macchine della loro piccola azienda di trasporti privati. Stava tornando da Flushing Bay, con a bordo una coppia inglese in visita alla Grande Mela.
Conosceva a memoria ogni angolo e prospettiva irta e spezzata disegnata dallo Skyline di Manhattan; eppure in quel giorno di primavera, croccante e terso, gli parve smaltato da una nuova patina traslucida.
"Patrick! Guarda!"
L'anziana signora fece scattare per l'ennesima volta il fastidioso "click" della fotocamera del suo iPhone. Rashid aveva smesso di contarli dopo il numero trenta, chiedendosi quale interesse nipoti e amici avrebbero mai potuto avere per una strada ad alto scorrimento ripresa in ogni secondo di viaggio. Dallo specchietto retrovisore vide un dito grassoccio indicare verso l'alto.
L'autista fece in tempo a vedere una scia disegnata da un oggetto in volo a folle velocità, diretto verso uno dei nuovi grattacieli costruti attorno al Grand Central Terminal. Sorrise.
"Cosa mai poteva essere?" domandò l'uomo alzando il naso dal palmare dove aveva già aperto la mappa della città.
"Lo vedrete spesso, signori. Tony Stark ama spostarsi in questo modo."
Un sommesso coro di esclamazioni meravigliate accompagnò il resto del viaggio.
L'esoscheletro -per gli appassionati di settore- o l'armatura -come la chiamavano tutti- e il suo creatore erano ormai diventati parte delle tipiche attrazioni americane. La più celebre al mondo, dal giorno in cui il geniale miliardario aveva confessato la sua seconda identità.
Era un vero peccato che un simile spettacolo oggi non fosse classificabile come routine.
Mancavano solo dieci minuti al momento in cui tutti, nei Cinque Distretti prima e poi in ognuno dei quattro continenti, se ne sarebbero accorti.





Don't dream too far
Don't loose sight of who you are.

La voce mesta di Elphaba Strega dell' Ovest* risuonò nel soggiorno, mentre lo smartphone prese a muoversi sul tavolino. Seduta al suo tavolo da lavoro, la ragazza benedisse la momentanea assenza di una vibrazione in grado di alzarsi d' intensità per meglio molestare chi non aveva voglia di rispondere. Riuscì a ignorare la chiamata ma non il testo della canzone.
Un pennello venne violentemente schiacciato in una pozza di rosso vermiglio.
Don't remember that rush of joy
He could be that boy...

Niente, chiunque ci fosse dall' altra parte non voleva mollare.
Sospirò, strizzando gli occhi e pinzandosi la radice del naso col pollice e indice sinistri. Ci mise un secondo ad alzarsi e afferrare il telefono ma non sarebbe masi stata così veloce da troncare l'ultima frase del verso.
...I'm not that girl.
Non poteva maledire il pessimo tempismo. Nemmeno il brano in sé. Era stata lei a sceglierlo come suoneria. Era lei a voler sentire quelle parole.
"Non dirmi che ti ho disturbato in un sacro momento di creatività!"
Nicholas sapeva essere petulante e offeso insieme. Erano diversi giorni che riusciva a evitare di parlare col fratello minore ma pur di non trovarselo sulla porta di casa dopo un viaggio in auto da Boston, alla fine si era vista costretta a concedergli più di qualche secondo per fiacchi saluti di circostanza.
"Come sempre. Ti ricordo che mi mantengo così, devo lavorare."
"Ultimamente la tua ammirevole dedizione sta diventando maniacalità. E' mio legittimo dovere sapere se ogni tanto stacchi per soddisfare il basso istinto primario che è la nutrizione."
Se la trasmissione dell' ironia fosse stata una questione genetica, plotoni di scienziati avrebbero perso fede nel loro operato una volta esaminato il caso dei fratelli Martin. Da due genitori decisamente poco muniti di tale fattore, diretto derivato del sarcasmo, erano nati figli che ne possedevano in abbondanza per loro stessi e per sette generazioni future. Nonostante il pessimo umore generale, la ragazza sentì un timido raggio di sole aprire un varco dal cuore verso le labbra, che si tesero in un sorriso ghignante.
"Piccoletto, ti conosco da quando sei nato, purtroppo. Quindi so che la tua favella da avvocato di Law and Order **la sfoggi solo quando qualcosa ti agita. Spara."
Un attimo di silenzio. Il ghigno divenne una smorfietta sadica.
"Sono più alto di te, vetusta sorella maggiore."
Colpo andato a segno.
"Tecnicamente, questo dettaglio non importa all' anagrafe."
Nicholas l'aveva superata in altezza all'età di undici anni. Da quel momento in avanti, aveva trovato molto più saggio non farsi più trovare a portata di zuffa delle lunghe braccia del fratello, allampanato, volto pieno di lentiggini, brillanti occhi verdi come i suoi e una zazzera di capelli castano-rossi destinati a far strage tra le ragazze una volta finita la pubertà. Avrebbe volentieri sciorinato le virtù dei loro cari, vecchi geni irlandesi, giusto per esasperarlo definitivamente ma bastava osservare entrambi per intuire le origini da cui erano nati.
il Ragazzetto o Piccoletto, come amava apostrofarlo ancora adesso, aveva preso i tratti peculiari del loro genitore: rossicci misti, verde-azzurro, spalle ampie e volto scavato dai tratti regolari. Lei invece mescolava il bruno dei capelli della signora Martin, il pallore della pelle baciato distrattamente da alcune lentiggini sulle guance.
Sì, avrebbe potuto continuare a procovarlo; ottenendo l' effetto di far scoprire all'altro la sua tattica diversiva.
Attese, pronta all' inevitabile.
"Mi stavo chiedendo come stessi."
L'apprensione. Maledetta, prevedibile bestia. Compì una lenta mezza piroetta e osservò il cartoncino telato misura cinquanta per settanta su cui stava dipingendo.
"Bene."
Non è vero. Guarda che rosso sangue ho usato per i suoi capelli.
"Allora riesci a dormire?"
Nicky sapeva. Mamma, come al solito, gli aveva spifferato tutto sui suoi problemi d' insonnia e crisi di panico notturne.
"Sì, non preoccuparti."
Balle, salvifiche balle. Avrò dormito sei ore in tre giorni.
"Cerca di staccare ogni tanto, ok?"
"Esco con Kate, a volte ci raggiunge David dopo uno spettacolo."
Stavolta non stava mentendo. Avrebbe dovuto ricordare che la sincerità non portava mai a niente di buono.
"Non è abbastanza. Come pensi di-"
"...Trovare qualcuno se ti accompagni alla tua migliore amica che ti fa la guardia e il suo fidanzato, un mastino iper protettivo quanto lei?" concluse con immediata ferocia, le nocche sbiancate dallo sforzo con cui stava stringendo il telefono.
"Se mi hai chiamato per ripetere quanto mi ha già detto mamma, stai perdendo il tuo tempo. Non sono così disperata da andare a cercare il primo disgraziato disponibile e non abbastanza sottostimata d' accontentarmi del primo che mi fa un sorriso!"
Spinto da comprensibile affetto, Nicholas aveva premuto il tasto sbagliato, scatenando in reazione l'esplosione di diverse testate atomiche emotive. A sua discolpa il ragazzo pensò che ci sarebbe voluta una dannata mappa per muoversi nell' hangar colmo di bombe che era diventata sua sorella. Sospirò alzando gli occhi al cielo.
"Hai passato l' ultimo anno come una monaca di clausura, non pensi sia abbastanza?"
Una risata borbottò. Un suono cattivo per un fiotto di veleno altrettanto cattivo.
"Pensi lo faccia per lui, Nicky? Per aspettarlo trepidante, certa di un suo ritorno?"
"Per cos' altro?"
Per guarire.E' così difficile da capire?
"Non sono una povera illusa. Ho già dato su quel versante. Un chiodo non si scaccia con un altro chiodo e se un giorno troverò chi ha inventato una simile sciocchezza, gli farò gustare il fondo inquinato dell' Hudson con un blocco di cemento legato a un piede."
"Andunie."
Il suo vero nome.
"Senti, sto solo cercando di aiutarti, non prendertela."
Rimanere calma, non arrabbiarsi. Rifiutare di cedere alla sete di vendetta, comparire in pubblico sorridente. Essere forte, credere in una nuova possibilità.
Una sequela d'imposizioni, ordini, raccomandazioni. Il dolore di un cuore in pezzi meritava solo biasimo? Poteva provocare imbarazzo negli altri e la trasformazione delle vittime in colpevoli?
Si sentì sola in modo totale e umiliante. Era per tutto questo che non poteva essere sincera.
"Torno al lavoro Nicky."
Lasciatemi in pace!
Questa volta Nicholas comprese e offeso, l'accontentò.
La ragazza rimase ad ascoltare per molti secondi il suono ritmico e ossessivo di una chiamata interotta.
L'orologio al quarzo appeso al muro del soggiorno indicava le undici meno cinque.




" Lo spenga, Sottor Selwig."
Visto dagli altri tetti e dai piani dei grattacieli più alti di Midtown, il Cubo già racchiuso nel reattore pulsava irradiando costantemente energia; da lontano, sembrava una stella contro l'azzurro del cielo.
A qualche metro sopra di esso, un punto rosso e oro. Un' armatura e dentro, l'uomo che l'aveva creata sospeso in volo.
"E' troppo tardi!" esclamò una voce spiritata. "Non può fermarsi ora. Vuole farci vedere qualcosa! Un nuovo Universo!"
Iron Man non attese oltre.
"Va bene."
Due raggi di luce vennero diretti contro il Cubo.Furono immediatamente assorbiti da uno scudo protettivo.
Il contraccolpo generò un' onda sonora udibile distintamente tra le Avenues che chiudevano su tre lati la mole del Grand Central Terminal.
Mancavano solo cinque minuti.





Finiva sempre così.
L'intenzione di ferire chi si preoccupava per lei balzava fuori all' improvviso, facendole capire di essere sempre stata lì, in agguato, pronta a colpire per difenderla. D'altronde desiderava questo più di ogni altra cosa: smettere di venir ferita. Tirare per un secondo il fiato e sentire aria pura nei polmoni. Come nulla fosse successo.
Andunie Marjorie Martin, Andy per gli amici e per chiunque potesse avanzare domande sciocche sul suo nome, posò il telefono e osservò l'opera che stava dipingendo.
Il suo lavoro era difficile da determinare. La dicitura più comune e usata era concept designer, come era stato scritto in caratteri dorati sulla pergamena del suo diploma appeso sopra l'ingombro tavolo da architetto.
Il suo studio, l'angolo della creatività e l' unico dove regnasse un ordine maniacale nonostante fosse pieno di libri, fogli e barattoli colmi di matite e pennelli, occupava l'intera zona rettangolare ricavata sotto il soppalco.
Il suo appartamento al numero 274 di una delle strade più famose di SoHo non era grande come gli altri ricavati da una vecchia fabbrica di dolci ma aveva il pregio di sfruttare al massimo l'altezza del soffitto.
E soprattutto, era casa.
Un nido modellato secondo i propri gusti, dove nessuno poteva dirle di smettere di dipingere o impedirle di passare notti in bianco a leggere.
Acquistata un anno fa, era stato il dono di Joseph Martin alla figlia maggiore.
Non era mai stato, e di sicuro non lo sarebbe diventato adesso, un uomo loquace ma aveva sempre parteggiato in silenzio per le ambizioni di Andunie. Aveva persino applaudito, commosso, alla cerimonia finale della Brooks, prestigiosa accademia privata, quando aveva visto esposti ben tre lavori della sua "bambina fantastica".
Lavoratore umile e generoso, Joseph non possedeva altisonanti titoli di studio ma era riuscito comunque ad aprire un'officina, attività a dir poco insolita per quell' angolo della città caratterizzato da negozi eleganti e anticonformisti, gallerie d' arte e librerie indipendenti annesse a locali.
Tale anomalia si era rivelata vincente. Come amava ripetere, quando veniva interrogato sul perché di una scelta simile, il signor Martin faceva notare servisse qualcuno in grado di dare la migliore assistenza possibile sui Suv di lusso i cui proprietari aveano prosperato lungo le quattro assi principali di Houston Street. Negli ultimi cinque anni aveva resistito alla lusinga rappresentata dalle offerte sempre più alte di numerosi agenti immobiliari, aspettando il momento giusto.
Si era arreso l'ultimo giorno di lavoro di sua moglie, infermiera presso il New York Presbiteryan Hospital. Con la vendita dei locali e relativa licenza, aveva garantito alla sua famiglia la rendita più alta da potersi realizzare e il sostegno economico per i due figli. Aveva atteso il momento migliore per accettare l'età pensionabile, sfruttando a proprio vantaggio la continua fame di spazi da riconvertire del quartiere tra i più alla moda di New York.
Andunie si era innamorata immediatamente del suo monolocale di nome ma non di fatto; alloggiato nel sottotetto al terzo piano dell' edificio fatto rinascere come elegante e anticonformista palazzina per intellettuali e artisti, era dislocato su due livelli grazie all' intuizione di un architetto e l' attenta realizzazione dell' ingegnere amico di vecchia data del signor Martin, l'uomo che con una "soffiata" aveva permesso una spesa onesta per quanto veniva offerto. Ricordava ancora che i primi scatoloni del trasloco arrivati erano quelli stipati di libri d' illustrazione, il suo fidato cavalletto e ogni materiale occorrente al disegno.
Il divano color prugna, l'angolo cucina in noce bianco accanto alle finestre affacciate su Lafayette, le librerie ricavate dalle assi di vecchi bancali erano giunti dopo.
Con un primo contratto free lance per una rivista del settore a tema fantasy, Andy aveva vissuto alcuni mesi con una casa spoglia e con l'impianto elettrico da finire, per l' esasperazione di una madre sempre troppo concentrata sul possibile disastro verso cui correva la figlia. Come aveva imparato a fare nel corso di tutta la sua vita, aveva capito di non poter dare soddisfazioni a simili paure, impegnandosi a fondo per realizzare i propri sogni.
Perché Andunie sapeva fare poche cose bene, diceva prendendosi in giro; la prima di tutte era disegnare. Creare mondi fantastici e dare volto ad altri già creati, divenendo nel giro di poco tempo famosa e richiesta per le sue tavole sulla Terra di Mezzo e vincendo concorsi dove presentava antichi miti celtici riportati alla vita dalle sue matite. Il primo premio era arrivato nei suoi tredici anni, dopo l' Undici Settembre.
Il quadro dove aveva ritratto la madre, con addosso una divisa spiegazzata e sporca di sangue, lo sguardo sfatto dalla tragedia puntato fuori dalla finestra a carezzare malinconico un Fuoco Fatuo, adesso era appeso nell' ingresso della nuova abitazione dei suoi famigliari a Long Island.
La famiglia Martin si dichiarava orgogliosamente americana e non per millanteria: avevano avuto il diritto alla cittadinanza dopo un periglioso viaggio, avvenuto alla fine del Milleottocento, della donna a cui Andunie doveva il suo secondo nome.
Adesso pochi dei suoi parenti ricordavano che Marjorie faceva O' Gara di cognome e fosse sbarcata a Ellys Island proveniente dall' Ovest dell' Irlanda. Andy era riuscita a sapere, dopo minuziose ricerche, che la bis-bis nonna era nata a Oranmore, nella Contea di Galway.
Al contrario della sorella, Nicholas non aveva sviluppato alcuna curiosità per le proprie origini. Sebbene dotati dello stesso travolgente, fulminante sarcasmo, dove la ragazza mostrava una natura sensibile, incline alla contemplazione, alla lettura e alla scoperta e comprensione del passato, il giovane secondogenito dei Martin aveva interesse unicamente per la modernità, le nuove scoperte, la dinamica inconfutabile di azione-reazione. Ammetteva senza remore di non sopportare i libri, compensando tale colpa con una mente brillante portata al calcolo. Accolto con una borsa di studio all' Università di Harvard, viveva a Boston da quando aveva finito gli studi superiori e lavorava già come analista informatico per il suo Dipartimento.
Un piccolo genio che sapeva di poter contare su una consaguinea decisamente più ferrata di lui su svariate saghe romanzesche e che non lo avrebbe mai lasciato solo e senza una risposta quando le mandava un messaggio disperato per sapere i nomi dei Quattro Fondatori di Hogwarts da riferire alla conquista di turno, malauguratamente innamorata del maghetto con gli occhiali creato da J.K.K. Rowling. ***
Andy sospirò sconfitta, passandosi le mani nei lunghi capelli scuri.
Il suo editore avrebbe bocciato quel lavoro. Ne era praticamente certa.
La Dama Bianca, creatura fatata nota con diversi nomi a seconda della mitologia a cui si voleva far riferimento, nell' immaginario era scolpita come una donna etera, delicata e malinconica. Appariva nelle brughiere per avvisare della strada sbagliata un viandante sconsiderato o come presagio di una fine vicina; come molte sue compagne, non mostrava mai apertamente un sentimento umano. Bellissima e distaccata. Diafana e senza emozioni, persino nel pianto. Capelli spesso candidi, leggere volute di nebbia sospese attorno al viso.
Le chiome della sua Dama avevano il colore del sangue e scendevano scomposte, arruffate e pesanti su un viso semi nascosto dalle mani premute violentemente contro la faccia distorta da un urlo singhiozzante. Tra le dita artigliate alla carne delle guance si poteva scorgere la bocca aperta, i denti dai canini appuntiti.
Il progetto per cui era stata ingaggiata prevedeva illustrazioni delicate e viranti al gotico, per una pubblicazione adatta a delle ragazzine. Corsetti, veli fluttuanti, belle foreste desolate ma senza alcuna ombra d' inquietudine. Il suo dipinto grondava dolore, grida e disperazione rese con troppo realismo per sembrare belle.
Belle e basta.
Due minuti e sarebbero state le undici di una mattina iniziata con due caffé corretti con una spolverata di noce moscata.




"Ti sfugge il punto."
Tony Stark era noto per essere un uomo preciso, meticoloso persino nella sua acclarata megalomania. Alimentava tale leggenda di continuo e non si sarebbe fatto fregare dal primo Dio degli Inganni piombatogli in casa.
Stava per elargire uno dei suoi momenti di Assoluto Carisma ed esigeva l'attenzione dal suo pubblico. Specie se suddetto pubblico era composto da un unico, temibile nemico.
"Non c'è nessun trono. Non esiste una versione in cui tu ne uscirai trionfante.Forse verrà il tuo esercito e forse sarà troppo forte per noi ma ricadrà su di te. Se non riusciremo a proteggere la Terra stai pur certo che la vendicheremo."
Alcuni istanti dopo,qualcuno a decine di metri sotto la Stark Tower urlò, lo sguardo atterrito portato in alto.
Perché un genio, miliardario, playboy, filantropo stava per precipitare sul marciapiede della Madison Avenue.
Mancavano solo due minuti.





Quanto ci metteva a guarire un cuore spezzato?
Andy non aveva mai creduto si potesse rimanere ossessionati da una sola domanda. Questo fino a Dicembre dello scorso anno. Prima di allora, aveva sempre bollato certi toni melodrammatici come esagerati.
Tolse la tela dal cavalletto, posandola con cura contro il muro dietro il tavolo da architetto. L'avrebbe finita comunque, decise con un moto di biliosa risoluzione e avrebbe pubblicato su Facebook e Twitter il diario per immagini della sua realizzazione. Nessun commento personale, nessun cenno ai motivi per cui quella Dama Bianca grondante sangue dai capelli era stata creata.
Su una cosa si era sentita subito d'accordo, tra tutti i saggi consigli ricevuti quando era tornata sola. Cercare vendetta e umiliare non avrebbe riportato indietro chi l' aveva lasciata.
Tutt' altra storia era il dolore patito nel momento in cui aveva reaizzato la fine definitiva.
Ogni singolo istante di quei dieci secondi era lì, impresso nelle sue retine e quando chiudeva gli occhi, fantasmi rossi animavano una macabra danza destinata a ripetersi, bloccarsi dopo pochi istanti e ricominciare.
Un filmato brevissimo.
Un lampo, il lasso di tempo disegnato da un pugnale affondato nella carne viva, quindi estratto e poi di nuovo infilato nella ferita già aperta.
Raccolse i pennelli sporchi, posandoli nella ciotola di plastica che usava per portarli al lavandino e pulirli senza macchiare l' acciaio. Osservò l'acqua diventare rossa ma non immerse le mani per strigliare con delicatezza le setole. Rimase immobile, senza più battere ciglio.
Fissarsi su un gesto o qualcosa che si stava facendo senza un motivo preciso era il primo allarme, quello che annunciava l'arrivo di domande, tormenti, rimorsi.
Un tempo avrebbe reagito in modo diverso. La vita prendeva a pugni tutti, su alcuni si accaniva con sadico piacere, oppure serbava colpi di scena terribili e dai contorni apocalittici. Un giorno si era a scuola e si scopriva che le due terribili esplosioni avvenute nella zona del World Trade Center, l'aria piena di fumo, cenere e calore erano state causa del crollo dei due grattacieli simbolo del capitalismo e della dinamicità newyorkese.
Aveva tredici anni, quell' Undici Settembre.
Dopo erano arrivati altri calci, sgambetti. Trappole. Si era sempre rialzata, convinta di aver già provato il significato profondo di quella lezione esistenziale che era toccare il fondo.
Si era dimenticata di non aver mai avuto occasione di veder centrato il cuore da un proiettile ben più pericoloso di uno vero. E la cicatrice non si era mai chiusa.
Aveva passato un anno a cercare di metterle sopra dei punti ma qualcosa evidentemente era andato storto; aveva usato il filo della comprensione, quindi quello della ragione, successivamente quello dell' accettazione.
In cambio aveva avuto solo nuove...boh, poteva chiamarle necrosi emotive. Un nobile tentativo di sinestesia, manifestatesi con incubi ricorrenti, così reali e contestuali da renderle difficili persino il risveglio forzato. Attacchi di panico nel cuore della notte e conseguenti pianti quando la mano cercava nel lato vuoto del letto non trovando nessuno.
L'orologio cominciò a battere i primi cinque rintocchi.
Andy batté le palpebre, osservando accigliata l'acqua sporca. Da placida stava cominciando a muoversi, creando una serie di cerchi concentrici sempre più fitti.
Presero a tremarle anche le mani artigliate al bordo della vasca.
Sette rintocchi.
Tremò ogni singolo componente della cucina ad angolo, i doppi vetri delle finestre, le cornici appese alle pareti. Spaventata, si staccò dal mobile.
Undici rintocchi
Calò il silenzio, il rumore minaccioso e in sottofondo di un colpo di coda partito metri sopra di lei cessò.
Il sospiro di sollievo non arrivò alle labbra.
Non si era trattato di una scossa di terremoto. Il suo cervello era rimasto abbastanza lucido da registrare l' assoluta staticità delle assi del parquet nei secondi precedenti.
Se si era accartocciato qualcosa non era stato nelle viscere della terra. Era stato dall' alto.
Un piccolo ma profondo spasmo del cielo.
Oooh, per favore!
Scrollò violentemente il capo ma poi lo sentì.
Lo stridio immane e violento di diverse vetture che inchiodavano fu talmente penetrante da superare l'isolamento acustico della casa.Andò alla finestra, la spalancò.
Venne investita dai primi cori di grida angosciose di chi si era accorto di cosa stava accadendo.




Quanto stava accadendo non poteva venir descritto usando aggettivi scientifici, razionali ed asettici.
Una lancia di luce azzurra si era alzata dalla Stark Tower, forando le rade nubi di quella tarda mattina di primavera. Il suo percorso sembrò trovare l'ostacolo insormontabile di uno scudo invisibile e lo aveva penetrato. Uno squarcio che si era ripercosso con un rimbombo immane in tutto lo strato superficiale dell' atmosfera.
Un lamento quasi umano. Un gemito di dolore che non poteva avere paragoni con qualcosa di reale.
Il punto nero, mugghiante di scosse elettrostatiche si spalancò.
Rashid l'autista frenò pestando furiosamente il piede sulla leva. La coppia inglese urlò, il taxi dietro di loro li tamponò con violenza.
Non importò a nessuno.
Il traffico di Murray Hill ci mise meno di un minuto per congestionarsi e arrestarsi.
Tutti gli occhi erano fissi sul buco nel cielo e su quello che ne stava uscendo fuori.
Mostri. Mostri volanti, armati fino ai denti, che disegnarono una picchiata di morte sulla Trentanovesima di Midtown.





Angolo (tetro e buio) dell' autrice: ed eccoci di nuovo qui! State tutti bene? Passato un Inverno indenne da influenze e tormente di neve? Pronti a sopportare di nuovi i parti della mia povera mente?
Giusto per non perdere le sane, vecchie abitudini, facciamo partire una sigla famigliare. Vai con "Ulisse, il piacere della Scoperta" The List!Edition.
Elphaba, Strega dell' Ovest: protagonista del pluri premiato, osannato e ancora sui palchi di mezzo mondo musical Wicked, che racconta la storia mai narrata delle Streghe del Regno di Oz. Vittima di una maledizione che la fa nascere con la pelle di un colore verde acceso, Elphaba è dotata di magia innata. La canzone da me citata è "I'm not that girl", che canta quando scopre di essere innamorata di un principe che non potrà mai avere.
Law and Order: è una delle più longeve e famose serie televisive americane, che fonde legal drama al police drama. Ha dato vita a innumerevoli spin-off, alcuni addirittura ambientati in città di continenti diversi.
I Quattro Fondatori di Hogwarts sono svelati nei romanzi di Harry Potter. E credo tutti sappiamo, almeno per sentito dire, di chi si tratta!
The Skye boat song: poesia originale di Robert Louis Stevenson, è diventata famosissima da quando è la sigla di Outlander, saga di libri e ora anche popolare serie televisiva ambientata nella Scozia della Sommossa del Millesettecentoquarantatre. Sarà il brano che farà da filo conduttore a tutta la vicenda e ne ha anche ispirato il titolo.
Le parti in corsivo sono state messe così per mia scelta: narrano scene contenute e viste nel film "Avengers" e citandone dialoghi e situazioni, mi è sembrato giusto distinguerle da quelle da me inventate per far vivere la Battaglia di New York dagli occhi di Andy e del resto della cittadinanza.
Ultima postilla tecnica: l'aggiornamento di questa breve storia sarà ogni due settimane. Spero perdonerete i tempi lunghi ma il periodo tosto attraversato sta per avere il culmine. Per qualsiasi domanda, richiesta di biscotti, commenti, tea party, l' indirizzo lo conoscete.
Bentornati nel The List!Verse!

Maddalena


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