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Autore: maggieredknight    11/03/2015    2 recensioni
Terra. Anno 2034.
Un virus sconosciuto colpisce l'America.
Inizialmente, le uniche ad esserne colpite, sono le persone con gli occhi chiari.
Si scatena il panico.
Le persone dagli occhi azzurri, vengono perseguitate e cacciate, per essere catturate e isolate in luoghi protetti, lontano dal resto della popolazione.
Così ha inizio la storia di due uomini, appartenenti alle due diverse fazioni, che si troveranno legati dal destino e che lotteranno per la sopravvivenza, per la speranza di un' esistenza migliore, e per la cosa più grande di tutte. L'Amore.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CONTAGION - YOUR EYES, AT THE END OF THE WORLD

 
 

CAPITOLO 6 – NON HAI PAURA DI ME?

  – IL COVO E LA SPERANZA - parte prima -

 
 
 
 
 
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Orlando camminava a testa bassa sotto il cielo plumbeo di New York.
Era pensieroso, mentre si recava al lavoro, quella mattina.
Arrivato in centrale incrociò un paio di colleghi che lo salutarono, ma non se ne accorse nemmeno.
Loro non se ne preoccuparono più di tanto, da quando Robert era fuggito, Orlando era diventato serio e taciturno, sicuramente era la persona che aveva più sofferto per il suo tradimento.
Almeno, questo era ciò che tutti pensavano: e lui non li smentiva, e recitava bene la sua parte.
Neppure Mark, per natura così sospettoso, credeva che lui sapesse qualcosa, anzi, che avesse addirittura aiutato Robert.
Entrò nella stanza che per anni aveva diviso col suo partner e si mise al lavoro.
Non gli avevano ancora assegnato un nuovo collega - e a lui andava benissimo - ma questo significava che per ora doveva svolgere il lavoro di due persone, compresa la parte che lui odiava di più: fare rapporti e compilare documenti.
All’improvviso fu interrotto dal suono del suo cellulare
" L'ho perso!!! ", gridò Robert quando Orly rispose.
" ...Cosa? ", disse l'altro preso alla sprovvista.
 
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Passò qualche minuto al telefono con l’amico, poi Robert esclamò con urgenza:
" Orly ti richiamo io! Devo andare!"
" ROB! ", provò a protestare Orlando, ma Robert aveva già riattaccato.
Orlando guardò il cellulare qualche istante, come se potesse vedervi la faccia di Robert e rimproverarlo, poi sospirò, scosse stancamente la testa e si rimise a lavorare.
 
 
Dopo circa una mezz'ora un bip sul suo cellulare lo avvisò che gli era arrivato un sms. Era ancora il numero di Robert. Guardò il testo, diceva solo: " :) "
Orlando sorrise di rimando. Voleva dire che era tutto a posto. Bene.
All'improvviso fu distratto da urla e grida che venivano dal corridoio : si precipitò fuori dalla stanza e la scena che gli si parò davanti lo lasciò senza fiato.
Due ragazzini, un maschio e una femmina, che avranno avuto al massimo 12 anni, stavano venendo trascinati via da un paio di agenti.
Si somigliavano molto, probabilmente erano fratelli. Entrambi avevano grandi e terrorizzati occhi verdi
Erano trattati in malo modo, e ammanettati, come fossero pericolosi criminali, e gridavano e scalciavano spaventati, cercando di liberarsi.
" Ehi! Che succede?! ", gridò Orlando, afferrando uno dei due agenti per un braccio.
" Nulla ", disse il suo collega tranquillamente: "Sono stati catturati e li stiamo portando via per consegnarli a chi di dovere."
" Ma sono due bambini!!! ", esclamò indignato Orlando senza mollarlo.
"...E allora? ", lo guardò il collega sinceramente stupito, come se stesse dicendo un'assurdità.
Orlando lo lasciò e rimase un istante lì a boccheggiare, sconvolto, mentre loro si allontanavano.
Poi, come se una molla fosse scattata improvvisamente dentro di lui, senza dire più nulla si voltò, e quasi correndo uscì dalla Centrale.
 
Mentre si avviava alla sua auto, compose un numero di telefono sul cellulare.
" Pronto? ", la voce di Robert rispose quasi subito.
Orlando con la mano libera si massaggiò forte gli occhi chiusi e sospirò : " ...C'è posto per un fuggitivo in più? "
 
 
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Jude si voltò verso Robert, che aveva appena riattaccato, e stava sorridendo.
Erano nel parcheggio del pub e stavano incamminandosi verso l’auto.
“ Allora? Che succede?”
“Orly viene con noi.” Poi, come se si fosse all’improvviso ricordato di qualcosa, accigliandosi aggiunse:  “Scusa se non ho chiesto il tuo parere.”
Jude lo guardò negli occhi per un lungo istante, poi voltandosi e continuando a camminare, disse: “ Figurati. Tanto gli avresti detto di sì anche se io non fossi stato d’accordo.”
Robert fece una smorfia dispiaciuta e si allungò verso di lui toccandogli un braccio: “ Ma tu sei d’accordo, vero?”
Jude si fermò e senza guardarlo sussurrò: “ E’ così importante per te?”
“…Sì…” sussurrò anche Robert, abbassando lo sguardo.
Finalmente Jude si voltò verso di lui e gli sorrise, un sorriso piccolo, appena accennato, ma pieno di significato: “ Orlando è il benvenuto.”
Robert fece un sorriso enorme che gli illuminò il viso, e non salì in auto finchè l’altro non si fu accomodato sul sedile del passeggero, continuando a sorridere e non staccandogli per un solo attimo gli occhi da dosso.
 
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Robert e Jude avevano viaggiato per una ventina di minuti, giusto per allontanarsi dal pub e non rimanere troppo nello stesso posto. Ora erano fermi a una stazione di benzina un po’ isolata, già da una mezz’ora.
Aspettavano Orlando.
Improvvisamente era calato un silenzio imbarazzante.
Finalmente Robert si azzardò a dire quello a cui stava pensando già da un po’:
“ Ehm, senti…Riguardo a ciò che è successo stamattina…Devo ancora scusarmi…”
Jude non si voltò verso di lui, ma chinando la testa disse a bassa voce: “ Non devi scusarti…Anche io mi sarei sentito arrabbiato e offeso…Te l’ho detto, sono io, non è colpa tua…”
“ Però…Ehm…Quello che ho fatto dopo…Non era dettato solo dalla rabbia, io… Volevo…Farlo davvero…Ma…”
Jude stavolta arrossì lievemente, voltò la testa da un’altra parte e facendo finta di guardare fuori dal finestrino, disse: “ Non c’era niente che non andasse in quel bacio.”
 
 
 
Nonostante si fossero più o meno chiariti, l’atmosfera continuava ad essere imbarazzante e considerando in più la tensione generale di tutta la situazione, dopo poco non riuscirono più a stare seduti in macchina a non fare nulla, così scesero cautamente per comprare dell’acqua e qualche cosa da mettere sotto i denti a una specie di distributore automatico….Mentre inseriva le monete nel distributore, Robert non potè fare a meno di osservare la surrealtà della situazione…Gli pareva incredibile e anche ammirevole come, con tutto quel che stava succedendo in America, ci potesse essere ancora della gente che lavorava normalmente… Gente che, nonostante tutto, si alzava alla mattina e andava a scuola ad insegnare, o teneva aperto il proprio negozio, o riempiva i distributori automatici…
 
Dopo aver preso qualcosa da mangiare e da bere, si resero conto che, per quanto il posto fosse tranquillo ed isolato, stare lì fuori allo scoperto non li faceva sentire per niente meglio, quindi si riavviarono all’auto, sperando che Orlando si sbrigasse ad arrivare.
Robert, che seguiva Jude, non poteva proprio fare a meno di guardargli il sedere mentre camminava…Dio, era…Perfetto…E lui non sapeva davvero ancora spiegarselo del tutto, ma lo voleva…
Tornati alla macchina, all’improvviso Robert prese Jude per un braccio, facendolo voltare verso di sé. Odiava quella situazione ancora un po’ in sospeso.
Jude lo guardò per un attimo stupito, senza capire, poi Robert lentamente, delicatamente, senza mai staccare gli occhi dai suoi, lo spinse contro il cofano dell’auto.
Jude senza rendersene conto, gli occhi dell’altro come una calamita, lasciò cadere per terra tutte le cose che avevano appena comprato.
Robert portò poi le braccia accanto ai suoi fianchi, appoggiando le mani al cofano, imprigionando il biondo in una stretta e dolce morsa, tra il suo corpo caldo e il metallo freddo dell’auto.
Jude continuava a guardarlo senza dire nulla, ma il suo respiro si era fatto più accelerato e Robert vedeva chiaramente le sue pupille che si stavano dilatando.
“ Odio queste lenti.” Sussurrò con voce bassa e roca vicino al suo viso.
“…Sono ciò che mi tiene in vita…”, rispose piano Jude imbarazzato, senza sapere cosa altro dire.
Robert sapeva che era un azzardo comportarsi così con l’altro, ma voleva provare, doveva farlo.
“Ma ora ci sono io…”, disse pianissimo, spingendosi un po’ più vicino a lui, e infilando una gamba tra le sue.
Entrambi espirarono forte.
Sentire Jude reagire a quel modo, diede altra sicurezza a Robert.
“Fammi riprovare.”, gli soffiò sulle labbra. Non era una domanda, ma nemmeno un ordine.
Jude era leggermente più alto di lui, ma seduto così sul cofano, leggermente inarcato all’indietro, lasciava Robert in una posizione di dominio, che riusciva, anche se di poco, a sovrastarlo.
Vedendo che Jude non rispondeva, ma nemmeno lo mandava via, si avvicinò al suo collo, inclinando il viso, iniziando a baciarlo, prima solo con le labbra, poi sentendo un gemito bassissimo ed impercettibile provenire da Jude, trovò il coraggio di aggiungere anche la lingua, lasciando scie infuocate, risalendo su verso la mandibola, tenendolo stretto, bloccato, senza via di fuga.
Non che Jude avesse la minima intenzione di fuggire.
Finalmente Robert arrivò alle sue labbra e ci si avventò famelico, ma non più guidato dalla rabbia o dall’urgenza: prendendosi tempo, baciandole, succhiandole, con Jude sotto di lui che teneva le mani strette forte contro al suo petto e faceva di tutto per trattenere gemiti e sospiri, facendolo andare letteralmente fuori di testa.
Poi Jude schiuse le labbra, e per la seconda volta quella mattina, sentendo la testa giragli vorticosamente, Robert penetrò dentro di lui con la sua lingua, e la bocca di Jude era ancora più morbida e calda di come la ricordava.
A questo contatto che assomigliò ad una scarica elettrica anche Robert gemette, portando una mano sulla schiena di Jude, tirandolo a sé e spingendolo indietro ancora di più, conscio che se non ci fosse stata la ferita dell’altro a bloccarlo, presto non sarebbe più riuscito a fermarsi, e si sarebbe scopato Jude sul cofano della macchina in mezzo al parcheggio.
Se gli avessero detto che avrebbe fatto una cosa del genere, anche solo una settimana prima, Robert avrebbe riso di gusto, dichiarando l’ impossibilità della faccenda.
Jude del resto, sembrava quasi avere le stesse intenzioni, perché, continuando a baciarlo, si spinse più indietro, sdraiandosi sul cofano e tirandolo giù sopra di sé.
 
Robert allora si prese un attimo per guardarlo: Jude era sotto di lui, completamente in sua balìa, aveva le labbra rosse e umide, le pupille completamente dilatate nonostante la luce del mattino, i capelli lunghi sconvolti e spettinati che ricadevano intorno al suo viso come un’aureola.
Era una visione.
Robert si chiese se si meritava davvero tutto questo.
 
Stava per ributtarsi sulla sua bocca, quando sentì il rumore di un’auto dietro di lui e di scatto si alzò, girandosi. Anche Jude si alzò in fretta, ricomponendosi e spostando lo sguardo altrove.
L’auto si fermò a pochi metri da loro, e ne scese Orlando, che sogghignava divertito in direzione di Robert: “Scusate il ritardo, vedo del resto che avete trovato come impiegare il tempo…Direi che ci saranno molte cose che dovrai spiegarmi, Robert caro…”
Robert avvampò! Gli sarebbe saltato al collo – ma ok, lo ucciderò dopo, pensò – e invece gli si avvicinò e con sguardo truce gli sussurrò all’orecchio: “ E’ questa la tua gratitudine per averti preso con noi??!! Guarda che sono ancora in tempo per cambiare idea!!”
Orlando per nulla intimorito si mise a ridere: “Ahah, ok, dai, scusa, non te la prendere…Ma cavoli, devi capire che una cosa del genere non me l’aspettavo proprio!!!”
“Orlando, basta!!” Robert era di tutti i colori. 
Il più giovane ridacchiava ancora, mentre il moro cercò di ricomporsi e, molto imbarazzato, spostare il discorso su cose più importanti: “Piuttosto…Non desterà sospetti la tua improvvisa partenza?”
Orlando allora, riflettendo, fece spallucce: “…No, non credo…Ho telefonato al capo dicendo che avevo bisogno di qualche giorno di permesso perché sono un po’sconvolto da ciò che è successo e nessuno ha avuto dubbi o problemi…Ho recitato bene la mia parte, credo che anche Mark non sospetti niente…”
“Ok, allora basta perdere tempo, rimettiamoci in viaggio”, concluse Robert in fretta, felice che la questione precedente fosse stata lasciata cadere nel vuoto.
“Boston, giusto?” , disse Orlando mentre Robert apriva la portiera dell’auto. Poi aggiunse sogghignando: “Ah, vedo che vi è caduta della roba nella foga di prima, non la raccogliete?!”
“Orlando!!”
 
 
Orlando ridendo risalì sulla sua auto, poteva fare comodo e comunque non avevano tempo di nasconderla, erano rimasti fin troppo a lungo fermi, e lasciarla alla stazione di benzina avrebbe dato indizi chiari sulla loro direzione non appena fosse stata trovata.
Anche Robert salì in auto. Jude era già seduto all’interno, e sebbene avesse il viso girato verso il finestrino e un dito posato sulle labbra, Robert vide che stava sorridendo. Si augurò con tutto il cuore che fosse per ciò che era successo tra loro, e che significasse anche che non se l’era presa per le battute di Orly…
Sorridendo a sua volta, il moro mise in moto e partirono.
 
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Dopo circa una mezz’ora, inaspettatamente, Jude si voltò verso Robert scuro in volto, e senza giri di parole gli disse: “…Non hai paura, a stare con me?...Non hai paura che io possa contagiarti?”
Robert fu colto per un attimo alla sprovvista. Non si aspettava una domanda simile così dal nulla, ma chissà per quanto tempo doveva averci pensato Jude…Lui, in effetti, non si era mai posto il problema…Tantissimi altri sì, ma non quello…Riflettè qualche istante, con Jude che lo guardava in apprensione, poi si voltò verso di lui e sorrise : “No. No ad entrambe le domande.”
Jude fece un sospiro di sollievo appena udibile, e per il momento non pretese altre spiegazioni. Poi come se gli fosse venuta in mente un’altra questione, chiese ancora:
 “…Un’altra cosa…Prima…Hai detto che odi le mie lenti a contatto scure…E anche al pub me le hai fatte togliere…Perché…?”
Robert sorrise continuando a guardare la strada : “…Bè, semplice, perché hai gli occhi più belli che io abbia mai visto, e li adoro…E a volte mi sembra che le usi anche per nasconderti da me, e invece quando ti guardo io non voglio nessun muro in mezzo a noi…Davvero non te l’ho mai detto quanto mi piacciono?...Si vede che l’avrò solo pensato, che stupido…”
Robert quando voleva ci sapeva fare, e lo sapeva…
Jude sgranò gli occhi, nessuno gli aveva mai più detto una cosa simile da…Molto, molto tempo…Più di quello che potesse ricordare…Sembrava impossibile, con tutte le nuove emozioni che aveva provato, che fosse passata solo una mattinata…Piacevolmente stordito e confuso, finalmente si rilassò un po’, e non gli chiese più nulla per un paio d’ore.
 
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Ad un certo punto, sempre con Orlando che li seguiva, presero una specie di vecchia sottostrada che correva poco distante dalla strada principale, nella stessa direzione, per farsi notare meno…Soprattutto ora che viaggiavano con due auto, la prudenza non era mai troppa.
 
Stavano ancora viaggiando a velocità moderata, quando Robert all’improvviso cambiò sguardo e si irrigidì.
Jude, che da un po’ lo fissava, cercando di non farsi notare, per osservare tutti i più piccoli particolari del suo volto, spostò subito gli occhi sulla strada, per capire cosa aveva veduto l’altro.
“Merda!” imprecò il biondo.
Circa 300 metri davanti a loro, sul bordo della strada, c’era un’auto pattuglia della polizia.
“ Che facciamo?!” chiese Robert stringendo il volante.
La strada era deserta a parte le loro due auto.
“Non possiamo fare nulla, continua a guidare come se niente fosse…”, bisbigliò Jude tra i denti.
Purtroppo però, mentre si avvicinavano, uno dei due agenti alzò la paletta, rivolto a loro.
Robert e Jude si guardarono.
Dovevano fermarsi. Forse era solo una coincidenza, e non sarebbe successo niente.
Se fossero scappati li avrebbero inseguiti di sicuro e sarebbe stato peggio. Era come autoincriminarsi.
Robert rallentò un po’ e guardò nello specchietto retrovisore. Anche Orlando, che viaggiava a debita distanza, stava rallentando.
Robert, cercando di non farsi notare, gli fece segno con la mano di non fermarsi e sorpassarli.
Non si capiva che erano insieme, e farsi prendere tutti sarebbe stato davvero stupido.
Quindi, mentre Orly passava loro davanti e si allontanava, sforzandosi immensamente per non guardarli, Robert accostò a lato della strada e spense il motore.
Ora dovevano stare calmi, recitare bene.
Guardò Jude. All’apparenza, sembrava assolutamente tranquillo e a proprio agio.
-Ha un sangue freddo incredibile. L’ha già dimostrato, del resto – pensò con ammirazione il moro.
In questi momenti, Robert dimenticava di essere il più vecchio tra i due.
 
“Uscite dall’auto.” Intimò uno dei due poliziotti.
Aveva la voce ferma, come di consuetudine, ma non sembrava minaccioso. Perlomeno non gli puntava contro un’arma: era già un inizio…
Robert e Jude scesero dall’auto, e il primo si accorse che i due agenti erano due ragazzi molto giovani. Che imprudenza mandare in coppia due inesperti, ma ultimamente anche la polizia faceva quel che poteva…
“Problemi agente? Correvamo troppo?” disse Robert col suo sorriso migliore.
“Solo un controllo. Favorisca patente e libretto.” Rispose l’altro secco.
Robert gli consegnò la patente, sperando che il suo nome non fosse già stato divulgato. Fortunatamente nel cruscotto c’era anche il libretto dell’auto. Il poliziotto lo controllò.
“Qui non risulta lei il proprietario dell’auto…”
“No, infatti, è la macchina di mio zio, me l’ha solo prestata.” Rispose prontamente Robert cercando di tenere la voce ferma e tranquilla.
Il giovane lo guardò un attimo, poi gli restituì i documenti e si avvicinò al suo collega, dicendo qualcosa che loro non poterono sentire.
“Cazzo…” pensò Robert.
Il poliziotto tornò verso di lui. Aveva un piccolo aggeggio in mano.
“Non vi dispiace passare la scansione oculare, vero? E’ solo una formalità. Sa, la routine…”
“No, certo.” Disse Robert, guardando poi Jude. Le lenti che portava, in questo caso non sarebbero servite a niente.
L’inglese sembrava ancora tranquillo, ma Robert poteva quasi vedere il suo cervello lavorare in fretta per trovare una soluzione. Il moro iniziava a sudare freddo.
Il poliziotto posizionò lo strumento davanti agli occhi di Robert.
Subito una luce azzurra ne uscì, passando ai raggi i suoi occhi e analizzandoli.
Poi lo strumento emise un lieve “bip” e una lucina verde si accese sul fianco.
Il ragazzo annuì soddisfatto, poi si avvicinò a Jude.
“Ora lei, signore.” , disse.
Robert continuava a guardarlo, col cuore che batteva a mille. Doveva fare qualcosa!
Possibile che Jude non avesse un piano?!
Il poliziotto girò intorno all’auto e si mise di fronte a Jude, alzando lo strumento. La luce azzurra si puntò sui suoi occhi.
Jude fu velocissimo: scattò in avanti ed estrasse la pistola dalla fondina dell’agente, puntandogliela contro.
“Ehi!!” esclamò il ragazzo alzando le mani.
Jude tenne subito sotto mira anche l’altro, che imitò il suo compagno alzando le braccia.
“Jude! Che cazzo stai facendo?!” gridò sottovoce Robert, avvicinandosi a lui di corsa.
“Ci salvo la pelle, a te cosa sembra?!” rispose il biondo senza perdere di vista i due agenti.
“Ma sono solo due ragazzi, Jude, non hanno nessuna colpa! Fanno solo il lavoro che gli è stato ordinato!”
“…Come lo facevi tu, Robert?” rispose duro l’altro.
Robert non replicò, facendosi scuro in volto. Jude sospirò.
“ Scusami. Tranquillo, lo so…So quel che vuoi dire…Non ho intenzione di ucciderli…” disse sottovoce per non essere sentito.
Robert si tranquillizzò a malapena.
“Ora state calmi e andrà tutto bene” disse Jude ad alta voce, poi si rivolse a Robert :
“Vai a prendere la pistola dell’altro…E avranno anche dei cellulari, prendili.”
Robert si avvicinò all’agente più distante, che non si mosse.
“Dagli la tua pistola” disse il biondo.
Il ragazzo esitò.
“Dagliela!!” gridò Jude, e puntò l’arma che aveva in mano alla testa del poliziotto che gli stava di fronte.
“Merda, merda, merda!”, pensò Robert, sperando che a quei due ragazzi non venisse in mente di provare a fare gli eroi (era stato un agente giovane anche lui, sapeva cosa succedeva a volte…Avevi un distintivo e una divisa, e ti sentivi invincibile…), perché davvero non avrebbe potuto dire quale sarebbe stata la reazione di Jude.
Da troppo tempo preda, da troppo tempo braccato, si era trasformato in un vero killer.
Poi Robert ripensò a quando l’aveva tenuto fra le braccia mentre il suo corpo era scosso dal pianto e si ripetè che c’era molto di più in lui, che ciò che era visibile era solo la punta di quell’iceberg chiamato Jude…
 
L’altro agente per fortuna obbedì e con un movimento lento consegnò la pistola a Robert, che gli prese anche il cellulare e la ricetrasmittente che aveva in cintura e tornò vicino a Jude, facendo la stessa cosa anche con l’altro ragazzo.
“E adesso?” chiese.
“Mettiti al volante della loro macchina”, disse Jude, poi fece cenno ai due di muoversi: “Ok ragazzi, oggi mi sento buono, quindi da bravi, mettetevi dietro la vostra auto e iniziate a spingere.”
“Cosa??!!”, protestò il più vicino dei due.
Jude gli puntò la pistola alla faccia: “E’ un ordine.”
I due ragazzi obbedirono, e mentre Robert teneva la direzione indicata da Jude, iniziarono a spingere con fatica l’auto.
Certo, avrebbe potuto far guidare semplicemente Robert e obbligarli a seguirlo a piedi, ma in questo modo poteva tenerli impegnati e sotto tiro molto meglio, senza contare che perdendo un po’ di energie avrebbero avuto meno voglia di fare i furbi. Dopotutto non è che Jude si divertisse ad andare in giro a uccidere la gente…
 
Poco più avanti il guardrail era rotto in un punto, forse qualcuno aveva fatto un incidente andando fuori strada e poi non era mai stato risistemato.
Ci passava giusto un’automobile.
Di lì in poi, il terreno declinava verso il basso, e il fondo era talmente sassoso e sdrucciolevole che un’auto avrebbe fatto molta fatica a risalire, seppure la pendenza non fosse esagerata.
“Fermi!” ordinò Jude, poi fece scendere Robert dalla macchina e costrinse i due poliziotti a spingerla giù per il declino. L’auto scendendo accelerò leggermente poi, tornata sul pari, rallentò fino a fermarsi.
Jude, sempre affiancato da Robert, fece scendere anche i due ragazzi, e arrivati vicino all’auto, senza smettere di tenerli sotto tiro con una pistola, usò l’altra per sparare alla radio della polizia, alle gomme e al radiatore, avendo cura di scaricare tutto il caricatore. Ecco, adesso avrebbe fatto davvero fatica a risalire.
Meglio non rischiare, no?
Gettò la pistola scarica a terra poco lontano e disse a Robert di ammanettarli con le loro stesse manette alla macchina. Robert, obbedì cautamente, pronto a reagire se a uno di quei due fosse venuta in mente qualche mossa strana. Era pur sempre un poliziotto con anni di esperienza, sapeva come muoversi e sapeva come non essere preso alla sprovvista.
I due protestarono debolmente, ma per fortuna rimasero tranquilli.
Jude dopo aver preso le chiavi delle manette da Robert le buttò lontane, poi iniziò a risalire verso la strada.
“Ehi, non potete lasciarci qui così!!”, trovò il coraggio di gridare uno dei due.
Jude si voltò verso di loro, guardandoli dall’alto: “Forse se vi impegnate e riuscite a muovere la macchina riuscirete ad arrivare alle chiavi. Dopodiché in qualche ora a piedi arriverete alla città più vicina. In caso contrario, tra un po’ di tempo qualcuno verrà di sicuro a cercarvi.”
E se ne andò, seguito dal moro, che però lanciò un’ultima occhiata impietosita ai due ragazzi, che capendo forse finalmente di essere fortunati ad essere ancora vivi, non protestavano più.
 
 
Risalirono in auto e Robert mise subito in moto, sgasando e allontanandosi di corsa da quel posto. Era andata bene, ma questa davvero non ci voleva.
Per un po’ nessuno disse niente, poi quando il cuore di Robert riprese a battere normalmente bisbigliò con tono scherzoso ma con gli occhi seri: “Ecco, in questi momenti sì che mi fai un po’ di paura…”
Nello scherzo c’era un fondo di verità, e Jude lo sapeva.
“Non ti farei mai del male…”, bisbigliò.
Robert non rispose.
 
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Dopo poco sulla strada incrociarono nuovamente Orlando, che si era fermato per aspettarli e che era preoccupatissimo. Fu enormemente sollevato di vederli: “Ho sentito degli spari, non sapevo che fare!!! Stavo tornando indietro a vedere che era successo!! State bene??!!”
Dopo averlo rassicurato e avergli raccontato in fretta tutto quanto, si rimisero in marcia a una velocità più sostenuta, e per fortuna per il resto del viaggio non accaddero altri spiacevoli incidenti.
Verso le sei di sera arrivarono nei dintorni di Boston.
Jude fece guidare Robert per una serie di stradine isolate in una zona abbandonata appena fuori dalla città, dove la vegetazione stava prendendo il sopravvento.
Ad un certo punto gli fece fermare l’auto e scese.
Robert e Orlando lo imitarono.
 
 
“Eccoci, siamo arrivati!” esclamò Jude sollevato.
Robert e Orlando perplessi guardarono davanti a loro, nella stessa direzione in cui guardava Jude.
E non videro assolutamente niente.
 
 
 
 
 
- Fine prima parte -
 
 
 
 
 
Note:…Incredibile ma vero, fate la hola!!!!! Sono riuscita ad aggiornare!!!! XD …E anche questa volta ho scritto un capitolo un po’ lunghino!!!...E meno male che ho dovuto dividerlo, perché mi stava uccidendo e sarebbe venuto davvero troppo lungo! ;-P
Ooh, bravo bravo Robbino che di nuovo tira fuori le palle e salta addosso a Jude come forse voi tutte speravate!!! XD …E Jude…Bè, Jude a parer mio è sempre faigo e cazzuto!!! XD
A proposito, il pov di Jude sarà trattato un po’ di più nel prossimo capitolo…Comunque viene messo meno in evidenza apposta, almeno per ora, per mantenere un po’ l’alone di mistero che lo circonda…
Che altro dire…La scena coi due poliziotti è molto liberamente ispirata a “Thelma & Louise”, film che ADORO!!! <3
 
Ammetto che temo di avere fatto un po’ di casini stavolta, non sono convinta di come è venuto questo capitolo…Non so se sono riuscita a rendere l’atmosfera che speravo… -.-
Fatemi sapere che ne pensate, please!!! <3
Ah, non so se l’avevo già scritto, ma direi che tra un paio di capitoli il rating cambierà diventando ROSSO!!! Chi ha orecchie per intendere, intenda!!! *__*
E dal prossimo capitolo arriveranno un bel po’ di personaggi nuovi e casinisti!!!! XD
Bè, alla prossima allora!!! Bacio a tutte, soprattutto a chi segue, preferisce, recensisce!!!!! ;)
  
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