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Autore: eugeal    25/03/2015    2 recensioni
Lo sceriffo è tornato e Nottingham è salva.
Durante l'assedio, Marian ha scoperto un lato di Guy di Gisborne che non conosceva.
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Guy di Gisborne, Marian, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'From Ashes'
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Guy spronò il cavallo e gli fece aggirare un tronco caduto, poi riprese a inoltrarsi nella foresta senza voltarsi a controllare se i soldati lo stessero seguendo.
Le guardie di Nottingham non valevano molto, ma Guy voleva sperare che almeno fossero in grado di stargli dietro senza perdere la direzione.
Forse avrebbe dovuto dar loro ordini più precisi, mandarli ad esplorare il sottobosco cespuglio per cespuglio in cerca di qualche traccia di Robin Hood, ma aveva la sensazione che quella missione esplorativa fosse solo una perdita di tempo. Hood conosceva la foresta meglio di loro e cercarlo a caso di certo non sarebbe servito a nulla, ma Gisborne doveva almeno dare allo sceriffo l'impressione di aver fatto qualcosa per trovare il fuorilegge. E poi quella cavalcata inutile almeno gli avrebbe dato un po' di tempo per pensare.
Quello che era successo poco prima con Marian lo preoccupava e imbarazzava al tempo stesso. Non aveva avuto affatto l'intenzione di rovinare la reputazione della ragazza e sperava che per lei non ci fossero conseguenze troppo sgradevoli, ma allo stesso tempo avrebbe voluto che le insinuazioni dello sceriffo fossero state corrispondenti alla verità.
Sospirò tra sé: quando aveva accennato al matrimonio, il silenzio della giovane era stato fin troppo eloquente e Guy non si faceva più illusioni in quel senso.
Però ripensare a ciò che aveva provato svegliandosi con il corpo di Marian stretto a lui lo riempiva di una sensazione di calore tanto nuova quanto gradevole. Se solo Marian fosse riuscita a ricambiare quello che provava per lei!
Una freccia diretta alla sua testa lo sfiorò, piantandosi in un albero vicino e Guy alzò lo sguardo appena in tempo per vedere un uomo che spariva tra i cespugli.
- È Robin Hood! Prendetelo! - Gridò, lanciando il cavallo all'inseguimento.
L'uomo incappucciato sembrava svanire nel nulla, poi si mostrava per un attimo e scappava di nuovo, trascinandosi dietro Gisborne e i soldati.
Guy evitò un ramo basso chinando la testa, ma non rallentò l'andatura: se quello era davvero Robin Hood o uno dei suoi, lui lo avrebbe preso.
Notò vagamente che la caccia li aveva fatti inoltrare in una zona della foresta che non conosceva bene, ma non pensò a una trappola finché il suo cavallo non cadde in una fossa nascosta da fronde secche. Gisborne fu sbalzato via di sella e cadde qualche metro più avanti, atterrando dolorosamente sulla schiena. Dietro di lui i nitriti dei cavalli e le grida di sorpresa degli uomini gli fecero capire di non essere l'unico a essere caduto in quell'imboscata.
Cercò l'impugnatura della spada e fece per estrarla, ma prima di potersi muovere si trovò con una lama puntata alla gola. Le mani di due uomini lo immobilizzarono, bloccandogli le braccia e le gambe, mentre un terzo gli tolse la spada, poi lo afferrarono bruscamente per tirarlo in piedi e gli legarono le braccia dietro alla schiena.
Gisborne li guardò: non erano gli uomini di Robin Hood, di questo ne era certo, ma non poteva riconoscere nessuna di quelle persone perché indossavano tutti una maschera sul viso. Erano in molti, almeno una trentina, e stavano massacrando senza pietà i soldati caduti da cavallo, colpendoli con le spade. Solo a tre delle guardie fu riservato lo stesso trattamento di Guy e i tre uomini furono legati e spinti bruscamente accanto a lui. I cavalli feriti nitrivano di dolore e si agitavano debolmente sul fondo della fossa con le zampe spezzate, ma nessuno dei fuorilegge si curò di mettere fine alle loro sofferenze.
- Chi siete? - Gridò Guy e uno degli uomini lo colpì sul viso col dorso della mano.
- Non hai il diritto di parlare, cane di Nottingham. Noi sappiamo chi sei tu e tanto basta. Oggi pagherete per le vostre colpe.
Guardando Guy negli occhi, l'uomo si avvicinò a uno dei soldati prigionieri.
- Le loro colpe sono quelle di obbedire a te e per questo la condanna è la morte. - Con un gesto rapido tagliò la gola all'uomo mentre un suo compagno faceva lo stesso con un altro soldato. I due uomini crollarono a terra, contorcendosi debolmente prima di restare immobili.
Gisborne li guardò morire, atterrito, e dietro di lui l'ultimo soldato superstite, un giovane poco più che adolescente, iniziò a piangere e a gemere per il terrore.
Il fuorilegge puntò un dito verso Gisborne.
- Le tue colpe sono molto più grandi, cane dello sceriffo. Per anni hai oppresso la gente dei villaggi e ognuno di noi ha perso qualcuno che gli era caro per colpa tua o del tuo padrone, ma adesso è finita. Morirai, ma prima ognuno di noi potrà prendersi una piccola soddisfazione.
I banditi gli slegarono le mani, ma solo per potergli strappare di dosso il cappotto e la giacca, poi lo legarono a un albero, col viso contro il tronco.
Il soldato giovane continuava e piangere e il capo dei banditi lo schiaffeggiò per costringerlo ad aprire gli occhi.
- Tu sei fortunato, ragazzo, resterai in vita. Guarderai attentamente tutto quello che faremo a questo cane e poi tornerai dallo sceriffo con un messaggio. Racconterai ciò che hai visto nei minimi dettagli e poi gli dirai che questo è il destino degli oppressori.
La prima frustata arrivò all'improvviso e colse Gisborne di sorpresa, strappandogli un grido, ma la seconda non fu immediata: i banditi attesero qualche secondo perché il dolore crescesse, diventando più intenso.
Guy ricordò che una volta lo sceriffo gli aveva detto qualcosa del genere: se i colpi erano troppo ravvicinati, il dolore del secondo avrebbe smorzato quello del primo, perciò quando si frustava un prigioniero non conveniva avere fretta.
A quanto pareva lo sapevano bene anche quei banditi.
Lui, invece, avrebbe preferito non essere consapevole di ciò che lo aspettava.

Marian mangiò svogliatamente, irritata con se stessa per la propria debolezza.
Era stata pronta a rischiare anche la propria vita per ciò che riteneva giusto, non avrebbe dovuto dare così tanta importanza alla propria reputazione compromessa.
Robin avrebbe capito la situazione, o almeno lei lo sperava, suo padre aveva accettato anche la sua identità di Guardiano Notturno e non le era mai importato del giudizio degli altri. Allora perché le allusioni laide dello sceriffo l'avevano sconvolta così tanto?
Forse era meno coraggiosa di quanto avesse sempre pensato, ma ammetterlo la infastidiva.
Poi era consapevole che il suo silenzio doveva aver ferito i sentimenti di Guy e ne era sinceramente dispiaciuta. Sospirò: tenere a bada la coscienza era stato molto più semplice quando ancora non si preoccupava per lui.
Spinse via il piatto e si alzò da tavola, decisa a uscire dal castello per distrarsi un po'.
Avrebbe voluto che Guy tornasse presto dalla sua missione per potergli parlare sinceramente e chiarire le cose almeno con lui e odiò lo sceriffo per averlo costretto ad andare a caccia di fuorilegge.
Sapevano tutti benissimo che quello era un ordine inutile e che lo sceriffo lo aveva impartito a Guy solo per punirlo del suo ritardo di quella mattina.
Almeno, pensò Marian, quello era un giorno di mercato e sarebbe riuscita a far passare più in fretta il tempo in attesa del ritorno del cavaliere nero.
La ragazza sorrise tra sé nel ripensare a quanto Guy sembrasse più giovane mentre dormiva e sussultò di sorpresa nel trovarsi di fronte il viso di Robin Hood.
- Robin! Che ci fai qui? - Chiese, arrossendo. Si sentiva stranamente in colpa per averlo incontrato mentre stava pensando a Gisborne.
Robin la guardò inarcando un sopracciglio.
- Non lo immagini?
Marian odiò lo sceriffo con tutta se stessa: era chiaro che Robin doveva aver già sentito le voci su lei e Guy.
- Non amo gli indovinelli, Robin.
- E io non amo sentir dire che Gisborne si è portato a letto la mia promessa sposa. - Ribatté Robin con un tono velenoso che sorprese la ragazza.
- Da quando dai retta alle chiacchiere da taverna?
- Forse quando tutta Nottingham ne parla è difficile ignorare certe voci.
Marian arrossì per la vergogna e l'irritazione.
- E tu cosa credi, Robin?
- Se Gisborne si è azzardato a metterti solo un dito addosso lo ammazzerò con le mie mani.
- Guy non ha fatto nulla di male! - Sbottò la ragazza. - È stato solo un equivoco!
- Guy? Adesso lo difendi?
- Non ti fidi più di me?
- Ancora non hai risposto alla mia domanda, è così difficile farlo? Hai dormito o no con Gisborne, Marian?
La ragazza esitò e quando si decise a rispondere il suo tono era incerto.
- Non è successo nulla...
- Questo non è un no. - Disse Robin con amarezza, poi le voltò le spalle e si eclissò rapidamente come era arrivato.
- Robin! - Gridò Marian, sbattendo un piede a terra, ma lui era già andato via.
La ragazza tornò al castello, furiosa con Robin, con lo sceriffo e con il mondo intero, ma soprattutto con se stessa. La sua incertezza era riuscita a ferire anche Robin. Non male, pensò, due in una sola mattina: quante altre persone sarebbe riuscita a deludere prima che la giornata finisse?
Decise di non andare a trovare il padre per il momento: forse nelle segrete i pettegolezzi non erano ancora arrivati, ma in ogni caso voleva evitare la delusione anche sul suo volto.
Tornò nelle sue stanze e si gettò sul letto con un sospiro, affondando il viso nel cuscino. C'era ancora l'odore di Guy sulle lenzuola, ma non le dava fastidio, anzi era vagamente confortante.
Quella notte non si era mai sentita minacciata in alcun modo e dormire accanto a Guy era stata una cosa completamente innocente anche se nessuno lo avrebbe mai creduto.
Marian si addormentò stringendo a sé il cuscino.

Guy ansimò dopo l'ennesimo colpo.
Aveva smesso di contare le frustate dopo la decima e continuava a scivolare dentro e fuori da uno stato di incoscienza e dolore.
Quando pensava di essere sul punto di perdere finalmente i sensi, una nuova sferzata di dolore tornava a svegliarlo e ormai non aveva più la forza di gridare.
Lo avrebbero ucciso, se ne rendeva perfettamente conto e non aveva più le energie per poter sperare di reagire, poteva solo augurarsi che la fine arrivasse in fretta e che ponesse fine a quella sofferenza insopportabile.
- Adesso ti manderemo all'inferno! - Gridò uno dei banditi, avvicinandosi a lui con un pugnale e Guy riuscì solo a pensare che se gli avesse tagliato la gola, almeno la fine sarebbe arrivata velocemente. Tenne gli occhi chiusi e pensò a Marian, a come lo aveva abbracciato solo poche ore prima: se doveva morire voleva che fosse quello il suo ultimo pensiero.
- No! Impicchiamolo come lui ha fatto con i nostri cari! - Gridò uno degli altri fuorilegge e tutti gli altri si unirono al coro.
Quello con il pugnale sogghignò e usò la lama per tagliare le corde che legavano Guy al tronco della quercia, mentre altri due uomini lo trascinavano di peso verso un altro albero più adatto, una pianta con un ramo proteso su un dirupo. In fondo al burrone, il fiume scorreva rapido e impetuoso.
- Guarda ragazzo, - disse il bandito al giovane soldato – lo impiccheremo a quel ramo e lo lasceremo lì a marcire. I corvi ne saranno felici. Dillo allo sceriffo, digli che fine ha fatto il suo cane!
Gisborne era a malapena cosciente, ma quelle parole lo riempirono di un terrore folle. Da ragazzo aveva rischiato di essere impiccato ingiustamente e ora tutto in lui si ribellava al pensiero di fare quella stessa fine. Avrebbe accettato qualunque altra morte, ma non quella, non poteva finire così, non con un cappio al collo.
La disperazione gli restituì qualche energia e Guy cercò di lottare, di sfuggire alla presa degli uomini che lo trattenevano. Riuscì a spingerne via uno e il bandito cadde nel dirupo, sbattendo la testa contro le rocce prima di cadere nel fiume, ma non riuscì a liberarsi dalla stretta dell'altro.
Il fuorilegge col coltello, furioso per la fine del suo compagno, si avventò su Gisborne e lo colpì, lasciandogli il pugnale conficcato nel petto, poi con un calcio lo spinse giù, gettandolo nel fiume.
Lo guardò sparire sott'acqua, poi voltò le spalle al dirupo e si avvicinò al soldato, estraendo un altro coltello dalla cintura.
- Hai visto? Così si ammazzano gli oppressori. Non dimenticare nessun dettaglio, devi raccontare tutto al tuo sceriffo. - Gli prese una mano e la schiacciò contro il tronco di un albero, poi con il coltello gli mozzò un mignolo. - Questo è per essere certi che non scorderai nulla. Ora vattene!
Il ragazzo ululò di dolore, poi i banditi lo lasciarono andare e il giovane corse via barcollando.

   
 
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