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Autore: Alexiel Mihawk    07/03/2015    10 recensioni
Nami e Zoro non sono anime gemelle, ma questo non ha certo impedito loro di incontrarsi e innamorarsi l'uno dell'altra; Cavendish è sempre stato un esteta e la sola idea di potersi innamorare di una persona brutta lo ripugna; Rebecca ha trovato la propria anima gemella, ma ha scoperto, con orrore, di non essere la persona che lui stava aspettando; Law è sempre stato convinto di essere eterosessuale e ora vede le sue convinzioni andare in pezzi; Kidd è gay da una vita e detesta chi mente a sé stesso; Bonney ha dei problemi con la legge, Drake è la legge.
Soulmate!Modern!AU - In un mondo in cui ti viene detto, fin dalla più tenera età, che là fuori, da qualche parte, esiste qualcuno destinato ad amarti, destinato a stare con te, è possibile per una persona sentirsi davvero libera di amare senza imposizioni? Senza che il destino pesi come una condanna? Durante un roadtrip coast to coast Nami, Zoro, Cavendish, Bonney e Kidd si fermano a Peach Springs, cittadina dell'Arizona costruita attorno alla Route 66, qui incontreranno una serie di persone che cambieranno loro la vita.
[Zoro/Nami; Law/Kid; Bonney/Drake; Cavendish/Bartolomeo/Rebecca]
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Cavendish, Eustass Kidd, Jewelry Bonney, Nami, Roronoa Zoro | Coppie: Eustass Kidd/Trafalgar Law, Franky/Nico Robin, Nami/Zoro, Rufy/Nami
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Autrice: Alexiel Mihawk | alexiel_hamona
Titolo: Walk like an Egyptian
Capitolo: Bang, Bang, I shoot you down
Fandom: One Piece
Personaggi: (in ordine di apparizione) Nami, Zoro Roronoa, Eustass Kid, Jewelry Bonney, Cavendish, Killer, Nico Robin, Franky, Trafalgar Law, X-Drake, Bartolomeo, Rebecca, Monkey D. Rufy
Pairing: Zoro/Nami, Franky/Robin, Eustass/Trafalgar, Bonney/X-Drake, Cavendish/Bartolomeo/Rebecca, (hint) Rufy/Nami
Rating: sfw
Genere: slice of life, sentimentale, generale
Avvertimenti: soulmate!AU, tattoo!AU, roadtrip!AU, modern!AU, linguaggio volgare
Parole: 6627 (senza testo canzoni)
Note: partecipa al Cow-T di maridichallenge.
Le coppie di questa storia saranno: Zoro/Nami, Franky/Robin, Bonney/Drake, Kidd/Law, Cavendish/Bartolomeo/Rebecca. Non ci sarà porno because of reasons, ma ci saranno anche parecchi hint RuNami.
Il titolo è Walk like an Egyptian perché sì, perché amo quella canzona e perché "stike a pose on a Cadillac". Le canzoni citate sono: One way or another / Call me di Blondie, Bang Bang di Nancy Sinatra. Peach Springs esiste davvero, è un buco di culo una cittadina in Arizona, lungo la route 66; lo stesso vale per Supai e le Havasu falls.
Come da avvertimento, questa è una modern!AU che ha come punto centrale il trope del soulmate, che però ho voluto trattare in modo un pochino diverso, quindi gente a cui fregacazzi della propria anima gemella, gente che scopre che la sua anima gemella è del sesso opposto a quello che immaginava, gente la cui anima gemella ha in realtà un'altra anima gemella. Cose insomma. Il funzionamento del tatuaggio è un miscuglio: a 6/7 anni compare sul corpo un tatuaggio con la prima frase che verrà rivolta alla persona in questione dalla sua anima gemella, per evitare "fraintendimenti" soprattutto magari a persone che hanno come prima frse "Ciao", il tatuaggio si scalda fino a scottare quando a rivolgerci quella determinata frase è la persona del destino. Questo particolare tatuaggio in questa società viene definito Basher, una parola Yddish che significa "Destino". Viene utilizzato (in Yddish) per indicare l'anima gemella che viene chiamata Basherte (donna) o Basherter (uomo).
Per quanto riguarda Bonney, Kidd e Killer, li ho rappresentati come un trio molto unito, ma no, non ci sono implicazioni “romantiche” tra di loro, sono semplicemente una bella Brotp, quindi amateli come li amo io. Also, ho cercato di dare a ogni personaggio un modo di parlare particolare che lo distinguesse.
Nel mio headcanon i soprannomi di Bonney sono: Marshmellow, Jewls/Jewels; quelli di Kidd: Kiddo e insulti più o meno variabili; Cavendish è spesso chiamato Barbie.
Also, Kidd è gay, ma un sacchissimo gay; Bonney se ne sbatte di chi se la sbatte; Cavendish è dichiaratamente bi; Law come vedremo è parecchio confuso.
Ho sicuramente dimenticato note, tipo sulle citazioni che fanno i personaggi, ma #whocares. Le segnerò quando rileggo.
Doveva essere una One Shot, ma non ce la faccio, quindi avrà tipo 3 (o 4) capitoli a seconda di quanto mi vengono lunghi.
Potete trovare una playlist da mettere di sottofondo qui.
 



Walk like an Egyptian
1. Bang, Bang I shoot you down



La cromatura rossa della Cadillac Eldorado brilla sotto il caldo sole estivo; riflessi di luce si rifrangono sul parabrezza, spingendo il ragazzo alla guida a indossare gli occhiali da sole.
«Ciò, senti ciccio, mica è che mi cambi stazione? Qua passano solo musica schifa» si lamenta con voce annoiata una giovane dai capelli rosa stravaccata sul divanetto posteriore, proprio al centro della vettura, con la schiena appoggiata contro quella di un ragazzo dai capelli rossi sparati per aria e le gambe distese su quelle di un biondino dall’aria efebica.
«’Na merdata proprio. Dai Roronoa, metti un cazzo di cd» le dà man forte Kid, ciccando fuori dall’auto.
«Oi, gente, il linguaggio» li riprende Nami seduta sui sedili anteriori, di fianco a Zoro «Cosa vi metto su?»
«Io voto i Motley» propone Cavendish, allungando le gambe fino ad appoggiarle sul bordo della portiera, lasciando sporgere leggermente gli stivali fuori dal finestrino «Non ringrazierò mai tua madre per averci lasciato questo gioiellino di macchina».
«Potresti iniziare con il comportarti civilmente anche tu, ci hai pensato?» domanda Nami lanciandogli un’occhiata di disapprovazione «In ogni caso non è che ce l’ha lasciata, ti ricordo che è il regalo per mia sorella, noi la stiamo solo consegnando. E deve arrivare integra e pulita».
«Oh, ma io volevo Blondie» mormora Bonney ignorando completamente il discorso dell’amica e allungando una mano per raggiungere il sacchetto di marshmellow, semi sciolti dal sole, appoggiato per terra.
«Il guidatore appoggia Blondie» esclama Zoro sollevando un braccio con un pollice rivolto verso l’alto in segno di approvazione.
«Fottutti bastardi, io volevo i Judas Priest» borbotta Kidd accendendosi un’altra sigaretta.
«Non dire cazzate, che sai tutte le sue canzoni a memoria» lo prende in giro Cavendish facendosi passare l’accendino «Senza contare che lo sappiamo tutti che hai una passione segreta per Lady Gaga».
«Stai zitto tu che mi canti Walk like an Egyptian con lo stesso tono delle Bangles».
«Si chiama intonazione, sfigato pezzente».
Bonney si alza e si mette a sedere appoggiandosi in parte al bordo dello schiena e in parte al cofano, lasciando che sia Kid che Cavendish le afferrino saldamente una gamba per evitare che corra il rischio di ribaltarsi e finire fuori dall’auto; lancia un urletto entusiasta, mentre l’aria le scompiglia i capelli, quindi inizia a cantare la prima canzone dell’album a squarciagola.
Al loro fianco il paesaggio monotono dell’Arizona li accompagna: sparuti ciuffi di erba secca e terra tanto arida che ogni minimo movimento solleva ventate di polvere. È il loro primo road trip e, se riescono a non farsi arrestare, l’obiettivo sarebbe quello di arrivare fino in California.
Le note di Call Me vanno spegnendosi quando la rossa si gira verso si lei.
«Ché la prossima possiamo saltarla?» domanda Nami storcendo impercettibilmente il naso «Mi fa salire l’ansia».
Zoro sorride debolmente e le lancia un’occhiata in tralice da sotto gli occhiali; toglie la mano destra dal volante e stringe per pochi secondi la coscia bianca della ragazza. È un’azione tanto rapida quanto intima, e Nami coglie subito al volo il messaggio dietro a quel tenue gesto d’affetto: un tentativo di rassicurarla e dirle che va bene così.
«Oh, andiamo! Ancora con la storia dell’inquietudine da anima gemella? Che poi di che ti lamenti? La tua l’hai già trovata!» si lamenta Bonney, che quella canzone la adora.
«È innegabile» interviene Cavendish «Che siano tutte canzoni che sono state scritte da gente che era in disperata ricerca della propria metà».
«Una manica di sciroccati senza cervello che si sono dati alla scrittura di canzoni che sembrano frutto di anni di stalking» aggiunge Roronoa.
«Oi, non fare il frocio adesso, lasciaci cantare quel cazzo che vogliamo».
«Stai zitto Kid che l’unico che lo piglia in culo qui sei tu».
«Piantatela, imbecilli» Nami si mette gli occhiali da sole e si sfila la maglia, approfittando della calura del tardo pomeriggio per abbronzarsi senza rischiare ustioni; se sono bloccati in macchina tanto vale far fruttare il tempo «Ascoltate quel che volete».
Le prime note di One way or another iniziano ad uscire dallo stereo e tutti i passeggeri dell’auto, compresa una rossa apparentemente recalcitrante, iniziano a cantare in coro.

One way or another I'm gonna find ya
I'm gonna getcha getcha getcha getcha
One way or another I'm gonna win ya
I'm gonna getcha getcha getcha getcha
One way or another I'm gonna see ya
I'm gonna meetcha meetcha meetcha meetcha

Bonney agita il capo, e una cascata di capelli rosa si sposta da destra a sinistra a ritmo di musica. Vorrebbe capire che problema ha esattamente l’amica con quel tipo di canzoni che, sì, sono un po’ ossessive, ma, insomma, chi non sogna di incontrare la sua anima gemella? Nel loro mondo, un mondo in cui nasci sapendo che esiste qualcuno da qualche parte che è in grado di completarti al cento per cento, è solo normale desiderare di incontrarlo. Anche lei, che non è mai stata una romantica, ha sempre sentito l’esigenza di cercarla questa fantomatica anima gemella; ha sempre sentito una forza trascinarla verso l’esterno e per esterno intende il mondo intero, perché Bonney ne è sicura che lui sia ad aspettarla là fuori da qualche parte. Ed è consapevole che se rimarrà chiusa tra le quattro mura della sua casa non riuscirà mai a trovare nessuno, non riuscirà mai a sentirsi viva. E poi lei lo sa, la persona che sta cercando deve essere intraprendente almeno quanto lei, deve essere uno spirito libero, deve sentire dentro la stessa energia che ora la spinge a spostarsi per tutto il paese, senza meta e senza posa.
La cabriolet sfreccia veloce lungo la strada, mentre il sole tramonta lentamente all’orizzonte.
«Dovremo fermarci a dormire da qualche parte» borbotta Cavendish.
«Sei scemo? Sono solo 66 miglia e ok, siamo partiti tardi e mezza giornata l’abbiamo gettata nel cesso, ma con una tirata arriviamo tranquilli a Kingman. Cosa ci metteremo? Un’ora?»
«Un’ora da Peach Springs, che è l’unica tappa sensata se vogliamo fermarci, ma dubito ne valga la pena. Che poi avremmo potuto essere già arrivati, ma no. Fermiamoci tutti a vedere il Grand Canyon» si lamenta Nami che di geografia è l’unica a capirci qualcosa.
«Dai, ciccia, che è stato uno sballo!»
«Una cazzo di figata» aggiunge Kid.
«Prima di tutto il linguaggio, e comunque lo avete trovato figo solo perché eravate entrambi ancora sbronzi dall’ultima sera a Flagstaff. Già che passando dalla Route 66 ci si mette cinque e passa ore invece che due, figuriamoci se poi allunghiamo anche fermandoci a caso!»
«Guarda che ci abbiamo impiegato tutto questo tempo perché hai voluto a tutti i costi fare le strade senza pedaggio…» le fa notare Zoro, ricevendo per tutta risposta un dito medio e un grugnito.
«E poi mi avevi promesso che ci saremmo fermati e avremmo fatto la camminata fino a Supai, voglio vedere le cascate Havasu. Dai Nami, che cosa cambia tra un giorno in più e un giorno in meno?» Bonney torna a sedersi composta e la guarda con gli occhi più dolci di cui è capace.
«Oh, Supai. Ma –»
«”Ma” il cazzo. Io ho già avvisato gente che ci saremmo fermati lì, Cristo Santo!»
«Kid! Cazzo! Il linguaggio!» urla Nami, sull’orlo di una crisi isterica «Ok, ok, ci fermiamo lì. Tanto dovrebbero avere un albergo no?»
«Killer ha parlato di un motel o di una cosa simile, non è così Kiddo?»
«Il vostro amico si chiama Killer?» domanda Cavendish allibito.
«Soprannome» specifica il rosso sollevando le spalle con indifferenza.
«Un po’ come il tuo “faccia di merda”?» domanda il biondo con un sorrisino sul volto.
«Fottiti, Cavendish».
«Non incoraggiarmi che poi finisce riesco a trovarmi qualcuno da portarmi a letto anche a Peach Springs».
«Fammi il favore, sei così sfigato che la massima cosa che puoi trovare in quel buco di culo è una contadina del cazzo. E magari scoprire che è la tua anima gemella. E manco sa scrivere. Figa, cosa riderei».
«Ha parlato. Sai cosa farebbe ridere me? Arrivare in quel buco di culo e scoprire che c’è la tua di anima gemella e che non ti si fila manco per uno striscio di minchia».
«Linguaggio!»

One way or another I'm gonna lose ya
I'm gonna give you the slip, a slip of the lip or another
I'm gonna lose ya, I'm gonna trick ya
One way or another I'm gonna lose ya
I'm gonna trick ya trick ya trick ya trick ya
One way or another I'm gonna lose ya
I'm gonna give you the slip

Peach Springs è una cittadina fin troppo piccola per essere ricordata dal mondo. Ha poco più di mille abitanti, che per gli standard della zona equivale quasi a una metropoli, soprattutto considerando la quantità di città fantasma che si trovano nell’area.
Kid si alza in piedi, tenendosi con le mani al bordo dei sedili anteriori e inizia a dare indicazioni a Zoro, guidandolo verso quello che gli è stato riferito essere il punto di ritrovo. Killer è stato molto preciso e i ragazzi riescono miracolosamente a non perdersi e si evitano così imbarazzanti giri a vuoto (giri che si sono fatti fin troppo spesso ogni volta che Roronoa era alla guida e la sua rossa compagna non prestava attenzione, e con lui bastava distrarsi tipo mezzo secondo).
«Pezzente» borbotta Nami osservando il locale davanti al quale si sono fermati «Questo non è un Motel, è un pub. Ma possibile che ci porti sempre dove c’è l’alcool? Cos’hai? Un radar, cazzo?»
«Ma che minchia ne so io, sono solo la fottuta guida, ok? È stato Killer ha darmi le indicazioni, porca vacca!»
«Linguaggio!» esclama Nami, ma questa volta non è l’unica.
Un ragazzo dai lunghi capelli lunghi, che gli ricadono a coprirgli il viso in pesanti ciocche spettinate, guarda Kidd con aria di disapprovazione e malcelato affetto.
«Killer!» Bonney salta fuori dalla macchina e corre ad abbracciarlo stampandogli un bacio sulla guancia.
«Oi, stronzo, questo non è un fottuto Motel».
«Anche io sono felice di vederti» risponde il biondo accarezzando con gentilezza la testa di Bonney, ma senza mai staccare lo sguardo da Kid «Comunque no, non c’era fino a qualche anno fa, è un pub, ma affittano stanze ai turisti, i proprietari sono simpatici e se siete fortunati faranno la stessa cosa che hanno fatto con la mia moto e vi lasceranno parcheggiare la vostra in garage».
«Come ti pare» borbotta la ragazza trascinandolo verso la vettura dove ancora sono seduti tutti gli altri «Ecco mettiti qui appoggiato, Cavendish fatti più avanti, Kidd qua, Zoro smettila di fare quella faccia seccata. Nami ci sei?»
«Prontissima».
«Che cazzo stai –»
Kidd non riesce a finire la domanda che Bonney tira fuori dalla borsa un selfie stick rosa shocking con tanto di cellulare già attaccato e lo allunga al massimo.
«Sorridete e SELFIE!»
«Ne abbiamo già fatte almeno venticinque» mormora Zoro sconsolato, passandosi con rassegnazione una mano sulla faccia.
«E in tutte la tua espressione di sofferenza è oro puro» ghigna Nami, scendendo dall’auto «Vado a sentire dentro, quando avete fatto con quello che state facendo raggiungetemi pure».
Li lascia agitando una mano e gettandosi dietro un solo sguardo divertito, cogliendo con la coda dell’occhio, Bonney intenta a farsi una selfie di coppia con un Roronoa disperato.
Decisamente, pensa: la migliore vacanza di sempre.
O almeno, lo sarebbe se Nami non vivesse con la continua ansia di incontrare la sua anima gemella. Era iniziato tutto quando sua madre, anni prima, quando lei ne aveva forse sei o sette, le aveva finalmente spiegato il concetto di predestinazione e vero amore: «Nami» le aveva detto «Uno di questi giorni ti sveglierai e scoprirai che da qualche parte sul tuo corpo è comparso il tuo Bashert. Lo sai cosa significa, vero? È un tatuaggio che rappresenta la prima frase che la tua anima gemella ti rivolgerà e, quando la incontrerai e ti rivolgerà quelle esatte parole, lo sentirai riscaldarsi e scottare. Sarà così che saprai di avere incontrato il tuo vero amore».
La bambina l’aveva guarda con occhi colmi di paura e di disgusto: «Ma io voglio scegliere chi amare, Bellmer» aveva detto con rabbia «Perché deve essere già deciso? Vuol dire che non ho scelta?».
Bellmer aveva sorriso e le aveva accarezzato il capo con una mano.
«C’è sempre una scelta».
Due giorni dopo aveva trovato Nami nel bagno con un coltello da cucina, intenta a passarlo ripetutamente là dove quella notte era apparsa una scritta. Nemmeno aveva voluto leggerla.
Ancora adesso ci sono notti in cui si sveglia di colpo, sentendo la stessa fitta che aveva provato quel giorno, nel momento in cui il tatuaggio era affiorato sulla pelle; sogna parole sconnesse e colpi di calore e si sveglia ansimando, mentre la mano scorre sul lato opposto del letto, alla ricerca dell’uomo che da quasi tre anni a questa parte dorme con lei. E ogni volta Zoro apre un occhio, allunga un braccio e l’attira a sé; non dice mai niente, non fa domande, non sarebbe da lui; si limita a posarle un bacio leggero sulla cicatrice che domina la spalla destra, quindi la stringe a sé e riprende a dormire. A Nami basta questo.
No, ad entrambi basta questo, sapere che si sono scelti, che non ha importanza se non sono l’uno l’anima gemella dell’altro, perché la loro è stata una scelta.
Sospira, avvicinandosi al bancone, spera solo che quel viaggio non li porti a incontrare personaggi che non vorrebbe mai incrociassero la sua strada.
Intenta a lavare i bicchieri, in piedi con le spalle rivolte all’ingresso, una donna dai lunghi capelli neri canticchia una vecchia canzone di Nancy Sinatra.
«Bang, bang, he shoot me down. Bang, bang, I hit the ground».
«Buon pomeriggio, mi dicono che avete delle stanze libere» esordisce Nami sorridendo.
«Certo, ma dipende quanti siete; siamo inaspettatamente pieni di clienti in questi giorni» risponde con voce gentile la mora, girandosi verso la ragazza e regalandole un sorriso luminoso.
«Ci servirebbero quattro camere, ma possiamo accontentarci di due se fosse necessario, tanto non credo che ci fermeremo più di un paio di notti».
«Due notti eh?» la donna esce da dietro il bancone e si avvicina sinuosa a un mobile dal quale estrae un grosso volume dall’aria ingiallita «Non guardarlo con quell’aria scettica, è solo il log dei clienti, come vi segno? A che nome, intendo».
«Nami, Nami Kokoyashi».
«Mi serviranno i vostri documenti, ma si può fare più tardi, siete fortunati, sono le ultime quattro camere rimaste. Per ora benvenuta a Peach Spings, Nami. Io sono Robin e se posso aiutarti in qualche cosa non farti scrupoli a chiedere».
La ragazza le stringe la mano con un sorriso, ringraziandola.
«In effetti una cosa ci sarebbe, c’è un posto dove possiamo parcheggiare la macchina? So che siamo nel mezzo del nulla, ma è una vettura d’epoca e non vorrei mai che si rovinasse o, peggio, venisse rubata».
«Non sei una che si fida, eh? FRANKY! Non preoccuparti, non corre rischi. FRANKY! Anche se dubito che coguari e serpenti a sonagli siano interessati a rubarti la macchina» si gira di scatto verso la porta che dà sul retro «Oh, insomma Franky, si può sapere dove sei finito?»
«Scialla sorella, non c’ho mica i razzi nel cu– Oh, una cliente!» un uomo sulla trentina, dalla corporatura eccessivamente muscolosa e i capelli celesti, fa il suo ingresso dalla porta di servizio «Come posso aiutare?»
«Nami, questo è Franky, mio marito. Ti mostrerà dove mettere la macchina».
«Ganzo! Di che macchina stiamo parlando? Perché se si tratta di una macchina schifa la tieni fuori, io ti avviso» esclama incamminandosi verso la porta, tallonato da Nami che non sa se essere affascinata o turbata da quell’esemplare di individuo.
«È una Cadillac convertibile del 59, sedili in pelle, tutti i pezzi originali».
«Stai scherzando? ODDIO! Che sturbo!» urla quindi nel vederla.
Si precipita addosso all’auto ignorando gli sguardi perplessi e vagamente inquietati dei ragazzi a bordo e inizia ad accarezzarne la carrozzeria.
«Ma è un vero gioiellino! Posso parcheggiarla?»
«Manco se mi paghi» ribatte Nami «Oi, voi, fuori dalle palle. Prendete le valigie ed entriamo. Zoro ci pensi tu qui?»
«Come se avessi scelta».
«Zitto e ingrana la prima».

Il Poigne Griffe è l’unico locale di Peach Springs ed è il punto di ritrovo degli abitanti, non solo della cittadina, ma anche dei dintorni. Gente annoiata, giovani imprigionati tra quattro mura in un paese troppo piccolo e troppo isolato del mondo e adulti oramai rassegnati a vedere la loro vita concludersi in quel posto dimenticato da Dio e dagli uomini.
Quella sera, però, forse per via delle vacanze estive, forse perché è un lunedì (e nessuno ha voglia di uscire di lunedì), il locale è inaspettatamente vuoto; i tavoli occupati sono solamente due, una coppietta seduta in quello più vicino alla porta, e quello in centro alla stanza occupato in tutta la sua larghezza dalle sei persone più casiniste dello stato. Il fatto che Franky si sia unito a loro con una pinta di birra non li aiuta di certo ad abbassare il tono della voce.
«E questa rincoglionita del cazzo sapete cos’ha fatto?» stava raccontando Kid agli uomini del gruppo «Ha preso la bamba e l’ha infilata nella borsa della signora che le stava a fianco!»
Quattro teste si girano contemporaneamente verso Bonney che solleva le spalle con nonchalance.
«Ah, beh, che dovevo fare, pasticcini? Farmi arrestare? No, grazie tante, ma di tornare dentro non c’ho proprio sbatti» fa scoppiare rumorosamente la bolla della gomma da masticare e sorride «E comunque quella tizia se lo meritava, stava con un palo in culo che manco Hina».
«Chi?» domanda Franky.
«Na squinzia con cui sono uscita un paio di volte, prima di scoprire che lavorava all’FBI».
«Jewl frega cazzi, sto raccontando un’altra cosa, sta’ zitta cazzo».
«Linguaggio!» esclamano Nami e Killer in coro, per poi lanciarsi un’occhiata di approvazione. Nessuno sa bene chi sia quel ragazzo biondo che si è unito al gruppo, o meglio Kid ne ha parlato fino alla nausea, definendolo il suo migliore amico (e loro erano abbastanza sicuri che prima di incontrarli fosse anche il suo unico amico oltre a Bonney); non parla molto, e ha sempre ciuffi di capelli tirati davanti agli occhi, tanto che in un intero pomeriggio nessuno di loro è riuscito davvero a capire di che colore siano o quali siano i veri lineamenti del suo viso.
«Zitti, bastardi, fatemi parlare. Fatto sta che sta tizia era una di quelle arricchite di merda, pelliccia di qualche animale in via d’estinzione, taccazzi da baldracca, capelli tinti e cotonati. Beh, arriva la pula coi cani e Jewl ha fatto a tempo anche a spostarsi dall’altra parte del grande magazzino; sti cazzo di cani l’annusano, ma non c’ha niente addosso e quindi non si fermano, tirano verso la signora e si mettono ad abbaiare come matti».
«E la squinzia era così oltraggiata che si è messa urlare “Tenga il suo cane! È aggressivo!”» aggiunge Bonney urlando a squarciagola nel mezzo del locale.
«Ma dilla una stronzata ai poliziotti, ogni tanto» scoppia a ridere Zoro, tirando verso di sé la pinta di birra e bevendone un lungo sorso.
«Taci, idiota, che l’ultima volta che ci hanno fermato chiedendoti i documenti tu hai risposto “Mi faccia vedere il suo e io le mostro il mio”, beccandoti una multa per oltraggio al pubblico ufficiale!» gli fa notare Nami.
«Sì, ma poi mi ha dato il suo numero di telefono» celia Zoro tutto tronfio.
«Un vero peccato che tu non sia frocio» lo prende in giro Kidd.
«Sei geloso? Lo vuoi tu? È ancora nel cruscotto della macchina se lo vuoi».
«Fottiti Roronoa».
«Testina di minchia» li interrompe Cavendish passandosi una mano tra i lunghi capelli biondi «La finisci la storia o no?»
«Zitto Barbie, dov’ero rimasto? Ah, sì i cani» riprende «Fatto sta che sta deficiente si mette a urlare » Kid si mette in piedi sulla sedia e inizia a mimare «”Lasciatemi stare, lasciatemi stare!” finché non tira una borsata sul muso a uno dei cani, allora l’altro morde la cazzo di borsa e inizia a tirare finché questa non si sfracassa e BAM! Bamba ovunque, come se nevicasse».
Il tavolo scoppia a ridere.
«Ma non è finita qua, perché dalla borsa della signora esce tutto: cellulare, portafogli, chiavi, biglietti aerei, un vibratore rosa shocking di 30 centimetri».
Zoro e Franky si strozzano con la birra iniziando a ridere convulsamente, mentre il resto della comitiva si piega in due sul tavolo immaginando la scena.
«E a quel punto» mormora Bonney tra i singulti «La squinzia si è messa a urlare “Voi non sapete chi sono io”, e uno dei due poliziotti fa: “Cicciolina?”».
Dal bancone Robin li guarda ridacchiando, seduto di fronte a lei un ragazzo con i capelli scuro e lo sguardo scocciato sorseggia con aria annoiata il suo drink.
«Turisti… Li detesto tutti» borbotta.
«Oh, andiamo, ragazzino» lo riprende la donna con aria bonaria «Sei solo felice che portino un po’ di soldi in questo buco di posto. E ti ho visto ridere nell’ascoltare la loro storia».
«Stai insinuando che stessi origliando, Robin?»
«Io lo stavo facendo» risponde con nonchalance «E dall’espressione che avevi probabilmente ti sarebbe piaciuto essere lì. Se vuoi te li presento».
«No, grazie. Ho di meglio da fare, tipo pensare a cosa dire all’assemblea comunale di domani».
«Capisco, e pensi di trovare la risposta sul fondo di quel bicchiere di Martini semivuoto?»
«Mi aiuta a pensar-»
Non finisce di parlare che Franky, notandolo seduto al bancone (e notando l’occhiata perentoria di sua moglie), lancia un urlo che attraversa il locale.
«Oi! Law, vieni a bere con noi» gli è di fianco in pochi secondi e, appoggiatagli una gigantesca mano sulla spalla se lo trascina dietro «Vieni, vieni. Gente, vi presento Trafalgar Law, il membro più giovane del nostro consiglio comunale».
«’Sera».
«I ragazzi domani volevano andare a fare una gita a Supai, che ne dici, hai consigli da dare?»
Law solleva svogliatamente le spalle, non rompergli i coglioni?
«Mettete la crema solare e state attenti ai serpenti a sonagli? No, seriamente, cosa cazzo ci andate a fare? Sono tipo settanta miglia in macchina e otto a piedi».
«O su un mulo, ciccio» interviene Bonney «E io ho necessità di cavalcare un mulo nella mia vita».
«Cercati altro da cavalcare, Pinkie Pie» la prende in giro Cavendish scoppiando a ridere.
«In ogni caso vi va di culo, ogni primo martedì del mese c’è lo sceriffo che organizza la visita con partenza in pullman, si parte da davanti al comune e fa il giro completo fino a Supai».
«Ché, alle cascate ci porta? Perché io le voglio vedere, tipo troppo» continua la ragazza.
«Credo di sì».
«Ma over the top! Gente, propongo altra birra per festeggiare!»
«Jewl tu non bevi la cazzo di birra, bevi solo fottuto sherry» commenta Kid sollevando un sopracciglio.
«Vomitevole per altro» aggiunge Zoro.
«Te lo offro io uno sherry» sorride invece Law, vagamente divertito «Robin!»
«Oh, grazie allora, ma in realtà bevo qualsiasi cosa» sorride Bonney, ignorando lo scambio di sguardi a metà tra il divertito e il disgustato di Cavendish, Kidd e Zoro, fin troppo consapevoli di cosa stia cercando di fare Trafalgar.
Eustass, particolarmente protettivo nei confronti dell’amica si sporge verso di lei, prendendole una ciocca di capelli in una mano, e sussurrandole qualcosa all’orecchio; Law lo guarda con aria irritata e, girandosi verso di lui, gli rivolge le prime parole della serata.
«Non ti preoccupare, Rosso Malpelo dei poveri, non te la rubo».
Kid fa una smorfia, ritraendosi come se si fosse scottato, quindi si allontana dal tavolo tallonato da Killer. Nello sguardo di Bonney passa un lampo veloce di stupore, ma non dice nulla e continua a sorridere.
«Potresti venire anche tu domani con noi, che ne dici?»
«Dipende, tesoro, quanto tempo hai da dedicarmi?»
Davanti al bancone Eustass aspetta la sua birra, ha respinto, fino a quel momento, l’impulso impellente di toccarsi la schiena, là nel punto in cui il tatuaggio ha iniziato a scottare non appena Law gli ha rivolto quelle stesse parole che per anni si è domandato da quale bocca sarebbero uscite.
«Stai bene?» domanda sommessamente Killer, che, conoscendo il rosso da anni, è perfettamente consapevole della frase che rappresenta il suo Bashert.
«Perfettamente» risponde lapidario.
«Almeno è un uomo».
«Andiamo Killer, quello è uno di quelli che pensano di essere più eterosessuali di Brad Pitt».
«Cosa c’entra Brad Pitt adesso?»
«È una fottuta metafora, porca la –» si interrompe a metà «Lo so, il fottuto linguaggio».
«Io lo trovo carino…»
Gli occhi di Kidd mandano lampi; si porta il boccale al viso e di traverso lancia uno sguardo al moro seduto al tavolo, che continua a sorridere a Bonney.
«Le gambe. Le gambe non sono male. Ma finché non gli vedo il culo non puoi aspettarti un cazzo di parere realistico».
«La gente normale guarda la faccia, Kid» si lamenta l’amico facendosi versare due dita di amaro.
«Ed è per questo che siamo amici? Perché non ho mai fatto troppo caso alla tua di faccia?»
Killer solleva un sopracciglio e storce il naso.
«Quando ti piglia male sai essere un vero figlio di puttana» mormora tornando al tavolo.
Eustass impreca sommessamente, sa che Killer ha ragione e che fare insinuazioni sul suo viso è da perfetto bastardo, soprattutto quando l’amico ha passato anni a convivere con i complessi che le cicatrici che si porta in faccia gli hanno provocato.
Rimane qualche minuto bloccato al bancone, i suoi occhi passano veloci su tutte le persone della stanza, come a studiarle una per una, quindi si inchiodano su Law.
È vestito fin troppo bene per i suoi gusti e se non fosse per i tatuaggi, che spuntano da sotto la camicia bianca, l’avrebbe classificato come una di quelle persone estremamente noiose che trascorrono tutta la loro vita in un ufficio del cazzo. Ma no, Kidd i tatuaggi li ha notati subito, perché chi è il fesso che si fa scrivere sulle nocche delle dita? E quello sarebbe un membro del consiglio comunale? Devono proprio essere nella merda a Peach Springs per accontentarsi di persone così.
«È un chirurgo» gli sussurra Robin arrivandogli alle spalle e piazzandogli davanti un’altra birra.
«Cazzo me ne frega a me?»
«Oh, niente» sorride la donna enigmatica «Ma lo stavi osservando come se volessi ucciderlo, ma in fondo è una brava persona».
«Anche io lo sono. In fondo. Ma di scavare non c’ho cazzi» borbotta il rosso afferrando la sua birra e tornando al tavolo.
Si lascia cadere pesantemente sulla sedia e allunga le gambe fin sotto la seduta di Bonney, quindi appoggia con un tonfo il bicchiere sul tavolo.
«Cosa mi sono perso, stronzi?»
«Palate di eyesex» borbotta Roronoa tra i denti «Tutti univoche».
«Continua a dire stronzate» aggiunge Cavendish senza farsi sentire «Ha già rotto il cazzo»
Kidd si volta lentamente verso Trafalgar, che inizia veramente a dargli ai nervi.
«È il caso che faccia in modo che si levi dai coglioni» mastica piano all’indirizzo dei due amici.
«Niente risse» sibila Nami, tirandogli un calcio da sotto il tavolo e ricevendo in cambio una scrollata di capo e uno sguardo incredibilmente serio.
«Senti, gambe lunghe» comincia Kid rivolgendosi al moro «Quando hai finito di provarci con la nostra amica, che ne dici di venire a fare un giro con me?»
La sua voce trabocca di sarcasmo, ma a Killer (e in realtà nemmeno a Bonney che Eustass lo conosce fin troppo bene) non sfuggono la sottile ironia e l’implicito doppio senso celati dietro quella frase.
Trafalgar pare congelarsi sul posto; la sua testa si volta verso Kid quasi a rallentatore e l’occhiata che gli lancia è un misto di disgusto e disapprovazione.
«Che marea di stronzate» sibila tra i denti tirandosi in piedi.
«Oi, Law, che fai, vai?» domanda Franky senza cogliere appieno la situazione.
«Ho di meglio da fare» esordisce il ragazzo ignorando qualsiasi richiamo; si avvicina al bancone e dopo avere lasciato dieci dollari a Robin esce dalla porta, sbattendosela rumorosamente alle spalle.
Respira profondamente l’aria secca del deserto, quindi si appoggia al muro stringendo i pugni. La mano destra scivola inesorabilmente verso la clavicola per fermarsi nel punto esatto in cui sente ancora il calore ustionargli la pelle.
«Che marea di stronzate» sibila ancora tra i denti, mentre non riesce ad evitare di pensare alle parole di Kidd. Parole che sono anni che vede tatuate sulla sua pelle, ma che ha sempre immaginato gli sarebbero state rivolte da una bella donna e non da un uomo, soprattutto non da un arrogante turista del cazzo.
«Figlio di puttana» mormora allontanandosi, mentre rimane vivida, nella memoria, l’immagine degli occhi di Kidd e lo sguardo di sfida che gli ha lanciato con l’ultima frase, come a dirgli: Vediamo se hai coraggio, sfigato.
Law scopre che forse non ne ha.
Si allontana continuando a imprecare sommessamente, mentre dalla finestra del locale Eustass lo osserva allontanarsi con lo sguardo.
«Me ne vado a letto» sbotta il ragazzo scocciato, quindi si alza e scompare lungo le scale che conducono al piano superiore.
Franky fa spallucce e, dopo averli salutati, torna da Robin; non fa in tempo ad allontanarsi che Bonney si gira di scatto verso Killer, gli occhi sgranati e una domanda che attende di uscire.
«Era lui? Era lui vero?» domanda con trepidazione.
«Lui chi?» chiede Cavendish limandosi le unghie.
«E soprattutto cosa? Ma i soggetti voi mai, eh?» aggiunge Nami sbadigliando e allungando le gambe sulla sedia di Zoro.
«L’anima gemella di Kid, era lui vero? Quel Trafalgaw» continua Bonney ignorandoli completamente (e facendo anche loro cadere la mandibola).
«Secondo il suo Bashert, sì» conferma Killer con una smorfia.
«Cosa?» allibisce Nami, sopprimendo un brivido.
«Aveva tutta l’aria di uno a cui piacciono le donne» esordisce Zoro «Ti è saltato addosso come un pesce».
«Per la serie: Ciao, sono il tuo Bashert ed esisto per rovinarti la vita cambiando le tue preferenze sessuali».
«Nami, tu e il tuo disfattismo di merda sul concetto di anima gemella avete rotto, te lo dico» le dice Bonney, improvvisamente seria e la rossa si ammutolisce.
«Oh, beh» si intromette Cavendish «O ci viene a patti e si dà alla bisessualità come tutti –»
«Come te, vorrai dire» lo corregge Roronoa sollevando un sopracciglio.
Il biondo lo ignora.
«E si dà alla bisessualità come tutti, o si butta da un canyon. Tanto qui è pieno. E comunque a Kid è andata bene, no? Almeno è un uomo ed è carino».
«Com’è che non ti sfiora nemmeno la possibilità che magari Kid avesse come anima gemella una donna?» domanda Zoro ancora una volta.
Bonney, Killer e Cavendish lo guardando con lo stesso sguardo che si rivolgerebbe a un bambino che chiede alla mamma perché ha cinque dita e non sei.
«È un misogino bastardo» asserisce il biondo.
«A sei anni una bambina ha cercato di baciarlo e lui è scappato invocando Platinette. Dico: PLATINETTE. A sei anni» aggiunge Bonney.
«E ti ricordi quella volta che a dieci gli hanno chiesto chi gli piacesse nella classe e lui ha alzato il dito medio e ha detto “Mi piace il professore di matematica? E se non vi sta bene andatevene tutti affanculo”?» domanda Killer.
«Chi se lo scorda. Da quel momento ho iniziato a prendere a pugni chiunque osasse contestare il suo orientamento sessuale».
«Gay e fiero» commenta Zoro.
«Quasi peggio di un estremista mutante» borbotta Cavendish «Almeno quelli non ti pestano per una battuta».
«Solo perché non esistono imbecille».
Quando decidono di andare a dormire è oramai mezzanotte passata; imprecando per l’orario barbino a cui si devono alzare la mattina successiva per partecipare al tour verso Supai, si trascinano a letto.
Salite le scale, però, Bonney si ferma nel corridoio e, dopo avere aspettato che tutti siano entrati nelle loro stanze (perché alla fine c’era più posto di quanto pensassero), si intrufola in camera di Killer. Il ragazzo è fermo, seduto sul davanzale della finestra aperta, con aria assente osserva il cielo, le luci spente per riuscire a vedere meglio le stelle.
«Ehi» mormora Jewelry richiudendosi la porta alle spalle «Tutto bene? È da prima che sei strano».
Killer si gira verso di lei e sorride mestamente; anche se, nel buio della notte, non riesce a vedere la sua espressione, Bonney ne percepisce il vago tormento interiore.
Gli si avvicina e gli accarezza i capelli, scostandoli con dolcezza dal viso; gli passa con affetto una mano sulla guancia e con le dita sfiora le cicatrici che gli coprono il volto.
«Ha detto qualcosa di troppo, non è così?»
«Sai com’è fatto» cerca di difenderlo «Non pensa mai prima di parlare, soprattutto quando c’è qualcosa che lo turba».
Bonney gli posa un bacio leggero sulla fronte.
«Non è una scusa. Ora vado a dirgliene quattro».
Il ragazzo la afferra per la vita e appoggia il capo sul suo petto, stringendola leggermente a sé; rimangono così qualche minuto, finché la porta della stanza non si riapre e sulla soglia si taglia, in controluce, la figura di Eustass.
Kid entra nella stanza senza dire una parola, chiudendosi silenziosamente la porta alle spalle; si avvicina sotto lo sguardo attento degli amici per fermarsi a un passo da loro.
«Sono uno stronzo» borbotta senza guardarli.
«L’abbiamo sempre saputo» commenta Bonney, tirandogli un calcetto leggero su uno stinco.
«Mi dispiace» continua il giovane «Dico davvero».
Jewelry fa scoppiare una bolla di gomma da masticare, quindi lo afferra per un braccio e se lo spalma addosso, ritrovandosi con Kid da un lato e Killer dall’altro; il biondo allunga la sinistra e la sua mano va a spettinare i capelli già arruffati dell’amico, in un gesto di affetto a cui Eustass, nel corso degli anni, ha imparato ad abituarsi.
«Sei proprio una testa di minchia» mormora Killer, fregandosene, per una volta, del linguaggio.
«Un sbarbatello senza speranza» conviene Bonney.
«Una piaga sociale» prosegue il biondo.
«Una pigna in culo».
«Un –»
«Ho capito! Ho capito, avete ragione, sono un cazzone patentato, ok? Il concetto è chiaro, ora piantatela».
Bonney sbuffa, staccandosi dall’abbraccio: «Sì, ma Kiddo, così uccidi il divertimento. Mbé, già che siamo tutti qui lo facciamo un pigiama party?»
Nella stanza a fianco, nel frattempo, Nami si rotola sotto le lenzuola leggere del grande letto matrimoniale; inutile dire che il sonno non vuole saperne di arrivare e, oramai ha capito, che difficilmente riuscirà ad addormentarsi.
«Piantala di agitarti» borbotta Zoro.
Disteso prono sul letto con indosso solamente le mutande, il ragazzo cerca vanamente di addormentarsi; Nami osserva la sua schiena nuda e il suo sguardo si fissa sul tatuaggio che compare poco sopra l’elastico dei boxer. Cos’è hai paura di una ragazza? Dice la scritta. Reprime l’istinto di toccarla e si porta le mani al seno, stringendole a pugno.
Non ricorda esattamente quali siano state le prime parole che ha rivolto a Zoro quando si sono conosciuti, cinque anni prima, ma è cerca che suonassero più come un “Senti, buzzurro, spostati dalla strada”. No, lei e Zoro non sono mai stati anime gemelle e la cosa non è mai interessata a nessuno dei due.
«Ci pensi mai?» si sente domandare con voce sommessa.
«A cosa?»
«A lei, la tua Basherte» risponde senza staccare lo sguardo dalla base della sua schiena.
Zoro si gira verso di lei per poi rovesciandosi sulla schiena, solleva i cuscini e si appoggia meglio allo schienale del letto.
«Sì, ci penso spesso» ammette «Soprattutto di recente».
Nami si mordicchia un labbro, nervosa. Non ne hanno mai parlato e lei non gli ha mai chiesto niente, ma ci sono dei giorni – come quella sera – in cui pagherebbe per sapere la verità, per sapere cosa è successo e cosa passa nella testa di Roronoa quando la guarda con quegli occhi.
Zoro sospira, rendendosi conto del disagio della ragazza; le fa cenno di appoggiarsi a lui e come sente la testa di Nami appoggiarsi sul suo petto e i suoi capelli rossi solleticargli la pelle, inizia a parlare.
«Si chiamava Kuina» dice piano, mentre la sua mano va ad accarezzare la linea sinuosa del corpo di Nami, soffermandosi sulla vita sottile e sui fianchi morbidi «Siamo cresciuti nella stessa città, suo padre aveva una palestra e insegnava arti marziali e altri sport che parevano non interessare nessuno se non me, lei e due nostri amici: Johnny e Yusaku. Ero un bambino di merda, lo ammetto, ma la scherma mi piaceva e Dio! Quando prendevo in mano la spada mi sembrava di essere un’altra persona, di poter fare qualsiasi cosa».
Si interrompe un momento, ripensando a sé stesso da bambino, al sorriso innocente e arrogante che gli attraversava il volto e al suo modo di fare quasi indisponente.
«Il mio Basher comparve al compimento del mio sesto compleanno, all’epoca conoscevo Kuina solo di vista, ma non ci eravamo mai davvero parlati. Sapevo chi era e mi dava ai nervi. Fatto sta che una mattina, era piena estate, ce la ritrovammo davanti e Johnny e Yusaku iniziarono a prenderla in giro: li fece neri. Ma letteralmente. Poi si girò verso di me, che ero rimasto fermo a guardarla, e mi disse: “Cos’è hai paura di una ragazza?” Ricordo ancora il bruciore che provai in quel momento, sembrava che la schiena dovesse andarmi a fuoco. “No, semplicemente non mi interessi”. Credo di essere scoppiato a ridere subito dopo, perché diamine, certo che mi interessava. E doveva averlo capito anche lei, perché si era portata la mano al costato, che sono sicurissimo stesse scottando ed era scoppiata a ridere: “Bugiardo” mi aveva detto».
Nami sorride immaginandosi la scena e cercando di visualizzare nella sua testa questa ragazzina tronfia e sicura di sé, tanto orgogliosa da pararsi di fronte a una piccola versione di Zoro e sfidarlo.
«Non ti mentirò dicendoti che abbiamo sempre ignorato il Basher, Nami, perché non è stato così, ma, quando avevamo sedici anni, Kuina è stata investita da una macchina ed è morta. La polizia ci disse che era stato un pirata della strada, un ubriaco con ogni probabilità, che aveva avuto troppa paura per fermarsi ed era scappato» si interrompe nuovamente e si sistema meglio contro la testata del letto, mentre Nami si scosta da lui e si mette a sedere tra le coperte, fissandolo con intensità.
«Mi dispiace» mormora piano, stringendogli una mano con le sue.
«Anche a me» continua lui, senza notare il lampo di tristezza che attraversa gli occhi della rossa «Ma è successo anni fa e sono venuto a patti con la cosa. Senza contare che ho incontrato te».
«Cosa?» domanda spalancando gli occhi, perché Zoro non è quel genere di persona che ama parlare dei suoi sentimenti, tanto più con la diretta interessata; Nami può contare sulle dita di una mano il numero di volte in cui le ha detto di amarla e fino a quel momento non le è nemmeno mai interessato.
«Ho incontrato te» ripete piano «Quando Kuina è morta non è stato facile. Ci sono persone che dicono che quando la tua anima gemella muore il mondo diventa in bianco e nero, ovviamente è una stronzata, ma in quel momento mi sono sentito come se niente sarebbe mai stato come prima: non sarei mai più stato felice, non sarei mai più stato capito, accettato, amato, ma soprattutto non sarei mai più stato intero. Mi sbagliavo. L’ho capito quando ci siamo conosciuti. Questa cosa dell’anima gemella, del Basher, della predestinazione, è una condanna e un’auto-imposizione. Può renderti felice, ma se lasci che ti tormenti e condizioni la tua vita… Beh, ti condanni da solo all’infelicità».
La ragazza rimane a fissarlo senza sapere cosa dire; si sposta più vicina a lui e gli appoggia il capo sulla spalla, affondando il viso nell’incavo del suo collo.
«Non sapevo fossi un filosofo Roronoa».
«Scema» borbotta lui, passandole una mano intorno alla vita «So che questa cosa di Kid ti ha turbato, ma è la norma. È solo normale che i nostri amici prima o poi incontrino la loro anima gemella, vedi di non lasciare che le tue paure influenzino il tuo comportamento nei loro confronti. È tutta una questione di scelte, Nami, non vederla come una maledizione».
La sente sbuffare e il suo alito fresco gli solletica il collo; con un gesto se la tira sulle gambe e la bacia, facendosi largo nella sua bocca e passandole una mano tra i capelli lunghi e mossi. Le accarezza la schiena e appoggia la fronte sulla sua.
«Forza, vieni qui» borbotta scivolando sotto il lenzuolo «O domani col cazzo che ci alziamo per l’escursione».
Nami si accoccola contro di lui, sorridendo. Forse, dopo tutto, riuscirà a dormire.



   
 
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