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Autore: Zury Watson    19/03/2015    6 recensioni
Mycroft Holmes, si reca al 221B di Baker Street per incontrare Sherlock e il buon dottore con l'intenzione di rivelare qualcosa che potrebbe sconvolgere suo fratello. Ritenendo che sia arrivato il momento per lui di conoscere la verità e sapendo che non sarà semplice spiegare, decide di portare con sé questo qualcosa.
«You know what happened to the other one» - Mycroft Holmes (3x03 - His Last Vow).
Aggiornamenti sospesi fino a terminata revisione dei capitoli online
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson, Mycroft Holmes, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Gemelli


La prova. Il dettaglio.

Sherlock e la sua gemella erano seduti a terra, spalle contro il muro, al primo piano del 221B di Baker Street.
Fianco a fianco, immersi nel buio. Il respiro ancora un po' affannato.
Mrs. Hudson non si era accorta di nulla. Dormiva, al piano inferiore.
Senza preavviso, Sherlock Holmes iniziò a ridere di gusto.
Fu strano. Non tutti i giorni si sentiva una risata tanto profonda. Non tutti i giorni si poteva sentir ridere Sherlock Holmes.
Suonare il violino sì. Fare strani esperimenti sì. Rimuginare su qualcosa sì. Ma ridere...
Sua sorella, in prima battuta spiazzata, si lasciò infine contagiare.
L'episodio riportò Sherlock indietro ai primi tempi con John Watson: qualcosa di simile era accaduto anche all'epoca.
La risata si spense gradualmente, ma la stanza non era più la stessa quasi avesse conservato l'eco di quel suono di cui troppo raramente si riempiva.

Sherlock Holmes ha appena violato la privacy di un uomo introducendosi nel suo appartamento dalla finestra.
La sua gemella gli copre le spalle e lo segue come un'ombra.
«John, hai portato la pistola?», domanda in un sussurro.
«Non sono John. Concentrati. E non ci serve nessuna pistola», risponde sua sorella sfiorando l'impugnatura del coltello che porta sempre con sé.
Il consulente investigativo resta interdetto per un istante. «Dettagli», commenta volendo sempre l'ultima parola. Una leggera ma decisa spallata lo spinge all'interno della sala principale di quel modesto appartamento. E' stata sua sorella, naturalmente. Anche lei vuole sempre l'ultima parola.
Sherlock sta indagando sul caso da due giorni ed è ad un passo dalla soluzione, così le ha detto.
Lei gli crede, decide di accompagnarlo ed ora è lì con lui alla ricerca della prova che, a detta di Sherlock, incastrerà l'uomo. Il dettaglio fondamentale della vicenda è che lei non sa in cosa consista esattamente questa prova. Conosce il caso, però, e ovviamente ha tratto le proprie conclusioni.
Si muovono con cautela, senza produrre alcun rumore, senza spostare nulla.
Secondo Sherlock il proprietario di casa non rientrerà prima delle ventitré. Sono le ventidue e quindici minuti e qualcuno è appena entrato nel palazzo.
- Sale le scale. Si ferma davanti alla porta, intende aprirla. Impiega un po' a trovare le chiavi. L'appuntamento gli è andato male e ha deciso di fare un salto al bar per una birra. Una è diventata quasi certamente quattro. Accende la luce, interruttore alla sua sinistra. Si accorge degli intrusi e più o meno prontamente telefona alla polizia. Una bella rogna -
Fare previsioni è la specialità di Sherlock Holmes, nonché la sua salvezza.
C'è sempre, però, un margine di errore.
L'uomo si è fermato a parlare con il portiere, e questo allunga di un poco il tempo a disposizione dei gemelli. Sanno entrambi di averne in ogni caso meno di quanto avessero calcolato.
Soltanto ora che la cerca Sherlock si rende conto che sua sorella non è più nei paraggi.
«Dobbiamo andare! Muoviti!», sussurra con urgenza nella voce e il corpo già in direzione della finestra. I muscoli pronti a scattare. Detesta le persone più lente di lui.
Lei è nella stanza accanto, sa dell'uomo e sa che entrerà in casa di lì a poco. Ma ha trovato una cosa.
«Non vorrai andare via senza questo», dice trionfante, sapendo di avere in mano la prova per cui Sherlock l'ha trascinata lì. Se la sventola soddisfatta davanti al naso.
L'uomo è dietro la porta. La apre.
Lei sorride a Sherlock.
L'uomo accende la luce.
La finestra è aperta anche se lui ricordava di averla chiusa. Nell'appartamento regna il silenzio.
Un uomo e una donna si sono appena calati dalla finestra, nella notte, e scappano per il solo gusto di sentire l'adrenalina scorrere libera nelle vene, per godersi l'aria fredda di una Londra dormiente e tanto, tanto accattivante.


Sherlock si voltò a guardare sua sorella. Il volto di lei vagamente illuminato dalle luci provenienti dall'esterno.
Anche lei lo stava osservando. Gli aveva appena messo in grembo la prova che avrebbe fatto piombare Scotland Yard a casa di quell'uomo l'indomani.
La lieve spigolosità degli zigomi, gli occhi grandi e le labbra piene, i capelli ricci e neri, le capacità intellettive di quella donna non gli lasciavano alcun dubbio riguardo la sua identità. Ogni volta che la guardava gli veniva istintivo cercare nel proprio palazzo mentale la presenza di lei nella sua vita. Una frase di troppo, un commento scappato di bocca, un oggetto, un particolare, un'abitudine, una qualunque traccia che testimoniasse quel legame biologico così evidente. Ogni volta non trovava nulla.
«Io non esisto, Sherlock», gli aveva detto durante il soggiorno nel Sussex e sembrava essere proprio così.
La taciturna gemella di Sherlock Holmes, le gambe allungate sul pavimento, incrociò le caviglie lasciando diffondere nella stanza il rumore di stoffa che struscia. Suo fratello era immobile accanto a lei, perfettamente a suo agio al buio ed in silenzio.
Tutto ciò che sapeva su di lui, tutte le informazioni che con fatica e astuzia aveva raccolto negli anni, non valevano quel momento insieme a lui.
La notte è un mantello perfetto per ogni cosa. Per i tormenti, per i sentimenti, per gli amanti, per i segreti, per una fuga, per il divertimento, per entrare in confidenza.
Entrambi in quel frangente, avvolti dal mantello della notte, si sentivano al sicuro.
Accadde in un attimo.
La testa di lei si inclinò leggermente per raggiungerlo. La tempia gli finì sul braccio.
«Io non credo che sia...», commentò al contatto. Neanche il tempo di poterne sentire il calore.
«Sta' zitto», gli rispose. Neanche il tempo di lasciargli finire la frase.
Lui chiuse gli occhi e abbandonò il capo contro la parete. Un sorriso nascosto nel buio.
Trascorsero non più di dieci minuti prima che Sherlock parlasse di nuovo.
«E' stato divertente», mormorò nella sua immobilità.
«Il termine più corretto è eccitante», puntualizzò lei.
Qualche istante di silenzio.
«Usi uno shampoo all'aceto di more. L'assenza di make-up sul viso, cosa che la mia camicia confermerà domattina, potrebbe portarmi a credere che non ami prenderti cura di te, ma le sopracciglia perfettamente definite dimostrano il contrario. E il mascara... Il mascara è importante. Rende il tuo sguardo ancora più penetrante. E' la tua arma di seduzione, la via che usi per ottenere ciò che vuoi. Quando le cose si complicano, però, e questo deve essere accaduto spesso, tiri fuori un'altra arma. Non ti allontani mai dal tuo coltello, non è vero? Sì, controlla pure se è ancora lì. E poi l'abbigliamento. Sempre sobrio, sempre comodo. Chissà come ti sei sentita la prima volta che sei stata costretta a fuggire con un abito da sera addosso e dei micidiali tacchi a spillo ai piedi».
Espresse con un'inusuale delicatezza le sue deduzioni. La voce composta, gli occhi ancora chiusi, fermo nella stessa posa. Non un muscolo del suo corpo si era mosso ad esclusione di quelli facciali. Inaspettatamente, il contatto con il corpo di sua sorella non lo infastidiva.
Lei lo ascoltò senza battere ciglio. Il suo era uno strano modo di essere sorpresa, difficile da spiegare. Conosceva indirettamente le doti deduttive di Sherlock Holmes, sapeva quanto fosse intelligente e quante cose sapesse tirare fuori da un solo, minuscolo dettaglio, eppure vivere quell'esperienza in prima persona era tutt'altra cosa. Non si sentì offesa o messa a nudo. Ciò che provava era un misto di soddisfazione e ammirazione. Quel tipo di sentimento che spinge i fan ad applaudire e sostenere il proprio idolo a qualunque costo, qualsiasi cosa dica o faccia. Una specie di adorazione.
«Però! Complimenti», commentò, «Ma, ahimé, hai corso troppo con la fantasia».
Se gli occhi di Sherlock avessero potuto risplendere di luce propria, in quel momento la stanza si sarebbe illuminata. Li spalancò e per la prima volta si mosse, con il disappunto di sua sorella che tornò ad appoggiarsi alla parete.
Un altro dejà-vu.
«Dove ho sbagliato?», chiese guardando la sua gemella nel buio dell'appartamento.
«Stavo più comoda», rispose lei prima di accontentarlo. «Non è mai capitato che io sia dovuta fuggire in abito da sera e tacchi a spillo», mormorò dopo mezzo secondo, lasciando libera interpretazione alle proprie parole.
«Interessante», fu il suo unico e sintetico commento.
Poi di nuovo silenzio al 221B di Baker Street.
Londra dormiva.
John Watson dormiva.
Mycroft Holmes dormiva.
L'Ispettore Lestrade dormiva.
Mrs. Hudson dormiva.
Molly Hooper dormiva.
Molto più tardi anche i gemelli Holmes si addormentarono, spalla contro spalla, testa contro testa.




N.d.A.
Se evito di parlare di Mary è per il semplice fatto che non so ancora quale destino hanno scelto per lei Gatiss e Moffat, perciò faccio il possibile per non inserirla.
Come sempre grazie per la lettura e per le eventuali recensioni.
Alla prossima.

   
 
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