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Autore: Nocturnia    17/03/2015    5 recensioni
Sono soli in quella camera che il BSAA gli ha fornito per il trasferimento, eppure non c'è traccia di loro - di Jill Valentine e Chris Redfield.
"Fa male." mormora Jill "Fa ancora male."
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albert Wesker, Claire Redfield, Jill Valentine
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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On your grave
Disclaimer: Albert Wesker, Chris Redfield, Jill Valentine e tutti gli altri personaggi appartengono a Shinji Mikami, alla Capcom e a chi detiene i diritti sull'opera. Questa storia è stata scritta per puro diletto personale, pertanto non ha alcun fine lucrativo. Nessun copyright si ritiene leso. L’intreccio qui descritto rappresenta invece copyright dell'autrice (Nocturnia) e non ne è ammessa la citazione altrove, a meno che non sia autorizzata dalla stessa tramite permesso scritto.



"Due nemici sono lo stesso uomo dimezzato."

- Emil Cioran -



On your grave



Li ha spezzati tutti.
Uno alla volta, senza fretta: con la stessa calma ieratica del dio.
Al silenzio hanno affidato le loro preghiere - a rispondere solo una trinità blasfema e sporca come loro bocche.

Nel nome del padre...

Wesker sorride alla notte, il profilo sottile e teso del predatore, denti scoperti e pupille dilatate.

del figlio...

Chris urla il suo dolore alla tempesta, una mano protesa verso il nulla e l'altra aggrappata al passato, tra le dita un orgoglio ferito e poi lasciato imputridire.

e dello spirito santo.

Jill accoglie entrambi; al figlio una ragazza sorridente e dagli occhi pieni di vita, al padre una donna bianca e spietata come i fantasmi che non hanno mai smesso di perseguitarli.

****

"Jill."
Mani fredde, sorriso tirato.
"È finita."
Pupille sottili, feritoie affacciate sull'Inferno.
"No."
Braccia forti, spalle larghe.
"È morto."
Wesker ride tra i suoi capelli.

Chris osserva la pioggia scivolare sul vetro della finestra, il volto illuminato da una sfumatura bluastra e sinistra.
Sono soli in quella camera che il BSAA gli ha fornito per il trasferimento, eppure non c'è traccia di loro - di Jill Valentine e Chris Redfield.
"Fa male." mormora Jill "Fa ancora male."
Chris si volta, incontrando solo la pelle pallida della sua schiena, il P30 una ragnatela argentata che raccoglie il suo veleno proprio al centro del petto.
"Jill."
Un nome, una preghiera.
Jill si raggomitola sul pavimento e chiude gli occhi.

"Signorina Valentine."
Il medico del BSAA le porge la mano; Jill la ignora.
Sebastian si schiarisce la voce, sistemandosi gli occhiali sul naso.
"Sono stato mandato dal BSAA per alcuni esami preliminari sul suo stato di salute. Se vuole farmi la cortesia di sdraiarsi..."
Chris le accarezza il braccio, rassicurante.
Jill esegue l'ordine con la tremenda efficienza delle macchine da guerra ben oliate.

Claire l'ha abbracciata appena entrata in casa, Leon ha avuto l'accortezza - o l'imbarazzo - di aspettare.
"Ci sei mancata, Jill."
Sorride Jill, ma è così pallida che sembra quasi che la bocca le si apra in uno squarcio sbilenco e biancastro.
Leon si avvicina, studiandola.
Wesker lascia cadere parole dense come sangue nella sua mente.

"Non sta bene." inizia Claire, rovesciando i cereali nella ciotola "È troppo silenziosa."
Sono passate otto settimane e Chris non può fare altro che annuire - ingoiare il rospo assieme al caffè.
"Cosa dice la psichiatra?"
Chris si scrolla nelle spalle, masticando senza gusto una ciambella.
"Disturbo da stress post traumatico."
"Un eufemismo."
"L'ennesima definizione che mal si accomoda con tutto quello che ha passato."
Claire gioca con il cartone del latte, fissando tutto e niente.
"Dobbiamo fare qualcosa."
Chris alza un sopracciglio, curioso.
"Dobbiamo aiutarla a comprendere e a superare tutto questo."
"Tre anni sono lunghi, Claire."
"Ma adesso è finita, no? Adesso possiamo ricominciare."
Chris abbassa istintivamente lo sguardo sulla sua cintura, sfiorando il vecchio coltello della S.T.A.R.S. - vincerò io questo gioco.
Si domanda se Wesker non l'abbia già fatto.

Jill si è vestita elegante per l'incontro con i superiori di Chris, raccogliendosi i capelli in uno chignon bianchissimo e lucido, un particolare che ancora lo stranisce.
Claire gli aveva assicurato che non erano tinti, ma depigmentati - aveva scandito ogni sillaba con una condiscendenza quasi imbarazzante.
"Sei pronta?" le chiede e Jill annuisce, regalandogli l'ombra di un sorriso.
Chris la osserva camminare - falcata sicura, spalle dritte, labbra tese e sguardo attento - e capisce quanto in profondità sia stato assorbito il suo veleno.

"P30." replica l'agente Carey "Mi ripeta che cos'è esattamente, signorina Valentine."
"Un composto chimico basato sul virus Progenitore."
"E quale era il suo scopo?"
"Aumentare le capacità psico-fisiche del soggetto."
"E lei è stata sottoposta al trattamento?"
"Sì."
"Con quali effetti?"
Jill spezza la gamba del tavolo in acciaio con una semplicità disarmante.

"Alterazioni mentali."
"Sì."
"Quindi lei non era responsabile delle sue azioni."
Jill rimane immobile, una statua perfetta ed eterea.
"Signorina Valentine?"
"No. Il mio corpo non rispondeva alla mia volontà."
"E la sua mente?"
"Era cosciente."
Carey alza un sopracciglio, tracciando una linea rossa sopra il foglio.
"Quindi poteva scegliere."
"No."
"Ricorda tutto quello che ha fatto sotto il comando di Albert Wesker?"
Jill annuisce e comincia a raccontare.

Chris sente la nausea arrivare come un'onda montante, ma inspira con forza e la respinge.
Jill sta raccontando da almeno un'ora e non accenna a rallentare.
Le sue parole tracciano una strada di morti e sangue, bambini massacrati nel sonno e uomini infettati con la stessa metodicità di una catena di montaggio.
Donne sventrate e lasciate in pasto ai primi embrioni di Uroboros, villaggi scomparsi in una notte.
Chris ne cerca gli occhi e sono orbite vuote quelle che incontra, apatiche - disinteressate.
Ogni tanto contrae un dito, una palpebra, ma sono tutti movimenti involontari, ricordi di quella che era e che vengono poi riassorbiti nel nulla di quello che è ora.
"E cos'altro può dirci sul bioterrorista Albert Wesker?"
Chris assottiglia gli occhi, appoggiando le mani contro il vetro divisorio.
L'agente Carey aspetta, dondolando la penna tra le dita.
"Gli piacevano i gatti." risponde Jill e il cuore di Chris manca un battito.
Wesker lo affianca come quando erano nella S.T.A.R.S e il futuro sembrava ancora un bel posto in cui sperare.

"Jill." la chiama "Jill, ti prego: rispondimi."
Lo ignora, dondolando sui talloni.
"Jill."
"Mi ha chiesto di ucciderti."
"Chi?" chiede Chris, sebbene sappia già la risposta.
"Non lo farò." replica Jill, ma non sta parlando con lui "No. Ho detto di no."
La testa si inclina verso sinistra e sembra che stia ascoltando qualcosa - qualcuno.
Annuisce un paio di volte, stringendosi le braccia sotto il seno.
"Lo so." dice poi "Lo so che è un po' lento; lo è sempre stato. Ma non lo ucciderò."
Chris osserva la scena come coinvolto in un teatro muto, impotente.
Jill ridacchia, e sembra il gracchiare tetro di un corvo.
"Cosa dice?" l'asseconda Chris, sperando di riuscire a riportarla a letto "Cosa sta dicendo?"
Jill si volta e per un attimo, solo per un attimo, la pupilla sembra contrarsi fino a ridursi a una fessura nerastra e sottile.
"Che ha vinto. Dice ha vinto lui questo gioco."
Chris fissa il buio e cerca un fantasma che credeva d'aver ormai sconfitto.

"Volevi fare del male a quelle persone?"
Jill mette in bocca un altro pezzo di cioccolata, grattandosi distrattamente la cicatrice che ha sul petto.
"No."
"Non ne sembri convinta."
"Vi ho aiutato a ucciderlo, da quel che ricordo." lo riprende lei, leggermente irritata "Senza di me non sareste riusciti neanche a indebolirlo."
"Lo so, lo so, ma... " ma non ti comporti come una volta. Non ti comporti come la Jill che avevo imparato ad amare e a proteggere.
Jill smette di masticare, improvvisamente fredda sotto le sue dita.
"Non ti fidi di me."
Chris inspira con forza.
"No." ammette poi "Non del tutto."
Jill prende un altro pezzo di cioccolata e riprende a mangiare come se niente fosse successo.

La trova sul terrazzo, avvolta solo da una maglietta troppo grande per lei.
È una notte tiepida e Jill osserva i vapori biancastri salire dalla città all'orizzonte, spazzando con lo sguardo il cielo e le sue stelle cieche.
Tra le dita stringe una foto che Chris credeva d'aver buttato (o forse solo dimenticato; a volte è la stessa cosa) e ne replica i contorni con il polpastrello fino a quando il sangue non comincia a macchiarne i volti.
"Eravamo felici." mormora, e Chris si siede vicino a lei, portandosi le ginocchia al petto.
"Eravamo il team Alpha." continua, il sangue che ha già cancellato i visi di Brad e Joseph "Eravamo una squadra."

Nel nome del padre, del figlio e dello spirito santo.

"È il passato, Jill."
"Era come se non fosse cambiato niente." ammette poi all'improvviso "Era come essere tornati a undici anni fa."
Chris tace, circondandole le spalle con un braccio.
Il sangue ha ricoperto anche i loro volti e quello di Barry - gli occhi di Wesker che brillano d'una luce malevola e spietata.
"Ti stai facendo male, Jill." un sussurro sottile come il suo coraggio "Smettila."
Jill preme il pollice sull'ultimo volto rimasto libero e comincia a piangere.

"La psichiatra dice che non sta facendo progressi." lo informa Leon, passandosi una mano tra i capelli "È difficile che il BSAA la possa mai riprendere in squadra."
Chris si stropiccia le palpebre, sospirando stancamente.
"Lo so."
"Chris." lo anticipa Leon, posandogli una mano sul braccio "Jill dice di vederlo."
A volte sembra anche a me di vederlo, Leon. vorrebbe dirgli Chris Mi sveglio nel cuore della notte e lo vedo lì, seduto sulla poltrona ai piedi del letto che mi sorride. E allora vorrei solo urlare, dirgli di andarsene, che è morto - morto! Ma poi Jill fa qualcosa, qualsiasi cosa, e lui è già scomparso, catturato dalla sua mente - dai suoi ricordi. E io mi sento sempre più vicino all'abisso, Leon.
"Lo so."
"Forse il P30 l'ha danneggiata più di quanto pensassimo."
"Forse."
Jill osserva una farfalla bianca come i suoi sogni.

Era accaduto tutto troppo in fretta.
Chris si era alzato una mattina e Jill non era più al suo fianco - ma lui sì.
"Sempre in ritardo, eh Redfield?"
"Lei dov'è?" bercia Chris, lo specchio che gli rimanda solo il suo volto stanco e spaventato.
Il sospiro del vento è l'unica risposta che ottiene.

"Ha ucciso la dottoressa Roach."
No.
"Chris... mi dispiace."
No.
"Il governo la sta già cercando."
No.
"Volevano la sua testa fin da quando era tornata."
No.
"Chris."
Leon stringe tra le braccia le macerie di un uomo spezzato.

Li ha spezzati tutti.
Uno alla volta, senza fretta.
Chris siede davanti a tombe troppo vuote e troppo piene - Brad, Joseph, Jill, Wesker.

Gli hanno persino dedicato una cerimonia.

Ha attraversato le loro vite come una lama impietosa e crudele, lacerando fino a quando non ha potuto stringerne il cuore tra le dita - appiccicose e umide di sangue.

Ha spezzato persino me.

China il capo Chris e aspetta.
Aspetta e...

"Redfield."

Capitano.

****

La Morte è un gioco di prospettiva.
Jill Valentine ha gli occhi chiusi e le braccia tese al cielo, la notte africana che la circonda come un mantello nerissimo e pieno di stelle.
"E Chris?" domanda al silenzio "Quando arriverà?"

Quando il figlio si ricongiungerà con il padre?

"Presto." la rassicura "Il destino è già stato scritto."
"Pensavo non credessi in queste cose."

Pensavo fossi Dio.

Un lampo di bianco infrange il buio, il sorriso dello Stregatto.
"Forse."

Una trinità sbagliata e immorale. Uno e trino. Uno e tutto.

"Posso aspettare."
"Lo so."
"Fino ad allora cosa faremo?"
Wesker fissa l'orizzonte, gli occhi rossastri che scivolano sulla vastità del cielo.
"Quello che abbiamo sempre fatto, Valentine."
Jill sorride come quel primo giorno di tredici anni fa.



Note dell'autrice: questa one-shot segue e s'intreccia agli eventi delle storie "Paranoia" e "The Chosen One"".

   
 
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