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Autore: La Matta    08/03/2015    3 recensioni
Per oltre cinquemila anni Niphredil è stata al fianco di sire Thranduil, condividendo i suoi giorni e comandando il suo esercito, ma dopo la caduta di Erebor il suo animo è divenuto irrequieto. La consapevolezza di aver ordinato la ritirata, senza soccorrere il popolo nanico, la porta a lasciare il Reame Boscoso per raggiungere gli esuli ed aiutarli nella ricerca di una nuova patria. Così, mentre il Nemico prepara la sua vendetta ed un'antica avversaria risorge dalle proprie ceneri, hanno inizio le peregrinazioni di Niphredil di Eryn Galen.
Genere: Generale, Guerra, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Balin, Gloin, Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia, Thranduil
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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niph16

Capitolo Sedicesimo

In cammino

 

 

Niphredil lascia le Sale di Angus prima che si levi l’alba.

Scivola oltre la palizzata di legno e si mette in cammino, accompagnata dal sussurro del ruscello e dallo splendore adamantino delle stelle che trapuntano la volta celeste.

Segue il torrente per tutto il giorno, dal sorgere del sole fino all’infuocato tramonto e, alla fine, davanti ai suoi occhi compare l’Inondagrigio, dai flutti placidi e la spuma cristallina.

Niphredil si accampa sulle sue sponde. Nonostante l’umidità e la frescura della sera, ormai è primavera inoltrata ed il freddo non è altro che un ricordo.

Dopo aver svogliatamente mangiato un boccone di carne secca e salata, l’elfa estrae il flauto di legno e, per la prima volta da lungo tempo, suona una melodia lenta e triste, un lamento che sembra riecheggiare anche dopo che Niphredil ha posato lo strumento.

Dopo averlo riposto, si corica, stendendo il sacco a pelo dove l’erba cresce più folta.

L’elfa sospira, tentando ancora una volta di accantonare il pensiero che l’ha tormentata per tutto il giorno, come un’ombra che si allungava dietro di lei, seguendo i suoi passi. Non vuole pensare ai nani, perché sa che il dolore la riporterebbe indietro, alle Sale di Angus, e sa che non è la cosa migliore. Col tempo, forse, l’odio di Thorin si affievolirà e magari, un giorno, Niphredil potrà recarsi sugli Ered Luin, per vedere coi propri occhi come i profughi di Erebor hanno ricostruito la propria vita. Forse quello sarà un giorno di risate, di canzoni, sarà un giorno di perdono, perché la pace avrà lenito le ferite della memoria.

Con questa speranza nel cuore, Niphredil si addormenta.

Nei suoi sogni, cammina in una fortezza deserta, dove ogni passo risuona come un colpo di tamburo.

Le pareti sono di nuda roccia, con enormi vani dove i picconi hanno scavato con avidità, per estrarre gemme preziose. Il pavimento, invece, è d’oro, con delicate venature scarlatte, del colore del sangue.

“Una volta non riuscivo a comunicare con gli esseri di carne. Non potevo sfiorarli, né il mio pensiero riusciva a diventare una parola udibile alle loro orecchie” la sorprende una voce sibilante, stranamente familiare.

Niphredil si volta e, nell’attimo in cui compie quel movimento, si trova imbrattata di sangue nerastro, dall’insopportabile fetore.

L’ombra le si avvicina, allargando le braccia sottili, vestite di nebbia.

“La mia essenza era flebile, indebolita dalla lunga veglia. Per una breve, confusa stagione ho potuto camminare fra di voi, ho potuto toccare i vostri oggetti, sentire il vostro calore.”

- Ti ho già sognato, una volta. – realizza Niphredil – ma non rammento quando. –

“Perché sto svanendo. Ancora una volta, la stanchezza mi inghiotte. Ormai non sono altro che un sogno, di cui all’alba non si serba memoria.”

- Perché sei qui, allora? Perché cerchi comunque di parlarmi, se non ignori la futilità dei tuoi tentativi? –

L’ombra allarga le braccia e, dalle tenebre alle sue spalle, si delineano altre sagome.

Sono simili alle persone che Niphedil conosce, ma i loro occhi sono vuoti e, quando muovono le labbra, parlano con la voce dello spirito.

“Per onore” ringhia Thorin

“Per dovere” pronuncia Balin

“Per istinto” esala Legolas

“Per la pace” sussurra Luinil

“Per egoismo” mormora il padre di Niphredil

“Per amore” sorride Thranduil

Lo faccio per me stesso” conclude l’ombra, comparendo ad appena un palmo dal volto di Niphredil. La sua mano di nebbia le accarezza le guance, seguendo i suoi lineamenti “è la tragedia che grava sul mio fato, non trovare mai riposo. Forse ho un destino cui adempiere. O forse i miei sforzi sono vani ed io non sono altro che una dissonanza nell’armonia del creato. Non perdere il pugnale, fanciulla.”

La sagoma col volto di Thranduil le si avvicina, posandole le mani sulle spalle.

“Usa le vie più rapide, per fare ritorno a casa” le mormora.

Con quell’ultimo sussurro, il sogno collassa. Le pareti di pietra diventano lisce come specchi, poi si trasformano in liquido e scorrono a terra, fondendosi col pavimento. L’oro e l’argento si mescolano e dal nulla compare una luce accecante, sempre più alta e più brillante, come fuoco bianco.

A quel punto Niphredil si sveglia. Il sole è sorto e le riverbera in faccia, riflettendosi sull’Inondagrigio.

Per un attimo, il sogno è ancora nitido, fra i suoi pensieri, ma poi scompare, lasciando solo pallide tracce di sé.

- Usa le vie più rapide, per tornare a casa. – mormora Niphredil, confusa, mentre il cuore le batte rapidamente nel petto.

 

- Se n’è andata?! – ruggisce Glòin, battendo una mano sul tavolo e facendo traballare i boccali

- Se non sbaglio, non era costretta a restare. Aveva svolto il suo compito. – rileva Dìs

- Oh, una preoccupazione in meno, tanto meglio. Dormirò sonni più sereni. – sbotta Dwalin.

Glòin serra le braccia sul petto, con un grugnito.

Seduto accanto a lui, Balin rimane in silenzio, assorto nei suoi pensieri.

Anche a lui sembra incredibile, che Niphredil se ne sia semplicemente andata. Non la riteneva vincolata ad alcun giuramento, eppure si sarebbe aspettato un saluto, una parola di congedo. Un sorriso, una stretta di mano e la promessa di rivedersi, un giorno.

Sospira, sbocconcellando una pagnotta speziata, poi si volta verso Thorin.

Il nano, seduto a capotavola, sta fissando il vuoto con aria truce.

-Tu che ne pensi, Balin? – gli domanda Dìs in quel momento, interrompendo le sue riflessioni

- Potrebbe darsi che affari urgenti l’abbiano richiamata a casa – risponde, assorto, quasi pensando a voce alta.

Glòin mastica qualcosa di incomprensibile, poi svuota in un sorso il boccale di birra.

Balin gli lancia uno sguardo di sottecchi. Per quanto il nano fulvo cerchi di nasconderlo, ci è rimasto male. La partenza di Niphredil non solo l’ha colto di sorpresa, ma l’ha anche ferito. Stavano diventando amici.

Balin sospira, cercando di esaminare i propri sentimenti. Anche lui è dispiaciuto, ma più di ogni altra cosa è preoccupato.

Preoccupato perché ha più senso che le sia successo qualcosa, piuttosto che sia scappata nella notte, come un ladro, senza nemmeno un tentativo di spiegare. Preoccupato perché Thorin ha in volto i segni dell’astio e della colpevolezza, e perché Niphredil aveva un segreto, un segreto che potrebbe essere venuto alla luce.

Sorseggia la sua birra poi, con un sospiro, si alza in piedi.

- Andrò a controllare che tutto sia pronto per la partenza. – spiega, allargando le braccia.

Anche Thorin si alza: - vengo con te. –

I due nani lasciano la sala e s’incamminano verso la barricata. Attorno al portone sono raggruppati i bagagli. Alcuni carri per le provviste, pesanti zaini e bisacce di unguenti ed erbe curative.

- Sembri turbato – esordisce Balin – posso chiederti il motivo? –

Thorin solleva lo sguardo: - tu lo sapevi? – chiede. Non c’è risentimento, nella sua voce, solo una profonda stanchezza – sapevi che Niphredil era la comandante del Reame Boscoso, oltre che l’amante di Thranduil? –

Balin congiunge le mani, intrecciando le dita: - lo sapevo. – risponde, con un sospiro – e sapevo che non si dava pace, per la menzogna. Aspettava il momento migliore per parlarti. –

- Non difenderla! – sbotta Thorin

- Non la difendo – replica Balin, quietamente – cerco di farti vedere l’intero quadro. La rabbia acceca, amico mio, non dobbiamo fidarci di quello che ci mostra, perché è sempre un disegno parziale. –

- Non mi fidavo più di lei, per questo l’ho cacciata. –

Balin solleva un sopracciglio, per poi accarezzarsi la barba: - è davvero questo il motivo? – indaga, in tono gentile.

- In parte – ammette Thorin, scuotendo la testa – Tu che ne pensi, Balin? –

Balin sospira, poi appoggia una mano sulla spalla del principe: - penso che Niphredil non meriti il tuo odio, ma credo anche che sia impossibile costringere qualcuno a dimenticare il passato. –

 

Luinil scosta con un calcio il cadavere di un ragno.

- Qui abbiamo finito – capitola, riponendo il sottile arco di legno chiaro – se però i ragni ritornano, saremo costretti ad andare a distruggere i nidi, a nord. Intanto torniamo ad Eryn Galen. –

Gli altri esploratori annuiscono poi, in ordine e in silenzio, s’incamminano lungo il sentiero, nascosto dall’erba alta ma facilmente visibile ad un occhio addestrato.

Luinil chiude la fila e quando una mano le si stringe delicatamente al polso si volta di scatto, con una smorfia.

- Mi stai spiando? – sbotta, trovandosi di fronte a Legolas

- Sì – ammette lui, candido – ma non fraintendere le mie intenzioni: non è mancanza di fiducia nelle tue abilità, è semplice noia. – tira Luinil verso di sé, per poi arruffarle i capelli – stai facendo un gran bel lavoro. –

- Erano solo ragni – mormora, imbarazzata

- Non è solo per i ragni – sorride Legolas – è per come stai gestendo la situazione. Gli uomini sentono la mancanza di Niphredil, però ti obbediscono. Ti rispettano… - il principe abbassa la voce, poi aumenta un po’ la stretta sulla mano dell’amica -… anche se sospetto che tu non desiderassi il fardello del comando. Ti prego, dimmi se sto candendo in errore. –

Luinil sospira, poi scuote il capo: - non ho mai pensato potesse accadere – confessa, sottovoce – ho sempre pensato che Niphredil ci sarebbe stata per sempre, che sarebbe stata lei a guidare l’esercito. –

- Eppure eri conscia che ti stava addestrando per succederle – rileva Legolas

- Una volta me l’ha chiesto, sai? Mi ha versato una coppa di vino e mi ha detto “Lu, io ti sto insegnando tutto quello che so. Quand’eri bambina ti ho letto le favole che mio padre aveva letto a me, ti ho cantato le canzoni che lui mi sussurrava, per farmi dormire, ed ora ti sto mostrando l’unica via che conosco, la via della spada e dell’arco, la via della corazza e dello stendardo. Ma se è un altro, il tuo desiderio, allora parlamene, ti prego, e troveremo un’altra soluzione. Voglio che tu sia felice, Lu.”. Io… ho esitato, ma poi ho pensato a mio padre, al suo sorriso quando sistemava le armi, all’orgoglio nella sua voce quando mi parlava del suo compito. Rinunciando all’addestramento mi sembrava di deluderlo. – Luinil distoglie lo sguardo dagli occhi di Legolas, con un gemito – Pensavo davvero di volerlo. –

Il principe le accarezza la guancia, sollevandole il viso: - Il fatto che tu abbia a lungo seguito una via non significhi che non ne esistano altre – dice, sottovoce, posando la fronte su quella dell’amica – cosa vorresti, davvero? Che vita desideri, Luinil di Eryn Galen? –

Luinil arrossisce: - ti metteresti a ridere, se te lo dicessi. – si schermisce poi, agitando una mano

Legolas sorride: - dimmelo lo stesso. Non può essere così terribile. –

L’elfa sospira poi, rassegnata, inclina il capo e sussurra qualcosa all’orecchio del principe.

Legolas stringe le labbra – mi sembra legittimo, Lu – riesce poi a pronunciare, trattenendo le risate.

 

I giorni successivi scivolano rapidi e frenetici, per tutti.

I nani sono di nuovo in cammino, pieni di aneddoti e progetti. I loro passi e le loro voci riecheggiano lungo il Verdecammino, precedendo la carovana.

Gli orchi sciamano dal nord, calandosi lungo gli irti pendii delle Montagne Nebbiose fino a raggiungere gli Erenbrulli. Mentre marcia, a capo dell’avanguardia, Sinag si sente ancora addosso gli occhi del drago. Ogni volta che storce le labbra, le ustioni non ancora guarite gli inviano fitte di dolore, quasi a rammentargli che il maledetto serpente avrebbe potuto ucciderlo. E invece, come suprema beffa, ha scelto di risparmiarlo, per lasciargli condurre una vita col fardello di quell’umiliazione.

Tanto pesanti e sgraziati sono i passi degli orchi, tanto rapida e lieve è l’andatura di Niphredil.

Risale l’Inondagrigio, camminando sulle sue sponde, finché il fiume non si biforca. Da un lato il Bruinen, che porta verso Imladris. Niphredil accarezza per un attimo l’idea di seguirlo, di raggiungere l’Ultima Dimora Accogliente, per incontrare sire Elrond e trascorrere qualche giorno con la sua gente, ma il desiderio di rivedere Thranduil prevale e l’elfa imbocca la via opposta, quella che segue l’altro ramo dell’Inondagrigio, quel fiume che è chiamato Mitheithel.

E’ un cammino solitario, ma pacifico, accompagnato dal sole e dal canto dell’acqua.

Mentre oltrepassa il confine e si lascia l’Eriador alle spalle, Niphredil riflette sulla propria vita. Rivede ogni giorno trascorso, il sangue versato, le imprese compiute, gli ordini che ha ingiunto e quelli a cui ha obbedito, alle roccaforti protette e a quelle perdute, ripensa ai momenti di dubbio che l’hanno trattenuta, agli errori in cui è caduta, ai sospiri che le hanno riempito il petto.

Ogni tanto, sente i secoli pesare sulle proprie spalle. Soprattutto quando è sola, quando non c’è Thranduil a baciarle dolcemente le labbra e a sussurrarle che una lunga via può essere piacevole, quando si è in due a percorrerla.

 

 

--La Coda!

Questo capitolo è cortino, eh. Ops. Scusate.

E’ che tutti stanno camminano, che noiaaa!

Provvederò ad aggiornare con il prossimo in tempi brevi, così che succeda almeno qualcosa, in questo benedetto racconto :P

 

Un bacio!

- La Matta

 

P.S. – gli itinerari sono stati pensati dalla sottoscritta (immaginatevi una me molto perplessa davanti alla mappa della Terra-di-Mezzo, che si gratta la testa cercando di calcolare tempi e strade), quindi tutt’altro che immuni da errori. Qualora ne trovaste, fatemi sapere ;)

  
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