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Autore: La Matta    08/03/2015    5 recensioni
Nel mondo moderno non ci sono guerre con orchi e ragni giganti, né un grosso Occhio fiammeggiante, né Draghi. Niente Draghi, davvero. Però c'è l'atroce mondo del business, dove le imprese rivali si battono con coraggio per prendere il sopravvento. Due di queste sono la Sauron srl e la Mirkwood snc, in perenne lotta fra loro. E quando Sinag, l'amministratore delegato della Sauron srl, si trova affiancato dall'abile quanto insopportabile Tari Scale, le cose si fanno semplicemente... incandescenti.
Nota: i personaggi di questa storia, oltre agli originali di Tolkien, vengono dall'altra mia storia, "Niphredil". E' consigliata la lettura di quest'ultima, per comprendere i continui ammiccamenti!
Pairing: Thranduil/Niphredil, Sinag/Tari
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gimli, Legolas, Nuovo personaggio, Thranduil
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo Primo

Di coppie, di trii e di progetti futuri

 

 

- No, signora – replicò, annoiata, picchettando nervosamente con le dita sulla superficie lucida del tavolo – non siamo più la Mairon&Melkor Snc, per questo non ci trova sull’elenco. No, non le sto mentendo, abbiamo approfittato della crisi per rinnovare la società e garantire migliori servizi… - dall’altro capo del telefono, la vecchietta riprese a protestare, con voce stridula e concitata.

Tari Scale, responsabile delle pubbliche relazioni per la Sauron Srl, trangugiò in un sorso il caffè bollente, poi tornò a concentrarsi sull’anziana presumibilmente arteriosclerotica che si preoccupava che la società con cui collaborava da decenni collassasse all’improvviso.

- Signora, se vuole la posso mettere in comunicazione con il nostro ufficio legale. Il signor Erag (*) sarà più che lieto di trasmetterle tutti i dati commerciali della nostra azienda. –

- Oh grazie cara. – cinguettò la vecchietta, confortata

- E’ stato un piacere aiutarla. – rispose Tari, sorridendo a denti stretti anche se la sua interlocutrice non poteva vederla. S’illudeva che, tirando le labbra fino a rompersele, sarebbe riuscita a trattenere la replica offensiva a cui pensava da quando aveva sollevato il ricevitore.

Mise giù il telefono con uno sbuffo scocciato.

Un tempo aveva lavorato in proprio. Aveva una piccola impresa, un ufficio più simile ad uno scantinato che ad uno studio, un inventario limitato ed una linea che era quasi sempre libera, ma le cose funzionavano. Stava crescendo rapidamente quand’era inciampata in quei bastardi della Mirkwood Snc. Dopo la disfatta si era quasi rassegnata a tornare a casa, in quella sperduta cittadina canadese in cui avrebbe fatto la cameriera nel ristorante dei suoi genitori, quando aveva incontrato il Capo.

“Mi ricordo di te” le aveva detto, versandole una tazza di raffinato the bianco “stavamo per farti una proposta e sederci al tavolo delle trattative per l’acquisizione, ma poi hai dichiarato bancarotta. Un vero peccato.”

Lei aveva storto il naso ed aveva ingoiato un sorso di the, controvoglia, incurante del fatto che fosse ancora bollente. Il Capo era sprofondato nella poltrona di pelle nera, congiungendo le punte delle dita.

“Anche noi abbiamo avuto i nostri dissapori con la Mirkwood Snc, e spero che prima o poi riusciremo a farli chiudere definitivamente. Sarebbe un piacere averti a bordo, fino a quel momento.”

Tari aveva alzato la testa, improvvisamente interessata a quella conversazione che fino a poco tempo prima sembrava solo un vuoto esercizio di retorica.

“Dove devo firmare?” aveva chiesto. Le labbra del Capo si erano rilassate in un sorriso soddisfatto.

Tari accantonò i ricordi con un cenno della mano, quando un post-it rosa fluorescente attirò la sua attenzione. Era stato lasciato sull’angolo dello schermo del computer, probabilmente proprio allo scopo di essere notato, e recava la svolazzante firma di Destiny, la segretaria del Capo, una ragazza dall’aria svampita con la brutta abitudine di indossare solamente abiti rosa. Era un tripudio di rosa che camminava, andando a sbattere contro tutte le porte semichiuse.

Il biglietto ricordava a Tari che, alle undici, aveva un appuntamento in direzione. Il Capo voleva parlarle.

La donna sbuffò sonoramente, lanciando uno sguardo all’orologio alla parete. Aveva ancora il tempo di rifarsi il trucco, ma era l’intenzione a mancarle. Quasi senza accorgersene, si accarezzò la fronte. Aveva una sottile cicatrice che le solcava la pelle, appena sopra l’occhio. Le dava ancora fastidio, quando pioveva.

 

 

Niphredil agitò il barattolo vuoto dello zucchero, con un sospiro desolato.

- Abbiamo finito lo zucchero. – rilevò – non capisco come sia possibile, ma abbiamo di nuovo finito lo zucchero. Ne porterò un altro pacco da casa, altrimenti l’ufficio non va avanti. –

Thranduil Oropherion, amministratore delegato della Mirkwood Snc, sollevò lo sguardo dal plico di resoconti che stava controllando e fissò la propria fidanzata.

- Sai che io sto cercando di lavorare, vero? – le chiese, con uno sbuffo

- E tu sai che non posso affrontare una riunione coi fornitori, senza il mio quotidiano litro di the? – ribatté Niphredil, appoggiando il barattolo vuoto e raggiungendo la scrivania di Thranduil. Si sedette sull’angolo del tavolo, accavallando le lunghe gambe – mi sembri di cattivo umore. – rilevò, dopo qualche istante.

- Sai a che ora è tornato a casa Legolas, stanotte? –

Niphredil si strinse nelle spalle: - non lo so, a quel punto dormivo della grossa. –

- Alle quattro del mattino! – esalò Thranduil, accartocciando l’ennesima fotocopia illeggibile – se scopro che è stato di nuovo a far baldoria con quell’imbecille del suo amico Gimli… -

- Dai, Legolas ha ventitré anni, lascia che si diverta un po’. E poi Gimli non è così pessimo. – Thranduil inarcò un sopracciglio, con aria scettica ma, bontà sua, preferì non replicare. Era una discussione persa in partenza, soprattutto considerato che il padre di Gimli era il miglior amico di Niphredil, un tipo ben piantato con una folta barba ed una preoccupante dipendenza dalla birra.

- E comunque – riprese, con un sospiro – le riunioni coi fornitori non piacciono nemmeno a me. E poi il tipo della LagoLungo sembra sempre piuttosto alticcio. Sarò io, ma è irritante. –

Niphredil rise, per poi sdraiarsi sulla scrivania. Sentì il rumore di un portapenne che cadeva a terra, ma lo ignorò, e appoggiò le dita sotto al mento di Thranduil.

- Che programmi hai per stasera? – chiese, accarezzandogli il collo

- Dovrei revisionare il bilancio – rispose lui. Si chinò in avanti e baciò Niphredil sulle labbra, a lungo, passandole una mano fra i capelli – ma in fondo non è una scadenza così pressante. –

Lei sorrise, strusciando il naso contro quello di lui: - no – mormorò, suadente – non lo è affatto. Appurato questo, te lo chiedo di nuovo… che programmi hai per stasera? –

- Pensavo di spegnere il cellulare, aprire una bottiglia di vino ed andare a berlo a letto, assieme alla mia fidanzata. Possibilmente senza niente addosso e… -

E fu allora che la luce verde dell’interfono si illuminò e la voce di Luinil, la segretaria, invase l’ufficio.

- Signore, c’è uno della Scudo-di-Quercia Spa che sbraita sull’altra linea. Che devo fare? –

Thranduil sospirò: - di nuovo? – esalò, massaggiandosi le tempie – che altro vuole? –

- Non l’ha detto – rispose la segretaria, evidentemente a disagio, mentre Niphredil posava la fronte sul piano della scrivania e tratteneva una risata – o, per meglio dire, ha detto qualcosa di estremamente offensivo che suonava come “verrò a sputare sulle vostre tombe”, però nient’altro. –

Thranduil si alzò in piedi e sbuffò: - dì al signor Durin di prendere un appuntamento. Ma se quel caparbio idiota insiste ancora a comportarsi come un cavernicolo, giuro che l’accordo salta. –

 

Sinag Grey (*) si accese una sigaretta ed aspirò a fondo.

- Signore – ritentò – le ho detto che la situazione è sotto controllo. Certo, quei bastardi della Scudo-di-Quercia ci hanno soffiato l’appalto per Dimrill Dale, ma ci stiamo riprendendo in fretta e progettiamo degli incrementi patrimoniali a breve term… -

- Sinag – lo interruppe il Capo. La sua voce era cupa e preservava la sua aura minacciosa anche attraverso l’etere – la mia non era una proposta. Stiamo progettando un grande ritorno e la sede del Gundabad ha un ruolo fondamentale in esso. Quindi ho deciso di mandarti un aiuto. –

- Signore, se posso permettermi… -

- Non puoi – lo freddò il Capo. Sinag sbuffò una nube di fumo, poi gettò la sigaretta a terra e la schiacciò sotto il tacco della scarpa – la signorina Scale ti raggiungerà a giorni e sarà la mia rappresentante, oltre che i miei occhi e le mie orecchie. Non sottovalutarla e ti sarà utile. Non deludermi, Sinag. –

- No, Signore – cedette l’uomo. La sua voce era sottomessa, ma i suoi occhi erano pozzi di furia.

Quando finalmente il Capo mise giù il telefono, Sinag dovette impegnarsi al massimo per combattere il desiderio di scagliare il cellulare oltre il parapetto, per vederlo sfracellare al suolo, cinque piani sotto.

Un irritante cinguettio (doveva cambiare quella fottuta suoneria, non la sopportava più) lo avvertì che il Capo gli aveva inviato un messaggio, con l’orario d’arrivo dell’aereo della signorina Scale.

- ‘fanculo – borbottò Sinag, appuntandosi di mandare qualcuno a prendere la donna.

Ne aveva sentito parlare. Era un cacciatrice solitaria, che disertava sistematicamente gli incontri di team-building e che era l’incubo dell’ufficio per le pubbliche relazioni. Molti, nella Sauron Srl, si chiedevano perché il Capo si fosse intestardito a tenerla come collaboratrice e perché le avesse affidato dei compiti tanto sciocchi, quasi di facciata, se era davvero un elemento tanto valido.

Di Tari Scale, si diceva che avesse il fuoco, nel cuore.

Sinag si accese la seconda sigaretta. Lavorava per la Sauron Srl da anni, ormai. Sopportava ogni giorno la concorrenza delle altre compagnie (che sembravano coalizzarsi costantemente per mettere loro i bastoni fra le ruote), la faccia da cane bastonato di Erag, all’ufficio legale, l’incompetenza dei suoi diretti sottoposti e, ovviamente, l’ossessione del Capo per tenere per sé tutti i propri piani. Il coordinamento fra le varie sedi secondarie della Sauron era pessimo, praticamente i vari institori – Sinag compreso – lavoravano nella completa ignoranza del fine ultimo.

L’uomo sbuffò ed aspirò, stavolta lentamente, assaporando l’aroma acre della sigaretta.

Sorrise, fra sé, e cercò di vedere il lato migliore della situazione. Forse collaborare con la signorina Scale sarebbe stato un passo avanti. Forse avrebbero davvero fatto dei progressi. Forse il Capo avrebbe smesso di comportarsi come un sociopatico e, forse, questa collaborazione non sarebbe stata tanto atroce, da sopportare.

In fondo, il fuoco gli era sempre piaciuto.

 

Niphredil ripose il telefono ed il volantino del take away giapponese.

Finalmente, la giornata era finita.

La casa era silenziosa, a parte lo scrosciare della doccia, al piano di sopra.

Un post-it giallo fluo, attaccato al frigorifero, comunicava telegraficamente: “Passate una bella serata, papà e Niph, io dormo da Gimli.”.

Niphredil lanciò uno sguardo svogliato al tavolo. Era sommerso di fogli, cartacce, i libri di Legolas e persino una pedina degli scacchi, infilata nella fruttiera per scopi non meglio precisati. La donna sospirò, mentre la sua coscienza la tormentava. Avrebbe dovuto sparecchiare, prima che arrivasse il ragazzo delle consegne.

… oppure avrebbe potuto lasciare tutto là e mangiare sul divano, comodamente raggomitolata contro Thranduil, come avevano fatto per le ultime tre cene.

Una piccola Niphredil con l’aureola dibatté a lungo contro la sua collega con cornina e forcone, ma alla fine dovette arrendersi e battere in ritirata.

La donna sorrise, poi si sfilò la camicia e salì di corsa le scale, slacciandosi anche i jeans.

- Amore, sei ancora sotto la doccia? – domandò, bussando alla porta del bagno – fra l’altro temo che Legolas abbia di nuovo finito il balsamo per i capelli –

- Me ne sono accorto – replicò Thranduil, seccato – e comunque avresti potuto avvisarmi un po’ prima. –

- Che posso farci? – scherzò Niphredil, appoggiandosi al muro per sfilarsi i pantaloni – Mi piace dirti le cose mentre sei nudo. –

- Lo so che è una forma di vendetta perché ho sottovalutato la tua astinenza da zucchero –

Niphredil rise, poi aprì la porta e scivolò nella stanza, richiudendola alle proprie spalle. Si tolse gli slip ed il reggiseno, lanciandoli sulla lavatrice. Lanciò uno sguardo alla propria immagine, riflessa nello specchio appannato dal vapore, poi scostò la tendina della doccia.

- Se volessi vendicarmi – disse – non sarei qui, ma starei al telefono con Glòin per organizzare una cena con lui e suo figlio. –

Sorrise, mentre Thranduil la prendeva fra le braccia. La sua pelle era calda e bagnata.

Da qualche parte, al piano di sotto, il telefono squillava, ma era destino che nessuno rispondesse.

 

Legolas mise giù il cellulare e si strinse nelle spalle.

- Non rispondono – decretò – sarà un segno del destino. –

- Mi pare giusto! – esultò Gimli, senza alzare lo sguardo dal complesso lavoro che lo teneva impegnato.

- Dio – esalò Legolas, levando gli occhi al cielo – se lo scopre mio padre sono un uomo finito. –

Il suo amico ridacchiò, poi sollevò trionfante un oggetto lungo e sottile.

- Beh, di certo non sarò io a dirglielo. E se riesci a non incontrarlo prima di lavarti i capelli, l’odore se ne andrà senza incidenti. Su, su, adesso non fare il fifone. –

Legolas sorrise, divertito, poi bevve un sorso dalla bottiglia di birra. Ancora non era certo se il sapore della birra gli piacesse o meno, però Gimli era categorico. “No birra, no party” diceva sempre, di solito mentre rovistava nel cassetto alla ricerca di un apribottiglie.

- Va bene – acconsentì, mentre Gimli gli tendeva l’oggetto e l’accendino e riprendeva ad armeggiare con il telecomando del lettore dvd.

- Non cominciate senza di me! – li richiamò una voce femminile, dalla cucina

- Sbrigati, Lu! – gridò Gimli – e non mangiare tutta la pizza! –

Legolas accese la sigaretta (che era – come dire – piena di cannabis, oltre che rollata in modo pessimo) e sprofondò nel vecchio divano, mentre Luinil usciva dalla cucina, con un enorme cartone di pizza in mano.

- Bene – esclamò Gimli, battendola sulla spalla una pacca talmente forte da sembrare dolorosa – e la maratona di Game of Thrones può avere inizio! –

 

 

-- La Coda

(*): non ho saputo resistere

(*2): non ho letto “cinquanta sfumature di grigio”, però non voglio immaginare Sinag alle prese con cera bollente, manette e altre cose. No, no, no, le mie cellule cerebrali stanno già soffrendo.

 

Sì. Lo so. Lo so che dovrei impegnarmi su Niphredil – che già i miei aggiornamenti hanno il singhiozzo – ma questa storia mi frulla in testa da settimane e non potevo non condividerla con voi J

E soprattutto tu, Kanako91, sentiti in colpa per aver portato alla creazione di questo racconto, perché il tuo shippare Tari e Sinag mi si è attaccato addosso, e per questo ti detesto e ti adoro!

Detto questo, premetto che non sarà una storia lunga e dalla trama complessa (anche perché le mie conoscenze di diritto societario si limitano ad un isterico sfogliare i miei appunti di università) e che il suo scopo principale sarà far ridere. E far stare insieme Thranduil e Niph. Sono sedici capitoli che sopravviviamo a flash-back, prendete tutto ciò come un ringraziamento per la pazienza!

Spero abbiate apprezzato!

A presto

- La Matta

  
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