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Autore: pocketsizedtitan    06/04/2015    6 recensioni
Levi/Eren | The Little Titan Café EXTRA
Levi chiede ad Eren di tornare a casa con lui. Cosa succede la loro prima notte insieme.
“Non sto dicendo che sei vecchio. E lento.”
“I vecchi hanno difficoltà a spogliarsi.”
“Allora forse dovrei aiutarti, non vorrei che ti slogassi un’anca o altro.”
Genere: Erotico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Eren, Jaeger
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti! Qui Seth, la traduttrice! So che ormai non ci speravate più (e io ero tra voi) ma un mesetto fa finalmente l'autrice di The Little Titan Cafè (storia in italiano qui) ha scritto lo special che le avevo chiesto praticamente un anno fa, quindi - un pochino in ritardo perchè sono oberata di cose da fare - eccovelo qua! E' decisamente non di raiting rosso ma credo sia stata una buona scelta perchè è veramente azzeccato alla storia! Ringrazio ancora tutti quelli che ci hanno seguito con The Little Titan Cafè! Buona lettura! PS: ovviamente tradurrò i commenti all'autrice come al solito ;)
SULLA TRADUZIONE: spero di aver evitato il maggior numero possibile di errori di battitura ahahah. Trovate il testo originale della storia qui
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The Little Titan Café
AN EXTRA CUP OF COFFEE

Benvenuti al Little Titan Café
Siamo CHIUSI!



“Vieni a casa con me, Eren.”

“Okay,” disse Eren. E si lasciò andare contro Levi: i loro volti si toccavano, e le ciglia brune sbatterono contro la pelle pallida della guancia dell’uomo nel momento in cui si avvicinarono ancora. Tutti i muri erano crollati. “Okay.”



Una volta, quando Eren aveva dodici anni, stava tornando a casa da scuola con lo skateboard, quando si era quasi scontrato con un cane. Nello sforzo di non finire addosso al cane, aveva sbandato ed aveva finito per rotolare giù una collinetta. Fortunatamente, quando ne aveva raggiunto la fine, tutto quello che si era procurato erano un paio di graffi e qualche macchia verde di erba sui jeans.

Si ricordava di essere rimasto lì per un po’, disteso sulla schiena e con lo sguardo alzato verso il cielo azzurro costellato di nuvole, ridendo nonostante il dolore alle ginocchia. In quel momento, avrebbe voluto disegnare. Avrebbe voluto trovare un gessetto, un pennarello o un pastello dello stessa tonalità di blu del cielo, e riprodurlo su della carta. E così lo fece (anche se, ovviamente, quando ci provò, il tutto finì per somigliare ad un ammasso di linee con dello zucchero filato qua e là, ma sua mamma aveva ancora quel disegno attaccato al frigo).

Era una cosa stupida da ricordare considerando la situazione in cui si trovava, ma Eren aveva ripensato al cadere e rotolare e si disse: è quasi la stessa cosa.

E’ la stessa cosa di innamorarsi. Ti ispira.

Ogni volta che vedeva Levi, Eren voleva disegnarlo. Voleva schizzare quegli occhi sottili, sfumare l’ombra di grigio delle sue pupille, delineare il nero delle sue ciglia e catturare la stanchezza che sembrava pesare sempre sui suoi lineamenti. Voleva disegnare la tenerezza dietro quell’impassibile durezza, e il modo in cui si addolciva ogni volta che Levi lo guardava.

O, perlomeno, nel modo in cui lo guardava usualmente. Perché, in quel momento, Levi aveva uno sguardo diverso, uno di quelli che Eren aveva notato sul suo volto poche volte, e che gli avevano fatto sempre salire il cuore in gola. Quell’espressione gli faceva battere forte il cuore, e così fu anche in quel momento, quando l’uomo posò un ginocchio sul letto, mentre una delle sue mani saliva ad allentare il nodo della cravatta che indossava.

I suoi movimenti erano lenti e deliberati, gli occhi socchiusi e calcolatori, come se si stesse chiedendo qual era il modo migliore per divorare la sua preda – in un sol boccone o in piccole porzioni?

Le dita di Eren si strinsero alle lenzuola, la sua attenzione momentaneamente distratta dalla mano diafana di Levi che stava sciogliendo il nodo della cravatta. C’era una vaga traccia di una vena sul dorso della sua mano, che proseguiva fino al suo avambraccio. “Levi…”

“Mmh?” C’era qualcosa nel modo rilassato in cui l'uomo aveva mormorato ciò, come se non fosse riuscito a sentire la nota di impazienza nella voce di Eren.

Di solito, ad Eren non sarebbe dispiaciuto ammirare la vista, perché così avrebbe potuto stamparsela nella memoria per disegnarla dopo. Ma non questa volta, perché adesso non riusciva neanche a pensare di tenere in mano una matita. Non riusciva a pensare a nient’altro che non fosse affondare le unghie in quelle braccia forti e scolpite.

Quelle braccia avrebbero dovuto essere illegali. Non era giusto quanto fossero in grado di far venire le ginocchia molli ad Eren, soprattutto quando lui non era di certo il tipo che si faceva venire le ginocchia molli per una cosa qualsiasi. O su qualsiasi cosa. Tranne le braccia di Levi. E, apparentemente, la semplice azione di Levi che si scioglieva la cravatta era abbastanza per farlo sentire debole. (Era semplicemente troppo sensuale, nonostante fosse difficile credere che uno come lui potesse essere sensuale o seducente, a dirla tutta. E comunque, aveva ancora troppi vestiti addosso).

Da quanto tempo Eren era seduto lì?

Avevano lasciato il caffè, poi si erano fiondati a casa di Levi senza neanche sfiorarsi o lanciarsi uno sguardo. Eren si era diretto nella camera da letto di Levi come se fosse in missione: togliersi i vestiti, salire sul letto, fare cose sul letto. Il suo obiettivo era semplice, ma, nonostante ciò, in quel momento, Eren era il solo rimasto solo con un paio di boxer addosso, seduto composto sul materasso mentre aspettava (im)pazientemente che Levi si unisse a lui.

Per un orrido momento, Eren pensò che aveva avuto l’impressione sbagliata quando Levi gli aveva chiesto di tornare a casa con lui, perché sembrava che lui fosse l’unico impaziente di arrivare al sodo. Ma, quando Levi lo guardò in quel modo, come se – be’, come se fosse affamato e questo fosse il suo primo pasto dopo un bel po’ di tempo, e che lui aveva tutte le intenzioni di gustarsi con calma, capì di non essere il solo a volersi trovare lì.

“Ci stai mettendo troppo.” disse infine Eren, chiaramente irritato. Aveva avuto un brivido di freddo prima, seduto lì mezzo nudo, ma il suo stomaco si strinse in una ventata di calore non appena Levi si leccò le labbra. Eren era quasi sicuro che Levi non si fosse neanche accorto di averlo fatto.

“Mi dispiace.” rispose Levi, ma non sembrava per nulla dispiaciuto.

Un paio di occhi verdi guardarono in cielo. “Ti perdonerò non appena ti sarai tolto i vestiti.”

E così, tra tutte le cose che Levi avrebbe potuto fare, decise di sorridere. Le sue labbra si stirarono in una curva sulle cui estremità era chiaramente disegnato il suo affetto per Eren e, dannazione se tutto ciò non riusciva a farlo sentire amato.

Dovette guardare altrove per non finire a fissarlo scioccamente, con la bocca spalancata.

A dire il vero, gli faceva un po’ paura. Levi gli faceva un po’ paura, e specialmente adesso perché si stava comportando – o almeno questa era la sua impressione – diversamente. E se Eren non avesse conosciuto Levi, sarebbe stato sicuro che fosse drogato. I suoi occhi era più brillanti, la sua espressione più gentile e rilassata. Sembrava più giovane e più vivo, e tutto ciò faceva sentire Eren come se si trovasse sulle montagne russe, ma che, al posto di salire e scendere, scendevano e basta, ancora e ancora, mentre quella sensazione di stretta allo stomaco non lo abbandonava mai.

“Improvvisamente ti intimidisco, Eren?”

“Io? Intimidito? Mai.”

Eren Jaeger non si faceva intimidire.

“Avrò la tua età quando sarai riuscito a toglierti i vestiti, se continui così, Levi.”

“Cosa vorresti dire?”

“Non sto dicendo che sei vecchio. E lento.”

“I vecchi hanno difficoltà a spogliarsi.”

“Allora forse dovrei aiutarti, non vorrei che ti slogassi un’anca o altro.”

Un ringhio. “Eren…”

Eren soffocò una risata facendo finta di sbadigliare, stendendosi e girandosi su un lato. “Mi farò un pisolino, svegliami quando hai finito.”

Eren sapeva di stare facendo pressione, ed ebbe conferma non appena la stanza divenne preoccupantemente silenziosa. Il suo battito aumentò non appena il materasso si abbassò sotto il peso di Levi, e lui si accorse della presenza che gli si avvicinava.

La sua voce era bassa e il suo tono di avvertimento. “Non mi mettere alla prova, Eren. Non ora.”

Non ora? Che cosa intendeva dire? Eren aprì gli occhi e si girò verso di lui, con l’intenzione di chiedergli questo, ma finì solo per sentirsi morire le parole in bocca. Per la prima volta, Eren poté vedere che Levi era esattamente impaziente quanto lui, se non di più. Poteva vederlo nei suoi occhi, poteva sentirlo nell’irrequietezza che sembrava venire emessa dal suo corpo, poteva vederlo nei muscoli tesi delle braccia che ingabbiavano la sua testa. Per la prima volta, Eren comprese che Levi non era l’uomo composto e paziente che aveva creduto che fosse.

Se qualcosa, Levi si era sempre trattenuto.

“Capisci ora?”

La sua bocca divenne arida. Non c’era mai stato qualcuno che si sentiva così nei suoi confronti, non c’era mai stato qualcuno che l’aveva desiderato così tanto. Mai nessuno si era trattenuto per lui. Dio, se era eccitato dalla cosa. Anche se l’immagine che aveva di Levi era andata in frantumi, si sentiva elettrizzato.

Si girò sulla schiena, e la sua guancia sfiorò il polso di Levi, mentre le sue mani si alzavano per incorniciare il volto dell’uomo. Era come vedere una persona diversa. Ed era come innamorarsi ancora e ancora. Eren sorrise, affettuoso e invitante, e Levi sentì il cuore stringersi in petto. “Capisco.”

Davvero? Levi si chiese questo, mentre quelle mani bollenti si spostavano sulla sua nuca e le dita si intrecciavano tra le ciocche dei suoi capelli, ed Eren lo trascinava giù, verso di lui, per un bacio.

Sapeva che cosa era in grado di fargli? Che ogni volta che si baciavano, Levi era arso dal desiderio? Sapeva delle sue fantasie di spingerlo sul letto, di stringerlo tra le sue braccia… sapeva del suo bisogno di distruggere e monopolizzare ogni singolo centimetro del suo corpo?

Il bacio di Eren era così dolce e gentile da far male. Perché non si accordava con il suo, crudo e selvaggio. Gli faceva desiderare sempre di più, ma, ancora, Eren lo metteva alla prova, lo persuadeva e lo faceva impazzire con un seducente guizzo della sua lingua.

Davvero questo ragazzo dagli occhi brillanti capiva il potere che aveva su di lui?

Quante nottate insonni aveva fatto a causa sua? Quante parole aveva scritto – e quante ne voleva scrivere anche in quello stesso momento. Voleva scrivere della creatura che giaceva sotto di lui, dei suoi capelli sparpagliati sulle lenzuola candide, e della luce soffusa che li illuminava fiocamente. Voleva scrivere di quegli ardenti occhi verdi – sai, quelle odi che scrivono i poeti, e di cui probabilmente la gente si è stancata di sentire, ma che Levi non si stancava mai di comporre. Delle fossette sulle sue guance e del candore dei suoi denti quando sorrideva, e del modo in cui lo guardava mentre si lasciava cadere sul materasso, contemporaneamente riservato e dispettoso.

Le parole morirono. Non c’era più tempo per loro.

Perché Eren capiva, l’astuto moccioso. E non era spaventato.

Anche se probabilmente non sapeva dell’oscurità dei desideri e delle voglie di Levi, anche se probabilmente neanche Levi li conosceva veramente – ma andava bene così. Tutto, da quel momento in poi, fu semplice. Eren si strinse a lui e accettò tutto quello che Levi aveva da dargli mentre si lasciavano andare insieme.

Le lenzuola si attorcigliarono sopra di loro. Le gambe di Eren erano avvolte intorno alla vita di Levi e le sue mani afferravano la sua schiena. Il volto del ragazzo era premuto contro il materasso, le unghie a scavare nella pelle delle braccia che lo stavano imprigionando, le gambe tremanti ai movimenti di Levi – Eren chiamò il suo nome e Levi fu rovinato.

Era rovinato già da tanto tempo, messo in ginocchio da questo ragazzo dal viso d’angelo. Levi si concesse giusto un momento per guardarlo in faccia, per toccargli una guancia, per passare il pollice lungo le sue labbra mentre Eren si addormentava. Giusto un attimo prima di svegliarlo di nuovo, mentre lasciava un scia di baci lungo la sua mascella e giù, lungo sua gola, scendendo ancora per la lunghezza della sua schiena e arrivando fino alla sua vita e ai suoi fianchi, apprezzando ogni singolo dolce suono che Eren emetteva.

La notte trascorse come in un sogno per Eren: era come sognare attraverso un caleidoscopio, dove, anche se una serie di cose succedeva ad intervalli diversi, sembrava che tutto stesse accadendo contemporaneamente, in un’esplosione di colori brillanti. Poteva vedersi negli occhi di Levi, e poteva vedere il suo riflesso nello specchio dall’altro lato della stanza. Poteva vedere il modo in cui Levi teneva fermo il suo volto, facendogli appositamente notare il suo riflesso. Tremò, mentre Levi gli mormorava dritto nell’orecchio: “Sei bellissimo.”

Ad Eren non interessavano quelle parole, non gli interessava della bellezza esteriore in generale, ma neanche gli dispiaceva sentirle.

Quello era il senso dell’amore: ti ispirava, e ti cambiava.






Levi si svegliò la mattina successiva con l’odore di caffè che aleggiava per la stanza. Il promettente profumo di caffeina fu abbastanza da farlo sedere in mezzo al letto, gli occhi ancora socchiusi mentre il suo cervello intontito registrava una risatina.

“Buongiorno, Levi.”

Buongiorno eccome. Se ogni giorno si sarebbe potuto svegliare con Eren seduto sul suo letto, con addosso solo la sua camicia, allora ogni mattina sarebbe veramente stata l’inizio di una buona giornata. Accettò la tazza di caffè che gli era stata offerta, non preoccupandosi della temperatura bollente mentre prendeva un sorso, soffocando un mugugno. Eren sì che sapeva fare un buon caffè. Ed essere svegliato in questo modo? Cavolo, sposami.

“Eh?”

Ci volle un momento a Levi per realizzare di aver pronunciato i suoi pensieri ad alta voce, notando come il volto di Eren si era colorato di un rosso scarlatto. Prese un altro sorso. “Non mi sembra di aver sentito un no.”

“Be’, non avrai neanche un sì.” rispose Eren, giocherellando con i bordi della camicia di Levi, e attirando l’attenzione di questi sulle sue cosce abbronzate. Improvvisamente il caffè stava diventando meno interessante, e Levi era abbastanza distratto da quasi non sentire il: “… magari se me lo chiedi come si deve…”

“Lo farò. Un giorno.” promise lui, posando la tazza sul comodino di fianco il letto.

“Sempre se non te lo chiedo prima io.” disse Eren con determinazione.

Ah, che tenero. Ma non sapeva che Levi era più determinato di lui.

“Ah-ah.” mormorò Levi, muovendosi verso Eren.

Solo quando il ragazzo fu spinto sul letto di schiena, si rese conto di quello che stava succedendo. “Levi? Ehi, aspetta, fermati. E-Ehi! Dannazione, Levi!”

Eren avrebbe finito per preparare un’altra tazza di caffè a Levi più tardi, perché quella di adesso avrebbe finito per freddarsi. Ma per ora era distratto dalle mani di Levi, così come l’uomo era distratto dalle sue risate.

Avrebbe potuto iniziare ad adorare le mattine.

  
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