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Autore: firefly96    03/04/2015    2 recensioni
Avvertivo i suoi passi aggirarsi nella stanza,lo immaginavo; i suoi occhi puntati su ciò che lo circondava, attenti al minimo segno rivelatore di una presenza umana. La mia.
Tensione e angoscia, per fevore recensite!!!!!!!!!!!!
Genere: Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lo aspettavo.

Ero nascosta, accovacciata dietro dei vecchi armadietti in metallo.

Avvertivo i suoi passi aggirarsi per la stanza, lo immaginavo; i suoi occhi puntati su ciò che lo circondava, attenti al minimo segno rivelatore di una presenza umana. La mia.

Nelle mani stringevo convulsamente un tubo di metallo, lungo quanto il mio braccio,che avevo raccolto tra i cumuli di rottami sparsi ovunque nella vecchia fabbrica. Era gelido e liscio al tatto: le mie mani, fredde e sudate per la paura che mi stritolava, avevano in parte sollevato lo spesso strato di polvere da cui era ricoperto, così come ogni altra cosa in quel posto abbandonato. Dalle finestre, soffocate crudelmente dai graffiti all'esterno, ai macchinari grandi e complessi, fitti di ingranaggi, un tempo attivi e con un proprio scopo, ora spenti e inutili, come morti su un campo di battaglia.

Tutto l'edificio sembrava infine una grande carcassa, che si teneva in piedi per forza d'abitudine.

Un passo. Più vicino.

Trasalii mentre il cuore, perso un battito, recuperava esplodendomi in petto e pompando il panico nelle vene e lungo la schiena , i capelli dritti sulla nuca. La mia mente paralizzata cercava invano di formulare un pensiero razionale, per qualcosa che di razionale non aveva niente.

Gradualmente un'emozione, un istinto primordiale si sostituì alla paura; non c'erano più persone, caddero le invisibili catene, le regole non scritte della società.

Non c'era più niente.

Predatore e preda.

L'istinto primario di un animale selvatico a cui, se minacciato, restano solo due possibilità.

Attacca o fuggi.

Io cos'avrei fatto? Quanto mi sarei spinta oltre?

Un altro passo. Risuonò crepitando sul pavimento ricoperto di ingranaggi e parti metalliche che tintinnarono via nella penombra.

Mi guardai rapidamente intorno, ma sapevo già quale sarebbe stata la risposta alla mia silenziosa preghiera. Lo sapevo fin dall'inizio, da quando avevo messo piede in quel dannato ufficio polveroso e marcio, in un disperato tentativo di fuga; dall'odore, o meglio dalla puzza di putrefazione, pareva che ci dovesse essere davvero un cadavere, da qualche parte. Probabilmente quello era il posto dove tenevano la contabilità, oppure i registri degli operai, vallo a sapere.

Fogli di carta e raccoglitori erano ovunque, a terra, e sulla fragile scrivania di fronte a me, così mangiata dalle tarme che ormai sembrava fatta di carta essa stessa.

Gli armadietti a cui ero appoggiata, invece, erano parzialmente intaccati dalla ruggine, ma sembravano stabili. Su uno di essi tempo fa qualcuno aveva appeso un poster del film It, e un clown ghignante mi fissava malevolo. Incoraggiante.

Tuttavia, le mie speranze di trovare una via d'uscita da quel posto infernale si erano subito spente. Vicolo cieco. Trappola.

Ora tra me e l'unica via d'uscita c'era lui.

L'unica opzione rimasta era l'attacco.

Era a pochi passi da me, lo sentivo, ne avvertivo le vibrazioni dal pavimento, i miei sensi erano amplificati dall'istinto, si avvicinava. Dovevo solo aspettare.

Un passo. Un altro.

Strinsi il pezzo di metallo che avevo tra le mani finchè le nocche diventarono bianche. Ero in una posizione scomoda, accovacciata, il peso sulle punte dei piedi, ma era tardi per sgranchirsi le gambe. Mi preparai a slanciarmi contro il mio avversario: una domanda improvvisamente mi balzò alla mente.

“hai più paura di morire o di uccidere?”.

Allora ebbi paura, non come prima, ma ad un livello più profondo, era diverso.

Ancora un passo. È qui.

Non morirò adesso.

Mi lanciai su di lui,lo colpii.

Ancora. E ancora. Lui barcollò all'indietro, ma non cadde.

Si difese, cercando di bloccarmi le braccia. Rotolammo entrambi a terra avvinghiati. Avevo il vantaggio della sorpresa e alla fine la mia arma improvvisata si abbattè sulla sua testa, più e più volte, finchè non seppi che non si sarebbe più rialzato.

Morto.

Morto come tutto il resto. Aveva trovato il posto giusto, un cimitero.

Restai a fissarlo per diversi minuti; il sangue colava dalla testa spaccata. Rimasi lì inebetita, come un fantasma.

Alla fine corsi via, via da quell'orrore, corsi sotto la pioggia, gridando la mia disperazione, il mio disgusto per quello che avevo fatto.

“hai più paura di morire o di uccidere?”.

   
 
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