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Autore: Nocturnia    31/03/2015    3 recensioni
"Quanto è passato?"
"Un anno." le risponde "Un anno e sei giorni."
Jill inclina il viso, mostrando un'espressione assorta e ferita.
"Verranno a cercarmi."
"Non ti troveranno."
Genere: Angst, Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albert Wesker, Chris Redfield, Excella Gionne, Jill Valentine
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
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Suicide
Disclaimer: Albert Wesker, Excella Gionne, Jill Valentine, Chris Redfield e tutti gli altri personaggi appartengono a Shinji Mikami, alla Capcom e a chi detiene i diritti sull'opera. Questa storia è stata scritta per puro diletto personale, pertanto non ha alcun fine lucrativo. Nessun copyright si ritiene leso. L’intreccio qui descritto rappresenta invece copyright dell'autrice (Nocturnia) e non ne è ammessa la citazione altrove, a meno che non sia autorizzata dalla stessa tramite permesso scritto.


"This was freedom. Losing all hope was freedom."

- Chuck Palahniuk -



Suicide



"Chi è?"
Nessuna risposta.
"Cos'è?"
La linea dell'elettrocardiogramma diventa piatta.


"I suoi segni vitali sono stabili."
"Bene."
"Il composto sta facendo il suo lavoro."
"Non ne dubitavo."
"Come si chiama?"
"Vuoi per caso diventare sua amica?"
Il silenzio ha lo stesso suono del suo cuore.


Freddo. Bagnato. Liquido.
Galleggia il suo corpo in quel mare di niente e sangue, i capelli che stanno diventando fili di lino e le ferite linee rossastre senza ordine.
Ricorda il vento sul viso, la pioggia lungo le braccia.
Ricorda il cielo grigio, il lampo che illuminava l'orizzonte.
Ricorda il suo odore, cuoio e morte.
Ricorda i suoi occhi, le sue mani, il colpo di reni con il quale aveva invertito le loro posizioni.
Ricorda l'impatto e le loro ossa che si frantumano.
Ricorda il ronzio nelle orecchie, il sangue in gola, il respiro che brucia.
Ricorda e...

Splash.

"Jill."

Ricorda lui.


"Alza un braccio."
"Non riesco."
"Ti fa male?"
Un leggero movimento con la testa, i capelli una cortina bianchissima e bagnata.
"Le tue ossa si sono appena saldate; è normale."
"Uccidimi."
Occhi socchiusi, divertiti.
"No."
"Ti prego. Fa troppo male." pupille dilatate, bocca serrata "Mi stai facendo male."
"Lo so."
Jill comincia a piangere.


"Ancora." la incita "Riprova."
Jill sposta il peso in avanti, caricando un montante che lo sfiora appena.
"Riprova."
"Non riesco."
Crack. Il braccio si spezza sotto la pressione delle sue mani; Jill pigola come un uccellino sventrato.
"Riprova."
Una voce piatta, crudele.
"No."
"Valentine."
"No."
Una costola s'incrina, un'altra le perfora il polmone.
"Non amo ripetermi."
Jill piega il ginocchio e lo centra in pieno petto.


"Assomigli a una Madonna."
Jill scivola con lo sguardo sulle labbra di Excella, pieghe morbide che hanno ancora i suoi segni.
"Sguardo vuoto, mani rivolte al cielo, una corona di luce attorno al capo... sembri quasi una di loro." Excella s'inclina verso di lei e Jill può sentire il suo odore, lui e un'essenza leggera come il vento d'estate.
"Jill." dice poi, lasciando rotolare il suo nome sulla lingua "Jill Valentine."
Excella ne ha quasi pietà.


"Cosa stai facendo?"
Jill si raggomitola sul tavolo autoptico senza dire una parola, gli occhi ferite sanguinolente.
"Bruciano." dice solo, e Wesker avanza di qualche passo.
"Le luci." aggiunge poi "Sono troppo forti."
"Il tuo corpo deve ancora adattarsi alla sua nuova condizione."
Jill socchiude le palpebre, schermandole con la mano libera; l'altra stringe il dispositivo del P30 con tale forza da far sbiancare le nocche.
"Lo so."
Le luci si spengono all'improvviso, la pupilla si rilassa - il corpo intero si distende, tornando a respirare.
Wesker si porta il computer sulle gambe, sedendosi al suo fianco.
Il quieto battere sui tasti del laptop è l'unico suono che infrange il silenzio del buio.


Senza il P30 Jill è una bestia riottosa e furibonda, un cane idrofobo.
Urla e scalcia, spaccando la mandibola a uno degli agenti della Tricell e cavando un occhio al malcapitato medico di turno.
"Tenace."
"Crepa."
Wesker sorride, il ghigno dello squalo.
"Già fatto, Valentine; già fatto."
Jill non vuole altro che strappargli quella bella faccia e buttarla addosso a Excella per sfregio.


"Progetto Aheri." ripete, le sopracciglia che provano ad aggrottarsi.
"Niente che sia di tua competenza, Valentine."
"Aheri." ripete ancora; un mantra, una maledizione.
Wesker la fissa in tralice, cercando un'emozione qualsiasi su quel viso impassibile.
"Tu... " Jill apre la bocca, poi la richiude. Un pesce in agonia.
"Io."
"Tu..." Jill scuote la testa un paio di volte, come per schiarirsi le idee.
"Un disco rotto, Valentine."
Jill pesta un piede per terra, sorprendendolo.
"So cosa significa." mormora, cercandogli gli occhi dietro le lenti scure "So cosa vuol dire quella parola."
Wesker indurisce la linea delle labbra, indeciso se alzare o meno il dosaggio di P30.
"Davvero?"
"Sì."
Silenzio.
"Moriremo tutti."
Nessuna risposta.
"Anche lei."
Il P30 è fuoco liquido che le brucia le vene.


"Perché?"
"Perché cosa?"
"Perché mi hai salvata. Perché sono qui. Perché... " perché non mi hai ancora ucciso?
Wesker la ignora e continua a lavorare.


Aveva fatto male.
Il primo pugno era arrivato ancora prima che potesse alzare la difesa, al secondo i molari le erano saltati in bocca come biglie capricciose.
"Fermati." dice - supplica.
La spalla si disloca, il bacino si piega sotto l'onda dei suoi colpi.
Jill barcolla, sputa sangue, scivola nel suo stesso vomito, eppure cerca ancora di proteggersi, portandosi le mani al volto e alla testa.
"Smettila." squittisce, ed è un suono penoso.
La mandibola si frantuma e Jill percepisce i frammenti d'osso inondarle le guance.
"Basta."
I piedi le cedono, i tendini si spezzano - la milza deve essersi spappolata minuti prima.
"Ti prego."
La mano rimane immobile a mezz'aria, i colpi cessano.
"Ti prego." ripete, e il mondo è una cortina di rosso e nero.
Le sue dita la stringono come se fosse la cosa più preziosa al mondo.


"Quanto è passato?"
"Un anno." le risponde "Un anno e sei giorni."
Jill inclina il viso, mostrando un'espressione assorta e ferita.
"Verranno a cercarmi."
"Non ti troveranno."
"Chris lo farà."
"È quello che spero."
Il P30 blandisce ogni altro pensiero.


La prima ad accorgersi che qualcosa non va è Excella.
Jill si lascia cadere all'indietro con un tud sordo e quando cominciano le convulsioni le luci nel suo cervello si sono già spente.
Excella la gira di lato e le impedisce di soffocare, piantandole una siringa di P30 nella coscia.
"Fottuta ragazzina." dice poi, passandosi una mano tra i capelli "Ci manca solo che tiri le cuoia e poi possiamo dirci tutti sistemati; come se il suo umore non fosse già abbastanza nero."
Jill trattiene una risata e lascia che il P30 l'addormenti senza altro dolore.


I topi stanno scappando.
Come da una nave che affonda, si lanciano verso il mare, lungo le spiagge, cercano di sfuggire a quelle nuove creature, predatori più grossi, più veloci - più pericolosi.
I Majini invadono le strade, i villaggi, le città, massacrando alla luce del sole.
Sembrano umani, ma a guardarli bene puoi scorgere i primi segni di decadimento sulla loro pelle.
Ringhiano, uccidono, pensano - e questa è la cosa più pericolosa.
Wesker li fissa uno per uno, il campione di controllo ben stretto tra le mani.
"Che ne dici, Valentine: mettiamo alla prova le tue nuove capacità?"
Jill affonda nell'orizzonte, una distesa di polvere e sporcizia.
"Una sessione d'allenamento, come ai vecchi tempi?"

Una palestra azzurra e grigia. Risate di cuore e polvere di gesso. L'odore del sudore e del disinfettante. Una Stella in cielo, una Stella su tutti loro. Barry e i suoi bilancieri. Chris e la sua boxe.
Wesker e...

"Uno sparring partner, Valentine?"

Jill accoglie l'adrenalina della lotta come una benedizione.


Ha dita leggere il demonio.
Ha mani fredde e precise, gesti lenti e calcolati.
"Da adesso in poi non dovresti più avere le convulsioni."
Le vertebre della schiena si flettono sotto il suo tocco, inarcandosi all'indietro.
"L'impianto neurale bypassa il problema della paralisi parziale, permettendo ai fluidi di scorrere naturalmente."
Scivolano lungo tutto il rachide le sue mani, percorrendo linee di pelle e platino.
"I circuiti elettronici faranno il resto."
Jill socchiude gli occhi, annuendo.
"Puoi alzarti ora, Valentine."
I piedi nudi toccano il pavimento del laboratorio, stretto nel pugno un lenzuolo ridicolmente corto e sottile.
"Vestiti."
Jill inclina il capo di lato, fissandolo.
"Valentine."
L'abitudine le impedisce di provare alcuna vergogna.


Si muovono in sincrono.
Sfidano la gravità e scivolano nella lotta con la grazia di due grossi predatori, curve di pelle e muscoli che fendono l'aria.
Jill non mostra alcuna esitazione e sfonda il costato all'ultimo Majini, Wesker un pugno durissimo e che fracassa la testa di un altro.
Excella si stringe le braccia sotto al seno, le labbra serrate in una smorfia preoccupata.
Per un attimo, un debole istante, si sente patetica e fragile - ossa che possono essere facilmente spezzate e un cuore che può cedere da un momento all'altro.
Inspira, e l'aria le brucia la gola.
Jill la sorpassa in poche falcate, Wesker indugia sulla sua figura con occhi che non sono umani.

Nulla della sua persona lo è davvero.

"Excella?"
Raddrizza le spalle, sorride al nuovo Ordine.
"Direi che Las Plagas 3 è pronto per essere immesso sul mercato."
Wesker le stringe un polso, mani insanguinate e sporche di fango - mani di cui conosce ogni spigolo, ogni cicatrice.
"Domani chiamerò Irving."
Excella ingoia la paura e si concede al sogno di un mostro.


Ogni tanto Jill sogna.
Sogna Chris e una bambina dagli occhi azzurri come il cielo in estate.
Sogna Barry e la sua risata; le sue battute un po' vecchie e un po' scontate.
Sogna una casa in periferia e un gatto obeso sul divano - il sogno americano.
Sogna se stessa, senza cicatrici e senza dolore; sogna una donna che può guardarsi nello specchio senza paura.
Sogna di alzarsi con il profumo del caffè che invade le scale, di vestirsi per andare al lavoro e salutare Chris con..

"Valentine."

Apre gli occhi Jill, il sogno che muta tra le sue mani.

Wesker.

Ogni tanto Jill sogna la vita che non potrà mai avere.


Si è abituata alla sua presenza.
Si è abituata ai suoi silenzi, alla precisione con la quale verifica ogni teoria, alla incurante brutalità con la quale elimina ogni ostacolo.
Gli cammina al fianco senza più alcuna paura ed è questo a terrorizzarla davvero.

Abitudine. Accettazione. Rassegnazione. Obbedienza.

"Valentine." mormora "C'è qualcosa che devi dirmi?"

No.

"Chris Redfield e il BSAA sono appena arrivati sul suolo africano."
Wesker le dà le spalle, gli occhiali persi sulla scrivania e le mani nascoste in tasca.
"Bene."

No.

"Come devo procedere?"

Capitano.

"Trovali. Poi comunica la tua posizione."

Ordini. Desideri. Comandamenti di un nuovo dio.

"Sarà fatto."

Il crudele parallelismo con quella notte di undici anni fa non sfugge a nessuno dei due.


Chris la fissa senza riconoscerla, un'espressione ferita sul viso e la pistola incerta tra le mani.
"Jill." dice - trema - e lei scatta in avanti, piedi uniti e il P30 che avvelena ogni altro sentimento.
Lo colpisce in pieno petto, fendendo l'aria con la grazia di una ballerina e riportandosi poi in posizione d'attacco.  
Sheva è veloce a reagire e rotola di lato, uscendo dalla sua linea di tiro e portandosi poi alle sue spalle, arma ben spianata e puntata alla sua nuca.
Non ti conosco dicono i suoi gesti Non ti conosco e ti ucciderò se fai qualcosa al mio partner.
Partner. Una parola che era solita usare - in cui era solita credere.
Jill regala a Sheva uno sguardo obliquo, sorridendo suo malgrado quando il gomito di Wesker la colpisce in pieno viso, facendola retrocedere di qualche metro buono.
Partner. Chris. Partner.

Wesker.

Jill affonda le dita nel collo di Chris e stringe.


Si è spezzata.
La sua volontà - la sua anima - si è spezzata.
Come un ciocco di legno secco, come un nervo sfibrato, come le sue ossa su quella scogliera.
Il P30 è fuoco nelle suo vene e brucia quasi avesse ingoiato lava.
S'inarca all'indietro, ringhiando e soffiando come una bestia rabbiosa.
Tra la confusione dei suoi pensieri, sinapsi paralizzate dal dolore, riesce solo a capire che è stata nuovamente abbandonata, un rifiuto gettato ai bordi della strada.
Wesker è un odore lontano, una traccia che rimane sul tessuto della sua divisa e nell'aria immobile della stanza.
"Jill." mormora Chris, allungandole una mano "Jill, sono io."
Il P30 sa di bile e sangue, di notti passate all'ombra di un altro uomo e di stanze fredde come la sua pelle.
Sheva è un buco nero in mezzo alla sua fronte, una donna che, un tempo, avrebbe ammirato.
"Jill." ripete Chris, disperato "Jill, ti prego."

"Valentine."

Digrigna i denti, mordendosi l'interno della guancia.

"Ricordi quello che ti ho insegnato?"

La memoria si sovrappone in linee sfocate, fotogrammi di vite che non le appartengono più.

"Ricordi, Valentine?"

La risposta è nel pugno che assesta a Chris pochi istanti dopo.


Josh è una brava persona.
Le sostiene la schiena mentre cerca di riprendere fiato, l'esplosione che ancora le rimbomba nelle orecchie.
"Dobbiamo andare!" la incita "Sono in troppi."
Le pale dell'elicottero continuano a fendere l'aria della notte africana, incuranti di tutto ciò che sta accadendo attorno a loro.
Jill annuisce, facendo leva sulle gambe e sforzandole ben oltre i loro limiti.
I Majini sono bocche sanguinolente che scattano nella loro direzione, affamate e penzolanti dalle articolazioni slogate.
A sinistra le mormora la sua coscienza vai a sinistra.
Jill devia bruscamente in quella direzione, trascinandosi dietro un confuso Josh.
Adesso corri su per le scale ed evita il container sulla tua destra; Excella l'ha fatto riempire poco prima della nostra partenza.
Jill obbedisce - ancora - e salta sulla piattaforma di decollo, gettandosi dentro l'elicottero.
"Come...?" comincia, ma un missile è puntato su di loro e Jill imbraccia il fucile senza pensarci due volte.

Inspira.

Jill esegue.

Espira.

Jill prende la mira.

Premi il grilletto. Piano. Con delicatezza. Segui il movimento, accompagnalo.

Il proiettile straccia ogni altro suono, conficcandosi nella fronte del Majini armato.

Bene. Brava, Valentine.

Jill fissa il vulcano in lontananza e accoglie il silenzio.


Quando arrivano sul posto, la storia si è già dispiegata in tutto il suo orrore.
Jill osserva Wesker scivolare nella lava e gridare tutta la sua rabbia, l'Uroboros un mostro nerissimo e tentacolare che non gli concede il dono della morte.
Si sporge oltre il bordo del portellone, osservando le fiamme divorarlo e consumarlo, la pupilla che si focalizza sulla sua figura e le racconta tutto quello che ha sempre temuto - che non ha mai voluto ascoltare.

La verità.

Indica a Chris e Sheva i due RPG-7 quando l'elicottero s'inclina troppo vicino al cuore del vulcano, l'Uroboros un filamento nerastro e resistente a ogni arma.

"L'umanità ha bisogno d'essere giudicata."

Chris e Sheva fanno fuoco, il tempo che si dilata fino a raggiungere la perfetta immobilità.

"Io non sto distruggendo il mondo; lo sto salvando."

I missili attraversano il cielo e impattano con una forza devastante, l'Uroboros che allenta la sua presa e infine la cede del tutto.

"Perché non mi hai ancora ucciso?"
"Sono convinto che lo capirai da sola, Valentine."

Chris scivola sull'impiantito, passandosi una mano tra i capelli e nascondendo una risata nervosa.

"Il diritto d'essere un dio è sempre stato mio."
"Serve qualcuno che creda in te per essere tale, Wesker. Qualcuno che abbia fiducia in te, che affidi la sua vita nelle tue mani. Serve..."
"Come avevi fatto tu a Villa Spencer, Jill?"
Silenzio.

"Ce l'abbiamo fatta." mormora, e storna lo sguardo Jill, perché il domani non è mai stato più oscuro e incerto "L'abbiamo ucciso."

"Morirai."
"Un dio non può morire."
"Tu lo farai."
"E tu, Valentine? Troverai mai la forza di vivere davvero?"

"Sì." replichi, ed è un pigolio debole come quello di un uccellino appena nato "Finalmente."

"A volte non capisco cosa sia reale e cosa invece un'allucinazione."
"Non è un effetto collaterale del P30, Valentine. Sono le conseguenze dello stress psicofisico a cui è stata sottoposta la tua mente."
"Tu mi hai ucciso."
"Punti di vista. A essere sinceri, eri già morta quando ti ho portata qui."
"Tu... ci hai traditi."
"Sì."
"Ci hai lasciato massacrare da quelle bestie immonde."
"Sì."
"E poi sei morto; anche tu. Ricordo il sangue, il Tyrant, il puzzo dei prodotti chimici e dei cadaveri seppelliti nei laboratori..."
"Questo fa di noi due fantasmi, Valentine."
"No, io non... io non sono..."
Lo specchio le rimanda l'immagine di una donna che non conosce.

"Valentine."
Jill appoggia la testa all'indietro, chiudendo gli occhi.

"Jill Valentine è stata dichiarata morta nel maggio del 2006."

L'alba le sfiora il viso, una carezza rossa come il sangue - tiepida come le sue dita sulle labbra.

"Albert Wesker è stato dichiarato morto nel luglio del 1998."

"Sarà un lungo viaggio." si limita a rispondergli, sospirando "Forse il più lungo che abbia mai intrapreso."
"Il tempo non è più un problema."
I suoi occhi sono dello stesso azzurro artico che ricordava.



Note dell'autrice: questa storia può essere letta come un prequel delle seguenti one-shot; "Paranoia" e "On your grave".


   
 
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