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Autore: Matih Bobek    06/04/2015    1 recensioni
Brevi ma intensi spaccati di vita familiare ambientati nei giorni nostri. Simpatici, allegri e solari, questi piccoli racconti vertono su una voce narrante, il giovane figlio, nato e cresciuto nella periferia romana, e la protagonista indiscussa della casa, nonché della storia, la madre: personaggio stereotipato, a tratti assurdo, tanto da sembrare quasi... un alieno.
le storie affrontano, di volta in volta, momenti tipici della quotidianità familiare, prendendosi beffa, in modo ironico e sottile, dell'idea maschilista della donna casalinga.
Lo stile utilizzato è fresco, colloquiale, giovanile e numerosi sono i riferimenti alla cultura popolare, comunemente nota, al fine di rendere più partecipe il lettore.
All'interno del singolo episodio, i cambi di narrazione sono frequenti, pur mantenendo fissa la focalizzazione interna: ogni storia è costruita su uno schema fisso, che vede una breve premessa della situazione, in cui la voce narrante è direttamente coinvolta nel racconto, poi una dettagliata narrazione, da vicino, guidata da una seconda persona, per facilitare la personificazione, e infine il dialogo, in cui il narratore spesso interviene come voce fuori campo.
Spero che vi piacciano, o perlomeno che vi lascino un sorriso, e che lascerete consigli e opinioni, per me utili al fine di perfezionare stile, trama o personaggi.
Genere: Comico, Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta
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LA LEGGENDA DEI DENTI DA LATTE

Sin dalle elementari, le mie insegnanti hanno sempre elogiato la mia fervida immaginazione; mia madre si è sempre chiesta da chi avessi ereditato questo dono fantastico. Io lo so: da lei.
Con le dovute differenze, per fortuna. Lei, per esempio, ha la capictà di trasformare qualsiasi accaduto in una scenetta dell'orrido. Come avrete ben capito, ha saputo gestire, inconsciamente magari, questo suo "dono" con superba maestria. Come tutte le madri di figli maschi, la signora Zandri ha sempre guardato con occhio nostalgico e grande timore il momento in cui non sarei più stato "il suo bambino", e a ragione, devo ammetterlo. Perciò, quando mi cadde il primo dentino da latte, decise che li avremmo conservati in un barattolino color arancio, "in memoria di quello che eri" diceva con tono biblico. Data la mia famigerata sbadataggine, caratteristica presente in me sin dai tempi più remoti, la signora madre temeva che avrei perso uno dei denti, prima o poi. Per prevenire il danno, ricorse ad un piccolo stratagemma: mi raccontò che da piccolo, mio zio, smarrì in cortile uno dei dentini da latte che lui anche collezionava per ricordo. Purtroppo, un cane randagio passò di lì, trovò il dentino e lo mangiò. Allora, come consuegenza a questo sfortunato evento, al posto del piccolo dente da latte, a mio zio crebbe una vera e propria zanna. 
Inutile dirvi quanto la cosa mi traumatizzo a sei anni.  Ancora ora, custodisco gelosamente il barattolino arancione in una nicchia nascosta tra le mensole, terrorizzato dalla sola possibilità che possa cadere e aprirsi.  Certo, adesso, alla mia veneranda età, non credo più alla storiella assurda di mamma, assolutamente... però ecco, più che altro gli do il beneficio del dubbio, cioè, io non voglio risvegliarmi metà umano e metà cane, eh!

Ah dimenticavo: la signora madre non si ricorda di avermi mai raccontato nulla di simile, e delega ogni responsabilità a quella santa e innocente donna di mia nonna ( ovvero sua madre, nella nostra famiglia a quanto pare i traumi sono a produzione familiare) Comunque, la  cosa che non si reggerebbe in piedi nemmeno se incollata a terra con il saratoga.
 
   
 
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