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Autore: CrisBo    30/03/2015    4 recensioni
Il tavolo era imbandito di pietanze di ogni tipo. Una varietà di legumi e ortaggi erano stati disposti sopra i piatti, s'affollavano i formaggi e le piante verdi del vecchio contadino del decumano ovest, colui che coltivava le migliori carote di Hobbivile (il più quotato tra le hobbittesse, perbacco!)
Volavano i piatti e s'infrangevano nel fumo dell'erba pipa di Gandalf, spargendo i vapori di quell'odore per tutta la sala da pranzo. Bofur e Dwalin suonavano allegri, seguiti da Dori, i loro busti ondeggiavano a ritmo e con le braccia facevano saltare le stoviglie. C'erano tutti i nani chiamati per la spedizione di Scudodiquercia, persino quelli che non discendevano dai Durin. [ Dal prologo ]
***
- 2941, T.E. Partono in sedici dalla casa di Bilbo per la spedizione verso Erebor e ciò che l'avventura comporta cambierà le sorti dei discendenti di Durin. Il sedicesimo compagno è una nana, Berit, del quale si sa poco e niente. Mangia tanto, beve tanto, è chiassosa ed ha un rapporto particolare con Bofur. - Prima ff, c'è dell'autocritica in me.
[ IN REVISIONE! ]
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Bilbo, Bofur, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 49.
Svegliati

Nell'alba di un nuovo giorno si sentiva il profumo dell'inverno superare le vallate, scivolare prepotente tra gli edifici di Dale e infrangersi negli speroni della Montagna.
Ogni crepa o punta veniva colpita da un bagliore potente, mostrandosi oltre la debole nebbia e superando le nuvole trasparenti.
La luce filtrava oltre questa e gli stormi danzavano tra le foglie cadute, cantando ancora d'una vittoria silenziosa.
Gli Uomini di Dale erano spesso in festa e banchettavano felici, al calore delle fiaccole calde, lasciando vagare nell'aria la musica allegra e le risate rauche e pregne di vino e festa.
Gli Elfi ancora rimasti tra le mura stavano preparandosi per gli ultimi saluti, prima di abbandonare le terre e dimenticarsi del gelo e del ronzio del commercio.
I nani della Compagnia di Scudodiquercia annullavano i pensieri con lavori continui ed estenuanti.
Ripresero a far bruciare la fornace, a scavare nella roccia e a sistemare tutto ciò che Smaug aveva distrutto con la sua irruenza.
Non erano più sicuri di quanto tempo fosse passato da allora.
Ogni qualvolta il Sole sorgeva e poi si rintanava dietro le cime lontane aleggiava un senso di pace e nostalgia profonda, lasciando spazio a deboli sospiri carichi di parole non dette e pensieri celati.
Molti nani dei Colliferrosi presero a marciare verso Erebor, subito dopo i funerali, abbandonando alcune dimore.
Alcuni parenti degli Ered Luin attraversarono gli antichi sentieri, giungendo nella valle alle luci dell'Alba.
Furono tutti accolti in festa, nonostante tutto, e non mancarono banchetti di benvenuto e grandi storie e canti davanti al fuoco bruciante della forgia.
Era un tipo di calore che era mancato, così diverso dal fuoco del Drago, era caldo e avvolgente come un focolare che brilla in una dimora scavata.
Bilbo partì dalla Montagna una grigia mattina, prima del flusso di volatili nel cielo nuvoloso. Faceva freddo e un lieve nevischio copriva le rocce, cadendo sulle loro teste.
Tutti i suoi amici nani erano presenti e non ve n'era uno che non piangeva per quella partenza.
Il viaggio era giunto al termine, c'erano state tante sofferenze ma nessuno di loro avrebbe mai dimenticato.
Nel loro cuore avrebbe sempre dimorato qualcosa di oscuro a tutti gli altri nani che s'erano rifiutati di partecipare a quella spedizione, qualcosa di intimo e segreto, così a fondo inciso come un marchio che li avrebbe legati per sempre, fino alla morte.
Bilbo aveva pianto con loro mentre si issava la sua piccola sacca da viaggio.
Gandalf era già pronto per partire e aveva caricato i pony con due casse d'argento e d'oro.
Lo hobbit non aveva accettato tutta la sua parte del tesoro, ve n'era già abbastanza per sopravvivere in quella umile vita che ora gli spettava.
Nessuno aveva scommesso su quanto i pony sarebbero resistito al viaggio e – questo – fece sfuggire un'altra lacrima di troppo in mezzo ai singhiozzi.
Con un ultimo saluto Bilbo si era congedato, ma lo aveva detto d'altronde; il tè era alle quattro e quei nani
i suoi amici
sarebbero sempre stati i benvenuti.
Non importava se avessero finito di nuovo tutto il suo cibo nella dispensa, o avessero inscenato un ballo da festa sopra il suo tavolo, o si fossero divertiti a distruggergli le tubature del bagno.
Non era più sicuro di poter sopportare il silenzio che sarebbe tornato a convivere con lui, nella sua casa Hobbit.
La mancanza della sua ospitale dimora era un pensiero che tormentava spesso e volentieri ma sarebbe stato trafitto da un altro tipo di nostalgia, più profonda e impressa, da ghermirgli il petto come tante lamine d'acciaio.
Erano passati tanti mesi da quel lontano giorno nella Contea ed era cambiato molto; ora vedeva nelle sfumature del mondo che s'apriva fuori dalla sua piccola finestra e ne era rimasto così affascinato da non riuscire più a farne a meno.
Adorava e odiava questo suo nuovo sé: non era un amante dei cambiamenti e, adesso, non voleva lasciare nessuno di loro.
Ma d'altronde lui non era che un piccolo hobbit in un vasto mondo – Gandalf lo aveva detto al suo ritorno – ed era così che doveva andare. Non v'era stata solo fortuna ad averlo guidato fin lì ed avergli permesso di poter tornare a casa.
V'era dell'altro di profetico e che – forse – non avrebbe mai capito del tutto.
E con la mancanza dei loro volti nel cuore, mentre ripercorreva tutti i sentieri percorsi con i suoi amici, i luoghi e le grotte, ne sentiva il profumo e vi vedeva mentre i colori del mondo cambiavano, sperò con tutto il cuore che non si sarebbero disturbati a bussare.

 


 

Tutto cambiò in un istante ma il tempo fu clemente.
Tutte le mogli che dovevano giungere non tardarono la loro venuta.
Gloin ringraziò Aule per giorni quando riuscì ad abbracciare la sua lei e il giovane Gimli; un nano rosso con poca barba ma già tanta forza nelle braccia robuste.
Volle sapere tutto sul viaggio, l'avventura e ogni pericolo in cui s'erano imbattuti.
Gloin passò intense serate intorno al fuoco ad affiorare i ricordi e lasciarli fiorire con più colori e molte gesta valorose.
Balin rimase nelle sale dei prodotti minerali e aspettò gli altri ranghi delle LungheBarbe per parlar loro dei molti progressi, venne ufficializzato come portatore di Voce per le vecchie tradizioni e incaricato primario nell'incidere i nuovi tomi della storia di Erebor.
Ori fu chiamato al suo fianco come aiutante, insieme ad altri giovani nani appena giunti.
Dori e Nori ritornarono a lavorare nelle fucine, anche se quest'ultimo intraprese una lavorazione più raffinata per gli strumenti musicali.
La nana che – con ardore – lo aveva aspettato negli Ered Luin non era stata deviata dalla sua mancanza e lo aveva ritrovato con molti pianti di gioia.
Anche la povera moglie di Oin fu molto contenta di ritrovare il marito ancora vivo, gli regalò una nuova tromba lavorata, raffinata d'oro e con preziosi d'argento.
Oin riusciva a capire ogni parola senza più difficoltà e venne sommerso da così tante domande che risultò più rimbambito di prima.
Bifur e Bomfur erano stati impegnati nella conta del tesoro, con relativa pulizia delle zone ancora diroccate.
Bombur s'addormentava spesso e Bifur era costretto a fare il lavoro duro per conto suo. Con l'arrivo degli altri Nani la cosa migliorò alquanto.
Dwalin aveva aspettato invano l'arrivo della madre di Berit, ma si ritrovò spesso da solo nei Sotterranei con le tombe, e s'immerse in allenamenti da combattimento solitari, facendosi carico della milizia dei Colli Ferrosi e degli Ered Luin, diventando un volontario comandante dell'Esercito dei nani.
Fili s'era deciso a diventare Re sotto la Montagna, con un'incoronazione degna di nota.
C'era stata fierezza e molti canti si levarono nel cielo stellato. Ma il suo sguardo era solo per due occhi chiari, che lo fissavano con orgoglio e affetto, sapendo che vi stava rinunciando per qualcosa che non avrebbe mai potuto spiegarle.
Non avrebbe lasciato il trono nelle mani di un altro nano – neanche se un parente – per onorare Berit, Thorin e il suo caro e amato fratellino, morti in una guerra che – loro – avevano cercato di evitare fino alla fine.
Loro avevano riconquistato Erebor, non gli Ered Luin o i Colli Ferrosi, e quello era l'unico modo per dare importanza a quei sacrifici.
Ora capiva il discorso che Thorin fece lui prima della partenza di Erebor, adesso doveva farla fiorire come avevano sempre sperato e così si sarebbe compiuto.
Bofur aveva ripreso il lavoro come giocattolaio e mai – come allora – aveva lavorato più duramente, per la gioia di piccoli nani e piccoli umani.
Ma la sera, quando tutti si rifugiavano nelle dimore o si beavano nella Compagnia di mogli e parenti, lui andava nelle Grandi Sale che capeggiavano nella cima della Montagna, risalendo gli scaloni di pietra.
Quella sera la Luna cresceva alta nel cielo scuro, incupendo le stelle con la sua immensa facciata luminosa e tutta la valle era sopita in un composto silenzio, interrotto dalle danze dei focolari e le risate lontane di Uomini e Nani.
Aveva oltrepassato l'uscio della stanza e s'era diretto verso il letto sfatto dalle lenzuola polverose.
A terra giacevano molte armi; asce, martelli, spadoni e archi impolverati. Non li aveva più toccati da allora, rimasero silenziosi e pacati nella loro staticità.
Fece attenzione a non scalciare e calpestare nulla, come al solito, prima di gattonare sul letto e sedervisi sopra.
V'era ancora la giacca di Berit appallottolata da un lato, vicino al cuscino dove era stato adagiato quel buffo elmo dalla forma di gufo.
Nell'aria il suo odore ancora persisteva e la sua presenza era così incalzante da far sembrare quella Sala in attesa.
Bofur la vedeva, mentre strinse tra le mani il disegno di Bilbo.
 La vedeva nel disordine, nel rumore delle armi che ancora rimbombava nelle pareti da quel giorno in cui l'Amore non era stato più celato.
La vedeva nelle sue vesti a terra, sgualcite e sporche, nei fogli di mappe e chissà cos'altro in una cassetta di legno piena di cianfrusaglie dorate.
Ogni sera lei era ìl con lui e questo bastava.
Chiuse gli occhi.

 

Qualcuno gli strappò il papiro dalle mani.
«Dammi qua!»
Berit lo stava consultando con aria leggermente stralunata. Bofur pensò che i suoi occhi si fossero ingigantiti per lo sdegno.
«Ori mi ha disegnata grassa!»
Bofur corrugò la fronte, guardando verso il disegno che lei teneva tra le mani.
«Non sei mica grassa.»
«Io lo uccido. Gli pinzo quel grosso naso da crebain che si ritrova.» Lei continuò quella sua personale minaccia, digrignando i denti e quasi ringhiando mentre stringeva i lembi del foglio.
Bofur si soffermò a guardarla con aria divertita, analizzando il suo viso.
Era davvero insolito come la trovasse stranamente graziosa anche con quell'aria da nana omicida.
«Forse ha voluto vendicarsi per tutte le volte che lo hai centrato con qualche pietanza.»
«Vendicarsi?» Berit sgranò gli occhi e la sua voce divenne stranamente acuta. «Vendicarsi? Ma dovrebbe essere onorato! Ho scelto lui per le mie prove di mira, quanti possono vantarsi di ciò?»
«Bè...»
«Ssh. Non rispondere.» Berit alzò un indice davanti al suo naso che quasi glielo colpì.
In quel preciso momento, alle spalle della nana, comparve Ori con un aspetto piuttosto leggiadro.
I capelli biondi erano luminosi e ordinati ed era tutto avvolto in stoffe e vesti di velluto. Non gli si vedeva più il collo.
«Il banchetto sta per inizia...»
«Tu. Miserabile essere lentigginoso. Io ti sfregolo.» Berit piantò il disegno sul petto di Bofur e cominciò a guardare Ori con occhi di fuoco.
«Ma...che cos'ho fatto adesso, di grazia?»
«L'hai disegnata grassa.»
«L'ho fatto?» Incalzò Ori, indietreggiando.
«Oooh.» Berit faceva ogni passo ad ogni tentativo di Ori di indietreggiare. Aveva un sorriso alquanto inquietante sul volto. «Non fare il plantigrado con me.»
«Berit si può sapere come parli? Non ti capisco.»
«Corri.» Sibilò lei arricciando il naso, snudando un sorriso maligno.
«Che?»
«Corri Ori.» Aveva ripetuto lo stesso Bofur, guardando il povero nano biondo allargare gli occhietti e cominciare a correre con uno scatto il più lontano possibile da Berit.
Non ci volle molto prima che la nana gli fu dietro, da far invidia ad una particolare corsa campestre.
In realtà si soffermò giusto per un istante, tornando indietro con dei saltelli un po' sbilenchi, ritrovandosi proprio davanti al volto sorridente di Bofur.
Gli diede un bacio sulle labbra, chiudendo gli occhi, assaporandosi quel così raro e leggero contatto prima di scostarsi e sorridere pienamente. Il volto sembrava molto più radioso del solito; anche la mancanza di terriccio e sudore alimentava quel piccolo quadro.
«Non cominciare a suonare senza di me. Vado a vendicarmi e torno.»
E dopo quel leggero sussurro ritornò a inseguire Ori verso un grumo di gente che s'era soffermata davanti ad una tavolata ricolma di cibo.
Solo allora Bofur si rese conto di dove si trovasse, in quale Era del tempo stava accendendo in lui un nostalgico ma onnipresente spirito di festa.
V'era un grande banchetto e la musica già volteggiava nell'aria, avvolgendo gli astanti e inseguendo bambini e Umani che gironzolavano ridendo e mangiando.
Ebbri di vino, di risate, di cibo e di grandi storie erano tutti lì – tra Dale e la Montagna – a festeggiare la riconquista di Erebor.
Non mancava alcuno, chi era giunto da lontano pur di assistere a tale gioia e rallegrarsi come il cuore non faceva da tempo.
Tutti gli Elfi presenziavano ma stavano in disparte, v'era il Signore di Rivendell e il Re del Reame Boscoso – silenzioso e solitario - e suo figlio che, con una coppa di sidro in mano, stava interloquendo con Gloin e la sua famiglia. Se lo ricordava bene, in fondo, ciò che gli disse sul “fratello” e “l'orrida creatura” ed era assai divertente vederlo sogghignare davanti a svariati gesticolamenti del nano rosso.
Il piccolo Gimli sembrò andare dietro alle mosse del padre in quell'usuale comunicazione fantasiosa verso l'Elfo dalla Gamba Aperta.
Tauriel, invece, era seduta davanti al tavolo e guardava Kili. Il giovane erede era intento ad affondare una lama invisibile contro l'aria e nel suo sguardo lucente v'era il barlume di una tenacia profonda. Quanti ne aveva uccisi, su Collecorvo, liberando quel posto dal loro tanfo putrido, fatti cadere come foglie morte, appassite sotto la lucentezza d'una lama regale.
E così raccontava all'Elfa Silvana mentre roteava col busto e i suoi capelli bruni scendevano liberi sulle sue spalle, coprendogli un po' gli occhi.
E Tauriel rideva, con una risata che richiamava i più trasparenti ruscelli dell'Ovest, mentre il sole alto illuminava la sua pelle diafana e ne esaltava la bellezza.
Bofur s'accorse di com'erano tutti vestiti in festa, chi si era pettinato e ornato per l'occasione, chi s'era legato i capelli con trecce e monili d'argento e chi non aveva abbandonato l'armatura splendente come un caldo Sole d'estate. E nonostante il pieno inverno, non sentiva il gelo perforargli le ossa, né lo infastidiva tutta quella luce che ricadeva sulle loro teste, così lontano dal buio roccioso dei tunnel nelle grotte profonde.
Sorrideva beato alla vista di quella scena e rinvigorì il petto con un sospiro contento.
Dori era intento a porgere un minuscolo bicchiere alla volta dello Stregone Grigio e lo stesso fece con Beorn, austero e barbuto lì di fianco. Gandalf ringraziò con un cenno del capo e lo vide parlottare con quella nana tarchiata che stava di fianco a Dori e sorrideva contenta. Aveva lo strano vizio di tenere rialzata la gonna del vestito scuro, evitando di far finire l'orlo sotto la suola delle scarpe. I suoi capelli biondi erano avvolti in un'unica treccia, rotolata sulla nuca. Aveva una leggera peluria sulla mandibola e il suo volto panciuto era luminoso, così come gli occhi scuri. Guardava Beorn con un certo orgoglio e la vedeva parlare di gusto di chissà quali piante e quali sidri, mentre il mutapelle – sia mai chiamarlo pellicciaio – ascoltava senza cambiare espressione. Se ne stava con le braccia intrecciate, il busto dritto e denudato e le labbra dischiuse in un principio gorgogliante, che rauco si sprigionava dalla gola come un sottile ringhio animalesco. Bofur era ormai sicuro che avesse sopportato la vista dei Nani ma – d'altronde – non era certo saggio giocare col dubbio che fosse così per davvero.
Nori, invece, stava banchettando allegramente insieme a Bombur. Mangiavano e ridevano – Bombur era riuscito a ficcarsi in bocca almeno una coscia di pollo intera – mentre Nori aveva già l'occhio fino e lungo verso un paio di stolti Gambelunghe, intenti a guardarsi in giro con aria guardinga. Era quasi sicuro che fossero i due uomini incontrati a Esgaroth, nei viottoli nell'ombra, e fu davvero contento di vedere Nori lanciargli addosso qualche castagna dalla scorza dura, facendoli allontanare con aria turbata.
Oin era intento ad ascoltare la sua consorte con aria allegra e spensierata – un'aria che non spesso gli vedeva – e la nana anziana che parlava concitata, gesticolava e guardava in aria, appesantendo l'aria con storie che riguardavano gendarmi e antichi preziosi che nascevano dal terreno fino a fiorire nelle mani dei loro avi. Le storie erano fatte così; per essere raccontate sempre, ad orecchie che sapevano ascoltare.
Orecchie malandate o meno non era importante.
Bifur, invece, aveva ritrovato nei suoi cari fratelli degli Ered Luin una sorta di complicità intrinseca e tutti quanti gesticolavano e parlavano in khuzdul con allegria. Amava la lingua della sua gente, così dura e marcata, poco avvezza a fluidità e poco intuibile da orecchie diverse dai nani. V'era molta gelosia nella segretezza del loro linguaggio e non era raro vedere i nani raggrupparsi solo tra loro, prodigandosi in quella comunicazione antica.
Balin e Bard erano davanti ai Musicanti che rallegravano la festa con tamburi, trombe e violini acuti.
Le note sbrecciavano nei loro cuori ed entrambi sorridevano, parlando chissà di quale futuro prospero, mentre ogni rancore tra lui e quei nani era ormai sopito da tempo. La piccola Tilda era di fianco al padre e teneva stretto un piccolo orsetto un po' sporco, dall'aria malconcia, ma che era stato un amico prezioso nei momenti di paura e dolore. Rideva e batteva le mani a tempo mentre guardava un gruppo di Uomini ed Elfi danzare sotto la luce Solare, cantando e ridendo insieme. Bain era di fianco a lei e rimase composto ma tranquillo, non eccedendo nel giubilo di quel giorno, come un riflesso perfetto del carattere saturnino del padre.
E poi v'era Dwalin che aveva ben due boccali di birra schiumosa tra le mani inanellate e guardava verso un punto lontano.
Sorrideva, nonostante così non sembrasse, ma nei dettagli del suo volto degli occhi attenti potevano scorgere quella sottile linea delle labbra che, incurvata verso l'alto, delineava l'umore del figlio di Durin.
Bofur scorse, tra l'immensa folla, una nana dall'aria un po' ombrosa e svampita che si faceva largo come un leggero fantasma mentre avanzava verso di lui.
Ma fu invaso da un immenso profumo di arrosto e brace e, si ritrovò, a fissare Berit e Ori che gli erano appena corsi davanti al naso. Avevano percorso molti cerchi, avevano scavalcato sedie, scivolato sotto i tavoli e sgambettato qualche povero ignaro mentre stavano dirigendosi verso una coppia che parlava tranquilla.
Fili e Sigrid erano lì, seduti a terra, intenti a mangiare con spensieratezza, sorridendo insieme a chissà quali parole dette, mentre il sole faceva brillare i loro capelli dorati. Le guance della giovane arrossivano quando lui incrociava il suo sguardo e lui abbassava il volto quando lei sorrideva in quel modo.
I due corridori gli girarono attorno molte volte, facendo ridere di gusto la ragazza bionda e facendo inviperire Fili che – con aria infuocata – s'era immerso nel lancio delle fragole contro di loro per scacciarli. Ori s'era coperto la testa bionda e correva via, ridendo o piangendo, mentre Berit s'era ritrovata piena di puntini rossi su veste e volto. Cambiò la sua preda e saltò addosso a Fili, travolgendolo col proprio peso, finendo col rotolare addosso a Sigrid. Scivolarono boccali, piatti, qualche imprecazione s'alzò in aria e Ori si fermò dalla sua corsa – l'aria più paonazza che avesse mai potuto avere – e si mise a ridere così tanto che fece avvicinare anche Bifur, e Nori, e anche Dori e anche Kili e Tauriel.
Una serie di catastrofici eventi che diedero il via ad un'altra strana corsa che, adesso, prevedeva l'inseguimento dell'artefice di quella risata – Ori – da parte di Berit, seguita da Fili, che era seguito da Kili che – a sua volta – era seguito da Tilda.
Sigrid aveva ben tentato di fermare almeno la piccola ma quel trenino, non proprio voluto, non accennava a smettere.
«Questo è il caso che lo disegni nel tuo quaderno, se vuoi immetterlo nella storia, prima della tua morte prematura!» Aveva incalzato Berit, pulendosi il volto dalla birra che le era finita tutta sul volto.
«Mi fai paura quando dici cos- oh perdoni signora- sì!» Ori aveva slittato proprio sotto le gambe di una povera donna dall'aria stralunata, tuffandosi sotto ad un altro tavolo e rotolando nella terra.
«Io adesso vi gambizzo entrambi.» Urlò Fili di rimando che – levandosi i capelli da davanti al volto – aveva evitato di placcare un giovane ballerino in mezzo allo spiazzo adibito per le danze.
«Oooh Fili, ma che linguaggio!» Azzardò Berit.
«Volete fermarvi? Non ho più le forze!» Esclamò Kili, alzando le braccia.
«Cosa?» Domandò Ori, girando la testa. Per poco non si scontrò contro Legolas e le sue gambe così nodose.
«Lo stolto dice cosa?» Rimbeccò Berit, già ridendo.
«Cosa?» Questa volta era Fili che, in un momento di distrazione, s'era voltato giusto per vedere Sigrid fermare bruscamente Tilda che stava per scontrarsi contro Dwalin e una nana dai capelli scuri.
«Ma di che stiamo parlando?» Incalzò Kili.
«Berit ha intrapreso una corsa per dimagrire dalla sua grassezza.» Ori s'azzardò a quel commento e – con non poca raffineria – Berit gli saltò sulle spalle con un urlo da guerra.
«Ah, sì, la storia di Berit grassa la sapevo già. Io pensavo ci fosse una gara!» Si lagnò Kili interrompendo bruscamente la corsa.
«Se fosse una corsa io ti avrei già battuto, fratellino.» Fili sorrise con aria beffarda e Kili tentò un salto verso di lui, cingendogli il collo con un braccio.
Ruzzolarono entrambi a terra e subito rotolarono fino a scontrarsi contro un intero barile di birra.
Il barile vacillò in una danza solitaria per qualche secondo prima di ciondolare malamente su un lato.
I due fratelli smisero ben presto di ridere quando videro il barile piegarsi su quello adiacente. E quello piegarsi su quello dopo. E quello dopo ancora. Diedero inizio ad un effetto a catena che stava per sommergere di buona birra nanica il povero Dori che – malgrado il suo intento di donare alla consorte un fruttato bacio – si ritrovò lavato dalla testa ai piedi.
Fili e Kili erano ancora a terra, avvinghiati in una morsa combattiva, con lo sguardo paonazzo e i capelli sporchi di terra. Si guardarono per un istante e scoppiarono a ridere, battendo i palmi a terra e rotolando sulla schiena.
C'era da dire che nessuno – a parte gli Elfi – riusciva a non venire invaso da un moto di risa quando un nano s'abbandonava a quella spensieratezza. Che fosse rauca, ebbra, un po' bislacca e rumorosa, emanava allegria e nessuno se ne liberava.
Persino la moglie di Dori rise mentre asciugava il povero marito che non rideva proprio per niente.
Ori e Berit si persero quel divertente scenario mentre rotolarono in una lotta solitaria, scontrandosi contro dei grandi e pesanti cesti di frutta matura.
Per poco Bilbo non venne fatto cadere proprio addosso a Thorin, in tutto questo, che se ne stava dinnanzi al piccolo hobbit con aria serena ma placida.
S'era lasciato sfuggire una risata – però – nel vedere Dori rubare un pesce fritto dal piatto di Bombur e inseguire i suoi giovani parenti con aria minacciosa.
«...non ti mancherà tutto questo, mio caro Bilbo. Finalmente tornerai a guardare le vallate della tua Contea e dormirai sonni tranquilli alla luce del tuo camino.» Disse Thorin dopo un paio di sorsate dal suo boccale. Aveva l'aspetto da Re e sulla sua testa troneggiava la corona d'argento, in contrasto con i capelli neri e intrecciati che scendevano in una cascata ribelle.
«Oh, di certo non mi mancherà il frastuono. O il freddo. O l'essere preso di mira durante i banchetti dei nani.» E guardò di sbieco verso Fili e Kili che, correndo come disperati, per poco non lo sgomitarono di nuovo facendolo finire verso un tavolo. Si scostò di lato giusto in tempo per evitarlo e Thorin sorrise con affetto.
Non era la prima volta che lo faceva ma sapeva che sarebbe stato un sorriso che gli sarebbe rimasto impresso per molto tempo. Addirittura per sempre, quando avrebbe chiuso gli occhi e lo avrebbe ricordato con quell'aria così calma.
«Ma mi mancherà la vostra presenza. Le storie. Oh, anche le pacche sulla testa, se posso azzardare.» Bilbo tirò su col naso e nascose metà del viso finendo di bere dal suo boccale troppo grosso per le sue mani. Era riuscito a farsi versare quel buon sidro di Beorn e ne era rimasto così deliziato che ne aveva chiesti addirittura due, di boccali, e lo sguardo vago e lucido un po' lo tradiva.
«Ma le nostre porte saranno sempre aperte per te.» Mormorò il Re sotto la Montagna, guardandolo con un nuovo sorriso. «Amico mio.»
A quel mormorio finale Bilbo alzò la testa, colto da un imbarazzo improvviso. Sorrise di gusto e sentì gli occhi tornare a luccicare – ma non di certo per il sidro – mentre smuoveva il naso com'era solito fare in momenti dove le parole non gli venivano bene.
O non gli venivano affatto.
«Sono davvero contento che tu sia uscito dalla tua casa, quel mattino. E mi dispiace per tutte le volte in cui non ti ho fatto sentire gradito o ti ho fatto desiderare di essere rimasto a casa, sulla tua poltrona, a leggere le tue mappe.» Thorin aveva fatto un passo in avanti e gli aveva posato la mano sulla spalla. Bilbo ancora lo fissava, incapace di dire qualsiasi cosa. «So che te lo hanno detto in molti, da quando tutta questa storia è finita, ma mi premeva dirtelo di persona, dopo quello che ho rovinato con le mie stesse parole e le mie azioni incoscienti. Io ti chiedo scusa, Bilbo, per ciò che ti ho fatto. Sappi che niente sarebbe stato lo stesso, senza la tua presenza. Tu hai fatto la storia di Erebor e, un giorno, dimorerai vicino a me, così che neanche la lontananza potrà far nulla contro l'amicizia e la profonda lealtà che ora io provo verso di te.»
Bilbo tirò su col naso, sicuro di non riuscire più a trattenere alcuna lacrima da parte sua. Finalmente lacrime che non sapevano di tormento o tristezza, ma d'una felicità genuina. E Thorin s'accorse di questo e non poté fare a meno di ammorbidire il suo sguardo e tirare, verso di sé, la presa con cui stringeva la spalla di Bilbo. Lo abbracciò forte, stringendolo lo hobbit al petto e marcando quelle stesse parole con un gesto che ne valeva molte di più.
Bilbo, a differenza della prima volta che successe un tale fatto, s'abbandonò a quell'abbraccio con la presa più forte che potesse elargire.
Non che fosse lontanamente paragonabile a quella dei nani ma era abbastanza e andava bene così.
Bofur non riusciva a smettere di sorridere, in tutto questo, mentre osservava ogni cosa con la dovuta minuzia, l'indiscrezione con cui la sua curiosità si agganciava a quei momenti.
Vide Bombur venire verso di lui e avvolgergli il cappello con dei nastri da festa, senza dire una sola parola, e filare via verso una donna che stava portando un vassoio con sopra una torta di dimensioni importanti.
Sghignazzò di gusto e scosse il capo, prima di ritrovarsi – a sorpresa – Thorin lì davanti.
Lo fissò per lunghi istanti prima che il Re gli fece un cenno col mento, in silenzio, che lui ricambiò con un sorriso.
«Perdonami per ciò che ho fatto nelle Sale del Tesoro, Bofur.»
Bofur scosse il capo lentamente, quei nastri erano alquanto ridicoli.
«La malattia ti stava divorando, non te ne ho mai fatto una colpa.»
Entrambi si erano voltati verso la festa che continuava sulle note della musica e degli schiamazzi collettivi.
Il sole brillava e le nuvole formavano leggeri filamenti biancastri sopra la cima della Montagna.
V'era aria nuova e pregna di cambiamenti in tutto questo, come d'una nuova Era felice.
«Sei sempre stato uno dei più ottimisti della nostra Compagnia, non ti sei mai lasciato sopraffare da nulla. Neanche dal malcontento.»
«In verità l'ho fatto.» Mormorò Bofur, abbassando il capo, andando a guardare verso Berit.
Teneva tra le mani un cocomero enorme – sopra la testa – e continuava a inseguire un povero Ori senza più fiato in corpo.
«Sono molto fiero di te.» Disse Thorin, non lasciandolo continuare. Bofur si voltò a guardare il proprio Re e rimase sorpreso.
«Da..davvero?»
«Sì. Grazie per aver creduto.» Mormorò Thorin con un sorriso pacato.
Era stato raro vederne uno sul suo volto in tutto quel viaggio, l'animo di un Re poteva essere turbato da molti pensieri, speranzosi o infausti che fossero, e il tempo per attimi di spensieratezza erano assai rari e segreti. Aveva sperato che, alla fine di ogni cosa, quello stato d'animo sarebbe perdurato senza più essere invaso da calamità improvvise.
«Grazie a te, Thorin, per avermi permesso di seguirti. Anche se sono solo un-»
Ma Bofur non fece in tempo a finire che vide Thorin venire colpito da un cocomero, in piena faccia.
Solo in quel momento s'accorse di Ori e Berit fermi e imbambolati proprio davanti a loro.
Ori con occhi così grandi che – Bofur lo pensò sul serio – era convinto gli sarebbero partiti via e Berit con ancora le braccia rialzate e colpevoli di quel lancio.
Thorin aveva incassato il colpo con una certa durezza ma era completamente sporco di polpa appiccicosa e rossastra, colante dai capelli e dalle vesti preziose.
Aveva uno sguardo da vendetta incresciosa, non era per nulla un buon segno.
Bofur allargò lo sguardo e guardò tutti senza riuscire a dire una parola.
«In mia difesa» disse subito Berit, alzando un indice e facendo un solo passo in avanti «il cocomero ti dona.»
«Berit.» Sibilò il Re, togliendosi qualche grumo succoso dal volto barbuto e alzando gli occhi su di lei. Emanavano fuoco e inquietudine. Ori s'era ammutolito ed era rimasto impietrito come un sasso davanti all'evidente atto. Bofur rifletteva perfettamente quello stato d'animo, guardando verso Berit con un sorriso apprensivo.
Berit provò a parlare di nuovo ma lanciò ad Ori uno sguardo supplichevole prima di venire interrotta da un'altra voce.
Era femminile, un po' roca, elegante e che aveva il potere di ammansire ogni tipo di cruccio
«Sangue e budella sulle vesti e non fanno una sola misera lagna» incalzò Dìs sbucando proprio di fianco a Thorin, prendendolo sotto braccio «un po' di frutta sui capelli ed è il finimondo.»
La nana ammiccò con furbizia alla volta di Berit e Ori e trascinò via il Re, il quale grugnì qualche parola senza darle – volutamente – ragione.
Ori fece un sorriso e guardò verso Berit un'ultima volta, dandole una spintarella sulla spalla.
«Siamo pari.»
E detto questo s'allontanò di gran fretta, sperando di riuscire a riprendere tutto il fiato perso in quei minuti d'angoscia.
Berit lo fissò andarsene via – con un sorriso divertito sulle labbra – e giusto cambiò espressione quando vide Dori passare lì di fianco con un nuovo vassoio, portando un paio di boccali per lui e la sua signora.
«Oh, grazie Dori.» Berit gliene rubò uno.
«Ehi. Quello era mio!» Si lagnò Dori, ma la nana era già davanti a Bofur con aria ancora ansimante ma contenta.
Non calcolò più l'altro povero nano che – ora – fu costretto a tornare indietro per recuperare un nuovo boccale.
«Una promessa è una promessa.» Berit spinse il boccale sul petto di Bofur, arricciando il naso.
Era ancora un po' sporca di fragole e odorava di birra; era sorprendente quanto non riuscisse a rimanere pulita troppo a lungo.
«Ma questo non è tuo.» Bofur fece un sorrisino, alzando le sopracciglia.
«Bè, se tu non esistessi me lo starei già bevendo quindi apprezza il gesto.»
Bofur soffiò un'altra risata e prese il boccale, stringendolo con tutto il palmo prima di rialzarlo fino alle labbra e sorseggiarlo.
La birra gli colò tutta sui baffi scuri e non si premurò di pulirsi, dopo.
Ma fece un gran sorriso e Berit ne riflesse uno identico.
«Allora, com'è?»
«E' la birra più buona che io abbia mai bevuto.» Mormorò il nano, avvicinando con un'inusuale malizia il volto a quello della nana.
Lei – di tutta risposta – fece uno sbuffo e gli piantò le due mani sul petto.
«Stai diventando estremamente incline a frasi a dir troppo sdolcinate.»
«Non è vero.» Borbottò Bofur.
«Solo perché diventerò la tua nana Bofur non significa che sarò disposta ad ascoltarti parlare come gli Umani nelle loro melense promesse sentimentali. Non devi farti condizionare da quello lì.» E detto questo Berit si voltò a indicare il punto dove Fili, con della paglia disordinata al posto dei capelli, stava tentando di convincere Sigrid a ballare sotto la musica allegra di un liuto pizzicato. Tilda la spingeva di rimando, ridendo come non mai.
Ma Bofur non stava guardando verso quel punto.
Quella frase lo aveva invaso ed era arrossito, pieno del solito calore che gli era nato dal petto.
«Sì ma-»
«Ssh.» Berit lo aveva zittito subito, alzando un dito e picchiandoglielo sul naso con uno sbuffo. Quello lo aveva arricciato infastidito e divertito insieme. «Credi di essere soddisfatto?»
Bofur corrugò la fronte. Si bevve un altro sorso della – non – sua birra ma continuò a fissarla. 
«Di cosa?»
«Ah già; non te lo dissi.» Berit si picchiò un indice sul mento sbarbato e sorrise ancora. «Ho deciso che il tuo quindicesimo finale non mi piace più così tanto. Ne ho inventato un altro.»
Bofur rimase in ascolto, con la fronte aggrottata e i baffi sporchi di schiuma di birra.
Berit sorrise con una dolcezza diversa e alzò le mani per pulirgli il volto con i pollici, nel farlo aveva poggiato le altre dita sulla sua mandibola in deboli carezze.
«Siamo tutti in una grande Sala e vi sono nani e Umani – gli Elfi no, continuo a trovarli spocchiosi – e ci sono grandi arazzi e statue che troneggiano tra i pilastri di pietra. E le luci non provengono dall'esterno, ma dall'interno, perché le fiaccole è l'unico fuoco permesso. Compreso il bastone di Gandalf nel caso un rutto di Ori dovesse spegnerle di colpo.» Berit si bloccò un secondo giusto per sorridere quando Bofur scoppiò a ridere, divertito. «E io sto per diventare tua m...insomma è ufficiale, v'è Balin che già presenzia alla fine di quel grande corridoio lucente e ci aspetta che ci uniamo sotto la benevolenza di Mahal. Io mi sono bevuta almeno un barile intero di birra, e tu non sei riuscito a farti neanche mezza treccia perché hai le mani che ti tremano così tanto che Bombur è stato costretto a legartele ai fianchi. E quindi ora sembri tipo...» E imita un presunto Bofur con tutte le braccia rigide, strette ai fianchi come un tronco, facendo ridere Bofur ancora, scuotendo il capo. «...e accidenti, proprio in quel momento arriva Bilbo tutto trafelato con un seguito di ventisette pony perché ha deciso di portarci tutta la sua dispensa per festeggiare il nostro matrimonio, ma non aveva idea di dove fosse quel posto perché...» le mani di Berit ridiscesero di nuovo verso il petto di Bofur e li sostarono, carezzandogli appena il petto «...siamo a Moria. In realtà siamo riusciti a conquistarla di nuovo – a dir la verità sono stata io vincendola con una scommessa, sai che io vinco sempre – perché quella era casa tua e accidentiBofurchemagnificoposto. Tutti sono estasiati e felici quel giorno ma, ovviamente, Bilbo s'è dimenticato di chiudere la grande Porta. E... » Berit staccò le mani dal petto di Bofur e aprì i palmi davanti al suo volto, facendolo scattare per un secondo.
«Oh per i piedi di Bombur.» Esclamò Bofur, allargando gli occhi. Non sapeva nemmeno lui perchè lo fece.
«Uno stormo di tordi piomba sulle nostre teste, volteggiando ovunque. Sono offesi perché non li avevo invitati – e tu sai quanto io credo siano uccelli molto bizzarri – e loro sanno quanto io so sul loro conto ed ero sicura volessero vendicarsi di tutte le storie, sai?»
Berit prese a gesticolare tutta concitata, allargando lo sguardo. Bofur riprese a sorridere divertito, guardandola con uno sguardo insistente, solo per lei.
«Ma io già sapevo, nella mia prontezza, che questo momento sarebbe arrivato e avevo già preparato un piano infallibile. Avevo chiesto a Ori di fornirmi almeno trenta fionde, tempo addietro. Fili, Kili e Nori presero i grandi sacchi di riso e gemme e tutti ci caricammo e cominciammo a colpirli tutti.»
Bofur stava trattenendo a stento una grande risata a fior di labbra, aveva abbassato lo sguardo e aveva cercato le sue mani che continuavano a gesticolare.
«Solo che non avevo tenuto conto che il riso – in effetti – crea un po' di disordine alla volta degli uccelli e quindi quelli planano su di noi con voracità e noi ci ritroviamo tutti immersi in quelle ali minuscole e inquietanti. E lì succede di tutto, Bofur, accidenti. Dwalin comincia ad accettare uscite dalla roccia, Oin tenta di comunicare con loro con antichi gesti profetici e Balin tenta di colpirli con la pirica – già archiviata da me, perché io sapevo – e Bilbo per poco non sviene per tutto quel disordine, coprendo i suoi poveri capelli. Thorin è rimasto impassibile, come se s'aspettasse tutto questo durante quel giorno, non capisco il perché. E Fili e Kili – invece – si immergono in una lotta assoluta, e Gloin che tenta di placare tutti dicendo che i tordi sono nostri amici. E Gandalf – stranamente – si sta proprio sbellicando dalle ris-»
«Berit.» Bofur la richiamò dopo l'ennesima risata sgusciata via dalle labbra. Le stava stringendo le mani e la guardava. «Stai divagando.»
«Non sto divagando!»
«Non possiamo sposarci se veniamo assaliti dai tordi.»
«Oh sì invece. Perché, a sorpresa di tutti, i pony che Bilbo ha portato hanno la peculiarità di poter comunicare con loro e dissero a questi che ogni cesta sulle loro selle contiene chicchi di mais e frumento – i tordi sono ghiotti di cose inutili lo sai – e quelli migrano verso la porta Sud e spariscono da lì. Solo che hanno fatto un disastro, ci sono escrem-»
«Berit!»
«Io e te diventiamo degli eroi, fine.» Finì Berit di gran fretta, abbozzando un sorriso.
«Quindi riusciamo a sposarci?» Domandò Bofur, facendo salire una mano sul suo mento.
«Sì.»
«Avremo una dimora nella roccia?»
«Oh sì. Non hai idea dei rumori che usciranno da lì.»
Bofur divenne rosso in volto ma sorrise pienamente, facendo strusciare il polpastrello del pollice sul mento di Berit.
Le guardò le labbra per un secondo prima di alzare gli occhi su di lei.
«Ori non si riprenderà mai più.»
«Mi ha disegnato grassa, se lo merita.» Ironizzò lei con una smorfia divertita prima di sospirare per quel leggero gesto, socchiudendo le palpebre.
«E...avremo dei piccoli nani, come Gloin?»
«Un nano. Un po' stralunato. Un po' come te. Un po' come Bombur. Un po' come Bifur.» Sorrise lei, annuendo.
«Oh, un incrocio dei migliori nani della Compagnia, quindi.»Sorrise lui beffardo.
«O dei peggiori.» Sussurrò lei, allungando il collo.
Bofur continuava con quel leggero gesto sul suo mento e abbozzò una smorfia indignata.
«Questa birra è disgustosa, sai?»
«Tanto la stai bevendo tu.»
I loro volti erano sempre più vicini e lo sguardo incrociato e persistente.
Teneva a stento il boccale per il manico un po' umido e appiccicoso, era impegnato in quella perlustrazione intima e segreta con lei. Di nuovo le guardò le labbra ma non fece in tempo a fare nulla che Kili – dal nulla – piantò le mani sulle spalle di Berit e fece sbucare la sua testa castana lì in mezzo.
«Mia bella nana, vieni a ballare con me? Visto che questo tuo cavaliere guerrigliero perde tempo.» E guardò Bofur con aria scettica.
Entrambi spostarono lo sguardo verso Kili, non abbandonando quel contatto. Bofur fece una smorfia, che assomigliava molto ad un sorriso storto.
«Verrei Kili, ma quella tua Elfa mi guarda troppo con occhi da...Elfa. Non vorrei alimentare gelosie strane.»
«Oh tranquilla. Non è nemmeno sicura che tu sia una femmina.»
Kili si perse l'insulto colorito che Berit gli riservò perché s'allontanò di qualche passo da loro, trotterellando verso il fratello per abbracciarlo a sorpresa. Quello non sembrava irritato da quella distrazione, nonostante fosse riuscito a far danzare Sigrid sulle note di quell'allegra melodia.
«Meglio che vada, sai che quando diventa insistente diventa peggio di Dori quando è ebbro.»
E Berit fece per allontanarsi da quel contatto ma Bofur la trattenne con la mano libera, andando a stringerle la giacca.
Nel suo sguardo qualcosa era cambiato e la sua mano era ridiscesa per stringerle la propria.
La musica della festa gli sembrava più lontana che mai e Berit se ne accorse.
Rimase a guardarlo a lungo, con un lieve sorriso, mentre nel cielo delle profonde cascate di fuoco dorato fiorivano con scoppi e tromboni. I fuochi d'artificio di Gandalf stavano colorando il cielo che – senza che se ne accorgessero – s'era scurito raccogliendo la luce delle stelle e della grande Luna che illuminava la valle.
E così videro montagne filanti, grandi draghi, fiori e alberi e onde fluttuanti scintillare con colori d'ogni tipo, vibrando nel cielo così come nella terra stessa, facendo sgranare gli occhi a tutti per la meraviglia.
«Berit, andiamo! Il ballo sta per finire!» Kili, ancora, aveva richiamato la nana e quando sia lei che Bofur si voltarono videro lui e Thorin in piedi, vicino alla gente, richiamarla.
Bofur strinse la presa più forte che poté prima di incrociare ancora il suo sguardo.
«Non andare.» Sussurrò lui, con una velata paura nella voce, mentre i fuochi d'artificio ancora roteavano sopra di loro.
«Ma io non vado da nessuna parte.» Mormorò lei di rimando, guardandolo con un sorriso. «Io sono sempre qui, Bofur. Che ballo sotto la musica di Erebor, nella sua riconquista, con tutta la mia più cara famiglia. Io sono qui, che aspetto te.»
Bofur si lasciò sfuggire una sola lacrima e la sentì pesante, come l'ultima sottile bruciatura di un cuore che non aveva più pianti da poter versare. Esaurito e solitario. Non capiva perché si sentiva così, in fondo Berit stava solo andando a ballare.
«Non piangere, stupido mollaccione.» Sussurrò lei con dolcezza, rubandogli quella lacrima con una carezza gentile. Fin troppo, per essere lei. «O dovrei rimanere qui e dirti tutte quelle cose che ti aspetti; come “non far morire mai il tuo sorriso” o “per Oruttolo, ti amo tanto” ma non lo farò, accidenti alle barbe grigie che ci hanno lasciati qui da soli, eh. Ti dirò solamente una cosa, una sola: quando ti deciderai a ballare con me, un'ultima volta, avremo il finale che vuoi.»
Bofur piegò le labbra, facendole tremare appena, soffermandosi a guardarla con ingordigia. Non v'era bisogno di dire nulla, sarebbero state parole inutili, e lui non si sarebbe comunque sentito svuotato da quella strana malinconia che lo aveva preso così di soppiatto, arrancando sulla sua schiena.
«E non bere troppo, che poi non ti svegli più.» Continuò lei con un sorriso più divertito, che fece sorridere anche Bofur nonostante tutto.
All'ennesimo richiamo di Kili lei fece un ultimo slancio con il petto e si avvinghiò al suo Bofur, avvolgendogli le braccia al collo e posando le labbra contro le sue in un bacio che sapeva tanto di addio.
O di un arrivederci molto lungo.
«Aspetterò quel giorno per sempre, Berit.» Mormorò lui, sulle sue labbra, chiudendo gli occhi per impedire a quello stato sofferente di prendere il sopravvento. «Sei l'unica nana che voglio e che vorrò per il resto della mia vita.»
E Berit si scostò appena, sorridendo con occhi lucidi ma pieni di un amore consapevole.
«Adesso ti do una testata se non la smetti.» Mormorò lei, ma baciandolo ancora una volta, e ancora una e ancora un'altra, inspirando appieno l'odore che quel nano era solito portarsi dietro. «Ma guarda se mi sono dovuta innamorare di un nano romantico. Ma dove si è mai vista una cosa del genere.» Aggiunse schernendolo, ma fece un sorriso e sfilò via da lì, dopo un ultimo contatto possessivo.
«Forse è questa la più grande calamità della nostra Era.» Ripeté lui, tirando su col naso, sorridendo con aria persa.
«Oh, per quel vecchio pelato, lo puoi ben dire.»
E corse verso Kili, piantandogli le mani sulle spalle e facendosi portare in mezzo alla festa, dove la gente stava ancora ballando e cantando le gesta di quella battaglia.
Bofur rimase a guardarla fino a che non la vide voltarsi un'ultima volta.
Si guardarono entrambi e si sorrisero, dicendosi molto più di quanto le parole avrebbero mai potuto fare.
Si lasciò avvolgere da quella sensazione, socchiudendo appena gli occhi.
Non v'era bisogno di nessun addio, di nessuna promessa.
Loro sapevano senza bisogno di parlare, e forse era proprio questa la più grande profezia che il destino aveva scelto per loro.
D'improvviso Bombur – di nuovo – gli si avvicinò dandogli una manata sulla spalla. La musica si fece improvvisamente più forte.
«Ehi fratello, è ora di svegliarsi.»


 

Bofur aprì gli occhi di scatto e prese a respirare, facendo tremare il petto.
Non sapeva quanto fosse passato ma era ancora notte e un silenzio attanagliante invadeva quel loco con il solo alito di vento a filtrare tra le fessure.
Si sentì stordito dall'assenza di rumore. Guardò verso le armi a terra, guardò verso l'elmo di Berit sul cuscino e la sua giacca ancora appallottolata sul letto e si morse distrattamente le labbra.
Le lenzuola portavano ancora l'irruenza di quella mattina lontana, c'erano ancora tracce di latte e crusca sulle lenzuola e l'odore di terra era invadente.
Lasciò riposare il disegno di Ori su cui giacevano macchie di alcune lacrime sfuggite via, alzando una mano e posandosela sulle proprie labbra.
Chiuse gli occhi di nuovo, ripensando a ciò che Berit amava più di lui. Sorrise appena, e la vedeva mentre s'allontanava verso il gruppo di gente.
Vedeva Kili tirarla per un braccio e Thorin seguirli con aria pacata, poco seriosa.
Vide ogni nano di quel viaggio, circondarlo, e guardare con lui verso quelle danze che s'aprivano e Bilbo – con un sorriso – stava stringendo la sua mappa e una ghianda che teneva vicino al petto.
Era così che doveva andare – il loro finale – senza nessuna perdita, con sorrisi, canti e balli.
Ma quella era solo una delle tante realtà che sperava, ed il silenzio ora era l'unica arma tagliente. 
Avrebbe dovuto trasformarlo in uno scudo e lasciare che lì, dove s'annidavano i pensieri, avrebbero preso vita di nuovo.
Avrebbe rivisto Kili e Thorin e la sua Berit tornare a riprendersi il loro posto in una Compagnia che mai si sarebbe sciolta, regalando loro momenti reali e segreti. 
Avrebbe vissuto il suo futuro, nel finale che meritava, sapendo che le perdite sono solo terrene e non portano via nulla in realtà. 
Dimoravano nell'ombra della Montagna ed era lì che li avrebbe trovati, sempre, ogni volta che avrebbe chiuso gli occhi.
Era lì che avrebbe amato Berit, per tutto il tempo che Aule gli avrebbe concesso.
Riaprì gli occhi con un sospiro.
Strusciò cautamente sopra le lenzuola e avvolse la giacca di Berit con le braccia, appoggiandoci sopra la guancia. 
Inspirò a fondo e il sorriso s'allargò di nuovo, illuminandogli il volto. Quel sorriso era suo ed era lì che lei esisteva.
«Buonanotte, Berit.»
S'addormentò poco dopo, sognando di Troll impietriti, di scommesse vincenti e di baci sull'orlo della battaglia. 

 

 














NA.
Ed eccomi giunta alla fine di questo lungo e immenso viaggio.
Perdonate il tormentoso ritardo ma ho avuto problemi di ogni tipo per pubblicare sto maledetto ultimo capitolo ç____ç
So di aver cambiato molte cose, rispetto alla storia originale, per poter inserire Berit come personaggio. PJ l'ha fatto con Tauriel e io l'ho fatto con Berit xD So che questo non mi giustifica ma avevo così tanta voglia di immergermi nella Terra di Mezzo che mi sono agganciata alla storia “semplice” dello Hobbit per togliermi questo piccolo sfizio e – a discapito di tutto ciò che pensavo – sono riuscita a finirla.
È stata la mia primissima fan-fiction di questo sito.
Alle volte l'ho odiata, alle volte l'ho amata, alle volte mi ha fatto pensare “basta non ce la faccio, cosa sto facendo! MalediSions!” altre volte sono stata obbligata a pubblicare i capitoli, alle volte li ho cancellati e cambiati completamente e alle volte li ho scritti di getto e pubblicati con pochissime modifiche. Come quest'ultimo capitolo qua che è stato un po' conclusivo e che forse ha lasciato con l'amaro in bocca ç_ç che nessuno me ne voglia ma ho lasciato in “sospeso” molte cose per un fine ultimo che ora finalmente posso dirvi: ci sarà un seguito di questa storia.
Non ho voluto, quindi, soffermarmi su Fili Re di proposito, su Dìs che non si sa se è venuta o no, su sta benedetta madre di Berit che “dov'èfinitaCarmenSanDiego” (← se qualcuno coglie, cioè, vi amo!), su tutte ste mogli che giungono e sti nani che arrivano o non arrivano.
Sappiate che la mia prossima storia sarà completamente e totalmente super inventata da me xD è già impostata più o meno, quindi spero che gli aggiornamenti saranno veloci come con questa.
Il protagonista indiscusso sarà Fili (e una certa bionda di nostra conoscenza ) MA darò moltissimo spazio anche a * CENSURA * e a * CENSURA * e anche a …. no okei, vi dirò soltanto che il periodo in cui si collocherà è tra la fine del 2941 e l'anno in cui Balin e Ori andranno a Moria per riconquistarla.
Sì è una cosa lunga, infatti non so proprio come potrò fare ma non demordo e la farò.
Comunque sia, ritornando qui adesso, volevo ringraziare tutte voi. Sì voi che mi leggete, che mi recensite, che mi seguite, che mi avete ricordato/preferito/seguito e tutto quanto <3
Siete tante, almeno per me lo siete davvero, e vorrei davvero ringraziare di cuore chi ha speso anche solo dieci minuti della sua giornata per leggere sta storia scema e recensirla flash ( o non flash che sia ) e darmi un parere su tutto quanto <3
Mi avete fatto sorridere di cuore, mi avete fatto commuovere e – cavoli – addirittura mi rileggevo i vostri commenti per farmeli entrare in testa e gongolare tantissimo d'emozione.
Non m'era mai successo che qualcun altro all'infuori...di ME posasse gli occhi su ciò che scrivevo e – figuriamoci – ricevere così tanti complimenti.
Non mi abituerò mai a questo e non lo dico tanto per dire, per me è un traguardo e un emozione indescrivibile ogni volta che leggo una sola parola positiva verso ciò che scrivo.
E voi mi avete riempito con frasi e complimenti che... non lo so, ancora non ci credo.
Quindi GRAZIE. Di tutto cuore.
In particolare ringrazio voi: Sylvie, Benni e Dil. Non posso più fare a meno delle vostre recensioni, sappiatelo. Siete state con me fino alla fine e – da un lato - siete state il motivo per cui non ho mai abbandonato questa storia. E salutarvi adesso mi mette un po' di tristezza lo stesso :°) quindi...ecco...”il tè è alle quattro, siete benvenute a casa Baggins in ogni momento e”, no okei a parte gli scherzi (sigh) davvero grazie. Non sono brava con le parole ma credo che voi sappiate già ogni cosa, senza che la ripeto qui.
E poi volevo ringraziare anche: _Windurin_, che mi hai lasciato la prima recensione alla storia e quel giorno ne sono stata così contenta che ho saltellato tutto il giorno, e a idricelebrindal, sei stata una delle prime che ho seguito qui dentro, quindi immaginati l'emozione.
E poi: aubry, Lady_Darck, Ladi_Daffodil, Obession_91, Sara_3210, Daenerys21, Syb81.
Grazie davvero, anche a voi, che anche se non vi conosco avete contribuito a non demordere mai.
E' bello che c'è gente che spende due parole per te e – davvero – a voi che mi leggete in silenzio ( o capitate qui per sbaglio xD ) vi consiglio di leggere le storie delle fanciulle che mi hanno seguito, e di tutte quelle che pubblicheranno o lo hanno giá fatto,e di innamorarvene come ho fatto io, immergetevi in ogni racconto, amatelo, odiatelo, piangete e ridete con questo perché ognuno lascia, comunque, qualcosa di unico. Ed ogni ragazza qui dentro se lo merita <3
E niente con questa perla di saggezza (?) vi lascio. AH: un'ultima cosa, ci sarà un capitolino 50 e sarà una specie di epilogo che introdurrà l'altra storia :) giusto perché questa storia non riesco proprio ad abbandonarla, eh.
A prestissimo cari lettori *__* 




  
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