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Autore: TaliaAckerman    29/03/2015    3 recensioni
[Revisione in corso]
Il secondo atto della mia personale saga dedicata a Fheriea.
Dal terzo capitolo:
- "Chi hanno mandato?- mormorò Sephirt dopo essersi portata il calice di liquido rossastro alle labbra. – Chi sono i due maghi?
- Nessuno di cui preoccuparsi realmente. Probabilmente due che dovremmo avere difficoltà a riconoscere. Una ragazzo e una ragazza, lei è quasi una bambina da quanto l’infiltrato mi ha riferito. Credo che ormai l’abbiate capito: non devono riuscire a trovarle.
- E come mai avete convocato noi qui? – chiese Mal, anche se ormai entrambi avevano già intuito la risposta.
Theor rispose con voce ferma: - Ho un incarico da affidarvi"
Se volete sapere come continua il secondo ciclo di Fheriea, leggete ^^
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'II ciclo di Fheriea'
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Non ci volle più di un’ora per raggiungere Città dei Re.
Jel e Gala ne oltrepassarono le mura passando per la Porta Merafs, l’ingresso occidentale della città. Le origini del suo nome erano antiche, antecedenti alle imprese di Wil Cambrest e alla nascita delle Cinque Terre. Le leggende narravano che lord Tarth Merafs, punta di diamante della fazione Ariadoriana che aveva lottato per sconfiggere il predominio del sovrano di Città dei Re sulle lande dell’Ariador, si fosse spinto con la sua armata fino dinnanzi a quelle mura. Era stato allora che, rendendosi conto della ferma tempra morale degli uomini ariadoriani, l’antico Re Garlon I aveva decretato una tregua dando inizio ai trattati di pace.
La prima cosa che notarono fu quanto la capitale di Fheriea fosse trafficata: non era solo la via centrale ad essere affollata, anche nelle strade minori e nei vari cubicoli si intravedevano gruppi e gruppetti di persone. Jel si era aspettato una simile baraonda: i Giochi Bellici erano pur sempre i Giochi Bellici.
Sempre in sella ai cavalli di Kor i due maghi avanzarono, guardandosi intorno.
– Che facciamo, Jel? – domandò Gala a un tratto. – Come troviamo gli uomini che cerchiamo?
– Non ne ho idea – rispose il giovane, vago. – Forse il modo migliore per cominciare è chiedere in giro.
– Come vuoi tu – la ragazzina alzò le spalle. – Peterson Cambrel? – chiese poi alzando la voce. – C’è qualcuno che conosce Peterson Cambrel?
Forse sarebbe stato meglio un modo un po’ meno plateale, ma comunque…
- Malcom Shist? – il Consigliere imitò la compagna. – Cerchiamo un uomo di nome Malcom Shist, qualcuno lo conosce? Oppure Peterson Cambrel?
Non in molti prestarono loro attenzione. Alcuni passanti posarono per pochi istanti lo sguardo su di loro, poi però continuarono a camminare. Jel represse a stento l’irritazione; erano prossimi alla meta, ormai mancava così poco… e nessuno dava loro ascolto.
Procedettero ancora verso il centro della città per molti, interminabili minuti, poi decisero di lasciare i cavalli; non li legarono, e non li affidarono a stallieri. Il loro viaggio era terminato dopotutto, era giusto che li lasciassero tornare dal loro padrone Kor. La strada percorsa era molta, ma l’allevatore aveva assicurato loro che avrebbero potuto ritrovare la strada di casa in qualunque situazione. Per tornare a Grimal avrebbero potuto chiederne al Re di migliori.
Gala pareva piuttosto agitata, e lui non poteva darle torto: anche ora che si erano lasciati i pericoli alle spalle, la trepidanza era consistente. L’intero Consiglio aveva fiducia in loro, deluderli dopo tutte quelle sofferenze sarebbe stato qualcosa di insopportabile.
– E se non troveremo nessuno che li conosca? – lo incalzò la ragazza. - Insomma, Jel, io non so proprio...
– Stai tranquilla – rispose il mago suo malgrado. – Li troveremo. E, al massimo, potremo rivolgerci ai Consiglieri presenti a corte. Loro sapranno di chi parliamo. Ma… intanto continuiamo a chiedere in giro.
Si fermò per domandare informazioni a un paio di ricchi mercanti, i quali si limitarono a guardarli con aria di superiorità per poi tornare sui propri passi.
– Andiamo! – esclamò il giovane spazientito. – Malcom Shist! Peterson Cambrel! Qualcuno sa chi siano?
- Peterson Cambrel? - fu una voce femminile, poco lontana da loro, a ripetere quel nome. Sia Jel che Gala si voltarono istantaneamente verso la fonte, e videro che una giovane donna si era fermata e guardava nella loro direzione.
– Conosci quest’uomo? - domandò Jel cortesemente avvicinandosi. – Sai dove potremmo trovarlo?
– Oh no, non lo conosco di persona – sorrise allegra. - Ma tutti in città sanno chi è.
- Dunque?
- È il grande padrone di Combattenti – spiego lei con semplicità, come se la cosa fosse ovvia. – Jackson Malker, vi dice qualcosa il nome?
- Oh, certo…- rispose Jel rammentando di aver sentito quel nome a proposito dei Giochi, mentre anche Gala annuiva energicamente. – Un Combattente, giusto?
- Certamente.
– E Malcom Shist? È anche lui qui, non è vero?
- Sì, quest’anno non mancherà alla finale…
- Se non chiedo troppo, dove possiamo trovarlo ora? Abbiamo bisogno di parlare con lui.
– Beh, è sicuramente nell’Arena. La finale dei Giochi sta per cominciare, secondo voi dove sta andando tutta questa gente?
– Grazie mille – fece Jel, che per il sollievo avrebbe voluto stringerle la mano. Mentre anche Gala ringraziava rapidamente, il mago si voltò riprendendo a camminare velocemente, seguendo la folla che si dirigeva verso l’Arena.
– Ma c’è la Ragazza del Sangue a combattere, non vi lasceranno mai parlare con lui!- gridò ancora loro dietro la donna, ma loro non se ne curarono.
– Credi che la Pietra sia davvero nelle mani di uno dei due? – gli chiese Gala seguendolo a stento in mezzo a tutta quella confusione.
– Spero di sì – rispose il giovane. – Ma a meno che Theor non abbia mentito, non può che essere così.
- E se l’avessero data via? O venduta?
A quella prospettiva il cuore di Jel sprofondò: se la Pietra del Nord non si trovava più lì, come avrebbero fatto a risalire alla sua attuale posizione?
– Non l’hanno venduta – disse risoluto, più che altro per convincere se stesso della cosa. – Riusciremo a riprendercela oggi, non un giorno più tardi.
Lasciarono la via centrale risalendo per una secondaria, che anche così rimaneva decisamente ampia, addentrandosi nella zona centro-orientale della città. Prima che se ne rendessero conto, i due Consiglieri si ritrovarono oppressi da una calca più consistente rispetto a prima, e alzando gli occhi poterono ammirare la gigantesca Arena dei Combattimenti stagliarsi a qualche decina di metri da loro.
– Fate largo! – udirono una guardia ordinare ad alta voce da qualche parte. – Fate largo ai principi Nimh e Freida!
I figli del Re delle Cinque Terre! Addirittura? Si erano scomodati per assistere alla finale dei Giochi?
Jel li aveva visti numerose volte, ricordava i loro volti, una volta aveva addirittura avuto modo di parlare con loro. Saperli lì in qualche modo lo rassicurò: erano in casa, lì a Città dei Re non era difficile incontrare volti amici. Passarono pochi secondi, poi Jel e Gala riuscirono a scorgere i due gemelli avvicinarsi all’ingresso dell’Arena circondati da una scorta di sei o sette guardie.
Continuarono a camminare.
– Ti consiglio di tirare fuori la spilla, se ancora ce l’hai – suggerì Jel all’amica mente distrattamente faceva lo stesso. Se l’appuntò alla casacca. – Comportati normalmente, d’accordo? Siamo Consiglieri, abbiamo il diritto di parlare con chi vogliamo, se lo riteniamo necessario.
– E… e se non si fidassero? Insomma, qui a Città dei Re non siamo esattamente delle celebrità, e non abbiamo i mantelli del Consiglio…
- Non preoccuparti. E lascia parlare me.
Si unirono alle persone che entravano nell’Arena dall’ingresso principale, ma al posto di dirigersi verso le gradinate del pubblico si ritrassero in disparte, contro alla parete. Due guardie a pochi passi da loro, una a destra e una a sinistra, controllavano che venisse mantenuto l’ordine. Parevano stanchi, anche un po’ stizziti per tutte le persone che pestavano loro i piedi, ma anche piuttosto affidabili. Alti, protetti dalla tradizionale armatura di bronzo delle guardie di Città dei Re, con due lunghe spade assicurate alla cintura. Non indossavano l’elmo, e visto il caldo di quel giorno Jel non poté certo biasimarli. Fece un paio di passi verso loro e appoggiò una mano sul braccio di uno dei due.
– Ho bisogno di chiedervi un favore – proferì ad alta voce.
L’uomo si voltò verso di lui seccato facendogli cenno di allontanarsi. – Ho altro a cui pensare, ragazzo. Se vuoi assistere al combattimento va’ verso gli spalti.
Imperturbabile, Jel indicò con un dito la spilla del Consiglio per portava sul petto. – Direi che assecondare un Consigliere è la priorità, in questo momento.
L’espressione della guardia cambiò in meno di un istante. – Sono mortificato, Consigliere…
- Cambrest.
– Certo. Se mi vuole seguire… - un po’ spaesato, l’uomo si scostò dalle persone che desideravano entrare - …L’aiuterò, se posso.
Tornando indietro, Jel lanciò un’eloquente occhiata a Gala. Vieni.
La guardia cittadina li condusse in una galleria laterale, momentaneamente deserta. – In cosa posso esservi utile? – chiese incrociando le braccia.
– Non ti tratterremo per molto. Ma abbiamo bisogno di discutere di alcuni affari con Malcom Shist e Peterson Cambrel. E’ possibile avere la loro attenzione?
L’uomo aggrottò la fronte e rispose, quasi in tono di scuse:– I loro campioni sono impegnati nell’ultimo scontro, al momento. Non lo so, signori, potrebbero…
Come sempre quando il giovane non se lo aspettava, Gala gli venne in aiuto:- Abbiamo bisogno solo di pochi minuti. Poi potranno assistere alla finale senza più fastidi.
– Non credo abbiano intenzione di ostacolare il lavoro di due Consiglieri – aggiunse Jel con un sorriso incoraggiante.
– Ma certo, certo – replicò l’altro annuendo, evidentemente non troppo ansioso di tornare alle proprie solite mansioni. – Con chi desiderate parlare per primo?
- È lo stesso, non abbiamo fretta.
– Molto bene. Attendete pure qui - la guardia si voltò dimenticandosi chinare il capo, ma Jel non ci diede peso. Onestamente non gli era mai importato degli ossequi che formalmente la gente avrebbe dovuto porgergli.
Lui e Gala rimasero in silenzio nella galleria, con di sottofondo il brusio proveniente dagli ingressi primari. Jel tentava di non darlo a vedere, ma era piuttosto nervoso; non era mai stato capace di dare un’impressione di sé sicura e autorevole quando si trattava di dialogare con estranei. La sua giovane età gli aveva sempre attirato la diffidenza e talvolta anche lo scherno da parte di tutti quei nobili e signorotti boriosi con cui aveva talvolta avuto a che fare. E i padroni di combattenti erano per definizione ricchi, arroganti ed estremamente sicuri di sé. Jel non era sicuro che Shist e Cambrel – sempre ammettendo che avessero ancora la Pietra – sarebbero stati disponibili a riconsegnargliela. Certo, era pur sempre un politico e un Consigliere, ma non aveva prove, non aveva documenti né la certezza di poter svelare il perché della richiesta.
– Che cosa gli diremo, Jel? – chiese Gala a mezza voce quasi interpretando il suo silenzio.
Lui la guardò, pensieroso. – Immagino la verità – rispose. – È sempre la cosa migliore, alla fine. Dobbiamo convincerli che le Cinque Terre hanno davvero bisogno di quella maledetta Pietra.
– Come vuoi – mentre parlava la ragazzina si guardò intorno, palesemente affascinata dalla maestosa struttura in cui si trovavano.
Attesero ancora. Personalmente Jel credette di non aver mai avvertito il tempo scorrere così lentamente.
Alla fine, udirono una voce irritata accompagnare il rumore di passi che si avvicinavano:- Non ho alcuna intenzione di perdere tempo. Che cosa vogliono questi due…?
Gli uomini svoltarono l’angolo. E Jel capì subito che, evidentemente, l’uomo cui si erano rivolti non aveva condotto da loro solo uno dei due padroni di Combattenti, ma entrambi. Uno era alto, moro, dalla carnagione scura da Haryarita. Nonostante l’età paresse averlo appesantito parecchio, ne si poteva indovinare un fisico un tempo atletico, muscoloso. Jel pensò potesse essere stato un Combattente a sua volta. L’altro era più magro, forse più anziano, e l’unico dettaglio che balzò agli occhi ai due Consiglieri furono i suoi occhi: chiari, color grigio ma screziati di verde, carichi di un’innegabile astuzia ed esperienza.
Con un brivido, a Jel balenarono in mente i gelidi occhi gialli di Theor.
– Signori Consiglieri, vi presento Malcom Shist e Peterson Cambrel – li presentò la guardia con cui avevano parlato. – Spero di esservi stato utile.
– Certo, ti ringrazio – Jel annuì, lasciando a intendere che poteva andarsene. Poi volse lo sguardo sui due uomini di fronte a lui. Gala pareva oltremodo a disagio.
- Dunque? – fece Peterson Cambrel sollevando un sopracciglio. Teneva le braccia incrociate; non strinse loro la mano, in effetti non pareva che il trovarsi davanti a due membri del Consiglio gli importasse più di tanto. In ogni caso, entrambi li squadravano freddamente, ansiosi di tornare sulle gradinate per assistere all’ultima battaglia di quell’anno.
Il mago decise di arrivare dritto al punto. – Crediamo che uno di voi abbia qualcosa che ci appartiene.
In realtà non è esattamente la verità.
– Come sapete siamo Consiglieri, ed è d vitale importanza che riportiamo quest’oggetto a Grimal.
– E di che cosa si tratta, esattamente? – lo incalzò Malcom.
Jel trasse un lungo respiro. – È una delle Sei Pietre. La Pietra del Nord.
Non si era aspettato una razione impressionata, o sorpresa. Ma di certo non avrebbe contemplato l’ipotesi di quello che sarebbe accaduto in quel momento.
– Che cosa dovrebbe significare? – domandò Shist acido. – Una delle Pietre dovrebbe essere nelle nostre mani?
No. No. No. Non è qui. Raek ci ha ingannati.
Anche se aveva un groppo in gola, Jel tentò di mantenere un tono di voce calmo. – Sappiamo che si trova qui. Abbiamo viaggiato a lungo per trovarla, a abbiamo bisogno della vostra collaborazione.
– Sta forse insinuando – intervenne Cambrel, sempre con voce rigorosamente gelida – un furto, Consigliere? Perché dovremmo custodire noi la Pietra del Nord?
Jel lanciò un’occhiata a Gala, cercando un aiuto, ma la strega sembrava interdetta quanto lui. Non pareva che i due uomini stessero mentendo.
– Davvero non avete visto nulla di simile? Una pietra ovale, bianca, venature grigie…
- So com’è fatta una Pietra, grazie – lo interruppe l’uomo seccamente.
Jel non seppe più cosa rispondere. Era successo di nuovo. Altre interminabili giornate di viaggio che avevano condotto ad un risultato inesistente. Un altro fallimento.
- Allora?- lo incalzò Peterson. – Possiamo tornare al nostro lavoro?
Il giovane esitò un attimo, poi annuì sconfitto. Non avrebbe saputo che altro fare.
Peterson Cambrel si voltò, dirigendosi a passo svelto verso gli spalti, ma quando Malcom Shist fece per fare altrettanto, a sorpresa Gala fece un passo in avanti.
– La prego, ci deve aiutare – proruppe, afferrandolo per un braccio. – Ci dispiace disturbarla, ma non possiamo più fallire! Le Cinque Terre dipendono da quella Pietra! È sicuro di non aver visto niente di simile?
Per un attimo, l’uomo parve ripensarci; un’ombra di dubbio attraverso il suo sguardo. Poi si liberò dalla stretta di Gala con uno strattone.
– Non mi interessano le Cinque Terre.
Si voltò e, come Peterson Cambrel prima di lui, sparì verso le gradinate.
Jel rimase lì, fermo; non l’avrebbe mai ammesso, ma era mortificato. Non fosse stato così esausto avrebbe anche potuto piangere.
– Jel…- azzardò Gala timidamente. Gli toccò un braccio con la mano. – Jel, mi dispiace tanto…
Ma il mago si allontanò di scattò, facendo un cenno negativo con una mano. – Lascia stare – la fermò. – Non ha importanza.
Rifletté un istante, poi aggiunse amaramente. – Tu va’ al palazzo reale. Avverti il Re, maestro Anerion o chi per lui, digli che la nostra missione è finita. Non abbiamo più alcuna idea di dove possa essere la Pietra del Nord.
– Ma…
- Gala – il giovane la guardò negli occhi. – Non abbiamo scelta. È finita. Che mandino qualcun altro a cercarla, noi abbiamo fatto tutto quello che potevamo.
Gala non replicò; era palesemente provata e delusa anch’ella. Rimase un attimo lì ferma, gli occhi socchiusi, sconfitta, tormentandosi le mani. Alla fine si strappò la spilla del Consiglio dal petto. Non disse una parola; si limitò a voltarsi e correre via.
Non farà sciocchezze.
Sorvolò sul fatto che ogni volta che aveva formulato quelle parole, in seguito Gala aveva sempre commesso qualcosa di molto stupido. Quella volta sarebbe stato diverso. Era finita, la loro strada si fermava lì.
Per tutto quel tempo non aveva prestato attenzione alle urla e agli schiamazzi provenienti dal campo di battaglia ma ora si rese conto che lo scontro che si stava svolgendo doveva davvero essere senza esclusione di colpi. Il rumore di passi pesanti, lo stridio del ferro che si scontrava a mezz’aria; gli applausi del pubblico si alternavano ad esclamazioni di entusiasmo e stupore. Che aveva da perdere?
Tanto vale dare un’occhiata.
Non aveva più nulla da fare lì. In seguito si sarebbe dovuto presentare a palazzo per riconoscere il loro fallimento, ma per il momento poteva fare ciò che gli pareva.
Uscì dalla galleria e imboccò deciso una delle scalinate per gli spalti. C’era così tanta gente che il giovane faceva fatica ad avanzare. Si guardò intorno, rendendosi conto di essere circondato da persone della più svariata risma: straccioni stravaccati sui gradini di pietra, mendicanti che avevano interrotto il loro lavoro per assistere ad un evento straordinario; ragazzini, giovani donne che avevano avuto l’ardire di sopportare la vista di tutto quel sangue. Vi era anche un considerevole numero di nobili e commercianti altolocati. Avvolti nelle loro vesti pregiate e gli scialli di seta, osservavano il duello nel campo centrale chi col fiato sospeso, chi con aria di superiorità. Nella tribuna centrale Jel scorse nuovamente Nimh e Freida, sempre distinti e regali.
Fu appositamente che Jel guardò i due contendenti al centro dell’Arena come ultima cosa. Non lo aveva mai fatto, suo padre non gli aveva mai permesso di avvicinarsi ad una delle sfide fra Combattenti. Ora, curiosamente, ne aveva l’occasione.
In quel momento non riusciva a distinguerne i lineamenti, ma i due guerrieri erano veloci, forti, si muovevano come furie. Uno dei due era più alto, sembrava in leggero vantaggio, ma l’altro gli stava dando decisamente filo da torcere. Continuava a schivare, schivare, schivare. Porzioni della terra battuta che costituiva il campo erano macchiate di rosso, il risultato di giorni e giorni di combattimenti all’ultimo sangue.
Jel salì più in alto: voleva avere una prospettiva migliore.
Stava oltrepassando due gradini con un’unica falcata quando accadde: fu un lieve presentimento, una sensazione che durò per pochi secondi. Qualcosa di inusuale. Magia estranea.
Lascia stare. Non sono affari tuoi.
Si concentrò nuovamente sul combattimento, realizzando che i due contendenti si erano separati: erano entrambi ansimanti, l’uno da una parte, l’uno dall’altra. Tenevano le impugnature delle rispettive lame serratamente: una spada (la più spessa che Jel avesse mai visto) e una scimitarra, dalla chiarissima lama larga. Ci fu quindi un attimo di pausa poi, senza preavviso, come sostenuto da un’ultima spinta di spirito, il Combattente più giovane si lanciò all’attacco, la scimitarra alzata.
Jel capì che avrebbe dato tutto in quell’ultimo assalto. Il pubblico trattenne il respiro, e il mago mantenne lo sguardo fisso sui due guerrieri che si scontravano di nuovo con furore. Quello più alto tentò di puntellarsi a terra per frenare lo slancio dell’altro, ma qualcosa lo tradì, e i due rotolarono a terra.
Jel capì come sarebbe finita ancor prima che accadesse. Il Combattente che aveva attaccato infierì con forza sul corpo dell’avversario a colpi di scimitarra; subì anche qualche esiguo fendente rivale, ma non bastò. Jel guardò con lieve ribrezzo il corpo dell’uomo che si copriva di sangue, la carne lacerata, mentre con due colpi secchi l’avversario gli mozzava entrambe le braccia. Il frastuono era incredibile.
– MALEDETTA! - gridava il Combattente nei suoi ultimi dolorosissimi istanti di vita, mentre dagli spalti si levavano urla, esclamazioni di terrore o incitamento. Molte delle ragazze più giovani presenti piangevano.
Alla fine, tutto si chetò.
Probabilmente il rivale era già morto da tempo quando il Combattente vincitore fermò il braccio a mezz’aria, ponendo fine alla battaglia. Esitò ancora per pochi istanti, poi si separò dal cadavere dell’avversario. Si rimise in piedi, barcollò un poco. Alzò la propria arma in segno di vittoria.
L’Arena rispose con un boato. Jel poté vedere centinaia di persone alzarsi all’unisono, applaudendo e strillando come pazze. Il giovane fece per unirsi a loro, abbastanza sconvolto, quando lo sentì di nuovo, quella stessa particolare sensazione: fu un attimo, la puntura di un ago, un vago bagliore. Era strano, ma non poteva esserselo immaginato. Due volte erano troppe. Non poteva essere una coincidenza.
Spingendo da parte che si frapponeva davanti a lui, prese a discendere i gradini di Pietra, avvicinandosi alle gradinate inferiori.
Mentre il commentatore strepitava tessendo le lodi del vincitore, Jel guardò meglio, e si rese conto solo in quell’istante che il contendente al centro dell’Arena era una ragazza. Non troppo alta, ma piuttosto atletica, con gambe forti e braccia muscolose. Un fisico adatto per una Combattente… pensò il mago stupefatto, troppo per parlare.
I capelli corti le ricadevano a ciuffi sul viso dalla carnagione chiara e sulle spalle e dal modo in cui, ansimante, alzava ed abbassava il petto per respirare, si capiva che fosse sfinita. Il suo corpetto di cuoio era imbrattato di sangue; pareva avere un lungo e slabbrato taglio sul ventre, ma il mago pensò fosse abbastanza superficiale, anche perché altrimenti a quell’ora la ragazza sarebbe stata già morta.
Una donna vincitrice dei Giochi Bellici di Città dei Re… Jel era quasi sicuro che fosse la prima volta dopo decine di anni. Ma al momento, la cosa non aveva grande importanza.
Finalmente aveva capito; non si era affatto sbagliato.
Trattenendo il respiro, il Consigliere aguzzò la vista soffermandosi sulla scimitarra della Combattente. O meglio, sulla pietra preziosa che era incastonata nell’elsa. Da quella distanza non poteva coglierne i dettagli, ma era bianca, piuttosto grossa. I flussi di Magia che aveva frammentariamente avvertito provenivano da lì.
Il suo cuore parve fermarsi. Theor non aveva mentito. In un certo senso, dal momento che ogni Combattente era proprietà del proprio padrone, era davvero nelle mani di uno dei due. L’ultima Pietra, la Pietra che cercava. La Pietra del Nord.
Un febbrile sorriso si disegnò sul volto del mago. La sua ricerca si era conclusa, finalmente.








NOTE:

Ed eccomi qui, con l'ultimo capitolo della storia, nonché anello di congiunzione tra "La Ragazza del Sangue" e questa "La missione di Jel". Ho aspettato più di due anni per arrivare a questa parte, quella che più mi premeva di raccontare, e finalmente ce l'ho fattaˆˆ
Come ho già detto, la fiction si è praticamente conclusa. Ho solo più l'epilogo da pubblicare.
Prima dei ringraziamenti vorrei chiedere ancora una volta a tutti i lettori di lasciarmi una recensione, se possibile. È importante per me, specialmente ora che il mio lunghissimo e discutibile lavoro è praticamente concluso xD
Ancora una volta, alla prossima <3
  
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