Serie TV > Robin Hood (BBC)
Segui la storia  |       
Autore: eugeal    26/03/2015    1 recensioni
Lo sceriffo è tornato e Nottingham è salva.
Durante l'assedio, Marian ha scoperto un lato di Guy di Gisborne che non conosceva.
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Guy di Gisborne, Marian, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'From Ashes'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Tuck condusse l'asino fino alla grotta e lo legò a uno dei cespugli che crescevano accanto all'entrata per permettergli di brucare le foglioline tenere mentre aspettava il suo ritorno.
Trovare quel riparo era stato un colpo di fortuna: la grotta era abbastanza nascosta nel folto della foresta per essere sicura, ed era anche asciutta e abbastanza piccola per poter essere scaldata con un semplice focolare.
Quel rifugio gli avrebbe permesso di riposare per qualche giorno, di reintegrare le scorte di erbe e di affumicare un po' di carne o di pesce prima di riprendere il suo cammino.
Il frate grattò la testa dell'asino tra le orecchie prima di lasciarlo solo. Non sarebbe stato via a lungo, giusto il tempo di prendere un po' d'acqua al fiume, e difficilmente qualche malintenzionato avrebbe trovato la sua cavalcatura prima del suo ritorno.
Mentre si avvicinava al corso d'acqua, il gracchiare di molti corvi gli fece intuire che nelle vicinanze doveva esserci il cadavere di qualche animale, o peggio. Si affacciò tra i cespugli e sospirò: il fiume aveva portato a riva i corpi di due uomini, lasciandoli arenati sulla spiaggia sabbiosa e gli uccelli affamati si preparavano a farne scempio.
Il frate corse verso di loro, agitando le mani per scacciarli e i corvi volarono via, gracchiando il loro disappunto.
Tuck guardò il più vicino dei due corpi e sospirò, facendosi il segno della croce: quell'uomo era decisamente morto, con il collo spezzato e la testa piegata a un'angolazione impossibile.
Il frate si tolse il mantello per coprire il cadavere, più tardi lo avrebbe sepolto per evitare che venisse scempiato dagli animali, e si avvicinò all'altro corpo.
Tuck scosse la testa mentre si chinava a controllare, certo di trovare un altro cadavere: la schiena dell'uomo era coperta di sangue e il frate poteva scorgere l'elsa di un pugnale piantata nel petto.
Quando gli toccò il collo per accertarne la morte, l'uomo emise un debole gemito di dolore che fece sussultare Tuck per la sorpresa.
Si riprese subito e si mise immediatamente all'opera per aiutare quello sconosciuto ferito. Guardò brevemente le ferite sulla schiena, sicuramente segni di frustate, e per il momento decise di ignorarle: non sanguinavano molto e il pericolo maggiore sarebbe stato quello di un'infezione, ma per il momento potevano aspettare.
La ferita di pugnale lo preoccupava molto di più: se la lama avesse toccato il cuore o i polmoni, lui non avrebbe potuto fare molto per aiutare quell'uomo.
L'elsa era inclinata, segno che la lama doveva essere entrata in diagonale: forse aveva colpito una costola ed era scivolata lungo di essa senza penetrare a fondo, ma non avrebbe potuto sapere se la punta del pugnale era arrivata a perforare il polmone senza prima estrarlo.
Lacerò un lembo del saio che indossava per ricavarne un tampone, poi sfilò il pugnale dalla ferita, cercando di essere veloce, ma delicato.
Osservò il sangue che iniziò a sgorgare immediatamente dalla ferita: era abbondante, ma restava fluido senza formare schiuma o bolle d'aria. Per la prima volta da quando aveva scorto i corpi sulla riva del fiume, Tuck si concesse un sorriso.

Marian prese una mela dal cesto di frutta e iniziò a sbucciarla svogliatamente. Era stato Guy a portarle quel cestino solo la sera prima e quell'atto gentile aveva portato a tutta quella assurda catena di equivoci che l'aveva messa in una situazione difficile.
La ragazza guardò il cielo fuori dalla finestra: ormai si era fatto buio e le prime stelle iniziavano ad apparire in cielo, eppure Gisborne non era ancora tornato al castello.
Marian si chiese se avesse deciso di evitarla. Forse il suo silenzio lo aveva ferito più di quanto avesse immaginato e Guy era tornato direttamente a Locksley per non vedere lei.
La porta della sua stanza fu aperta bruscamente e Marian non si sorprese di scorgere lo sceriffo che entrava senza preoccuparsi minimamente di chiedere il permesso. Dietro di lui entrarono le onnipresenti guardie armate e Allan, che invece sembrava inquieto per qualche motivo.
- Ah. Non lo vedo. Strano. - Disse lo sceriffo, irritato, guardando il letto. - Sentiamo, lady Marian, dov'è Gisborne?
- Perché dovrei esserne al corrente?
- Forse perché quando quell'idiota tende a sparire di solito lo ritrovo da queste parti che cerca di infilarsi sotto le tue gonne? Oh. Forse ora che ci è riuscito ha perso interesse, non è così?
Marian si trattenne a stento dal lanciargli in faccia la mela morsicata e si limitò a guardarlo con disgusto.
- Forse sir Guy ha preferito tornare a Locksley stanotte.
- Se lo avesse fatto lo saprei. - Tagliò corto lo sceriffo, poi fece un cenno imperioso alle guardie e andò via.
Marian lanciò uno sguardo preoccupato ad Allan e il giovane alzò le spalle come per dire che nemmeno lui aveva idea di dove fosse Guy.
La ragazza guardò il cielo buio, inquieta: di notte la foresta di Sherwood poteva essere un posto pericoloso.

Era morto.
Era morto e quello doveva essere l'inferno: un freddo glaciale che arrivava fino alle ossa mentre le fiamme dei suoi incubi lo lambivano, bruciandolo vivo. Guy le sentiva ardere sulla schiena, il dolore troppo forte per poter pensare di sopportarlo per l'eternità.
Qualcuno lo stava toccando, forse erano i diavoli stessi venuti a trascinarlo ancora più giù negli abissi infernali, perché ogni tocco di quelle dita scatenava una nuova fitta di dolore bruciante lungo la sua schiena.
Guy aprì gli occhi con un gemito di dolore, cercando di sottrarsi a quel contatto, ma le mani che fino a un attimo prima avevano torturato la sua schiena si strinsero sul suo braccio e lo tennero fermo.
- Calmati. - Disse una voce autoritaria e rassicurante allo stesso tempo. - Ora sei al sicuro, ma non devi muoverti o le ferite si riapriranno. Ora respira più lentamente. Piano.
La voce dell'uomo aveva una cadenza rilassante, quasi ipnotica e mentre parlava aveva continuato a tenere fermo Gisborne con una mano, mentre con l'altra gli accarezzava i capelli con i movimenti lenti e ripetitivi che avrebbe potuto usare per rassicurare un animale ferito.
Guy smise di ansimare in preda al panico e cominciò a rendersi conto che il luogo in cui si trovava non era affatto l'inferno.
Era steso a terra su una specie di giaciglio di foglie secche ed erba ed era girato su un fianco. La presa di uno sconosciuto lo teneva fermo in quella posizione, ma anche volendo non avrebbe potuto muoversi perché sia la schiena che il petto gli facevano un male terribile. Il giaciglio era stato sistemato accanto a un focolare, ma anche se poteva sentire sulla pelle il calore delle fiamme, Guy aveva l'impressione di morire di freddo e non riusciva a smettere di tremare.
Avrebbe voluto chiedere allo sconosciuto cosa fosse successo, ma non riusciva a parlare.
- So che fa male, - disse l'uomo, in tono comprensivo – ma devo pulire le ferite che hai sulla schiena oppure si infetteranno. Bevi questo, attenuerà un po' il dolore, ma non sarà comunque piacevole.
L'uomo gli sollevò la testa e gli accostò alle labbra un infuso di erbe. Guy bevve avidamente nonostante il sapore sgradevole: era assetato e aveva talmente freddo che il tepore della bevanda gli era di conforto.
Lo sconosciuto gli lasciò andare il braccio, ormai certo che Guy avesse smesso di agitarsi e fece il giro del focolare affinché Gisborne potesse vederlo in faccia.
- Mi chiamo Tuck. Non so cosa ti sia successo, figliolo, ma qui nessuno ti farà del male. - Il frate gli rivolse un sorriso di scusa. - A parte quello necessario per curare le tue ferite, ovviamente. Ora lascia che mi occupi della tua schiena, poi potrai dormire.
Guy si sentiva completamente senza forze, ma riuscì a fare un minuscolo cenno di assenso. Il frate annuì, riempì una ciotola con il liquido che aveva lasciato a bollire sul focolare e tornò a sedere alle sue spalle.
- Ora cerca di non muoverti, sarà molto doloroso, ma è necessario. - Disse, poi iniziò a pulire le ferite delle frustate con l'infuso caldo.
Guy mugolò di dolore: il frate non aveva mentito, qualunque sostanza fosse quella che stava usando per curarlo, bruciava terribilmente, ma lui si sforzò di restare fermo. Chiuse gli occhi e cercò di pensare a Marian, al sorriso sincero e grato che gli aveva rivolto quando le aveva detto di aver provveduto a suo padre.
Non importava quanto fosse forte il dolore, decise: doveva sopravvivere per rivederla, qualunque fosse il prezzo da pagare.
Scivolò di nuovo nell'incoscienza pensando a lei.

Marian sbadigliò mentre si dirigeva verso il cortile del castello: quella notte aveva dormito poco e male. Come provava a chiudere gli occhi si ritrovava a pensare a Guy. A Guy che quella sera non era rientrato al castello né a Locksley, a Guy che forse era in collera con lei.
Si affacciò a una delle finestre del porticato, sperando di vederlo entrare a cavallo dal cancello principale, ma la figura del cavaliere nero non si vedeva da nessuna parte.
Notò invece una certa agitazione nei pressi del cancello e si affrettò a raggiungere il cortile. Arrivò in cima alla scalinata nel momento in cui lo sceriffo usciva dall'altro portone e Marian capì che qualche servitore doveva essere corso a chiamarlo nelle sue stanze.
Vicino al cancello, un gruppo di guardie era radunato intorno a un altro soldato che camminava barcollando, chiaramente esausto e sconvolto. Due soldati lo tenevano per le braccia per evitare che cadesse, ma il ragazzo continuò a trascinarsi fino ai piedi della scalinata, tremando convulsamente.
Marian si accorse che stringeva al petto un fagotto scuro e che aveva una mano avvolta in uno straccio intriso di sangue.
Lo sceriffo lo guardò, vagamente disgustato e il ragazzo si fermò davanti a lui, iniziando a singhiozzare convulsamente.
- Allora? Questi piagnistei devono andare avanti a lungo?
- Li hanno uccisi! Li hanno uccisi tutti e io dovevo guardare... - Balbettò il giovane. - Hanno detto che era un messaggio per gli oppressori del popolo e per questo doveva morire...
- Di chi stai parlando, ragazzo? - Sbottò lo sceriffo, spazientito da quelle parole confuse.
- Non lo so, erano mascherati, erano tanti! Una trappola! Era una trappola. Li hanno uccisi tutti e poi lo hanno massacrato. Tutti tranne me... Il sangue, c'era così tanto sangue... Ognuno di loro lo ha frustato e volevano impiccarlo, ma poi lo hanno pugnalato al cuore e gettato nel fiume. Hanno detto che doveva morire perché era il cane dello sceriffo...
- Di chi stai parlando?! - Gridò Marian all'improvviso, interrompendo i gemiti del ragazzo e attirandosi un'occhiata stupita dai presenti.
Il giovane lasciò cadere a terra l'involto che teneva tra le braccia e Marian si accorse con orrore che quello che in un primo momento le era sembrato un fagotto di stracci, in realtà era una giacca di pelle nera con dei fermagli a forma di testa di lupo, una giacca che lei conosceva fin troppo bene.
Poi il ragazzo parlò, confermando quello che lei ormai già sapeva.
- Sir Guy. Quei banditi hanno ucciso sir Guy e tutti i miei compagni...

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Robin Hood (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: eugeal