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Autore: Flaesice    06/03/2015    1 recensioni
Penelope Penthon è una ragazza bella, sfacciata ed intraprendente; una ragazza che non si è mai arresa alle difficoltà della vita, che si è fatta da sola ed odia i pietismi.
Nel suo mondo non esistono le mezze misure: tutto deve essere necessariamente o bianco o nero, giusto o sbagliato.
Ma nella vita - prima o poi - si è sempre obbligati a scontrarsi col grigio, ed è proprio allora che tutte le certezze crollano e bisogna mettersi in discussione.
E' ancora una ragazzina quando per gioco decide di sedurre un suo compagno di scuola, il riservato Nathan Wilkeman, per poi allontanarlo definitivamente.
Il destino li farà incontrare cinque anni dopo nella meravigliosa Los Angeles; Penelope sempre più votata al suo stile di vita, ma Nathan?
Decisamente più esperto e meno impacciato cercherà di prendersi una piccola rivincita per il passato, ma si sa che la passione non è un'emozione facile da gestire nemmeno per una come Penelope.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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Capitolo XX
 
Nathan si voltò a guardarmi, ed anche se non disse nulla decisi di proseguire.
«Mia madre dopo il divorzio è andata via, si è trasferita in Arizona lasciandomi a Newark con mio padre» mi fermai un istante per non cedere sotto il peso di quei ricordi.
«Lui…non prestava molta attenzione a me; era burbero, scostante, nonostante materialmente non mi facesse mancare nulla. Preso dal suo dolore non riusciva a capire che ero soltanto una bambina che aveva bisogno di un po’ di affetto» mi avvicinai di un passo mentre Nathan restava rigido nella sua postura, gli occhi puntati fissi su di me «Ho dovuto crescere in fretta, imparare a badare a me stessa. Probabilmente se non avessi avuto l’aiuto di Tanya e della sua famiglia non avrei fatto molta strada»
Feci spallucce sorridendo appena al ricordo, mentre il volto di Nathan si tramutava in una maschera di tristezza e disgusto.
«Non ho passato dei bei periodi. Ero solo una ragazzina e mi sentivo sola e…abbandonata, però non avevo perso del tutto le speranze»
Un altro passo nella sua direzione – cercando di accorciare il più possibile le distanze – mi strinsi nella sua giacca e temporeggiai qualche istante prima di trovare il coraggio di proseguire.
«Avevo solo quattordici anni quando presi la mia prima cotta, si chiamava Ryan. Abitava nel mio stesso quartiere e nonostante avesse quattro anni più di me per  qualche strano motivo sembrava ricambiare il mio interesse» strinsi gli occhi, alcune lacrime amare scivolarono lungo le guancie.
«Lui aveva mille premure, era gentile, accorto, e finalmente mi sembrava di avere qualcuno che si curasse di me. Ero una stupida ragazzina che credeva di essere innamorata, ma la verità era che Ryan voleva soltanto fottermi Nate» dissi con durezza, asciugando una lacrima che non meritava d’esser versata.
«E mi ha fottuta, oh eccome se l’ha fatto» proruppi in una risatina isterica, ignorando il suo volto pallido e lo sguardo vitreo proseguii imperterrita «Ryan era soltanto l’ennesima persona incappata sul mio cammino alla quale non importava niente di me, e per mia sfortuna all’epoca ero ancora troppo ingenua per capirlo»
Sentivo la bile accumularsi in gola mentre la rabbia cresceva al ricordo.
«Dopo l’episodio con Ryan ho buttato via l’ultimo briciolo di speranza rimastomi. Mi ha costretta a diventare una donna prima del tempo, convincendomi ulteriormente che l’amore non portava a nulla di buono» urlai fuori di me.
«Diamine, Penny io…»
Nathan si avvicinò pronto a stringermi, lo respinsi.
«No, non voglio la tua compassione né quella di nessun altro» dissi asciugandomi gli occhi con caparbietà.
«Come puoi pensare che sia la pietà a spingermi a fare questo?» chiese offeso, inorridito «Io ti amo Penelope. Per quello che sei, non per quello che hai passato. Ti prego, guardami» le sue mani calde imprigionarono il mio volto, i suoi occhi verdi brillavano al buio.
«Io…»
Avevo il cuore gonfio di dolore ed i singhiozzi mi scuotevano il petto dopo aver vomitato tutto quello che mi ero tenuta dentro per anni; mi ritrovai a dire quel che mai avrei creduto.
«Ti amo anch’io, Nathan»
Il suo bacio fu inatteso, meraviglioso, carico di strazio e possesso. Il corpo possente incollato al mio, fusi in un tutt’uno, per la prima volta veramente nudi e privi di difese.
«Non meritavi tutto questo» la sua voce tremava appena, segno di quanto fosse scosso «Però lo capisci che non è servito a niente, vero? Negarti la possibilità di amare, usare il tuo corpo ed il sesso come un’arma…Cristo Penelope, non hai fatto altro che farti del male in questi anni. Hai espiato delle colpe per dei peccati che nemmeno avevi commesso»
La mano sul mio viso trasmetteva un calore rassicurante, il suo pollice scivolava sulle guancie umide mentre compiva dei movimenti capaci di incendiarmi il sangue nelle vene.
«Io non vado bene per te, Nate. Sono troppo incasinata. Dopo aver vissuto per anni nel buio non posso espormi alla luce, lo capisci questo, vero? Mi accecherei, brucerei»
«Non capisci che la luce ce l’hai dentro, Penelope e non potrai sfuggirvi. Non esiste persona più buona e pura di te, con dei valori così importanti quali l’amicizia, la carità, la solidarietà» scostò una ciocca di capelli dal viso, poi proseguì «Pensaci bene, in tutta la tua vita non hai mai fatto del male a nessuno all’infuori di te stessa»
Tirai su col naso, riflettendo sull’importanza delle sue parole.
«Ho fatto del male a te Nathan» gli feci notare.
«Solo indirettamente» mi riservò un sorriso dolcissimo «Mi hai fatto del male soltanto per la smania di punirti. Ma adesso sai che non puoi farti del male senza che ne faccia anche a me quindi ti prego smettila di soffrire, smettila di punirti»
Mi strinse forte a se, trovai riparo sul suo petto ampio dove piansi tutte le lacrime rimaste, fino a non averne più.
«Mi dispiace…» singhiozzai contro il suo torace all’altezza del cuore che batteva forte, i pugni serrati.
«Per cosa, amore mio?» le sue labbra si posarono tra i capelli con delicatezza, ma stavolta nemmeno i suoi sussurri sarebbero riusciti a placare il mio dolore.
«Non posso farlo, io…devo andare Nathan» 
«Perché? Perché non riesco a farti cambiare idea?» domandò disperato «Lasciati amare, Penny. Lascia che il mio amore sia la cura per tutte le tue sofferenze. Ti lascerò i tuoi spazi io…non pretenderò nulla che tu non sia in grado di darmi, ma almeno proviamoci»
La collera nelle sue parole, il modo in cui combatteva per quello in cui credeva mi fece rendere conto di quanto fossi fragile ed insicura.
Gli carezzai il volto e lui si poggiò contro la mia mano sospirando, chiuse gli occhi per godersi al meglio quel piccolo contatto e trovare un po’ di sollievo da quel mare di inquietudine che ci circondava.
«Non posso condividere la mia vita con qualcuno se prima non sconfiggo i miei demoni» scesi lungo il collo e passai a rigirarmi tra le dita i capelli scomposti che gli ricadevano sulla nuca «Da sola» precisai, irremovibile.
Lo vidi annuire, risoluto.
«Capisco, non ho altra scelta» la mascella contratta, i muscoli del collo tesi allo stremo mentre faceva leva su tutto il suo autocontrollo per non perdere la calma.
Guardai l’ora, l’una di notte passata, segno che mi restava un ultimo giorno da vivere a Los Angeles; solo ventiquattro ore prima di ripartire da zero.
«Adesso devo andare» dissi mordendomi l’interno del labbro, fino a farlo sanguinare.
Le sue dita mi liberarono da quell’ennesima tortura che mi stavo auto infliggendo, poi poggiò delicatamente le labbra sulle mie. Non fu un bacio, soltanto un tocco impercettibile e fugace; un saluto carico di rimorso e malinconia.
Quando si allontanò mi lasciò sola con il mio vuoto, quel vuoto che sarebbe aumentato nei mesi di distanza e che avrei dovuto imparare a colmare, leccando da sola le mie ferite come un gatto randagio.
«Non sarà un addio» disse serio.
“Lo vorrei tanto” pensai tra me.
«Arrivederci allora, Nathan»
Mi voltai ed iniziai ad allontanarmi, la sua voce mi arrivò forte e chiara come il boato di una bomba appena esplosa.
«Ti aspetterò, per tutto il tempo che sarà necessario»
Tornai a guardarlo in tutta la sua magnificenza, gli sorrisi consapevole che la sua promessa – dettata dall’enfasi del momento – sarebbe stata vanificata dalla prima donna che avesse deciso di non lasciarselo fuggire; una donna sicuramente più furba di me.
Mi incamminai a passo svelto cercando di non perdere l’equilibrio mentre i piedi affondavano nella sabbia; sentii lo sguardo di Nathan fisso su di me fino a quando non fui abbastanza lontana.
Decisi di non prendere un taxi nonostante la brezza notturna soffiasse forte tra i capelli umidi e sugli abiti bagnati, mi strinsi d’impulso nella giacca rendendomi conto di non averla restituita.
Tirai il colletto al naso annusandone il magnifico profumo, l’odore della sua pelle misto alla salinità del mare, mentre gli occhi pizzicavano per le lacrime che minacciavano di uscire.
Avevo superato un ostacolo, l’ennesimo, ma questa volta sentivo che sarebbe stata più difficile delle altre.
Non appena varcai la soglia di casa vidi Tanya comoda sul divano, un libro tra le mani. Si voltò appena col solito sguardo di rimprovero, ma non appena mi guardò negli occhi il suo viso si trasformò in una maschera di tristezza e pietà.
«Oh Penny»
Senza pensarci su due volte mi venne incontro mettendo da parte tutto il rancore riservatomi nelle ultime settimane e mi strinse forte tra le sue braccia.
In quell’abbraccio caloroso mi lasciai andare, i singhiozzi presero a scuotermi con violenza il petto mentre le mani di Tanya facevano su e giù sulla mia schiena in un moto continuo.
«Shhh tesoro, calmati. Ci sono io qui con te»
Tenendomi sempre stretta si avvicinò al divano e mi fece sedere.
«Aspettami qui, ti preparo una camomilla»
Annuii appena deglutendo a fatica, tolsi le scarpe e mi rannicchiai nel tentativo di trovare un po’ di calore, ma compresi che il gelo che avvertivo l’avevo dentro di me.
Tanya tornò dopo qualche minuto con una tazza fumante tra le mani.
«Bevi, ti farà bene»
Iniziai a sorseggiare lentamente, chiusa nel mio mutismo, mentre Tanya continuava a fissarmi con uno sguardo estremamente grave.
«Cos’hai combinato? Sei tutta bagnata e…sporca di sabbia» disse indicando i miei abiti «Porti la giacca di Nathan?» domandò ancora.
Guardai nuovamente quell’indumento che avrei portato con me a New York per consolarmi nei momenti di solitudine, poi volsi lo sguardo alla mia amica che impaziente attendeva delle spiegazioni.
«E’ stata una serata magnifica» dissi in un lamento tirando su col naso «Nate mi ha portata al Luna Park, noi…ci siamo divertiti tanto» sorrisi appena ed asciugai le lacrime col palmo della mano, Tanya mi porse una scatola di fazzolettini che si era premurata di recuperare.
Ce ne sarebbero voluti, eccome. Questa era una di quelle notti; quelle notti dove due amiche che condividono tutto avrebbero trovato conforto l’una nelle parole dell’altra, quelle notti strazianti dove piangi tutte le tue lacrime per aver perso qualcosa di molto caro. Ce n’erano state altre in passato e Tanya puntualmente era stata al mio fianco.
Forse la vita non si era accanita troppo nei miei confronti; conoscere Tanya era stato provvidenziale, più di quanto avessi potuto anche solo desiderare.
«Dopo mi ha portato sulla spiaggia, mi ha stretto tra le braccia e ha detto di…amarmi» dissi in un filo di voce.
Tanya strinse gli occhi, addolorata. Le fui grata per la sua delicatezza nel tenersi per se un “Te l’avevo detto” che avrei meritato tutto.
«Scommetto che gli hai detto che partirai e non l’ha presa bene» ipotizzò.
«Gli ho detto molto di più» abbassai lo sguardo, fisso nel vuoto al ricordo dei suoi occhi innamorati «Gli ho detto che…anch’io lo amo ma…ho troppe questioni irrisolte» scossi la testa, amareggiata, stanca anche di versare altre inutili lacrime.
«Quindi…partirai ugualmente?» tentennò.
«Sì, devo» dissi irremovibile, conscia che piangermi addosso sarebbe stato inutile.
Non mi ero mai lasciata sopraffare o abbattere dalle mie emozioni, mai mi ero concessa il lusso di qualificarmi come vittima per crogiolarmi nel dolore senza opporre resistenza.
Tutto era iniziato quand’ero solo una bambina costretta a chiudersi in camera per sfuggire ai litigi dei suoi genitori, senza però mai versare una lacrima. Il tremore era l’unica manifestazione di paura che il mio corpo conoscesse, e per anni non avevo fatto altro che andare avanti così, reprimendo le mie paure ed utilizzando la mia aggressività come uno scudo.
«Quindi con Nathan come andrà a finire?»
«Esattamente come è iniziata» risposi dura, mi alzai dal divano incapace di restare inerme.
«Ma tu…hai detto di amarlo» asserì confusa, non potevo biasimarla.
«Ti sembro in grado di avere una relazione?» le chiesi con calma fermandomi per guardarla diritta negli occhi.
«Beh, magari non in queste condizioni» disse indicandomi e sorridendo appena per smorzare il clima di tensione che aleggiava nella stanza «Ma sappi che non ti ho mai vista così felice come nelle ultime settimane con Nate. Cavolo Penny, tu eri serena, rilassata e…»
«Soltanto perché sapevo che non sarebbe durato» la interruppi, scuotendo la testa «Stasera Nathan mi ha detto delle cose molto importanti, mi hanno fatto riflettere»
«Posso sapere cosa di preciso?» domandò cauta.
Temporeggiai un istante, ricordando le sue parole sincere, la sua capacità di leggermi dentro come nessun altro – neppure Tanya – era mai riuscito.
«Mi ha fatto capire che…riesco ad amare tutti, tranne che me stessa» feci spallucce «Non è facile per me lasciarmi andare, non sentimentalmente almeno. Ma ho capito che devo stare sola per un po’ e ritrovare me stessa»
«Oh tesoro» Tanya mi raggiunse per stringermi ancora, con la testa poggiata sulla mia spalla la sentii singhiozzare appena «Forse non hai tutti i torti ma…mi mancherai»
«Lo so, anche voi mi mancherete. Ma non muoio mica, sai? Ci sentiremo tutti i giorni e vi verrò a trovare ogni volta che potrò» le promisi sincera.
«Come farò senza di te? A saperti lontana, senza poterti consolare quando qualcosa potrà turbarti?» tirò su col naso puntando quelle due gocce di mare lievemente arrossate nei miei occhi scuri.
«Non ce ne sarà bisogno. Io me la caverò, come sempre. Tu piuttosto, promettimi di viverti finalmente la tua storia con Marc come dovresti»
«Oh, ti prego…»
«Sono seria, Tanya. Prometti!»
«D’accordo rompipalle, te lo prometto»
Questa volta fui io a stringere lei, il peso nel cuore a malapena più leggero nel sapere che almeno qualcosa di buono lo stavo facendo.
Una promessa la feci anche a me stessa, non avrei sacrificato invano il mio amore per Nathan; sarei riuscita ad uscire dal tunnel oscuro della mia vita e finalmente sarei stata pronta a vivere, per davvero.
   
 
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