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Autore: Zury Watson    11/03/2015    13 recensioni
"Per la prima volta dopo tanto tempo, entrambi gli Holmes apparivano per ciò che erano: umani. Emotivi, vulnerabili, esseri umani".
Una corsa contro il tempo. Una corsa nel palazzo mentale di Mycroft Holmes.
La testimonianza che, in fondo, gli Holmes non sono affatto privi di sentimenti.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mycroft


Legame Fraterno

Il Diogenes Club è perduto.
Hanno fatto irruzione e l'hanno reso una tomba.


Mycroft stava occupandosi della documentazione in compagnia del suo solito bicchiere.
Una preziosa stilografica gemmata avrebbe tracciato la sua firma, guidata dalla mano sicura, su un paio di righe tra quei fogli decidendo così le sorti della Nazione. Quando si diceva che Mycroft fosse il Governo Britannico non era una battuta o una frase ad effetto.
Mycroft Holmes era il ghost writer di un'intera Nazione. Sondava il terreno, accoglieva silenziosamente e mai direttamente le idee di chi appariva su televisioni e giornali di tutto il mondo, le discuteva rigorosamente con se stesso, spostava qualche pedina a seconda delle esigenze e infine metteva la propria firma. Una firma che non finiva né sui giornali, né in televisione. Una firma anonima, per quanto questo sia un controsenso.

Al Diogenes Club c'è sempre silenzio. È la regola fondamentale il silenzio. Senza il silenzio il Club non ha ragione di esistere.
Al Diogenes Club c'è un rumore infernale. Di vetri rotti e di persone che scappano. Di violenza e di paura.


Mycroft aveva appena fatto in tempo a sollevare la testa, attirato dal frastuono.
Per quanto Sherlock fosse impertinente e senza regole, Mycroft non pensò neanche un attimo che potesse trattarsi di lui. E anche John Watson era fuori discussione: dopo la prima, imbarazzante, visita al Club aveva compreso la condicio sine qua non che regnava in quel luogo.
Il telefono cellulare, alla sua destra, prese a vibrare con insistenza.
Il nome sul display era quello di suo fratello minore.

Sherlock non ha fatto in tempo. Il tempo li ha traditi tutti.
La porta si spalanca. Mycroft non riesce a rispondere.
Uomini in nero. Uomini senza volto. Uomini armati.
Sparano. Un colpo. Due.
Mycroft è a terra.
Gli assassini scappano via, veloci come il vento.
Il vento...


Mycroft Holmes era a terra, sanguinante. Soffriva, nel fisico, come mai prima d'ora. Sentiva la pelle prendere fuoco in corrispondenza delle ferite.
Mycroft Holmes pensò di essere molto più vicino alla morte che alla vita. E, stranamente, questo gli dispiaceva alquanto.
Il Governo Britannico era a terra. Il cuore della Nazione vacillava.
Mycroft Holmes aveva freddo. Il cellulare insisteva, testardo, in quel moto vibrante ed inutile lì sulla scrivania.
Contro ogni logica, Mycroft chiuse gli occhi e, anziché lottare per raggiungere il telefono e chiamare aiuto, si rifugiò nel luogo più sicuro che conoscesse, una fortezza inespugnabile, una roccaforte inattaccabile.

Corre, Mycroft, all'interno del suo palazzo mentale.
Il dolore è lì insieme a lui, ma non c'è sangue che macchi i suoi abiti eleganti. Così va meglio, non gli piacciono le macchie sui vestiti.
Corre, in cerca. Ma non ricorda più di cosa.
Il palazzo è troppo grande. Ha troppe stanze. Stanze troppo grandi.
Il tempo è un nemico. Il tempo non lascia scampo. Mycroft lo rincorre, ma lui fugge, sospinto da un vento gelido che lo aiuta a scorrere più in fretta.
Inesorabile.
Mycroft corre. Si è allenato, a casa sua.
Fa freddo. I suoi abiti sono come bagnati, ma non c'è traccia di liquidi.
Mycroft sa che è sangue, il suo sangue, che lo sta abbandonando. Per sempre.
Spalanca una porta, ma Sherlock non c'è.
"Sherlock, dove sei?". È disperato. Il tempo lo abbandona. La vita lo abbandona.
Mycroft non vuole più correre.
Il palazzo mentale si stringe su di lui. Si accorcia su di lui. Si rimpicciolisce attorno a lui.
Mycroft galleggia in un'acqua nera più della notte che lo sta portando via.


«Mycroft!».

Mycroft è al Diogenes Club quando gli arriva l'invito al matrimonio di John Watson e Mary Morstan.
Gliel'ha detto a Sherlock di lasciar perdere i legami affettivi. Gliel'ha ricordato un mucchio di volte, ma è stato un fallimento.
"Sherlock vuole bene a John. John sta per sposarsi e andrà via da Baker Street. Sherlock resterà solo, sentirà la mancanza di John, farà qualche sciocchezza e non vorrà il mio aiuto".
Mycroft non vuole stare in quella stanza. Non gli piace quel ricordo e non è quello che cercava.

Un lieve rantolo era uscito dalle sue labbra. Le dita erano contratte. Gli occhi ostinatamente chiusi.
«No, Mycroft. Non puoi farmi questo. Avanti!».

"Sherlock... Sherlock, dove sei?".
Le pareti del palazzo mentale riecheggiano di quella voce invisibile, quella voce tanto familiare e cara a Mycroft. La voce di Sherlock Holmes, suo fratello minore.
Quello della vita sregolata. Quello delle notti insonni. Quello della disintossicazione. Quello che mille volte aveva protetto in segreto.
L'unica persona alla quale Mycroft volesse bene, l'unica per la quale commetterebbe un reato, un omicidio perfino. L'unica per la quale si sporcherebbe le mani.
L'unico motivo per cui continuare a correre in quel palazzo in rovina.
Cade a pezzi. Il tempo e il vento lo distruggono al loro passaggio.
Mycroft sta cedendo.
Una luce. Il palazzo mentale svanisce per un attimo.


Sherlock Holmes stava praticando un massaggio cardiaco a suo fratello Mycroft. Urlava contro la voce che usciva dal suo cellulare e che gli diceva che un'ambulanza era in arrivo. John Watson era appena sopraggiunto e utilizzava le proprie qualifiche per sollecitare la voce nel telefono.
Il corpo di Mycroft Holmes reagiva.
John Watson fermava l'emorragia.
Le palpebre di Mycroft avevano tremato, Sherlock le aveva viste.
«Maledizione Mycroft! Torna qui... Ovunque tu sia, quello non è il tuo posto!».
John Watson non aveva mai visto Sherlock in quello stato.

"Non riesco a trovarti, Sherlock. Perdonami. Non posso più correre. Sento freddo, capisci? E ho male dappertutto. Sono più debole di quanto tu creda".
Mycroft trova riparo fuori dal suo palazzo. Il giardino è bellissimo, prato curato, fontane che sono opere d'arte, il rumore dell'acqua che scorre e il sole, caldo sulla pelle.
Il sole. Caldo sulla pelle...
Il sole. La luce. Caldo. Sulla pelle.


Sherlock gli aveva preso il viso tra le mani con un gesto colmo di disperazione e determinazione al contempo.
La pelle di Mycroft era più fresca della sua, ma il cuore batteva ancora e le sirene dell'ambulanza erano già udibili.
«Mycroft». Era un singhiozzo.
Sherlock Holmes piangeva sotto gli occhi attoniti di John Watson.
Per la prima volta dopo tanto tempo, entrambi gli Holmes apparivano per ciò che erano: umani. Emotivi, vulnerabili, esseri umani.
«Mycroft... Mycroft...». Era una nenia.

"Che strano... C'era il sole poco fa ed ora sta piovendo...".
Piove nel giardino del palazzo mentale di Mycroft, ma non è pioggia davvero. Sono lacrime.
Mycroft solleva lo sguardo e finalmente trova ciò che cercava.
Appollaiato su un ramo, con l'aria profondamente triste, Sherlock Holmes lo guarda. Le sue labbra si muovono, ma la pioggia battente copre ogni suono.
Mycroft lo guarda con attenzione per un tempo che non saprebbe indicare, se interrogato. Infine capisce che Sherlock lo sta chiamando e di nuovo annega nella luce.


Mycroft Holmes sentiva un dolore lancinante.
Qualcuno gli aveva sparato. Qualcuno lo voleva all'altro mondo.
Ma qualcuno di più importante lo voleva in questo mondo.
In lotta contro se stesso, contro la sofferenza, contro la voglia di lasciarsi andare, Mycroft aprì gli occhi trovando quelli di suo fratello.
Era ancora chino su di lui e stava piangendo.
«Sherlock... Ti ho trovato». Un sorriso colmo di infinita pace sulle labbra.
L'ambulanza era arrivata.
Mycroft era vivo.
Il vento avrebbe dovuto aspettare.




N.d.A.
Ho immaginato che, dal momento che sia Sherlock che Magnussen dispongono di un palazzo mentale, anche Mycroft ne abbia uno.
Chiedendomi come impostare il viaggio nel palazzo mentale di Mycroft, ho deciso di appellarmi alla 3x03 e di compiere questa traslazione in un momento drammatico per il protagonista. Il fatto che Mycroft compaia spesso nel palazzo mentale di Sherlock e lo sconvolgimento negli occhi di Mycroft quando Sherlock uccide Magnussen mi hanno indotta a riflettere su quanto profondo sia il legame tra i due fratelli. Questa continua repulsione per ogni tipo di emozione e di sentimento nei confronti delle persone ci indica in verità che sia il minore che il maggiore degli Holmes sono coinvolti emotivamente in qualcosa. È Magnussen a dimostrarcelo. Perciò ho pensato che se una persona doveva far capolino nel palazzo mentale di Mycroft, questa doveva senz'altro essere Sherlock. Uno Sherlock terrorizzato all'idea di perdere suo fratello.
Spero di non essere uscita troppo dai personaggi.
Come sempre grazie di aver letto ed eventualmente recensito.

   
 
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