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Autore: Rov    13/03/2015    3 recensioni
"Le ombre sono creature sfuggenti, fedeli al proprio padrone che seguono per tutta la vita, dal grembo alla tomba."
Genere: Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~~Chiara tese i muscoli, prese fiato ed aspirò con forza: non aveva mai soccorso un ferito, tuttavia sentiva di non avere scelta.
Non appena si fu caricata quel corpo inerte sulle spalle si rese conto che era incredibilmente leggero, quasi fossi inconsistente al tatto.
La pioggia continuava a ricadere incessante su di loro, incurante del mondo e delle paure che ricopriva con la sua coltre sudicia.
Il mantello nero era rimasto indietro, abbandonato sull'asfalto pochi passi più indietro, quasi fosse uno scomodo cadavere di cui doversi liberare.
Chiara cercò di guardarsi intorno, nello sforzo di orientarsi: quell'opprimente prigione di granito pareva essere cresciuta attorno a lei ed essersi plasmata con la forma di un orrido formicaio grigio senza uscita.
Ci fu un sibilo.
Chiara espirò di nuovo, voltando leggermente il capo.
Quando si voltò, vide una strana luce giallastra sul fondo di un vicolo buio, comparsa dal nulla.
Sin dall'infanzia, le avevano sempre insegnato che bisognava fuggire di fronte al pericolo e, anche se di fatto quella era una palla luminosa che fluttuava ad un metro dal terreno, non poté fare a meno di sentirsi minacciata.
Rimasero ad osservarsi per un lungo istante in cui la sfera emise un nuovo sibilo più lungo e soffocato, quasi il suono di un antico flauto.
Sembrava osservarli con un paio di occhi invisibili.
Poi scattò.
"No!" strillò Chiara, quando quella creatura cominciò ad avanzare verso di loro, tutt'altro che intenzionata a fermarsi.
Fu un'aggressione solitaria, forse l'unico modo che quella sfera luminosa aveva di attaccarli, ma in un attimo gli fu addosso aderendo con ferocia alla testa ricurva del giovane.
"Non ti avvicinare!"
Chiara agì d'istinto. Con un secco movimento laterale colpì con violenza il muro di granito alle sue spalle, cercando di allontanare l'aggressore o per lo meno di proteggere entrambi.
La palla luminosa sembrò non subire alcun danneggiamento, ma si limitò ad indietreggiare leggermente per poi continuare con ferocia a colpire il giovane ormai esanime sulle spalle di Chiara.
In pochi secondi la ragazza capì che quell'affare non si sarebbe dato per vinto tanto presto: non lo avrebbero fermato la pioggia battente, il rombo dei tuoni o i colpi contro il muro.
Il fatto che il suo corpo fosse costituito semplicemente da una luce inconsistente lo rendeva piuttosto invulnerabile ed evidentemente era troppo tardi per perdere tempo a riflettere sul da farsi.
Chiara cominciò a correre senza meta nel labirinto.
L'oscurità era rotta soltanto dalla luminescenza di quell'animale che sembrava intenzionato ad assorbire dal ragazzo ogni più piccola fonte di energia vitale.
Non sentiva la stanchezza: correva, correva dietro di loro, come se lo inseguisse il demonio, ad una velocità così elevata che Chiara, di tanto in tanto, aveva perfino la percezione che li avesse superati.
Doveva esserci un'uscita da quell'inferno grigio.
Doveva esserci e basta!
Correre sembrava l'unica risposta, anche se l'impressione di Chiara era quella che le pareti del labirinto di facessero sempre più spesse e che i varchi tra un muro e l'altro di facessero sempre più piccoli o cambiassero di posizione.
Ad un tratto la palla luminosa cominciò a stridere, come se stesse piangendo o intonando un canto di morte.
Sembrò rallentare e la luce si fece d'improvviso più fioca.
Fu solo per un istante, un bagliore di speranza che si accese negli occhi di Chiara come se quell'arresto fosse sinonimo di salvezza.
Si sbagliava.
La luce ricomparve innanzi ai suoi occhi.
Accanto a lei.
Sopra di lei.
Da ogni angolo.
Il panico fu subito palpabile, a tal punto che anche Chiara smise di correre: attorno a lei erano comparse una dozzina di palle luminose di colore ed intensità diversa che la osservavano fluttuando.

Come ci si arrendeva davanti ad un nemico del genere?
Sarebbe bastato che si accasciasse, lasciando che il corpo stregato di quel ragazzo leggero come l'aria scivolasse nel fango e venisse dilaniato da quegli affari?
Erano esseri coscienti o animali?
Se avesse cercato di comunicare, avrebbero compreso la sua lingua?
Chiara sapeva di poter soltanto immaginare una risposta a quelle domande che subissarono i suoi pensieri all'eco del quesito più importante: le sfere luminose erano intenzionate a farle del male?
Una di loro sibilò ed arretrò lievemente, come per mettersi sulla difensiva in caso di un attacco, e le altre la imitarono provocando un ronzio incessante.
Il giovane ferito non aveva dato segni di vita da quando Chiara se lo era caricato sulle spalle e la speranza che fosse ancora vivo si faceva sempre più fioca.
Stava diventando pesante, come se tutto il peso della morte fosse ricaduto sul suo corpo esanime.
Chiara non ce la faceva quasi più a sostenerlo, anche se la paura di abbandonarlo al suolo era più forte del dolore che provava sulla propria schiena.
Serrò i denti, ma fu inutile.
Il giovane scivolò dalle sue spalle come un peso morto. Il viso rivolto verso il cielo e madido di acqua piovana che gli colava fin dentro la bocca semiaperta.
La più grande delle sfere, quella gialla che li aveva inseguiti, fu la prima ad avvicinarsi.
Avanzò come un animale bramoso di sbranare una carcassa a brano a brano, quasi Chiara potesse percepirne la febbrile eccitazione di lei e delle compagne.
In un attimo gli furono addosso come avvoltoi e il ragazzo, forse in uno spazzo di ultima lucidità che lo aggrappava alla vita, aprì di scatto i suoi occhi bianchi ed emise uno strano grido.
Fu un'invocazione.
Un segnale raggelante simile al suono gutturale di un corno. Le sfere si immobilizzarono, quasi immobili ad attendere che accadesse qualcosa sotto gli occhi di Chiara che, per la paura, si era accasciata contro il muro di cemento grigio e spaventoso.
In quel piccolo, breve istante in cui calò il silenzio sembrò che perfino il tempo si fosse fermato, che la pioggia battesse più lentamente e perfino che il buio dell'oscurità che contrastava quei piccoli corpi luminosi fosse più fioco.
E poi arrivarono.
Chiara non avrebbe nemmeno trovato le parole per descriverli in seguito: seppe solo che delle nuove creature incredibili erano passate di lì, terrorizzando le sfere luminescenti.
In pochi attimi quelle fameliche torce crudeli avevano preso ad arretrare e a sparpagliarsi: alcune avevano indietreggiato o avevano preso a muoversi convulsamente, quasi fossero impazzite, mentre alcune di loro si erano addirittura spente.
Era passato un suono.
Sì, passato esattamente come avrebbe potuto passare un veicolo e sfrecciare innanzi ai loro occhi: Chiara lo avrebbe ricordato così.
Una grande sagoma nera dalla forma di uccello, o forse di un'onda o un serpente strisciante.
Une tenebra nebbiosa era sfrecciata lungo le orribili pareti di granito portando con sè un rumore di vento, di risacca, come se fosse in grado di uccidere il trascorrere del tempo, causando quello scompiglio.
Chiara lo avrebbe ricordato come un buio, a paragone del quale l'oscurità è luce, e non basta un nome per definirne l'abisso.
Ebbe la percezione che non fosse il solo, come se attorno a lei, su ogni parete grigia, si fosse proiettata una di quelle bestie giunte in aiuto di quel giovane morente di cui non sapeva nulla se non che era cieco.
Il rumore del loro strisciare per le pareti del labirinto si fece più incessante, quasi un ronzio.
Più forte.
Molto più forte.
Chiara chiuse gli occhi, quando ormai capì che l'unica sfera luminosa ad essere rimasta era quella più grande; l'ultimo sguardo che li lanciarono fu lungo ed intenso.
Anche se quella sfera non aveva occhi, Chiara sentì come se l'avesse guardata fin dentro l'anima.
Poi la luce svanì.
Le palpebre di chiusero.
Il ronzio fu sostituito da uno schianto assordante.
Muri caduti.
Chiara urlò con quanto più fiato aveva in gola, tremante e coprendosi la testa con entrambe le mani nel tentativo di proteggersi.
Rimase immobile mentre l'unica cosa a colpirla con violenza era la pioggia.
Riaprì gli occhi e la prima cosa che vide fu il corpo di quel giovane sconosciuto con gli occhi chiusi, riverso su un fianco con la bocca contratta in una smorfia di dolore.
"A...Aiutami." le sussurrò, esattamente come aveva fatto la prima volta in cui le aveva invocato aiuto.
L'unico rumore che Chiara potesse riuscire a percepire ora era il battito sconvolto del proprio cuore.
Attorno a lei, il labirinto era sparito.

   
 
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