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Autore: B e l l e    23/03/2015    3 recensioni
Slice of life al Castello Oscuro.
Grazie ad un globo di cristallo con un paesaggio all'interno, Belle comincerà a capire qualcosa del suo padrone, a intravedere la sua umanità sepolta sotto la spessa corazza squamosa.
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[3° classificata al contest “All Those Years Living In a Blur” di _Jacaranda (Little_Cricket su EFP) indetto sul forum di EFP]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Belle, Signor Gold/Tremotino
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The snow globe



 

Un inverno così freddo, Belle faceva fatica a ricordarlo. In quella zona della Foresta Incantata, in quel periodo dell'anno, il gelo era così pungente che per uscire doveva imbacuccarsi completamente, stringendosi nel mantello più pesante che possedeva, avvolgendosi più volte la sciarpa intorno al collo, fino al mento, e indossando un paio di guanti foderati in pelle, gentilmente – si fa per dire – concessi dal suo padrone, a seguito delle troppe volte in cui era rientrata con le mani di un grigio violaceo poco rassicurante. "Non so che farmene di una domestica che non può usare le mani" aveva detto lui, ma Belle in fondo sapeva che un po' si preoccupava per lei.
Sorrise a quel pensiero e si guardò intorno. Era un giorno come un altro al Castello Oscuro: la neve fioccava imperterrita, il vento gelido fischiava forte, il suo padrone non c'era e lei era in ritardo, come al solito, sulla tabella di marcia. Ogni volta che, percorrendo la dimora di Rumplestiltskin, adocchiava qualcosa di anche solo minimamente interessante, o che dava questa idea, si fermava a guardare, a curiosare, a cercare di capire cosa fosse o da dove provenisse: questo le faceva indubbiamente perdere tempo prezioso, ma era più forte di lei. Quel castello pullulava di oggetti strani, di dubbia utilità e, visto che doveva pulirli e lucidarli quasi ogni giorno, si sentiva in diritto di sapere cosa fossero. Il suo padrone non era d'accordo: ogni volta che provava a chiedere delucidazioni su qualsiasi cosa trovasse, lui le intimava di continuare a lavorare e di non toccare niente se non per farlo splendere. La ragazza sbuffava ed eseguiva, non poteva far altro che obbedire a Rumplestiltskin, ma non riusciva davvero a smettere di interessarsi.

 

Quando finalmente ebbe finito le sue mansioni giornaliere, Belle si fermò davanti alla finestra a contemplare la neve che aveva imbiancato, ormai da settimane, tutto il parco intorno al Castello Oscuro. Il vento era calmato, almeno un po', e non fischiava più così forte. Belle aveva sempre amato la neve e, considerando che l'Oscuro non era ancora tornato e che quindi non doveva ancora mettersi a cucinare per lui, decise di sfidare il gelo e godersi per un attimo i fiocchi bianchi sulla pelle. Indossò il mantello e la sciarpa, ma lasciò i guanti al loro posto. Voleva sentirla, quella neve così candida, così soffice...
Corse fuori, con il sorriso e la spensieratezza di una bambina di cinque anni, e si accucciò, pronta a lasciar sprofondare le proprie mani nella neve, mentre i fiocchi le imbiancavano i capelli e le ricadevano sul viso.
"Cosa stai facendo, dearie?" La voce acuta di Rumplestiltskin la sorprese alle spalle e la fece sobbalzare. "Cosa ci fai fuori al freddo, senza i guanti?"
Belle lo guardò colpevole. "Volevo solo toccare la neve, è così soffice, provate anche voi!" sorrise.
"Ne conosco la consistenza, grazie dearie! Ma cosa ti ho detto? Se ti prendi un malanno, la tua presenza diventa automaticamente inutile. Fila dentro." ordinò l'Oscuro.
Belle non provò neanche a discutere e fece ciò che le era stato detto, ma quando lo sentì borbottare tra sé quancosa tipo "Pare che tu non abbia mai visto la neve", si voltò verso di lui e gli rispose a tono: "Certo che conosco la neve! Ma è così tanto che non vedo una distesa così... Sapete, quando ero piccola..."
"Sì sì sì, dearie. Sto morendo di fame, vai a preparare la cena, me lo racconti dopo" la interruppe lui, spingendola dentro il castello con una mano e gesticolando con l'altra.
Belle sospirò, si tolse mantello e sciarpa, ed andò in cucina.

Servì la minestra e lo sformato di carne e patate, cucinato con estrema cura, al suo padrone, poi si sedette dall'altro capo del tavolo e si servì a sua volta.
Rumplestiltskin mangiò tutto in rigoroso silenzio e Belle, dopo essere stata rimproverata, non si azzardò a fiatare. Lui non alzava gli occhi dal piatto, mentre lei gli mandava qualche occhiata fugace.
Ormai erano mesi e mesi che viveva con lui, la bestia che l'aveva portata via dal proprio palazzo, dove era servita e riverita, e l'aveva ridotta a lavorare come una sguattera per il resto dei suoi giorni... mesi nei quali lo aveva osservato bene. Nonostante l'avesse privata della libertà, la ragazza non riusciva a odiarlo: il suo aguzzino aveva qualcosa negli occhi, qualcosa che dava l'idea di una profonda sofferenza. Gli stessi occhi che spesso la guardavano con ironia, gli stessi occhi che sembravano sprizzare di gioia infantile ogni volta che la prendeva in giro o la rimproverava con la sua voce stridula e canzonatoria, nascondevano qualcosa di oscuro. Non l'oscurità che aleggiava intorno alla sua figura o alla sua dimora, qualcosa di più profondo, antico, straziante.
Mentre mangiava, sembrava avvolto tra i propri pensieri e, una volta finito, quando alzò gli occhi e li incatenò per un attimo in quelli di Belle, la perversa ilarità provocata dal rimprovero di poco prima sembrava non aver mai albergato in quelle iridi profonde.
Belle non indugiò oltre: si alzò e sparecchiò la tavola; sparì dalla stanza giusto il tempo necessario per rigovernare, poi tornò e vide il suo padrone già seduto all'arcolaio, intento a filare, come ogni sera. Avrebbe voluto dire qualcosa, ma lui sembrava essersi seriamente rabbuiato, così andò alla finestra e riprese a contemplare la neve che continuava a cadere imperterrita.
"La tua è una fissazione, dearie." Rumplestiltskin non aveva neanche alzato gli occhi dalla ruota, ma sapeva lo stesso cosa stava facendo la sua domestica.
Belle si voltò verso di lui, ma prima che riuscisse ad aprire bocca per ribattere, l'Oscuro schioccò le dita e fece apparire a mezz'aria una sfera di cristallo che la giovane prese al volo, prima che si schiantasse a terra. Belle la guardò incuriosita: era un globo con dentro una casetta circondata da abeti innevati, tutto in miniatura; provò ad agitarla e vide tanti fiocchi di neve scendere sul paesaggio ricreato dentro la palla. Era uno spettacolo, non aveva mai visto niente di simile in vita sua – non così piccolo, perlomeno.
"Gioca con quello, se ti piace tanto la neve. Non fare domande sull'oggetto e allontanati dalla finestra, altrimenti lo faccio sparire" commentò Rumplestiltskin, ridacchiando; la sua ilarità sembrava essere tornata, ma Belle non si fidava. Omai era certa che il folletto, dietro al perverso divertimento nel rivolgersi ironicamente ai suoi interlocutori, nascondesse qualcosa.
Fece qualche passo verso di lui – che continuava a non guardarla – e si sedette su una poltrona, vicino all'arcolaio.
"È bellissima, grazie!" disse sorridendo. "Sapete, è esattamente identica alla casa in cui trascorrevo le vacanze invernali da piccola, con mia madre" aggiunse.
"Mi fa piacere, dearie!" rispose Rumplestiltskin, con un gesto annoiato della mano.
"È per questo che adoro la neve e... non vedevo una distesa come questa da quando ero bambina. In quella zona della Foresta, dove si trova la casetta, nevica sempre tantissimo e da piccola mi divertivo a creare pupazzi di neve, a cui facevo sempre indossare le mie sciarpe preferite, e poi mi rintanavo in casa, davanti al camino, e li guardavo dalla finestra, con una tazza fumante di cioccolata tra le mani."
Rumplestiltskin non poté fare a meno di alzare gli occhi sulla sua giovane cameriera: raccontava con tale passione che l'Oscuro poteva sentire che sorrideva anche solo dalla sua voce. La guardò negli occhi, mentre ascoltava le sue parole, e li vide brillare di una luce così bella che dovette rimanere a fissarli. Non si accorse neanche che Belle aveva smesso di parlare, era perso in quelle iridi blu che gli trasmettevano un senso di gioia, di spensieratezza, di calore umano...
"Rumplestiltskin, vi sentite bene?"
L'Oscuro si scosse e si rese conto che, adesso, Belle era in piedi davanti a lui e lo guardava preoccupata.
"Certo, dearie. Sto benissimo" rispose deciso e riprese a lavorare.
"Perché non mi raccontate di voi? Come passavate le vostre vacanze da bambino? Non nevicava dove vivevate?" chiese Belle, con la solita curiosità negli occhi.
"Non credo sia affar tuo, dearie" rispose Rumplestiltskin, ma il rimprovero non suonò canzonatorio, questa volta. Il tono dell'Oscuro era completamente serio e questo destabilizzò un attimo Belle, ma la ragazza non si arrese.
"Oh, andiamo... avrete qualcosa da raccontare anche voi!" lo incoraggiò, sedendosi direttamente sull'arcolaio e togliendogli ogni possibilità di ignorarla e di lavorare.
Rumplestiltskin alzò gli occhi e la fissò di nuovo. I suoi occhi sembravano velati di tristezza, ma fece in modo che la sua voce suonasse ferma e distaccata.
"Quando ero bambino, se nevicava, non c'era proprio niente di divertente, dearie. Se nevicava, dovevo indossare tutti i miei vestiti, uno sopra l'altro – e ti garantisco che non erano molti – e starmene rintanato in casa. Non avevo il camino o la cioccolata calda, avevo spifferi gelidi e due stracci per coprirmi. Facevo fatica a filare, perché le mani mi si congelavano, ma era necessario lavorare per sperare di mangiare qualcosa a fine giornata, dunque dovevo sforzarmi... Dimmi, adesso... potevo trovare divertente la neve, dearie?" abbassò lo sguardo sulla paglia, sorprendendosi lui stesso di quello che stava raccontando.
Sospirò e guardò di nuovo la ragazza. "Va a giocare con quella sfera e fammi lavorare, adesso" concluse in maniera brusca e incrociò le braccia in attesa che Belle si alzasse.
La giovane, dal canto suo, lo guardava con le lacrime agli occhi, non per il tono di lui, ma per la storia che le aveva quasi sputato in faccia. Rumplestiltskin non doveva aver avuto un'infanzia felice, anzi... doveva essere stato povero e solo. Forse era per questo che non si stancava mai di filare la paglia in oro, la stessa paglia che quando era piccolo era costretto a filare per mangiare un pezzo di pane. Belle si sentì così triste per il suo padrone...
Inoltre, lui non si era mai aperto così con lei e aveva l'impressione che non lo avesse mai fatto con nessuno, quindi era anche un po' sconvolta per quella rivelazione. Non si sarebbe permessa di insistere, non in quel momento: doveva essere proprio esasperato per raccontare alla propria "inutile" domestica una cosa così...
"Allora? Mi hai sentito, Belle? O te lo devo ripetere?"
Belle si alzò, ma non si allontanò. Poggiò le mani sulle spalle di lui e lo incoraggiò ad alzarsi, incurante del rischio di essere respinta in malo modo. Rumplestiltskin non capiva le intenzioni della sua domestica, ma si alzò e la guardò interrogativo.
"Perché non lasciate che vi mostri quella casa? Potrei prepararvi una cioccolata e potremmo ammirare la neve dalla finestra, al caldo del camino."
Il suo sorriso era così caldo e incoraggiante che Rumplestiltskin tentennò un momento. Il tocco delle sue mani era così gentile, delicato... Belle non aveva paura di avvicinarsi a lui... Da quanto tempo era che nessuno lo guardava in quel modo, o aveva il coraggio anche solo di sfiorarlo? Non capiva cosa avesse fatto di così speciale, per meritare quelle attenzioni da parte della sua giovane 'schiava'. Ma poi la guardò seriamente e rispose: "Devo lavorare. Non siamo in vacanza. Perché, invece, non vai a preparare un thé e non ti metti a leggere un libro o a giocare con quella stupida palla, prima che me la riprenda?" Non voleva suonare brusco, o arrabbiato, ma non voleva nemmeno che la sua domestica avesse compassione di lui.
Belle sospirò e mise il broncio, ma non ribatté. Aveva osato abbastanza per quella sera ed era meglio eseguire gli ordini del suo padrone, prima che si arrabbiasse sul serio.
Scese in cucina e preparò il thè per entrambi, poi glielo servì su un tavolino basso vicino all'arcolaio e andò a sedersi con la propria tazza vicino al camino, come faceva da bambina. Scosse di nuovo la palla e guardò la neve scendere sulla casetta, ma non la vedeva realmente. Ormai, nella sua mente immaginava il suo padrone bambino che viveva nella povertà più assoluta, senza neanche un mantello pesante o un fuoco con cui scaldarsi.
Capì che l'oscurità nel suo sguardo, quella profonda che prescindeva dal suo stato di 'Signore Oscuro', proveniva da molto, molto lontano, addirittura dalla sua infanzia.
Belle cominciava a vedere l'uomo dietro la bestia.




Note dell'autrice.
Ciao a tutti^^
Sarò sincera, questa storia non mi convince affatto - ma proprio per niente - quindi spero che a voi piaccia di più che a me (ma ho i miei più seri dubbi).
L'ho scritta per un contest, ma, inutile dirlo, mi sono trovata all'ultimo; ho voluto partecipare lo stesso perché l'idea mi piaceva tantissimo, ma la storia nella mia testa era completamente diversa da questa. Purtroppo, questo è quello che ne è uscito e mi dispiace tantissimo che non sia il massimo.
Ho anche rischiato l'OOC, ad un certo punto, ma spero di essere rientrata nel personaggio. Niente, non sono convinta. Poco da dire.
Se mi lasciate un commento mi fate un enorme favore, almeno capisco cosa ne pensate.
Alla prossima!
B e l l e

 

   
 
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